Martedì 1 novembre 1994 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Trelleborgs FF 1-0

Da LazioWiki.

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1 novembre 1994 - 2623 - Coppa UEFA 1994/95 - Sedicesimi di finale - gara di ritorno

LAZIO: Marchegiani, Negro, Favalli, Di Matteo, Cravero, Chamot, Rambaudi, Fuser, Boksic, Winter, Signori. A disp.: Orsi, Bergodi, Bacci, Venturin, De Sio. All. Zeman.

TRELLEBORG: Jankowski, J.Eriksson, C.Karlsson, Brorsson, M.Andersson, Sexerin, Palmer, Engqvist, J.Karlsson (58' Mattsson), Sandell, Blixt. A disp.: A.Andersson, Larsson, Hansson, Rasmusson. All. Prahl.

Arbitro: Sig. Ihring (Slovacchia).

Marcatori: 95' Boksic.

Note: bella serata, terreno in ottime condizioni. Ammoniti Cravero, Signori, J.Eriksson, Brorsson. Calci d'angolo: 9-2.

Spettatori: 40.000 circa con 36.784 paganti per un incasso di £.1.031.205.000.

Signori al tiro
La rete di Boksic
Boksic esulta
Una fase della gara
Boksic protagonista dell'incontro
Il biglietto della gara

Entrare negli "ottavi" Uefa è vanto storico che i laziali agganciano con il cuore in gola grazie a Boksic, proprio quando l'appendice supplementare appare inevitabile. E' praticamente l'ultima occasione, l'ultimo respiro di un assalto prolungato dall'arbitro slovacco fino al 95' per recuperare quanto ritiene doveroso. Brilla, così, il lieto fine dopo tante sofferenze, dopo una partita diseguale, dove i biancazzurri tardano a impegnare per intero il loro arsenale esplosivo, arrotolati e via via anestetizzati fino all'intervallo da questo Trelleborgs, nemmeno troppo ancorato a esclusivi movimenti di controllo. La procedura verso almeno una speronata liberatoria si snoda prevedibile per un'ora circa sul 4-3-3 "zemaniano", in quanto mancano gli "incastri" offensivi di Fuser e Winter e le avanzate esterne utili ad accrescere le preoccupazioni dei quattro fusti nordici, bloccati là dietro dal tridente biancazzurro. Mister Prahl ha corretto l'atteggiamento tattico di due settimane fa, e indovinato appare in particolare l'innesto del segugio laterale Brorsson, che azzera tanto Rambaudi quanto Negro, rafforzando la cerniera occlusiva che prevede pure Eriksson dietro l'ombra Signori, mentre C.Karlsson, con M.Andersson, placa Boksic, che è costretto quasi sempre a ripiegare in quanto non è mai "acceso" da proposte verticalizzanti. Un'intossicante serata chissà in quale maniera risolvibile: il quintetto dei mediani svedesi, che il distributore Palmer, figlio d'arte, sa organizzare nei ribaltamenti di sostegno per l'unica punta Gioacchino Karlsson, dimostra gran compattezza, nerbo atletico, e "tout court" una puntuale predisposizione ad accartocciare qualsiasi idea degli stanchi oppositori, fra i quali meravigliano (in senso negativo) le stonature di Di Matteo, neppure utilizzato domenica scorsa. Che cosa accade? Perché il gioco panoramico, divulgato oramai ogni giorno dentro Tor di