Domenica 29 aprile 1973 - Torino, stadio Comunale - Torino-Lazio 0-0

Da LazioWiki.

Stagione

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1771. Campionato di Serie A 1972/73 - XXVII giornata - inizio ore 15,00

TORINO: Castellini, Lombardo M., Fossati, Zecchini, Cereser, Agroppi, Rampanti, Ferrini, Bui, Sala, Pulici P. (12 Sattolo, 13 Crivelli). All. Giagnoni.

LAZIO: Pulici F., Polentes, Martini L., Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Moschino, Chinaglia, Frustalupi, Manservisi. (12 Moriggi, 13 Mazzola (II)). All. Maestrelli.

Arbitro: sig. Panzino di Catanzaro.

Note: giornata soleggiata, terreno leggermente allentato. Ammonito Moschino. Angoli 8-7 per il Torino. Sorteggio antidoping negativo. Al 76' Pulici F. respinge un rigore a Pulici P.

Spettatori: 36.828 di cui 9.036 abbonati e 27.792 paganti.

Chinaglia ed Agroppi
Felice e Paolo Pulici prima della gara
Oddi e Polentes salvano sulla linea
La rete annullata a Garlaschelli
Il rigore parato da Pulici
La pagina de La Stampa
Il biglietto della gara
Un altro biglietto della gara

E' il classico zero a zero che dovrebbe essere commentato dal dottor Freud. Il Torino s'è tradito da solo con eccessi di veemenza, cercando frenetici tocchi in un'area intasata, esaltando (ma al contrario) un Pulici pazzo di gol, talmente pazzo da fallire sei occasioni ed un rigore. Paolino non voleva dialogare con anima viva, soltanto battere a rete e riconquistare il primo posto nella graduatoria dei cannonieri. Ha finito sprecando, imitato da Agroppi (che almeno ha una scusante in più, essendo a corto di preparazione), intrigando i compagni di linea su trame forsennate che non potevano trovar sbocco nelle accortissime maglie della difesa laziale. Chi non conosceva i biancocelesti, ha potuto apprezzarli al Comunale: calmi fino al cinismo del «tackle», assiepati per un pareggio importante, disinvolti nei rari disimpegni malgrado l'assenza di Re Cecconi, che è una pedina indispensabile per la manovra offensiva. Il «biondone», che sa appostarsi sulla fascia destra, raccoglie in una partita quaranta smistamenti per impostare l'azione d'attacco. Sostituito da Moschino, che ha il tocco lungo e breve, ma scarsa mobilità, ecco la Lazio costretta ad arroccarsi, a limitare le pretese. Forse il presidente Lenzini, nella sua bonomia, possiede qualche radar profetico: ha detto pareggio, e pareggio è stato, grazie non soltanto ai coriacei sistemi delle retrovie laziali, ma alla sfortuna marcia del Toro, che incoccia due pali, spreca oltre ogni dire, getta al vento un «penalty» ed insiste in un forcing senza sbocchi. Fosse stato in panchina Giagnoni, il bravo e ingenuo Pulici si sarebbe permesso tanti sbagli e cocciutaggini dettate da puro egoismo? La Lazio, che vien chiamata «bella» da mesi, ha tirato fuori anche la grinta, battendosi su ogni pallone (tra la propria area ed il centrocampo) con agonistica disposizione.

Ha difeso la propria classifica, pur favorita da qualche strega pallonaro: infatti ì granata le hanno fatto vedere i classici sorci verdi, che il Milan capolista, otto giorni or sono, non aveva certo presentato sul conto dei biancocelesti. E' raro che un risultato bianco offra tanti patemi, ma questo del Comunale si. Limitiamo la cronaca alle occasioni, ovviamente perdute. Nel primo tempo il Torino ne può contare dieci, la Lazio una sola. Dopo pochi minuti i granata attaccano subito il loro forcing rabbiosissimo. Al 9' Sala ruotando su se stesso in area sbatte in Wilson, il fallo sembra da rigore, ma come poteva il «libero» laziale scomparire? Panzino tira avanti. Al 10' un magnifico scambio tra il tacco di Pulici e Sala invita la punta granata ad un tiro che sfiora il paletto alla sinistra del portiere laziale. Al 13' nuovo dialogo Sala-Pulici, dopo un grande slalom di Claudio, il tiro finale rade ancora il palo. Al 14' Wilson trattiene come può Fossati liberatosi in area, si districa al 16' Pulici sprecando poi verso il cielo, ancora Sala al 19' dribbla tutti sulla linea di fondo poi il suo tiro viene parato dal Pulici laziale. E' una grande fase, tutta granata, ma rivela che i torinesi si ricercano con affanno, mentre le maglie difensive romane sanno opporsi facendo perno sull'ottimo Wilson, su un Frustalupi agonisticamente cattivo (nei riguardi di Sala) però ben appostato come pedina tattica. Al 28' ancora Pulici, detto Gran Capo Testone, opera un paio di magnifici dribbling e poi butta al vento anziché servire Bui in agguato. Al 30' l'occasione laziale, con una rovesciata limpidissima di Chinaglia che sorvola la traversa.

