Mercoledì 21 gennaio 1998 - Roma, stadio Olimpico - Roma-Lazio 1-2

Da LazioWiki.

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21 gennaio 1998 - 2.769 - Coppa Italia 1997/98 - Quarti di finale, gara di ritorno

ROMA: Konsel, Candela, Aldair, Petruzzi (77' Servidei), Dal Moro, Tommasi, Di Biagio, Scapolo (77' Vagner), Paulo Sergio, Delvecchio, Totti. A disposizione: Chimenti, Tetradze, Pivotto, Helguera, Gautieri. Allenatore: Zeman.

LAZIO: Marchegiani, Pancaro, Negro, Nesta, Chamot, Rambaudi (77' Gottardi), Fuser (75' Marcolin), Venturin, Jugovic, Nedved, R.Mancini. A disposizione: Ballotta, Grandoni, G.Lopez, Di Lello, Laurentini. Allenatore: Eriksson.

Arbitro: Sig. Bolognino (Milano).

Marcatori: 45' Jugovic (rig), 54' Paulo Sergio, 94' Gottardi.

Note: serata fredda, terreno in perfette condizioni. Espulso al 72' Di Biagio per gioco violento. Ammoniti Di Biagio, Nedved e Totti per gioco scorretto, Candela per proteste e Delvecchio per simulazione. Angoli 7-4. Come è possibile vedere dai biglietti emessi, l'incontro era stato pianificato per il 28 gennaio ma poi fu giocato una settimana prima per evitare la concomitanza con l'amichevole tra Italia e Slovacchia giocata il 28 gennaio.

Spettatori: 46.583 per un incasso di Lire 1.226.450.000.

Il biglietto della gara in "Tribuna Tevere" (arancione)
Il biglietto della gara in "Curva Nord" (grigio)
Il fallo ai danni di Roberto Rambaudi che vale il rigore assegnato alla Lazio
Vladimir Jugovic trasforma il calcio di rigore portando in vantaggio i biancocelesti
Un'altra immagine della prima rete laziale
Guerino Gottardi scocca il tiro che supera il portiere giallorosso...
... e si infila in porta per la rete-vittoria
L'esultanza del calciatore biancoceleste
Lazialità di aprile 1998
Lazialità di aprile 1998

Dal Corriere della Sera:

Ancora una provocatoria affermazione laziale, con il gol vincente firmato agli sgoccioli dal panchinaro Gottardi. Ancora l'evanescenza romanista mortificata dai colpi d'incontro d'una Lazio nettamente superiore pure senza Boksic e altri titolari. Ancora un senso d'impotenza attorno ai resti d'un impossibile sogno zemaniano, mentre Nedved e Mancini, complice il fragile Petruzzi, devastano presto l'area giallorossa costringendo Konsel a salvataggi provvidenziali. Proprio quello che dagli spalti non t'aspetti e cioè neppure un derby pazzo, come se la sfilacciata Roma di gennaio non avesse più nerbo, organizzazione e cuore per vendicare i guasti delle due precedenti stracittadine.

Quasi sfrattato dalla Coppa Italia dopo l'irragionevole assalto d'andata ai corsari biancocelesti, Zeman fissa gli stessi comportamenti tattici su ritmi moviolati, che agevolano soprattutto le ripartenze del flessibile 4-5-1 proposto dagli oppositori. Stavolta non c'è traccia nella Roma di quell'eretismo podistico spesso esecrato, che qui risulterebbe ampiamente giustificabile per trovare tre reti senza subirne. Non scherziamo: la presunta missione da brividi resta ipotesi astratta, appesa giusto fino all'intervallo ad uno spunto di Delvecchio oltre Nesta, che Tommasi incorna debolmente dall'altra parte. Manca addirittura l'accanimento aggirante degli abbinamenti esterni Candela-Paulo Sergio e Dal Moro-Totti, che arrancano rassegnati dietro Rambaudi, Fuser o Nedved. La Roma è traumatizzata e prevedibile.

I suoi saltuari sforzi s'afflosciano fra propulsori (Tommasi, Di Biagio e soprattutto Scapolo) poco tonici, che ciabattano senza disporre di riferimenti centrocampistici aggiuntivi e sempre soffrendo squilibrati la compattezza laziale. Inevitabile il solito cortocircuito difensivo preannunciato dal terzo miracolo di Konsel sul solitario Mancini, suggeritore Rambaudi. Proprio Rambaudi cade nei sedici metri causa Dal Moro e cala il capestro del rigore. Jugovic realizza accentuando le differenze stagionali (otto reti in tre derby) e la Roma delira nel prosieguo per ricomporre brandelli d'onore.

