Bicego Alfredo

Da LazioWiki.

Alfredo Bicego

Attaccante, nato a Malo (VI) il 10 gennaio 1921, soprannominato il "piccolo Orsi".

Ala dotata di coraggio, tiro e velocità. Arrivò alla Lazio nel 1949/50 dall'Udinese (18 presenze e 2 reti in serie B nel 1947/48 e 20 presenze e 11 reti in serie C nel 1948/49), nell'ambito dello scambio con il portiere Marco Brandolin e nonostante non avesse svolto il ritiro perché in permesso matrimoniale, fu subito schierato titolare in diverse partite amichevoli del precampionato, ma a metà dicembre fu ceduto, per tre milioni di lire, al Lecce in serie C dove giocò 19 partite e mise a segno 5 reti.



Quando i partigiani andarono in goal di Stefano Ferrio Articolo pubblicato nell'edizione Nazionale de "l'Unità" (pagina 12) nella sezione "Sport" in data 3 novembre 2003

Ai partigiani di Malo, paese a nord di Vicenza, andò molto meglio che agli eroi della Dinamo Kiev, giustiziati per avere osato vincere 5-3 contro i tedeschi la celebre partita organizzata durante l'occupazione dell'Ucraina da parte delle truppe di Adolf Hitler. In quell'autunno del 1944 i maladensi che dicevano no al nazifascismo giocarono a loro volta contro una squadra di soldati del Terzo Reich, ed essendo nettamente più forti, sbaragliarono gli avversari, ma senza per questo subire rappresaglie. La memoria di questa partita da film tipo 'Fuga per la vittoria' - quello di John Huston, con Pelé e Sylvester Stallone in campo per pareggiare contro la Germania delle SS - è riaffiorata sulla stampa locale grazie alla penna di un giornalista come Mauro Sartori, andato a stanare i ricordi degli ultimi due superstiti della squadra di casa: il centravanti Eugenio Gualtiero, detto Enio, e il terzino Giuseppe Sanson, difensore con la vocazione del gol. Dire Malo significa rievocare il famoso romanzo - 'Libera nos a Malo - che alla gente di questo centro pedemontano ha dedicato lo scrittore Gigi Meneghello, narratore da amare sia per le pagine dedicate alla nerostellata squadra del paese, che per quelle sulla Resistenza, vissuta sul vicino altopiano di Asiago dai 'Piccoli maestri' di un altro libro da raccomandare.

"A Malo si viveva di pallone - conferma il fratello Bruno Meneghello, ex partigiano a sua volta - e i tedeschi, si sa, vanno pazzi per il calcio, non perdono mai occasione di giocarlo, anche se stanno facendo la guerra. A questo punto bisogna precisare che i soldati di stanza dalle nostre parti non avevano grandi rapporti con i fascisti della Repubblica Sociale, li consideravano troppo fanatici per i loro gusti. Dovevano invece convivere con la popolazione locale, e così scelgono di battersi contro una rappresentativa del posto, con dentro molti della Resistenza, piuttosto che perdere tempo con quelli della Decima Mas". L'idea di un giorno di tregua correndo dietro al pallone viene a uno degli ufficiali tedeschi, un certo Braun, ricordato per modi affabili e decisioni spesso diplomatiche. Ad appoggiarlo in campo italiano è Carlo Dazzo, titolare di un bar frequentato da tutti, nonché animatore di compagnie filodrammatiche pronte a esibirsi su qualsiasi palcoscenico della zona. Ben presto si conviene che in quel Malo d'occasione possano giocare militanti della Resistenza, a patto di non convocare i combattenti saliti sulle vicine montagne. Sono invece ammessi i cosiddetti 'territoriali'. Quelli che, pur schierati accanto ai Piccoli Maestri, la sera tornano a dormire nelle loro abitazioni. È il caso di Bepi Totti, diventato dopo la guerra archivista dei Volontari della Libertà, così come di personaggi passati alla storia locale, di nome Dorino Dalle Rive, Alfredo Bicego, Enio Gualtiero. Tra i semplici simpatizzanti spicca invece una gloria calcistica del posto, tale Mario Colbacchini.

