Giovedì 5 novembre 1998 - Beograd, Stadion Partizana - FK Partizan Beograd-Lazio 2-3

Da LazioWiki.

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5 novembre 1998 - Coppa delle Coppe 1998/99 - Secondo turno

PARTIZAN: Damjanac, Rasovic, Savic, Krstajic, Gerasimovski, Trobok, Ilic (68' Iljev), Ivic, Tomic, Kezman (90' Bjekovic), Obradovic (50' Stojsavljevic). A disp. Ljubanovic, Svetlicic, Tesovic, Duljaj, Sabo. All. Tumbakovic.

LAZIO: Marchegiani, Pancaro, Fernando Couto, Mihajlovic, Favalli, Sergio Conceicao (53' Stankovic), Almeyda, Venturin, Nedved, Salas (81' Boksic), R.Mancini (89' Baronio). A disp. Ballotta, Negro, Lombardi, Gottardi. All. Eriksson.

Arbitro: Stuchklik (Austria).

Marcatori: 17' Krstajic, 43' Salas (rig), 66' Stankovic, 75' Salas, 85' Iliev.

Note: ammoniti Trobok, Nedved, Salas, Ivic, Gerasimovski. Calci d'angolo: 2-3. Recuperi: 4' più 5'.

Spettatori: 40.000 circa.

Il biglietto dell'incontro
La rete del vantaggio dei padroni di casa
Marcelo Salas trasforma il calcio di rigore per l'1-1
Dejan Stankovic porta in vantaggio i biancocelesti
Marcelo Salas porta a tre le marcature laziali
La rete del definitivo 2-3
Esultanza biancoceleste

Dal Corriere della Sera:

Solo il computer acceso sparge un po' di chiarore per raccontare questo blitz laziale, visto che gli spalti dell'impianto Jna sono ormai in penombra. All'inferno (quasi venticinque minuti) e ritorno, un 2-3 romanzesco, un capovolgimento da vertigini. I laziali si applicano subito per dimostrare che Eriksson è ancora il loro Mosè: assetto tattico rigorosamente agganciato al movimento dei mediani centrali (Almeyda-Venturin), le cadenze serrate, la palla gol (10') che Mancini, suggeritore Nedved, sbatte addosso al portiere, con Rasovic che lo sostituisce sulla linea di porta, inzuccando la ribattuta arcuata dell'irrompente Conceicao. Pare tutto a posto, come spesso capita quando la Lazio deve svolgere compiti irrimandabili, ma stavolta nelle pozzanghere che sembrano aumentare la velocità di palleggio e l'aggressività dei serbi, l'impresa diventa ardua. Il Partizan, tredici vittorie di seguito in campionato, alterna ai tamponamenti le percussioni simultanee, quasi ritenesse di spalmare ogni risorsa per ingolfare gli automatismi biancocelesti, dopo un quarto d'ora in souplesse. Assente il libero macedone Stojanoski, Rasovic e Ilic seguono più Nedved che le saltuarie avanzate dei "rubapalloni" fissi Trobok, Ivic e Tomic, addirittura più autorevoli rispetto alla sera dello stadio Olimpico. Così corretti i serbi propongono un 5-3-2, dove la cordata Savic-Krstajic-Gerasimosvski s'allunga un po' ovunque, non solo ad anticipare Mancini oppure Salas, che spaziano larghi, salvo incrociare le sovrapposizioni riuscite, fra Pancaro e Conceicao, sul versante destro.