L'avanzata casuale e a rischio fisso premia comunque il primo scambio in profondità Candela-Totti-Candela; respinge in spaccata Jugovic sull'esecuzione del francese e sulla carambola irrompe Paulo Sergio per agguantare almeno il provvisorio pareggio. Consolazione boomerang: alla Roma che insiste a testa bassa, lasciando sprecare un'altra opportunità allo smarcatissimo Venturin, saltano i nervi. Là davanti non si passa. Derby corrida: tafferugli e scontri paurosi con Candela che picchia Venturin e Di Biagio che rimedia l'espulsione scalciando Nesta. Pochi arginano lo strapotere laziale imposto dalla regia di Jugovic e dai numeri di Nedved e Mancini. Certamente Aldair, l'ostinato Paulo Sergio, che porta avanti la croce giallorossa fino al k.o. di Gottardi. Al gruppo Eriksson toccherà la Juve in semifinale.

Poco più di 80 giorni per compiere quello che, nella Roma del pallone, vale un giro del mondo. Primo novembre-ventidue gennaio, ottantadue giorni per vincere tre derby su tre, 9 gol nella porta della Roma, tre soli concessi agli avversari. Sven Goran Eriksson è l'eroe delle stracittadine infilate come perle biancocelesti: 3-1, 4-1, 2-1. Finirà mai, la festa laziale? Io posso solo pregare che duri il più a lungo possibile. Nelle ultime otto partite abbiamo ottenuto sette vittorie e un pareggio a Parma, segnando a tutti e incassando solo quattro reti, due su rigore. E un momento magico: almeno per un po' lasciatecelo godere. Ha goduto pazzamente, per la terza volta di fila, la Roma che tifa Lazio, aggrappata al suo tecnico svedese invincibile nei faccia a faccia coi cugini (mai una sconfitta nei derby, neanche quando guidava la Roma), mentre quella che tifa giallorosso affogava ancora nella rabbia. Muto Sensi ("meglio non parli: ho i nervi a fior di pelle"), muti i giocatori, e' rimasto Zednek Zeman, al solito il più sbeffeggiato dal popolo laziale, a cercare di spiegare l'ennesima batosta.

Stavolta, con un'accusa diretta all'arbitro: la Lazio ha vinto con due gol irregolari. C'era un doppio fuorigioco di partenza nell'azione che ha portato al rigore di Jugovic, c'era Mancini in fuorigioco sul lancio che ha liberato Gottardi a tempo scaduto. A chi dirà che decisivi in questa terza sconfitta sono stati gli errori miei e dei giocatori rispondo sin d'ora: sono stati molto più decisivi arbitro e guardalinee. Eriksson spiega il match soprattutto col 4-1 dell'andata ("loro dovevano rischiare, noi non potevamo che difenderci e cercare il contropiede: siamo stati bravissimi, anche se a tratti avremmo dovuto giocare un po' di più") e Zeman almeno su questo è d'accordo: "il copione era scontato, lo imponevano i tre gol da recuperare. Ci ha traditi il troppo cuore: la voglia era tanta, il cervello poco. Ai miei avevo raccomandato di ragionare, di manovrare sempre in undici. Il nervosismo purtroppo ci ha trascinati in qualche errore di troppo, per strafare abbiamo perso ordine e precisione nelle giocate. Non ho visto una squadra stanca né così inferiore alla Lazio: ho visto una formazione che ha provato di tutto contro una che poteva pensare solo a difendersi e a ripartire. Mi spiace per i tifosi. Spero che continuino a starci vicino come in questi ultimi giorni: più impegno proprio non si poteva dare."

9-3 per la Lazio, scoppola storica. E c'è ancora un altro derby, l'8 marzo. Se Eriksson, chissà con quale convinzione dice che quel giorno sarà più dura: anche per la cabala, Zeman si sforza di non pensarci: "sono state tre partite completamente diverse, anche se ci bruciano allo stesso modo. Ora possiamo solo guardare avanti". Con grande amarezza, mentre i laziali si ubriacano di felicità. Eriksson inquadra già nel mirino il Bologna che domenica affronterà senza lo squalificato Jugovic: "Spero di recuperare Casiraghi, sennò vorrà dire che Mancini, che ha fallito più di un gol, proverà a scatenarsi sotto rete". Gli sconfitti scappano, i vincitori evitano di girare il coltello nella piaga. Nesta si limita ad osservare che questa Lazio è troppo più forte della Roma, nei singoli e nella capacità di stare in campo. E Nedved allunga una mano allo scornatissimo maestro boemo: "Lo stimo molto e mi spiace per lui. Ma almeno quest'anno con la Roma non c'è partita".