Quinto, si riduce giusto a impacciati fraseggi per vie laterali e a un paio di tiri in porta ("volée" del redivivo "Beppe gol" su assist di Rambaudi, poi solo una punizione scaricata da Fuser addosso a Jankowski) prima dei puntuali rimorsi di metà percorso? I guastatori del Trelleborgs, che hanno da poco scongiurato nel loro campionato la retrocessione grazie a un rocambolesco spareggio, vantano addirittura al bivio del 45' una maggiore pericolosità contropiedistica. Che diventa brivido lungo le schiene dei trentacinquemila spettatori quando Negro, sollecitato a uno stanco inserimento, si lascia portare via palla da Blixt, con l'intera terza linea di casa sbilanciata in avanti. Ma Chamot in spaccata proibisce al destinatario "Gioacchino" la stilettata mortificante sotto l'occhio già rassegnato di Marchegiani. Lo stesso Karlsson, un puntero arrembante, dovrà di lì a poco arrendersi al ginocchio sinistro dolorante, forse girato incolpevolmente in uno scontro, sugli sviluppi di una punizione, con il portiere laziale. E perso uno degli elementi di maggior spessore, che Rasmussen sostituisce senza incidere, gli svedesi si arroccano, innalzano barricate, rinunciando al precedente football articolato pure attraverso improvvise sortite di disturbo. Dovrebbe così diventare semplice trovare la combinazione gol, sfrecciando a piacimento lungo spazi finalmente non contesi, causa l'arretramento in blocco all'incirca di quindici metri degli interditori precedentemente più impudenti. Però l'accumulo degli acidi lattici, aggiunto a un crescente nervosismo, complica il propulsivo sforzo corale e annebbia soprattutto i finalizzatori deputati nell'istante decisivo. Come spiegare diversamente questo festival dello spreco, da perdurante attentato alle coronarie dei tifosi, che l'irriconoscibile Signori europeo inaugura riuscendo, libero, a vanificare di testa l'assist croato e a esaltare sotto rete la bravura acrobatica del portiere svedese? Scorrono attimi capziosamente profumati di sintesi inesatte, causa spropositi realizzativi al cospetto di quella porta stregata. Eppure le finestre ora sembrano spalancate: ne sa qualcosa l'asso Boksic, il principale artefice dell'arrembaggio, anche se raramente trafigge. Questa volta, proiettato a perfezionare l'unica accettabile serpentina di Signori, sceglie d'esalare il piatto destro, con i ringraziamenti di Jankowski. Che s'innalzerà a bieco protagonista ancora sbrogliando mischie pazzesche e beffando Signori (chissà con quale fluido ipnotizzante), quando costui gli si presenta solitario dinnanzi per farlo fuori. Gli svedesi vacillano, adesso non funziona più nemmeno il fuorigioco, precedente tagliola d'ogni velleità biancazzurra. Allora, dimenticando un rigore negato a Beppe gol e l'ennesimo spreco, Rambaudi riparte, propizia lo sparo diagonale di Winter, il rimpallo, e la mazzata Boksic che significa qualificazione al 50', in zona Lazio.