L'incontro, arbitrato dal barista filodrammatico Carlo Dazzo, e disputato davanti a folto pubblico in località Prà de Comon, è senza storia. Al punto che gli unici due calciatori maladensi rimasti in vita, non riescono a precisare con quale punteggio alla fine umiliarono gli avversari. 'Ricordo solo che di gol ne segnai personalmente sette' racconta Giuseppe Sanson, il che, detto da un 'terzino' dell'epoca, testimonia di una superiorità quanto meno schiacciante. Conviviale il dopo-partita, con tedeschi e italiani assieme in trattoria, fino al momento in cui un ufficiale occupante sbotta in un minaccioso 'Ma qui sono tutti partigiani!' che fa comprensibilmente scappare i vincitori giù dalle finestre. Se la cavano con uno spavento i nerostellati della memorabile partita. In un'atmosfera quasi goliardica, destinata a essere cancellata pochi giorni dopo, quando quegli stessi soldati tedeschi impiccano a un terrazzo del paese Domenico De Vicari, nome di battaglia Was. Uno dei 'combattenti' rimasti sui monti anche in quel giorno di calcistica tregua.

1944: Malo diede un calcio alla guerra di Mauro Sartori Articolo pubblicato da Il Giornale di Vicenza in data 31 ottobre 2003

Un episodio mai riportato da nessun libro ma ancora vivo nella memoria dei protagonisti d’allora. In autunno l’insolita partita tra partigiani e nazisti in un giorno di tregua.

Un grappolo di gol per la libertà. Il risultato della partita di cui ci accingiamo a narrarvi le epiche gesta, non è riportato in alcun almanacco. E nemmeno i diretti interessati se ne ricordano l'esatto riscontro numerico, e neppure la data effettiva, che la foto ingiallita dell’epoca non riporta. Rammentano solo il posto, il periodo (autunno 1944) e una vittoria netta, di quelle da tramandare ai nipotini. Ai danni di una compagine tedesca. Il salto indietro nel tempo, quando Malo era occupata dalle truppe naziste, è di quelli da brividi. Perché qui si narra di una partita fra partigiani e nazisti, in un giorno di tregua dedicato allo sport e all'amicizia, che potrebbe solleticare la fantasia dei migliori sceneggiatori hollywoodiani. Altro che Fuga per la vittoria di John Houston, con Silvester Stallone e Michael Caine a dialogare, sul terreno di gioco, con campioni come Pelé e Bobby Moore, chiamati ad interpretare gli internati di un campo di prigionia, pronti a sfruttare una partita di calcio per tentare l'evasione. Quella di Malo è storia vera, con due protagonisti di sponda italiana ancora vivi ed in grado di raccontarla, e molti altri testimoni che assistettero dai bordi dell’improvvisato campo di gioco in "Prà de comon", sotto S. Libera.. Perché all'epoca lo stadio comunale era stato requisito per destinarlo alla coltivazione di frumento e patate. Enio Gualtiero, 79 anni, e Giuseppe Sanson, 80, erano rispettivamente centravanti e terzino di una compagine nerostellata che solo dopo un paio d’anni avrebbe ripreso a far tremare gli avversari in match ufficiali. Ma partiamo dall'8 settembre 1943, quando Enio, autiere a Cervignano del Friuli, decise di non aderire alla Repubblica di Salò, ed assieme ad altri 5 o 6 amici, tutti "badogliani", decise di diventare partigiano. "Non abbiamo mai fatto guerriglia, e siamo sempre rimasti in zona, tanto che riuscivamo a rientrare a casa, di notte, più di qualche volta - racconta Gualtiero, papà di Cesare, Valeria, Regina, Paolo e di Delia, che nel 1972 partecipò al Festival di Sanremo, debuttante assieme a Marcella Bella e Alice, in gara però coi big, e poi intraprese una pregevole carriera artistica. - Assieme a me c’era Bruno Meneghello, fratello dello scrittore Luigi, che si trovava invece sull’Altopiano. Con "i piccoli maestri" mantenevamo un contatto quasi quotidiano". Complici i buoni rapporti con un certo dottor Braun, di origine altoatesina, che fungeva da interprete ("persona cordiale e dai modi gentili", rammentano entrambi i testimoni), venne decretato un giorno di tregua, per consentire l’effettuazione di una partita di calcio. Nella foto, in cui maladensi e nazisti sono mischiati, si riconoscono i nerostellati Francesco Pettinà (secondo in alto), Enio Gualtiero (quarto), Dorino Dalle Rive (sesto), Carlo Dazzo (arbitro, ottavo), Lino De Benedetti (nono), Giuseppe Totti (undicesimo) e Antonio De Guglielmi (tredicesimo). Accosciati ci sono Giuseppe Sanson (primo), Mario Colbacchini (terzo), Alfredo Bicego (quinto), Gaetano Bortolotto (settimo), Agostino Drago (no no). Di questi, Totti, Bicego, Dalle Rive e lo stesso Gualtiero erano partigiani, e gli altri simpatizzavano con loro. "I nazisti sapevano che eravamo partigiani - continua Gualtiero - ma chiudevano un occhio. D’altronde, a Malo non c’erano stati sinora episodi cruenti di guerra civile. A loro bastava controllare il territorio, e sovente ci concedevano permessi per muoverci, malgrado il nostro status di ribelli, almeno dal loro punto di vista". Un quadro che ci viene confermato da un altro partigiano maladense, Igino Antoniazzi, ora presidente regionale dell’Associazione famiglie caduti e dispersi di guerra, e che di quel match fu spettatore: "Il clima in paese non era così teso. Solo per questo si poté giocare". Le divise, che si notano nell’immagine storica, furono preparate appositamente da Isetta, sorella di Dorino. L’amico Sanson ricorda un gustoso episodio, accaduto al termine dell’incontro, vinto nettamente dai locali ("segnai almeno 7 gol, e non sapevano come contrastarmi, nonostante avessero chiamato rinforzi da Schio", puntualizza Enio). "Alla fine ci ritrovammo tutti alla trattoria Al Ponte, per festeggiare a pane e salame - racconta Sanson. - Uno degli ufficiali, un po’ alticcio a causa dell’eccellente mescita, si alzò in piedi e gridò: "Qui siete tutti partigiani!". Al che, ci fu una fuga generale dalle finestre. Alla fine ci ridemmo sopra, ma al momento qualcuno prese la cosa seriamente, e non si preoccupò del salto". Non fu l’unico scontro calcistico fra le parti in guerra. In altre due occasioni le squadre si ritrovarono, con identico risultato a favore dei nerostellati. In fine dei conti, l’Italia all’epoca era ancora campione del mondo, a seguito del trionfo del 1938 a Parigi. La Coppa Rimet sarebbe tornata in palio solo nel 1950, ed in Brasile gli azzurri rimediarono, da campioni uscenti, una figuraccia. Dopo la Liberazione, ripristinato lo stadio che allora aveva l’ingresso su via Loggia, ma che è il medesimo su cui oggi sgambettano le nuove leve nerostellate, ci fu un grande partita fra Malo ed una selezione alleata, davanti a quasi 3 mila spettatori. E quella, sportivamente e storicamente parlando, fu un’altra storia. "Non ricordo come andò a finire - spiega Gualtiero - ma gli inglesi erano molto forti, sicuramente più dei tedeschi. Un’ala britannica aveva militato in nazionale, e si vedeva". Forse i nerostellati le beccarono, ma quella fu una partita fra gente libera, e nessuno scappò dalla finestra dopo il triplice fischio finale. Anche se quei nazisti che occupavano Malo, non erano poi così tremendi.