La Gazzetta dello Sport titola: "Facile passaggio del turno per i biancazzurri. Scrivi Lazio, leggi derby. La squadra di Eriksson vince ancora: questa volta firma Gottardi. Anche senza Boksic, Casiraghi, Almeyda e Favalli (ma alla Roma mancano Balbo, Di Francesco e Cafu) la Lazio gioca meglio e sfiora più volte il gol: il vantaggio arriva su rigore di Jugovic - Nella ripresa il temporaneo pareggio dei giallorossi con Paulo Sergio - Espulso Di Biagio".

Continua la "rosea": Che la Lazio fosse più forte della Roma si sapeva. Quanto, lo ribadisce il derby di ritorno di Coppa Italia vinto dai biancocelesti quasi involontariamente, col casuale 2-1 segnato dal subentrato Gottardi in pieno recupero, dopo i gol di Jugovic su rigore e Paulo Sergio. Per tutta una serie di motivi, non ultimo il risultato a senso unico (4-1) dell'andata, la Roma avrebbe potuto offrire qualche eroico sussulto. Che invece non c'è stato, se non vogliamo considerare tali gli eccessi da neuro di Di Biagio e Totti, l'uno espulso e l'altro risparmiato dal misericordioso arbitro Bolognino. Il pareggio avrebbe tuttavia premiato il cuore della Roma, capace peraltro di tirarlo fuori solo nella ripresa, e la generosità della Lazio, che di gol avrebbe potuto farne anche altri cinque. Sette assenze importanti. Squalificati da una parte. Infortunati dall'altra. Niente Balbo, Di Francesco, Cafu. Niente Boksic, Casiraghi, Almeyda e Favalli. La Roma perde un bomber in crisi, un maratoneta col serbatoio in rosso fisso e il suo inesauribile Pendolino, l'uomo più importante degli schemi offensivi di Zeman.

La Lazio perde il suo straordinario neocannoniere croato, il centravanti della nazionale, l'uomo pressing di centrocampo e un esterno della difesa nella quale le riserve valgono spesso i titolari. Sulla carta, ci rimette maggiormente la Lazio. Costretta a modificare (ma solo apparentemente, si scoprirà poi) modulo. Per la spesso labile difesa della Roma, sapere di non dover all'improvviso rincorrere un tipo come Boksic è un bel vantaggio. Ma una volta in campo, la partita è un'altra. Perché c'è un gatto e c'è un topo. E il gatto è la Lazio, padrona del campo senza il minimo tentennamento. Per via delle individualità spaventosamente superiori. D'un 4-5-1 che non appena c'è possesso di palla diventa 4-4-2 con lo zampillante Nedved che affianca davanti il cerebrale e prodigo Mancini. D'un dinamismo generale, d'una capacità di essere sempre corti che balza agli occhi e fa letteralmente a pugni col passo lento e l'impotenza tecnico-tattica della Roma. I giallorossi in tutto il primo tempo mettono insieme appena due cross decenti per le teste di Tommasi e Totti che non pungono. Marchegiani è inoperoso. L'inedito asse di sinistra Dal Moro-Scapolo ci mette tanta buona volontà pari solo alla modestia delle proposte.

Quelli che dovrebbero fare la differenza, Totti su tutti, disertano più o meno inspiegabilmente. La Roma è tutta nella rabbia di Di Biagio, che al minuto 26' discute platealmente con Zeman e un secondo dopo si fa ammonire per un fallaccio, e che al quarantesimo minuto spara alto quasi da metà campo, constatata l'impossibilità di mettere in moto una sia pur minima parvenza di azione. La differenza la Lazio la fa anche sotto la porta di Konsel, con quella sufficienza, tuttavia, che talvolta (ma solo talvolta) si può perdonare alle "grandi". Il portierone austriaco salverà tre gol certi una volta su Nedved e due su Mancini solo nel primo tempo. Gli darà una mano Nedved, capace di passare palla a Aldair quando Negro, Mancini e Rambaudi non chiedono di meglio, completamente abbandonati, di sospingerla nella rete. Ma andare a riposo sullo 0-0 è pia illusione. Dal Moro sbaglia due volte il fuorigioco e sulla seconda rincorre Rambaudi per stenderlo di giustezza dentro l'area. Rigore solare che solo Di Biagio e Candela mostrano di non condividere. Jugovic trasforma, pure lui con eccessiva confidenza.