Soprattutto da quella parte gli erikssoniani troveranno profondità, ma intanto è paralizzando quel piatto destro che proprio l'arrembante Krstajic pianta sotto la traversa, portandosi di scatto nel punto sguarnito che lo scatenato Trobok, sfuggito in controtempo a Favalli, pesca rasoterra dal suo versante. Forse il Partizan, gasato dalla bravata, presume troppo di sé stesso per riprodurre a qualsiasi costo energetico gli incanti podistici che già gli permisero d'agguantare lo scalpo del Newcastle. Certo la Lazio sbanda dalle parti del suo serbo, Mihajlovic, sempre costretto in marcatura sull'agile Kezman, mentre Obradovic raccorcia, svaria, usa la sponda puntuale di Ivic per saltare Couto, portato spesso fuori area. Si teme il peggio, né Marchegiani appare rassicurante nella presa su un cross carogna liftato da Ilic, che precede un'altra uscita sui piedi di Kezman, arrangiata senza guai per puro miracolo. Ma i laziali, in maglia gialla, hanno pelle dura e campioni in agguato. Difatti è da campione lo spunto di Conceicao su lancio di Pancaro. Controllore saltato d'istinto e sul cross pennellato Savic abbocca allo stop con il petto di Mancini e spaventato lo mette giù. Segue il rigore riequilibrante timbrato Salas, che annuncia un'altra partita dove i laziali procedono sparati senza più amnesie. Si squagliano pure le certezze psicologiche del Partizan, mentre la crescita propulsiva degli oppositori romani viene festosamente applaudita dalla rappresentanza dei tifosi della Stella Rossa. Che impazziscono non appena il loro idolo Stankovic, subentrato da poco a Conceicao, piazza la stoccata del k.o. involandosi, pure aiutato da un provvidenziale rimpallo, nello spazio che gli procura l'imprendibile "Mancio".

Ormai ci siamo, metabolizzati tranquillamente quei venticinque minuti fuori dall'Europa, con sofferenze morali e fisiche mascherate soprattutto dai trascinatori Venturin, Almeyda, Nedved. Ormai la Lazio non può che passare ancora, capitalizzando il corner di Mihajlovic, esule di ritorno faticosamente entrato in partita. Traiettoria rintuzzata, giusto quanto serve per sganciare la bordata di Venturin nel groviglio di gambe protese. Così nel flipper s'accende lo "special" di Salas per affondare definitivamente i serbi. Segue l'impeto che serve per ricomporre brandelli d'onore, mentre il panchinaro Iliev, appena entrato, trapassa di testa Marchegiani. Troppo tardi. La multinazionale di Cragnotti stravince fra gli applausi e avanza squillante in Europa.


Il Messaggero titola: "Krstajic sblocca il risultato e fa tremare la squadra di Eriksson. Poi con lo show dell'attaccante sudamericano comincia la festa".

L'articolo così prosegue: Stavolta la Lazio ha dato davvero una grande risposta sul campo più ostico. E vola verso i quarti della Coppa delle Coppe, dopo aver eliminato l'avversario più difficile che potesse capitarle. Sotto di un gol dopo pochi minuti, ha avuto la straordinaria capacità di pareggiare e poi staccare gli avversari, contenendone il ritorno e uscendo fra gli applausi convinti dei tifosi del Partizan. Meriti da dividere fra tutti, con Salas autore di una doppietta una spanna sugli altri. E onore anche ad Eriksson che ha azzeccato la mossa Stankovic, riuscendo a mantenere i suoi calmi e concentrati. Da lodare, nella serata di gloria, anche la sicurezza dell'arbitro Stuchlik: avercene come lui nel nostro campionato. I biancocelesti sono rimasti aggrappati al match, dopo aver sprecato la grande occasione di portarsi addirittura in vantaggio, con un'invenzione di Nedved che ha trovato Mancini lanciato oltre la difesa serba: Roberto ha calciato sul portiere in uscita ed il libero macedone Gerasimovski ha allontanato poi di testa sulla linea di porta la ribattuta sporca di Conceicao. Il gol lo ha segnato invece il Partizan, dopo un paio di prove generali di percussione.