E il Was venne impiccato in piazza poco dopo

Malo, paese di "piccoli maestri", di comandanti partigiani leggendari e di numerosi renitenti alla leva repubblichina. Come riporta lo studioso storico di sinistra Ezio Simini, nel suo "....e Abele uccise Caino", una segnalazione partita da Schio il 14 marzo 1944, e diretta a Giovanni Dolfin, segretario particolare del Duce, chiede provvedimenti per quanto stava accadendo a Malo, dove alla leva si sono presentati "in 6 su 200. Se non si prendono provvedimenti adeguati, saranno giustificati quei soldati che si arruolano". Simini inquadra dunque la questione all’alba della lotta partigiana nel territorio, che nella zona maladense esprimerà la figura del Tar, al secolo Ferruccio Manea. Eppure Malo non fu esentata da rastrellamenti e da atti cruenti. Nel poderoso volume Epopea di Malo , Silvio Eupani, già sindaco del paese e autore di pregevoli saggi storici, cita 14 partigiani maladensi caduti (solo 4 però nel territorio comunale) cui si aggiungono 11 caduti per la liberà o in prigionia. Fra gli episodi riportati, il più cruento è sicuramente quello relativo all’impiccagione di Domenico De Vicari, nome di battaglia Was. Venne catturato da colonne nazifasciste che stavano dilagando sulle colline della zona. Was faceva parte della brigata Ismene. Durante un rastrellamento, caddero sotto i colpi dei mitra il maladense Luigi Pamato, detto Bill, e il padovano Mario Guzzon. De Vicari fu catturato vivo, portato in paese ed impiccato il giorno successivo, in Piazzetta Vecchia, davanti ad una folla appositamente radunata. Era il 2 dicembre. La partita fra partigiani e soldati tedeschi si era svolta pochi giorni prima.





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