Nella ripresa la Roma s'aggrappa all'orgoglio, che ritrova chissà dove insieme al pareggio (8'), frutto d'una penetrazione di Candela, un tiro rimpallato e una zampata di Paulo Sergio. Ma non c'è altro, se non i nervi a pezzi di Di Biagio che verso la fine riesce a farsi cacciare. E l'errore di Tommasi che a tempo ormai scadutissimo manda in porta nientemeno che Gottardi.


Sempre tratte dalla "rosea", alcune dichiarazioni post-gara:

Un gol così lo ha sempre sognato. Ed è arrivato nel momento più bello. Guerino Gottardi segna nel recupero il gol della terza vittoria consecutiva nel derby, proprio sotto la curva nord che gli ha sempre cantato "gioca bene, gioca male, lo vogliamo in nazionale". Questo italo-svizzero di 27 anni a Roma ed alla Lazio si è affezionato e quelle poche volte che gioca qualche spicciolo di partita si è fatto ammirare per la generosità. Ieri notte, quando per una strana carambola si è ritrovato sui piedi il pallone buono, non si è lasciato scappare l'occasione, segnando il suo primo gol con la Lazio, alla sua terza stagione con la freddezza dell'attaccante esperto. Tante amarezze con Zeman allenatore. Tanta panchina anche con Eriksson, ma nell'attesa fiduciosa del momento buono, che è arrivato puntuale. Ora Guerino non cerca vendette: "Sono contento soprattutto perché ho giocato. Da tempo sto bene, ma in una squadra così forte è sempre difficile trovare degli spazi. Anch'io ho dimostrato di esser pronto quando serve. Il gol lo dedico alla mia famiglia ed al neonato Leonardo".

E l'elogio arriva proprio dal tecnico svedese, che in questo periodo sembra diventato un mago per la sua capacità di tirar fuori dal cilindro, pardon dalla panchina il match-winner di turno. Prima Venturin, poi Rambaudi (anche ieri decisivo nel procurarsi il rigore) e adesso Gottardi: "Guerino è stato davvero bravo, ma tutti i ragazzi meritano un applauso per come hanno interpretato la partita. E' un periodo che tutto va per il meglio. Viviamo bene fuori dal campo e si vede quando giochiamo. Mi piace la capacità di aiutarsi l'uno con l'altro. Sappiamo soffrire nei momenti difficili". Eriksson non si ferma troppo a commentare la partita: "Con le assenze di giocatori importanti il nostro compito era quello di aspettare la Roma e così abbiamo fatto. Però non si è rinunciato mai ad attaccare quando la situazione ce lo consentiva. E nel primo tempo abbiamo avuto diverse occasioni per segnare. Ma scusatemi, non è presunzione la mia: adesso sto pensando già a domenica. Contro il Bologna ci mancherà anche Jugovic, squalificato. Solo un miracolo potrà consentire di recuperare a Casiraghi, per non parlare di Boksic. E poi ho già detto ai ragazzi che pur venendo da un ottimo periodo (7 vittorie e un pari negli ultimi 40 giorni) contro la Roma certe cose non mi sono piaciute".

Dall'incontentabile Eriksson all'incontenibile Nesta. Il ragazzo di Cinecittà esulta per la sua ennesima vittoria in un derby: "Lasciamo perdere le loro scorrettezze. L'unico fatto inconfutabile è che sul campo per la terza volta abbiamo dimostrato di essere i più forti". Anche Paolo Negro è entusiasta: "Scudetto ? Perché no ? Ci credevo 7-8 gare fa, perché non adesso che stiamo vincendo una partita dopo l'altra ?". Marchegiani si limita a fare i suoi complimenti a Gottardi: "Un ragazzo che merita questa soddisfazione". Intanto l'esame ecografico svolto ieri mattina da Boksic ha confermato la prima diagnosi: leggero stiramento ai flessori della coscia sinistra. L'attaccante dovrà star fermo per un paio di settimane. Poche speranze anche per Gigi Casiraghi. Ma questa incontenibile Lazio versione '98 - 4 vittorie ed un pareggio 14 gol fatti e solo 4 subiti - non sembra temere nemmeno l'assenza dei propri panzer.




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