Domenica 13 settembre 1987 - Roma, stadio Olimpico – Lazio-Sambenedettese 2-0

Da LazioWiki.

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13 settembre 1987 - 1 - Campionato di Serie B 1987/88 - I^ GIORNATA

LAZIO: Martina, Marino, Beruatto, Pin (85' V.Esposito), Gregucci, Piscedda, Savino, Camolese, Galderisi, Muro (62' Caso), Monelli. A disposizione: Salafia, Brunetti, Nigro. - Allenatore: Fascetti.

SAMBENEDETTESE: Ferron, L.Nobile, Andreoli, D.Ferrari (60' Luperto), Bronzini, Marangon II, Salvioni, Galassi, Ginelli, Vessella (55' Sinigaglia), Faccini. - A disposizione: Bonaiuto, Pizzuto, Cardelli. - Allenatore: Domenghini.

Arbitro: Sig. Gava (Conegliano).

Marcatori: 32' Monelli (rig), 40' Pin.

Note: giornata molto calda, terreno in buone condizioni. Ammonito Bronzini per proteste. Calci d'angolo: 8-1 a favore della Lazio.

Spettatori: 40.000 circa con 21.684 paganti per un incasso di £. 300.346.000 e 9.656 abbonati per una quota partita di £. 210.256.000.

Il titolo de Il Tempo
Il titolo de Il Messaggero
Galderisi tenta la rete
Il rigore trasformato da Monelli (1-0)
da Il Messaggero
Punizione di Muro deviata da Ferron
Pin anticipa il difensore...
I commenti del tecnico e della squadra
da Il Tempo
... scavalaca Ferron...
La prudenza di mister Fascetti
da Il Messaggero
... e deposita in rete!
da Il Tempo
Stretta di mano e pace fatta tra Muro e Fascetti
da Il Tempo
Alcuni ritagli di giornale (Gent. conc. Giovanni Pantano)
Esordio per il nuovo tabellone dello Stadio Olimpico
Il biglietto della gara

Buon esordio della Lazio in campionato, dopo un inizio di stagione con luci e ombre, con l'obiettivo dichiarato del ritorno nella massima serie. Partita indirizzata nel primo tempo, con un rigore di Monelli e il raddoppio di Pin, autore di una prestazione di spessore. La Samb non si è rivelata avversario consistente, impegni sicuramente più probanti attendono la squadra biancoceleste.

Fascetti predica calma, il traguardo è ancora lontano e gli scogli da affrontare sempre dietro l'angolo. Pace fatta con Ciro Muro, dopo le tensioni e il provvedimento disciplinare comminato in occasione del match di Coppa Italia con la Juventus.

Il Messaggero titola “Chi ben comincia… - Facile affermazione della Lazio all’Olimpico: Monelli (su rigore) e Pin (splendido slalom) firmano il 2-0 biancoazzurro sulla Sambenedettese. Le mosse di Fascetti fanno la differenza – La squadra romana sembra aver finalmente ben interpretato la filosofia del suo tecnico: meno belli e più pratici per raggiungere la promozione. Mancano 9 mesi, 37 giornate, però…”

Sprofondato nella sua panchina, Eugenio Fascetti ha seguito con aria distratta, e forse un po’ annoiata, il gioco e le emozioni proposti dopo il calcio di rigore trasformato da Monelli (alla mezzora) fino al fischio finale.

Unico fuori programma, la stretta di mano concessa a Ciro Muro, discolo pentito, al momento della sostituzione: un applaudito extra, un apparente dettaglio nel contesto di una partita senza colpi di scana, ma dentro il quale riusciamo a scorgere l’essenza della nuova Lazio, costruita a immagine e somiglianza del suo burbero, intrattabile, frenetico, esplosivo, ma inimitabile allenatore.

Una stretta di mano che sa di messaggio, per tutti: la strada che porta alla serie A è lunga, anzi lunghissima, e tante “primedonne” potrebbero essere tentate a rifiutare le passerelle del campionato cadetto. Muro, abituato ai fasti del San Paolo e alle pacche di Maradona, più degli altri aveva stentato ad interpretare i nuovo credo biancazzurro.