E qui dobbiamo fermarci su Agroppi: aveva battuto altissimo un'ottima impostazione di Sala-Fossati al 22', si ripete al 31' sparando (da due metri) oltre la traversa su tocco di Sala dopo punizione di Bui. Il pallone gli arriva assai difficile, viziato dallo slancio dello stesso giocatore spintosi troppo sotto, però è inevitabile dire che il Torino sta gettando alle ortiche decine di occasioni. La Lazio si fa vedere con Garlaschelli (ottimo diagonale deviato da Castellini al 36'), poi con Polentes, che salva su Pulici un pallone smanacciato dal portiere biancoceleste su tiro-cross di Rampanti. Ripresa, ed i granata riprendono a tessere la loro trama, ma non è vera tela compatta, è un ansimare di manovre tanto orgogliose quanto caotiche. All'8', da un corner battuto da Sala, Rampanti incoccia il palo, al 10' Pulici si esibisce in un magnifico affondo poi va per le terre in area ma Panzino non abbocca (troppo spesso Paolino cerca di propiziare il rigore come un Chiarugi qualsiasi...). Il pubblico incattivisce, vedendo — però a torto, e lo diciamo a costo di qualunque reprimenda — chissà quali soprusi in territorio laziale. Sbaglia ancora Pulici tra il 20' ed il 21', una duplice occasione, facendo disperare i compagni, soprattutto Bui. Si arriva al 22' e qui Wilson falcia con destrezza Sala entrato in area. Panzino indica il dischetto, Pulici contro Pulici. Ma quello laziale è un paratore nato, c'è chi lo ricorda con fior di patente nel Novara. Sul «penalty» dei granata eccolo bellamente disteso a deviare in angolo. Pur «choccato» il Toro si butta ancora sotto, e rischia al 30', quando una fuga di Nanni non è interrotta neppure con le mani da Cereser e Castellini para il susseguente tiro, per fortuna flaccido, di Garlaschelli. Ancora una punizione di Bui al 25', ancora la superficie alta della traversa colpita, dopo affannosi assalti granata, da Fossati al 43' e si chiude.

La «legge tremendista» non ha imposto, il suo noto pedaggio ai menomati ma indomiti laziali. La squadra di Maestrelli, benché costretta a coprirsi rinunciando quasi del tutto al gioco d'attacco che predilige, riconferma il suo «status» di compagine tanto quadrata quanto fortunata. Amministra il gioco con lucida avarizia (senza il suo Re Cecconi) e non è poco, perché ogni complesso, quando perde un giocatore essenziale, subito ne patisce oltre misura. Da Martini a Manservisi sa opporre filtri e barriere ordinate, mai casuali, che legittimano la sua posizione in campionato. Il Torino ha triturato un calcio selvaggio. Ma il suo motore andava a grappa, non a benzina pura: e quindi si ingolfava con improvvisi rigurgiti, anziché distendersi come sa e può. Tra gli errori di giudizio e quelli di mira, tra il forsennato egoismo dei singoli e la rabbia agonistica, è solo lui, il Toro, che può lamentarsi di questo pareggio. Ma ad una Lazio non puoi regalare tre centimetri di vantaggio, figuriamoci se è possibile donarle addirittura un rigore. I biancocelesti continuano nella loro Pasqua, che iniziò col Milan e si infioretta di nuove «grazie» al Comunale torinese. Mentre i granata, rodendosi i gomiti, possono pensare alla squadra di Rocco, annunciata per domenica. Spumeggeranno invano anche contro di lei? Non è proprio credibile.

Fonte: La Stampa