Mercoledì 6 maggio 1998 - Paris, stade Parc des Princes - Lazio-Inter 0-3

Da LazioWiki.

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6 maggio 1998 - 2.794 - Coppa UEFA 1997/98 - Finale

LAZIO: Marchegiani, Grandoni (55' Gottardi), Nesta, Negro, Favalli, Fuser, Venturin (49' Almeyda), Jugovic, Nedved, Casiraghi, Mancini. A disposizione: Ballotta, G.Lopez, Marcolin, Rambaudi. Allenatore: Eriksson.

INTER: Pagliuca, Colonnese, Fresi, West, Zanetti, Winter (69' Cauet), Zé Elias, Djorkaeff (69' Moriero), Simeone, Zamorano (74' Sartor), Ronaldo. A disposizione: Mazzantini, Galante, Recoba, Kanu. Allenatore: Simoni.

Arbitro: Sig. Lopez Nieto (Spagna).

Marcatori: 4' Zamorano, 60' Zanetti, 71' Ronaldo.

Note: serata fresca, terreno in ottime condizioni. Espulsi all'82' West (fallo di reazione) ed all'89' Almeyda (doppia ammonizione). Ammoniti Fresi, Jugovic, Zanetti, Ronaldo, Almeyda. Angoli: 6-1.

Spettatori: 50.000 circa.

Il biglietto della partita
Il programma della finale
Il riscaldamento pre-partita
La tifoseria biancoceleste presente sugli spalti del Parco dei Principi
La formazione biancoceleste
Zamorano porta in vantaggio la formazione nerazzurra
Il raddoppio interista
La terza rete nerazzurra
Vladimir Jugovic in azione
Un tentativo d'attacco biancoceleste
Un momento dell'incontro
Alessandro Nesta su Ronaldo
Un fotogramma della gara
Diego Fuser
Alessandro Nesta
Giorgio Venturin
Un momento dell'incontro
Un colpo di tacco di Roberto Mancini
Zamorano alza la Coppa Uefa
Le pagelle de Il Messaggero

La giornata tanto attesa dalla tifoseria laziale è finalmente arrivata, la spasmodica caccia all'ultimo biglietto per il match si conclude e la capitale francese osserva incuriosita la pacifica invasione del popolo laziale. Più di 20.000 tifosi colorati di bianco e celeste sono giunti a Parigi con ogni mezzo di trasporto disponibile e lo stadio Parc des Princes apre le porte alla finale di Coppa UEFA 1997/98. La finale tutta italiana vede di fronte Lazio e Inter. Le due squadre in questa stagione si sono già affrontate due volte in campionato ed i risultati sono stati a favore del team laziale con un pareggio a Milano ed una limpida vittoria a Roma.

La gara ha inizio e subito si nota un'Inter più concentrata e grintosa che si muove meglio in campo di una Lazio che stasera appare lenta e poco presente. Dopo soli 4 minuti dal via un ispirato Simeone lancia con un passaggio millimetrico Zamorano che in corsa anticipa l'uscita di Marchegiani segnando la rete dell'1-0. I cori festosi dei tifosi interisti si mischiano agli incessanti incitamenti dei sostenitori laziali che, memori della grande impresa che ha portato alla vittoria della Coppa Italia qualche giorno prima, incitano la squadra alla rimonta, ma in campo il delicato equilibrio della partita si è rotto con il gol subìto a "freddo" ed ora l'Inter può impostare il proprio gioco con la tattica che predilige: chiusura degli spazi, attendere l'avversario e colpirlo in contropiede.

Al 24' Ronaldo imbeccato da Zanetti esplode un gran tiro che si abbatte sull'incrocio dei pali. La Lazio prova a reagire premendo molto e alla fine del primo tempo Jugovic manca di poco l'aggancio su un cross teso di Fuser. Il secondo tempo inizia con una Lazio arrembante in cerca del pareggio, ma l'Inter è sempre attenta e pronta a colpire nelle ripartenze. Djorkaeff lancia in profondità Zamorano che in corsa coglie il palo della porta biancoceleste: è il preludio alla seconda rete nerazzurra che arriva al 60' con uno splendido tiro da fuori area di Zanetti che si infila sotto la traversa della porta difesa dall'incolpevole Marchegiani.