Bravissimi i bianconeri nei loro velocissimi assalti, in stile quasi rugbystico. Così l'irrefrenabile Trobok è riuscito a lanciarsi sulla destra, battendo sul tempo Favalli e Mihajlovic, piuttosto scomposto all'inizio, e a centrare un pallone teso che ha trovato Krstaijc solitario e impassibile nella botta sotto la traversa. Qui l'inferno si è visto davvero, lo stadio è scoppiato, i fumogeni lo hanno avvolto, la gente ha preso a saltare senza posa. In curva perfino uno striscione del Roma Club Trionfale, portato qui da chissà dove o magari ricordo rubato della trasferta giallorossa di dieci anni fa. Nella bolgia la Lazio è parsa smarrirsi, ha rischiato molto sulla trequarti, da dove i dinamici centrocampisti slavi partivano come assatanati, più freschi, più a loro agio sul campo imperfidito dalla pioggia ininterrotta della giornata. Si è perso Nedved, si è rincantucciato Conceicao, Almeyda ha avuto qualche passaggio a vuoto, compensato solo dall'impagabile grinta di Venturin, che ha retto la baracca laziale nel momento del maggior bisogno. Troppi gli errori di misura nei passaggi, finché, quasi allo scadere del primo tempo, a Conceicao è riuscito lo spunto caparbio sulla destra, e il cross è stato raccolto col petto da Salas, tirato giù dal suo marcatore Savic. L'arbitro austriaco, molto puntuale e coraggioso, ha fischiato il rigore che il cileno ha trasformato con freddezza, sparando centralmente.

La ripresa si è aperta con un doppio contropiede laziale, vanificato dal fuorigioco. Poi il tecnico serbo Tumbakovic ha giocato la carta Stojsavljevic, che si è presentato con un cross preciso che Ilic ha schiacciato in mezzo all'area invece che in porta. Eriksson ha risposto con Stankovic, fischiatissimo dagli avversari di sempre, al posto di Conceicao. Nedved ha sprecato a lato un contropiede Mancini-Salas, poi ha concluso di potenza sempre fuori di poco. Ma almeno la Lazio ha tenuto lontano i pericoli immediati di un assedio. Stankovic ha rinforzato il centrocampo, la furia del Partizan è apparsa placarsi e proprio Dejan è andato al tiro ancora pericolosamente dal limite. L'anticamera del gol, confezionato da Mancini e realizzato proprio da Stankovic, che lo aveva sognato alla vigilia proprio così: l'ex idolo della Stella Rossa ha avuto il merito di buttarsi sul pallone vagante, anticipando anche il portiere e realizzando a porta vuota. Il Partizan ha reagito da par suo, da squadra cioè dominatrice del suo campionato, sfiorando subito il pari con una girata di Kezman fuori di un nulla. Ma la Lazio ha avuto l'enorme merito di crederci fino in fondo. Nedved si è guadagnato l'angolo chiamando Damjanac ad una difficile deviazione.

E dalla bandierina il tiro di Mihajlovic, respinto, è finito sui piedi di Venturin, che ha spedito verso la porta trovando Salas pronto sulla traiettoria, per il tocco morbido, imprendibile, risolutivo. A questo punto i serbi hanno moltiplicato gli sforzi, cercando almeno di salvare l'onore ed hanno meritato il gol, realizzato dal nuovo entrato Iliev, con un perfetto stacco di testa. Con Boksic e Almeyda in campo ai biancocelesti non è rimasto che chiudere gli ultimi spazi. Per suggellare un'impresa davvero memorabile.


Tratte dal quotidiano romano, alcune dichiarazioni post-gara:

Sorride, scuote la testa, arrossisce. Poi gli si riesce a tirar fuori il magone del giorno prima: «Va bene, è vero. Abbiamo fatto bene a riposare lunedì, la squadra aveva bisogno di staccare la spina, anche se la sconfitta di Salerno bruciava e brucia ancora. E' stata una battaglia...». Eriksson non ha rivincite da consumare, è sicuro di aver fatto felici i tifosi e il presidente. «Cragnotti mi ha chiamato già mercoledì mattina al telefono. Mi ha ribadito la sua fiducia. Come io del resto avevo grande fiducia nella forza morale, nella classe, nel cuore dei miei giocatori. Abbiamo giocato una grande partita, soffrendo molto nella prima mezz'ora perché eravamo messi male in campo, Nedved era fuori posizione, dovevamo essere più ordinati. Poi ci siamo assestati e il Partizan, che è squadra giovane, è la squadra del futuro, ha accusato molto il colpo del pareggio e il nostro sorpasso. Lì siamo stati bravi a chiudere il match, prima che potessero riaversi».