Da qui la punizione, il pentimento il reinserimento, la stretta di mano. Da qui il nuovo look di Galderisi, altro prim’attore eccellente; da qui la nuova immagine della Lazio che non sarà bella come quella notturna di Coppa, ma che fa della praticità virtù, iniziando la scalata che tutti vogliono alla stregua d’una passeggiata.

La Samb, per quanto dominata, ha dimostrato che così non sarà, che ogni tappa dovrà essere affrontata dalla Lazio alla stregua di un esame senza appello. Senza il fallo (?) di Ferrari su Savino alla mezzora (il centrocampista laziale cercava il penalty, puntando diritto sul libero rossoblu), avremmo forse visto un’altra partita, ma del senno di poi…

Ed ecco allora tutto diventare facile, con Monelli che fa centro dal dischetto, con Pin che, al 40’, sfrutta un assist di Muro per involarsi verso la porta di Ferron, saltare il portiere e chiudere il conto. Il tutto preceduto da tante proteste biancoazzurre per un placcaggio di Nobili su Galderisi e da una clamorosa palla-gol fallita da Pin (sempre presente nel determinare la sorpresa in attacco) al 27’.

Le lamentele marchigiane per il rigore trovano fondamento, ma Domenghini per primo ha riconosciuto la superiorità biancoazzurra, espressasi minuto dopo minuto, pur senza fiammate. Per Domingo sarà davvero dura far nozze con i fichi secchi; vista dall’alto, la Samb è piacevole, ben disposta, dignitosa ogni volta che si tratta di disturbare il lavoro altrui, ma in proprio riesce a combinare poco, nonostante la generosità e l’impegno dei suoi ragazzotti che pure, all’inizio della ripresa, hanno cercato di mettere in crisi Martina (specie con Bronzini, difensore solo nel numero di maglia), non riuscendo tuttavia a far sognare i pochissimi tifosi che l’avevano seguita all’Olimpico.

La differenza, oltre che sul campo, s’era notata in panchina. Fascetti aveva indovinato proprio tutto: la scelta di Piscedda, non prevista, dietro Marino, le marcature di Marangon (Beruatto) e Faccini (Gregucci), le coppie di centrocampo (Pin-Galassi, Savino-Bronzini, Camolese-Vessella, Muro-Salvioni), i compiti assegnati a Galderisi, centravanti-trottola capace di aprire varchi in ogni zona del campo, troppo spesso ignorato da Monelli, che nell’ingranaggio sembra ancora l’unico in ritardo.

Una Lazio diesel, per dirla in termini motoristici, ma che riesce ad arrivare laddove ha posto il traguardo. Non a caso, nella ripresa, il pubblico si è ritrovato ad applaudire un colpo di testa di Gregucci (di poco alto), un gran destro di Caso, appena subentrato a Muro, ed un colpo di testa di Savino deviato in volo da Ferron, che prima dell’intervallo si era superato per togliere dall’angolo alto un pallone malignamente calibrato da Muro su punizione. Non un caso, ma inevitabile prodotto di un lavoro ormai mandato a memoria.

Si diceva del lungo, anzi lunghissimo cammino, che attende la Lazio in chiave-promozione e, rovesciando la medaglia, quello che aspetta la Samb in chiave-salvezza. Vorremmo accostare la difficoltà delle due imprese: per Domenghini, come s’accennava poc’anzi, il compito di costruire settimanali miracoli con quel poco che ha (caro presidente Zoboletti, la politica di risanamento della società non può passare attraverso un campionato da comparsa), per Fascetti l’impegno quotidiano a combattere quell’handicap che nessuno vede ma che incombe più dei nove punti di un anno fa.

Ci riferiamo al “tutto scontato” in funzione della Serie A, che accompagna le masse laziali; siamo convinti che già oggi, commentando i due gol e la vittoria di ieri, i più parleranno di normale amministrazione. Da qui il rischio, già evidenziato dalla trasferta di Catanzaro in Coppa Italia, che anche chi è impegnato in prima linea si convinca di poter passeggiare anziché correre.