Soffre la Lazio, soffre ben oltre il prevedibile. E supera il traguardo storico della qualificazione agli ottavi di una competizione internazionale solo a tempo abbondantemente scaduto, quando ormai i supplementari sembravano inevitabili. Una partita per certi versi già vista, quella contro i modesti svedesi del Trelleborgs, tanto volenterosi e ben disposti in campo quanto tecnicamente sprovveduti. Una gara che ha ricordato le peripezie biancazzurre contro Cremonese e Piacenza, compagini che si sono ben arroccate come i biondi avversari di ieri sera. "Abbiamo sbagliato molto, nel primo tempo Fuser e Winter hanno partecipato poco alla manovra. Ma loro si sono difesi bene", ha sottolineato Zeman. "Nelle ultime partite abbiamo incontrato identiche difficoltà perché le squadre hanno rinunciato alle azioni offensive", ha aggiunto il tecnico. E' stato uno Zeman stranamente loquace, quello del dopo partita. Ben disposto al dialogo e, soprattutto, polemico. Così ha cominciato ricordando che, nel primo tempo, su otto fuorigioco fischiati dall'arbitro slovacco, "quattro erano inesistenti" e "questo fatto ha preoccupato i miei giocatori, i quali sono stati condizionati". E poi l'allenatore laziale ha scagliato i suoi strali contro la "giacchetta nera" venuta dall'Est: "C'era un rigore su Signori, ma non lo ha concesso perché lui poco prima lo aveva indispettito. E quando accadono queste cose gli arbitri si vendicano sempre". Zeman ha difeso invece i suoi uomini da accuse e contestazioni: "Boksic ha avuto la mira infelice? Sul suo colpo di testa, quasi alla fine della gara, pochi portieri ci sarebbero arrivati", ha scandito. E ancora, quando gli è stato chiesto se Chamot fosse stato troppo nervoso e duro negli interventi: "Il suo uomo è andato via poche volte, mi è sembrato che fosse in buone condizioni". Si è parlato, inevitabilmente, del dispendio di energie, della fatica accumulata dai giocatori che hanno spinto fino all'ultimo minuto prima di riuscire ad agguantare la qualificazione: "Non credo che sia un problema. In tutte le partite bisogna sempre essere concentrati sino alla fine", ha tagliato corto. Poi, ha ricordato: "Abbiamo dominato e gli svedesi non ci hanno mai creato grandi problemi". Anche Zoff si è soffermato sugli ultimi venti minuti giocati dalla Lazio, un autentico arrembaggio nel corso del quale più volte Signori e compagni hanno sfiorato la rete del vantaggio: "Abbiamo avuto molte occasioni, è stato molto faticoso ma il risultato è meritato", ha scandito il presidente biancazzurro. E poi: "E' un risultato storico, una grande soddisfazione". Signori, come al solito, non si nasconde dietro alle frasi fatte, ai sotterfugi. E dice a chiare lettere: "Siamo stati noi a complicarci la vita. Abbiamo faticato abbastanza", ha ammesso. Anche con lui si discute dell'ammonizione, del penalty che l'arbitro non ha assegnato: "Si è dimostrato suscettibile, io me l'ero presa con il guardalinee perché ritenevo che avesse sbagliato". L'attaccante confessa che gli svedesi si sono dimostrati molto più ostici di quanto non si credesse: "Comunque, abbiamo avuto molte occasioni da rete. E quando ne costruisci parecchie, alla fine riesci sempre a segnare". Signori si sofferma anche sul primo tempo, quando la Lazio ha avuto maggiori difficoltà e non è quasi mai riuscita a infastidire la difesa ospite: "E' vero, non siamo stati particolarmente brillanti. Ma loro erano ben messi in campo e gli spazi erano ristretti". Uno di quelli che si è meglio comportato contro il Trelleborgs è stato Rambaudi. L'ex atalantino, voluto a tutti i costi da Zeman quando è sbarcato nella capitale, ha dimostrato ancora una volta quanto siano importanti le sue giocate. In più di un'occasione ha servito millimetrici assist ai suoi compagni e la sua prestazione è andata ben al di là della sufficienza: "Sapevamo sin dalla partita dell'andata che non sarebbe stato facile superarli". Anche il centrocampista si appella ai fuorigioco sbandierati dal guardalinee nel corso della prima frazione di gioco per giustificare le difficoltà della squadra. Ma poi si è ribellato: "Non ci sarebbe stato nulla da dire se avessimo vinto con due o tre gol di scarto". Qualcuno gli chiede il motivo alla base dei troppi errori davanti alla porta avversaria. E Rambaudi non ha negato: "Eravamo in ansia, c'era molta tensione in campo ma ritengo che siamo stati soprattutto sfortunati". Gli svedesi, probabilmente, hanno cominciato a credere nel colpaccio quando hanno visto che i minuti scorrevano e il risultato non cambiava. Il loro tecnico lo ha ammesso candidamente: "Mi dispiace che non siamo arrivati ai supplementari. Sapevamo di non poter battere la Lazio, abbiamo cercato di adottare le contromisure per bloccarla", ha detto Prahl. Poi, la confessione: "Volevano evitare di incassare molte reti e i miei giocatori hanno corso per tutti i novanta minuti senza risparmiarsi. Nell'ultima mezz'ora, però, erano molto stanchi", ha ammesso. Quindi, il riferimento alla differenza di caratura: "Siamo una squadra semi professionistica, ci riteniamo soddisfatti del risultato. In fondo, abbiamo pareggiato all'andata e, qui all'Olimpico, abbiamo incassato un solo gol. Non è poi andata così male".

Fonte: Corriere della Sera