Eriksson è un papà orgoglioso. «Non faccio nomi, elogio la squadra in blocco, stavolta lo merita proprio. Salas? Certo che è stato decisivo. Ma del resto noi la partita d'andata avevamo dovuto giocarla con il solo Mancini davanti. La differenza si è vista stasera. E' un po' che vado dicendo che in questo momento dobbiamo sopravvivere, aspettando di avere la rosa al completo. Ora dobbiamo battere l'Empoli, questa diventa una partita vera perché è sul campionato che dobbiamo concentrarci, all'Europa ripenseremo da marzo». L'avversario di panchina, Ljubisa Tumbakovic, sembra avere una sola recriminazione: «Il rigore non c'era, è stato quello a tagliarci le gambe. Se fossimo andati al riposo in vantaggio sarebbe stata un'altra musica. Ai miei ragazzi ho detto che la differenza l'hanno fatta solo l'età, l'esperienza. Il nostro campionato, del resto, non ha il livello qualitativo di quello italiano. Ma ci resta l'orgoglio di aver contrastato fino all'ultimo una delle squadre più forti d'Europa».

La Lazio fa felice il presidente Cragnotti, costretto a rinunciare alla trasferta per motivi di lavoro. «Grazie ragazzi, una grande vittoria. Una serata importante che ci serviva per riprendere quota, adesso possiamo pensare al campionato». La fredda serata serba era cominciata con momenti di tensione all'arrivo del pullman che portava i biancocelesti allo stadio. Gli ultras del Partizan, nonostante la scorta della Polizia, hanno ripetutamente colpito il torpedone con pugni e sassi. Ma sul campo la squadra non si è lasciata intimorire ed alla fine ha dedicato la vittoria ad un ragazzino, Tommaso, scomparso qualche giorno fa. «Sapevamo del grande tifo che avrebbe sospinto i nostri avversari - ha spiegato Mancini - ma questa Lazio ha elementi esperti abituati alle grandi sfide. La squadra ha capito che domenica aveva sbagliato ed ha reagito come tutti si aspettavano. Salerno ci è servito. Nei momenti che contano questa Lazio non tradisce mai, adesso possiamo accantonare il pensiero della Coppa e dedicarci soprattutto al campionato».

Sinisa Mihajlovic non ha mai avuto dubbi sulla qualificazione. «Sapevamo di essere superiori al Partizan e di poter segnare dei gol. Abbiamo sofferto nel primo tempo, soprattutto nella prima mezzora quando i nostri avversari hanno dato il meglio con aggressività e massima determinazione. Nella ripresa, però, la Lazio ha preso in mano la situazione e sfruttato quegli spazi che sapevamo di poter avere a disposizione. E' stata una grande vittoria arrivata in un momento importante». Il difensore ha confermato la propria imbattibilità contro il Partizan. «Sapevo che mi avrebbero fischiato, però non ci siamo lasciati condizionare dal tifo particolarmente caldo vincendo con pieno merito una sfida insidiosa». Un altro ex della Stella Rossa ha gioito in modo particolare. «Quella contro il Partizan è una partita che sento in maniera speciale, quasi come una magia. Sotto la maglia della Lazio non avevo quella della Stella Rossa, che qualche volta indosso, un segno di rispetto nei confronti della tifoseria locale». Il centrocampista è tornato al gol dimostrando di aver superato il periodo difficile. «Una rete che avevo sognato, la dedico a me stesso, spero di continuare su questa strada».

Oltre a Mihajlovic e Stankovic, fischiatissimo anche Alen Boksic. «Questo successo ci voleva. Adesso possiamo mettere da parte la Coppa e dedicarci con maggiore concentrazione al campionato. La Lazio ha sofferto l'avvio veemente e deciso del Partizan che ha giocato un gran primo tempo, sospinto dall'entusiasmo di un pubblico che l'ha fortemente incitato. Però il pareggio di Salas ha cambiato volto alla gara. Nonostante lo svantaggio, non ho mai temuto l'eliminazione. Nella ripresa ho visto una Lazio più determinata ed in grado di fronteggiare con maggiore disinvoltura il Partizan. Qualificazione meritata. Personalmente sono già contento di essere rientrato in formazione, è andata meglio che a Salerno, però mi ci vorrà ancora un po' di tempo per tornare in forma».