Chi ben comincia, recita un vecchio adagio, è alla metà dell’opera; può darsi sia vero, di certo però l’opera biancoazzurra si completerà soltanto il 12 giugno 1988, cioè tra nove mesi, tra trentasette giornate di un campionato interminabile. A settanta giorni dalla grande paura, la Lazio ha iniziato la sua seconda appassionante avventura. Ha bisogno, più che di facili illusioni, di ragionate certezze. Si segua Fascetti e nessuno sbaglierà strada. Per la festa c’è ancora tempo. Tantissimo tempo.

La Gazzetta dello Sport titola “Rigore di Monelli: poi la Lazio va in discesa - La Samb che "contesta" i premi salvezza all'Olimpico resiste soltanto mezz'ora – I giocatori marchigiani, che si erano rifiutali di allenarsi sabato, non sono riusciti ad arginare il gioco della squadra romana apparso per la verità non proprio trascendentale – Molti dubbi sul rigore che ha sbloccato la partita (ma l'arbitro in precedenza non ne aveva concesso uno più evidente) - Splendido il secondo gol di Pin”.

Roma – Un successo, per la Lazio, che non ammette discussioni. La squadra di Fascetti è apparsa nettamente superiore alla volenterosa, ma assai povera tecnicamente, Sambenedettese di Domenghini. Una vittoria, comunque, che non deve trarre in inganno i tifosi laziali: il rinnovatissimo complesso diretto da Fascetti deve lavorare ancora molto prima di raggiungere, sotto il profilo del gioco, dei risultati apprezzabili.

La Lazio ieri ha vinto perché dispone di individualità che l’onesta formazione marchigiana non ha, ma se i singoli sono andati bene, non ha convinto il collettivo biancoceleste.

È un inconveniente, questo, destinato a sparire col tempo e con il lavoro. La Lazio punta senza mezzi termini alla promozione: i due punti incamerati ieri devono esser considerati soltanto il primo passo di un viaggio che non si annuncia però facile.

Dodici mesi fa la squadra di Fascetti partì a razzo per cercare di colmare nel più breve tempo possibile l’handicap di nove punti; quest’anno la preparazione è stata impostata in maniera diversa, più puntata sul fondo, ed è forse anche per questo che ieri la Lazio (che giocava per la seconda volta dall’inizio della stagione sotto la luce del sole) sul piano dinamico ha lasciato un po’ a desiderare. Certi automatismi, certi schemi possono esser applicati soltanto se si hanno gambe (e quindi cervello) a posto.

Poco collettivo, qualcosa da rivedere a centrocampo (insufficiente il “filtro”), sembrano questi i problemi che Fascetti è chiamato a risolvere. Per carità, la Lazio di ieri non è certo da bocciare, ma da una squadra che vanta certi giocatori è lecito attendersi di più. Guai di stagione, comunque.

E la Samb? Domenghini dispone di un complesso acerbo, incompleto, deficitario un po’ in tutti i reparti. Quello offensivo, ad esempio, appare sicuramente il più debole. Faccini (buona prova la sua) da solo non può impensierire più di tanto le difese avversarie, ma anche a centrocampo i marchigiani sono apparsi “leggeri“, privi di idee. E in difesa i disimpegni apparivano spesso avventati e le “chiusure” ritardate.

La resistenza dei rossoblu è durata soltanto trenta minuti; alla mezz’ora, infatti, la Lazio è riuscita a sbloccare il risultato grazie ad un calcio di rigore, discutibile, concesso da Gava, anche lui ancora in rodaggio, per un contatto tra Ferrari e Savino. Realizzazione, senza problemi, di Monelli. Da rilevare che sette minuti prima la Lazio aveva reclamato per un atterramento di Galderisi; l’arbitro però aveva fatto continuare il gioco tra le proteste generali. Prima della rete-vantaggio, da registrare un destro in diagonale di Pin, con Ferron in uscita disperata (dopo errore dei propri difensori), spentosi (27’) a pochi centimetri dal palo d destra della porta marchigiana.