La Lazio, prova ancora una reazione con un colpo di testa di Gottardi e soprattutto, poi, con un bel tiro di R.Mancini che impegna Pagliuca in una grande parata. L'Inter in difesa non sbaglia nulla e continua, cinica, ad approfittare degli spazi lasciati dai laziali protesi alla ricerca del gol. Al 71' Moriero, approfittando di uno di questi momenti, lancia Ronaldo sul filo del fuorigioco ed il brasiliano, velocissimo, scarta Marchegiani in uscita e deposita in rete la palla del 3-0. E' il colpo del ko, impossibile oramai riprendere la partita per i laziali ed il nervosismo, alimentato dalla delusione del risultato, provoca alcuni falli a centrocampo che porteranno all'espulsione per gioco scorretto di West e di Almeyda.

L'Inter vince meritatamente la Coppa UEFA 1997/98 e la Lazio, sconfitta sul campo, fa i complimenti ai vincitori per bocca dell'allenatore Eriksson e del Presidente Cragnotti e torna a Roma delusa dal risultato ma fiera del grande affetto e dell'attaccamento dimostrato dai suoi tantissimi sostenitori che l'hanno accompagnata, orgogliosa di essere stata, come mai prima, protagonista in Europa.


Il Corriere della Sera titola: "Partita già decisa dopo 5 minuti con un gol del cileno, sfuggito alla difesa biancoceleste sul filo del fuorigioco. Espulso anche Almeyda. Grande Inter, l'Europa è solo nerazzurra. Battuta la Lazio in finale con i gol di Zamorano, Zanetti e Ronaldo: è il terzo trofeo in sette anni. Giusta l'idea del tecnico interista: le tre punte mettono k.o. gli avversari".

L'articolo prosegue: Sinfonia nerazzurra con tre acuti, per il terzo trofeo Uefa che va in bacheca; conquista nemmeno sofferta davanti alla decomposizione progressiva del gruppo laziale, troppo logoro e allungato quando, sotto di un gol, dovrebbe riprodurre a passo di carica le più riuscite imprese stagionali. Questa non è finale europea di tatticismi esasperati: le schermaglie introduttive saltano presto e tocca a Zamorano scardinare quasi subito la difesa biancoceleste, senza punti di riferimento nei paraggi, dove il trequartista Djorkaeff appare e scompare, sfuggente come un'anguilla, elettrificando i terminali della manovra interista secondo gli ordini di Simoni. Ti aspetti prima o poi il lampo squassante di Ronaldo e invece basta la percussione frontale d'avvio di Simeone per cogliere impreparati nel contenimento gli interditori laziali. Né scatta il fuorigioco, mentre il cileno scatta a ricevere palla fra le statue centrali Negro-Nesta e trafigge indisturbato d'esterno destro. Immediato psicodramma biancoceleste nell'ingorgo della sfida continentale, banalmente compromessa in un amen? Adesso gli spalti e i palchi del rinnovato Parco dei Principi lasciano immaginare una sola astronave riempita dalle coreografie nerazzurre che festeggiano i dominatori di Massimo Moratti. La Lazio è già costretta ad attaccare e sbattere contro un muro di gomma, imbottito pure dalle impeccabili chiusure del libero Fresi, modificando l'assetto illusorio dei cinque minuti d'avvio. Tanto dura al meglio, prima d'andare in apnea, l'accoppiata Jugovic-Venturin, condannata all'arduo compito di mantenere la squadra raccorciata, con Fuser e Nedved che attendono lungo i varchi esterni Simeone e Winter per tagliare quei rifornimenti che Ronaldo predilige soprattutto nei suoi spostamenti laterali per cambiare passo o incrociare Zamorano.

