Domenica 12 febbraio 1995 - Torino, stadio Delle Alpi - Torino-Lazio 2-0

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12 febbraio 1995 - 2638 - Campionato di Serie A 1994/95 - XIX giornata

TORINO: Pastine, Angloma, Sogliano (29' Lorenzini), Falcone, Pellegrini, Maltagliati, Marcao (59' Sinigaglia), Pessotto, Silenzi, Pelé, Cristallini. A disp.: Simoni, Torrisi, Bernardini. All. Sonetti.

LAZIO: Marchegiani, Negro, Favalli, Di Matteo, Cravero, Chamot, Casiraghi, Fuser (76' Venturin), Boksic, Winter (76' Bacci), Signori. A disp.: Orsi, Bergodi, Di Vaio. All. Zeman.

Arbitro: Bettin (Padova).

Marcatori: 52' Pelé, 74' Angloma.

Note: ammoniti Chamot, Boksic e Signori per la Lazio, Cristallini e Lorenzini per il Torino. Espulso al 19' Chamot. Calci d'angolo: 4-11.

Spettatori: 18.000 circa.

Una fase della gara
Una fase della gara
Una fase della gara
Una fase della gara
Una fase della gara
Il goal di Pelè

Niente e così sia. La Lazio finisce fuori dal tracciato dello scudetto senza esservi mai completamente entrata (parere personale), sotto il peso della sesta sconfitta in campionato (seconda consecutiva), sopra le righe del regolamento (sette espulsioni indicano immaturità). Con Zoff - dicevano, dicevamo - c'erano gli uomini, ma non c'era l'organizzazione. Con Zeman è il contrario: c'è il modulo (4 3 3 in undici, 4 2 3 in dieci), mancano gli uomini. Chi li ha azzerati, sottomessi, condizionati ? Forse non è solo colpa sua, ma alcune responsabilità Zeman le ha. Quando un tecnico conta in modo così consapevole quanto Zeman, deve trarre le conseguenze soprattutto dalle sconfitte, oltre che dalle vittorie. Se, poi, una squadra come la Lazio è, al momento, atleticamente spenta, vuol dire che la preparazione non è stata appropriata. O, forse, che è stata mirata ad un folgorante inizio, non altrettanto ad una resa sul lungo periodo. Un calo è accettabile, fisiologico. Il buio no, l'oscurità è prigionia. E la Lazio è prigioniera di sé stessa da almeno due mesi: anche quando ha vinto o stravinto, le è riuscito esaltando il proprio squilibrio. Un paradosso, ma fondato, almeno vedendola giocare. Quindici giorni fa, nell'ingiusta sconfitta con il Bari all'Olimpico, e pure ieri, due pali contro due gol del Torino, la Lazio ha confermato tutto: di essere fortemente in debito di velocità e movimento. Eppure, nonostante non stesse bene di gambe e poi, senza Chamot, soffrisse di "lontananze" tra i reparti, ha conservato una cospicua dose di pericolosità. Questa pericolosità non è venuta dalle punte, ma da sporadiche iniziative personali. Zeman, nonostante l'espulsione di Chamot, è rimasto fedele ai suoi principi. Dopo la sconfitta con la Juve fu accusato di aver "follemente" rinunciato a Signori per rimpiazzare l'espulso Cravero. Ieri, confermando il tridente e contemporaneamente chiedendo maggiore partecipazione alla fase difensiva proprio a Signori e Casiraghi, ha sfiorato la ragione. Avesse segnato Fuser, o pareggiato Signori, saremmo a dargli, come minimo, dell'intuitivo. Invece, adesso, pur riconoscendogli il coraggio, dobbiamo considerare che la mancanza di un esterno di destra a centrocampo (Fuser si è sfiancato ma non può appartenere indifferentemente a due reparti) ha finito per rendere più approssimativa la manovra e un uomo in più (Angloma) all'avversario. No, neanche se avesse vinto ieri a Torino, la Lazio sarebbe rientrata nel giro scudetto (opinione personale). Non sarebbero bastati i punti, ci sarebbe voluto il gioco, mediato tra uomini finalmente cresciuti (Chamot, per esempio, non lo è) e un modulo compatibile, non rigidamente oltranzista. All'attacco si va con quattro cinque elementi, non necessariamente con tre punte. Soprattutto se una di esse, Signori, ha smesso di essere l'eclettico che era. Alla Lazio restano la zona Uefa e due Coppe. Per ora, niente e così sia.

La Lazio è divisa da diatribe interne. Boksic critica Chamot per l'espulsione: "Qualcuno non c'era con la testa". L'argentino spiega il cartellino rosso "con una questione di parole". L' arbitro dice di essere stato offeso con un "bastardo". Zeman, invece, replica a Boksic: "Sostiene che qualcuno non c'era con la testa? Ognuno deve pensare ai propri problemi". A chiudere il cerchio pensa Casiraghi: "Non siamo messi bene con la testa. Rimasti in dieci, io e Signori abbiamo giocato da terzini. Ormai possiamo salutare lo scudetto". Non è d'accordo Zeman: "Undici punti dalla Juve sono tanti, ma la Lazio ha potenzialità enormi". Esulta il presidente granata Calleri, ex laziale, arrivato allo stadio solo per il secondo tempo. E spunta l'orgoglio di Sonetti: "Sento sempre parlare di Bari, Fiorentina, Cagliari: forse sono più simpatici di noi. Anche la mia squadra merita simpatia".

Fonte: Corriere della Sera