Rigide marcature a uomo da entrambe le parti in difesa (Gregucci su Faccini, Marino a controllare Ginelli e, dall’altra parte, Nobili su Galderisi e Monelli guardato a vista da Andreoli, ma anche a centrocampo. Poco spazio quindi allo spettacolo, ma spettacolare è risultata invece la seconda rete laziale. Eccola, dopo una serie di errori dei difensori marchigiani, palla da Pin a Muro, “triangolo” in profondità di questi con l’ex juventino trovatosi libero davanti a Ferron, dribbling vincente del portiere e (40’) palla in fondo al sacco.

Sei minuti prima c’era stato un tocco di Monelli, sventato da Andreoli a due passi dalla linea bianca. Splendida una deviazione (44’) di Ferron su punizione calciata da Muro, poi sostituito da Fascetti, con stretta di mano reciproca a sancire la fine della loro personalissima “guerra”. Secco sinistro di Bronzini (49’)  con palla di poco fuori alla sinistra di Martina, grossolano sbaglio di Gregucci a due metri da Ferron (57’), bravissimo Martina (62’) in un’uscita bassa di Ginelli, solissimo in area laziale, superbo colpo di reni di Ferron su colpo di testa di Savino (70’), salvataggio provvidenziale di Beruatto (88’) su conclusione in giravolta di Faccini sono le perle post gol della gara.

In nuovi tabelloni danno spettacolo. Con la gara tra Lazio e Sambenedettese, i nuovissimi tabelloni dello stadio Olimpico hanno cominciato la loro “collaborazione” con il calcio. Prima del fischio di inizio sono state proiettate immagini registrate del riscaldamento dei calciatori e spot.


Il Tempo titola: “Lazio, in casa è già "grande" - Pin la trascina ad un comodo successo sulla Sambenedettese (2-0) – Partita a senso unico, risolta già nel primo tempo grazie ai gol di Monelli su rigore e di Pin, lanciato da Muro. Le note più lusinghiere sono il piglio e la sicurezza con cui i biancocelesti hanno tenuto il campo nelle fasi delicate. In una sola circostanza Martina ha dovuto salvare il risultato. in buona evidenza anche Galderisi, Gregucci e Savino”.

Domenghini ha rispolverato invano il vecchio catenaccio per cercare di innervosire la Lazio: i biancocelesti hanno affondato inizialmente sulla fascia destra creando con Pin e Savino due occasioni da gol, fallite di poco.

Il rigore del vantaggio per fallo d Ferrari su Savino dopo che Galderisi era stato cinturato nettamente in area senza che l’arbitro intervenisse. Il raddoppio è nato da un recupero di Monelli sulla trequarti e da un passaggio filtrante di Muro che ha permesso a Pin di superare il portiere e centrare l’angolino.

Ripresa con spazi più larghi senza che la fisionomia dell’incontro cambiasse. Nella Lazio difesa da rivedere e mentalità vincente da conservare: a Messina con maggiore cautela ma senza rinunciare al gioco.

Roma - Tanto per rinverdire i recenti fasti dell’Olimpico, quelli della grande atletica, la Lazio ha vinto con bel passo la prima batteria del suo campionato. Un assaggio, appunto: ché la Sambenedettese, giovane e ancora inesperta, non è apparsa avversaria in grado di impensierirla. Contava nella circostanza non la goleada ma il piglio, l’autorità. E la Lazio, frizzante nonostante la calura, ha giostrato in scioltezza, cercando automatismi e provando schemi utili per un futuro più impegnativo.

Come Fascetti aveva anticipato, la squadra di campionato ha presentato connotati inediti. Contro Pisa e Juventus in Coppa, era stata impeccabile nella concentrazione; si era poi disunita contro il Lecce, era caduta dal letto a Catanzaro, e con la Casertana aveva confusamente salvato l’onore. Toni iniziali troppo alti, magari, pagati con lo scadimento dovuto alla peculiarità della preparazione. Ieri, puntuale all’appuntamento che più conta, l’orchestra ha eseguito il passo con mestiere ineccepibile, celando qualche piccola stecca con la maestria della protagonista. Biancocelesti tutte le occasioni da rete più limpide ad eccezione di una miracolosa uscita di Martina a chiudere un buco in mezzo alla difesa. Soprattutto salde le redini dell’incontro in mano al cocchiere padrone di casa.