Tutto complicato, tutti all'aria i piani di Sven Goran Eriksson, causa quel macigno-Zamorano così fulmineo, così impossibile da rimovere. No, non si ripete il prodigio romanzesco permesso sette giorni fa dal Milan, forse "rovinato" causa il capzioso vantaggio che sradicò Albertini. L'Inter si muove in souplesse, si lascia attaccare e poi piazza devastanti ribaltamenti. Sono Zè Elias e Djorkaeff che lavorano i più ghiotti disimpegni negli spazi sguarniti, armonizzando di rimessa l'avanzata su ritmi assatanati. La loro velocità d'esecuzione appare doppia rispetto ai laziali, che giusto Nedved scuote evadendo saltuariamente dalle tenaglie di Winter e dai raddoppi di Colonnese. L'Inter è asfissiante, ma la circospezione difensiva non vieta di sceneggiare lo spettacolo desiderato dai suoi sostenitori. Taribo West frantuma Casiraghi, Mancini o chi capita, e sull'altro fronte Ronaldo si sceglie l'anello debole (Grandoni) per avviare i suoi numeri prestigiosi. Nesta viene annichilito dal Fenomeno, che comunque si presenta concretamente al 25' scaricando dal limite dell'area contro l'incrocio dei pali un abile retropassagio di Zanetti, destinato sempre a spopolare sul versante destro dei biancoazzurri. Serve precisare che l'unico atto d'insubordinazione lo azzecca Fuser, poco prima dell'intervallo. Jugovic, proteso in spaccata, non può deviare il diagonale sotto misura, e subito Winter si fa sentire, pure se Djorkaeff gira fuori di testa l'occasione del raddoppio. Raddoppio che arriva ineluttabile in apertura di ripresa, affossando Eriksson che tenta di riprendere la partita con gli innesti di Almeyda e Gottardi, il talismano della Coppa Italia.

Accorgimenti vani: l'Inter va in picchiata contropiedistica e Zamorano se la spassa ancora, prima colpendo un palo e poi servendo di testa all'indietro Zanetti. La botta di controbalzo chiude un contenzioso mai nato, ché l'ultimo sussulto d'orgoglio laziale - merito del redivivo Mancini, oltre il muro di gomma - non sorprende Pagliuca, sollecito nell'azzeccare nell'angolo l'unico intervento di competenza. La Lazio s'arrende. La Lazio deve accettare pure la mortificazione del 3-0 firmato da Ronaldo su passaggio del subentrato Moriero. Beh, l'immagine di Marchegiani accasciato e "scherzato" in dribblig dal Fenomeno brasiliano, su passaggio di Moriero, riassume la disfatta laziale. Si va avanti per evitare di peggio, fino al trionfo interista. Parigi è nerazzurra e Ronaldo viene premiato quale migliore giocatore della finale stravinta. Forse è esagerato, ma noblesse oblige.


la Repubblica titola: "L'Inter trionfa a Parigi. Un bel successo nato in panchina".