Questo, giova sottolinearlo, il dato importante: la sicurezza, la consapevolezza dei grandi mezzi a disposizione, da ribadire immediatamente domenica a Messina, sul primo degli infuocati campi di provincia meridionale. Il tasso tecnico della Lazio è prepotentemente emerso, specie nella prima frazione, nella lucida regia di Pin, trasformato rispetto all’anno scorso, nella vena e nel sacrificio di Galderisi, anch’egli recuperato alla migliore condizione, nella tenacia e nella potenza di Monelli, nella dedizione assidua di Camolese e Savino a sostegno della sporadica genialità di Muro, all’attenzione di una difesa rabberciata e ancora sperimentale, nell’intelligenza tattica di Caso, impiegato con l’indispensabile contagocce.

Non si può escludere che la Sambenedettese si corresponsabile di tanta supremazia biancoceleste: Domenghini lavora sui giovani, cercando di rinsaldare l’intelaiatura con qualche vecchia volpe, come Ferrari, Salvioni, Faccini e Luperto. I marchigiani hanno un bilancio da sostenere, ma certo la contemporanea partenza di Annoni, Di Fabio, Rondini e Turrini, protagonisti insieme a Clagluna di una straordinaria impresa-salvezza, ha ulteriormente indebolito l’organico. Si dice un gran bene del trequartista Vessella, ieri piuttosto in ombra, mentra dal centravanti Ginelli potranno venire i guizzi indispensabili, specie tra le mura amiche.

“Domingo”, degno allievo di Valcareggi, ha provato con il catenaccio, cercando di arrivare indenne almeno al riposo. Gli è andata bene fino al 28’, quando Savino è intelligentemente partito in percussione, entrando in area sulla destra: il libero Ferrari ha opposto la gamba sinistra, più per impulsività che per volontarietà e all’arbitro Gava non è parso vero di compensare, nel giro di sei minuti, una madornale svista su placcaggio di Galderisi a due passi dal portiere, rimasto appunto impunito. Monelli ha calciato forte e angolato dal dischetto, senza curarsi del tuffo azzeccato ma impotente di Ferron.

La Lazio, fino ad allora, aveva evitato l’errore di assediare un fortino munito: Galderisi e Monelli svariavano per portar fuori Nobile e Andreoli. Savino e Camolese duettavano sulla destra con assiduità, e Muro spaziava sulla trequarti disturbato dalla guardia costante di Salvioni. Ma, contro una Samb mai capace di uscire efficacemente dalla propria metà campo, erano le accelerazioni improvvise di Pin, che partiva bene da lontano a dettare il passaggio, a scombussolare i piani rossoblù. A cavallo della cintura da rigore su Galderisi, prima Savino e poi Pin avevano trovato il varco vincente sulla destra, ma l’ala si era smarrita al momento del tiro, e il regista aveva accarezzato il palo opposto da posizione piuttosto difficile, a specchio chiuso.

Sbloccato il risultato, ancora Monelli aveva sfiorato la deviazione vincente, prima di recuperare su Salvioni il pallone del raddoppio: tocco per Pin, scambio stretto con Muro, progressione irresistibile a scavalcare il portiere, e morbido interno sinistro, angolatissimo per le coronarie dei tifosi. Ferron, portiere ospite, volava al 43’ su prodezza balistica di Muro su punizione per togliere il pallone dal sette.

Più movimentata ma a discapito della tecnica la fase discendente: cambiavano i due liberi e ballavano un po’ le difese, tanto che al 17’ Ginelli poteva presentarsi in solitudine davanti a Martina, salvato dal tempismo in uscita. A reparti lontani, ancora i padroni di casa chiudevano con un altro paio di palle-gol, un rigore ignorato su Galderisi, qualche interessante contropiede manovrato.

La Stampa titola: "Lazio sorniona - All'Olimpico prezzi alle stelle - Tutto facile per i romani contro la Samb lacerata dalle polemiche".

Una Sambenedettese costruita in economia, travagliata all'interno da una protesta dei giocatori che sabato hanno rifiutato di allenarsi a causa della riduzione del premio salvezza, è stata superata abbastanza agevolmente dalla Lazio che figura fra le candidate alla promozione in serie A. Tuttavia la formazione romana solo a tratti ha dato l'impressione di esprimere un gioco in linea con il ruolo assegnatole dal pronostico e a soddisfare quei tifosi che avevano pagato ben 100 mila lire un posto in tribuna d'onore. Un'assurda esagerazione per un incontro di serie B.

All'inizio della gara, giocata in un caldo torrido, la Lazio ha stentato parecchio nella costruzione di una manovra più razionale. Il gioco si ammucchiava al centro, non trovando il necessario respiro sulle fasce. Muro, ma soprattutto Piscedda, impeccabile nelle sortite in avanti, tentavano inutilmente di mettere ordine all'offensiva biancoceleste che non riusciva a crearsi i varchi nelle maglie della difesa ospite, bene organizzata e assai efficace sul piano agonistico in cui spiccava la buona vena di Bronzini.

La formazione di Domenghini tentava di ribattere cercando la strada del contropiede, ma non poteva bastare solo la buona volontà. Gradatamente, la Lazio afferrava le redini della gara mettendo in evidenza qualche scambio di prim'ordine che faceva apparire sempre più marcato il divario tecnico fra le due formazioni.

Veniva fuori assai bene Savino, gli assalti dei biancocelesti diventavano più assidui anche se la difesa marchigiana continuava ad opporsi con discreta efficacia. Al 22' si verificava il primo episodio ed era il segnale di una svolta imminente: cross di Monelli, testa di Gregucci per Galderisi che veniva fermato fallosamente in area da Nobili. I laziali reclamavano vivacemente la massima punizione.

Quattro minuti più tardi i romani sfioravano la marcatura in seguito ad una felice intuizione di Muro che lanciava Pin con un preciso allungo. L'ex juventino saltava Andreoli, si presentava solo davanti al portiere avversario, ma poi spediva a lato il pallone che sfiorava d'un soffio il palo. Al 32' ancora alla ribalta il modesto direttore di gara il quale, applicando la discutibile regola della compensazione, assegnava alla Lazio un calcio di rigore punendo un intervento di Ferrari su Savino che cadeva in area.

Monelli trasforma un rigore: è la prima rete laziale. Il fallo non è sembrato, molto chiaro. Il tiro dal dischetto era affidato a Monelli, che centrava con un preciso rasoterra il bersaglio. Il vantaggio consentiva alla Lazio di giostrare con maggiore tranquillità.

La Sambenedettese replicava con un forte tiro su punizione scagliato da Bronzini e parato con una certa difficoltà da Martina. Ma ormai i biancocelesti apparivano seriamente decisi a far valere il loro superiore potenziale tecnico. A cinque minuti dalla fine del tempo, aveva successo il pressing del romani. Savino rubava la palla sulla trequarti del campo ad un avversario che aveva sbagliato la respinta, passava a Muro il quale girava al volo verso Pin. Il centrocampista biancoceleste aggirava il portiere Ferron e depositava in tutta comodità la sfera nella porta rimasta sguarnita.

Nella ripresa la Lazio si limitava a controllare la reazione avversaria, guidata caparbiamente dal nuovo acquisto Luperto a cui si affiancavano Ginelli, Galassi e il solito Bronzini. Al 61' il centravanti marchigiano, in azione di contropiede, si è trovato sul piede la palla del 2-1: è stato bravissimo Martina nello sventare il pericoloso affondo, uscendo tempestivamente sui piedi di Ginelli.



Risultati e classifica dopo la 1 giornata del campionato di Serie B 1987/88