L'articolo così prosegue: Un'Inter spaventosamente efficace, una Lazio molle e confusa. Finisce 3-0 e i gol dell'Inter potevano essere di più. Bisogna calcolare anche una traversa di Ronaldo e un palo di Zamorano sull'1-0. Simoni, apprezzato per come sa raddrizzare le imperfezioni iniziali, questa volta ha azzeccato tutto subito. E questo risultato, vorrei ben vedere il contrario, vale per lui il rinnovo del contratto. Stavolta la mossa, la scommessa si chiamava Zamorano. Dentro il cileno dall'inizio, senza per questo rinunciare a Djorkaeff. Il francese ha giocato in prevalenza sulla destra, però cambiando spesso posizione. La punta vera l'ha fatta Zamorano e Ronaldo ha giocato più arretrato del solito. Come del resto fa anche nel Brasile, con Romario. Un Ronaldo che arriva lanciato è due volte più pericoloso, e la Lazio se ne è accorta. Ma pericoloso è anche Zamorano, che già dopo 4' consegna all'Inter le chiavi della vittoria. Bello e improvviso il lancio in diagonale di Simeone, su cui Nesta dorme. Facile per Zamorano infilare Marchegiani. Il colpo non sveglia i laziali da un torpore che sta fra l'impotenza e l'incredulità. La squadra che hanno di fronte non è nemmeno parente di quella che avevano strapazzato a Roma in campionato. Questa squadra è molto diversa, a partire da Ronaldo che sta dove non te lo aspetti. C'era da aspettarsi invece la tenace applicazione di Colonnese su Mancini e di West su Casiraghi. Per un fallo di reazione il difensore sarà espulso a nove minuti dal termine, e poco dopo lo seguirà Almeyda. Come immaginavo, le nostre squadre non hanno tenuto conto che l'arbitro era spagnolo. E anche bravo.

La stessa applicazione in altri settori: Winter non concede un metro a Nedved, Simeone è sempre fra i piedi di Venturin e poi di Almeyda, Zanetti vince alla grande il duello con Fuser. Nemmeno si rivede la Lazio di mercoledì scorso, un po' perché l'Inter ha ben diversa consistenza rispetto al Milan, un po' perché nulla, nella Lazio, funziona come dovrebbe. Nemmeno porta grandi risultati la mossa vincente di Coppa Italia, Gottardi per Grandoni. E' una Lazio smarrita che solo qualche giocata di Mancini cerca di rianimare. Il taccuino e la scena sono tutti dell'Inter. Non è questione di fame, di cui si è tanto parlato alla vigilia, ma di condizione atletica, di lucidità, di praticità sul campo. La difesa tiene bene, Pagliuca deve solo parare un diagonale di Mancini e uscire basso su Gottardi nel secondo tempo. Tutto qui. Dalle parti di Marchegiani, complice la non felice serata di Negro e soprattutto Nesta, era terra di conquista. Dopo il gol di Zamorano, Ronaldo si presenta con un destro violentissimo dal limite che centra l'incrocio dei pali, al 36' Djorkaeff manda alto di testa, al 10' del secondo tempo Zamorano tira sul palo interno, in un'azione che è la fotocopia del gol. Il raddoppio arriva sull'asse Za-Za 5' dopo: punizione a spiovere di Ronaldo, testa all'indietro di Zamorano, gran destro di Zanetti appena sotto la traversa. Ronaldo segna poi il gol del 3-0 alla sua maniera, scattando sul filo del fuorigioco, dribblando anche il portiere e toccando nella porta vuota. Adesso che il popolo interista canta "Vinciamo senza rubare", che Moratti è stato sballottato in aria e innaffiato dai giocatori, che Ronaldo si presenta alla premiazione con una bandiera brasiliana avvolta intorno ai fianchi, nessuno se ne abbia a male se dissento. Il giocatore che ha risolto la partita, il vero scorpione che ha fatto male alla Lazio, si chiama Ivan Zamorano. Ma sono dettagli. Invece, come penso da tempo, si è avuta conferma che Ronaldo dà il meglio agendo da seconda punta. Anche perché, quando sta largo, è difficile raddoppiargli la marcatura, e lui un avversario lo salta sempre. E' stata anche la vittoria di Simoni, che ha inghiottito molte volte amaro in questa stagione.

In tanti gli abbiamo detto che l'Inter giocava male, e talvolta era vero, sempre no. Nell'appuntamento più importante l'Inter non ha solo stravinto ma ha anche giocato un bel calcio. Difficile spiegare cosa sia capitato alla Lazio. Una botta di stanchezza collettiva, probabilmente. L'Inter, famosa per i suoi finali di fuoco, questa volta ha cominciato e concluso allo stesso ritmo altissimo. Vittoria indiscutibile, infatti non la discutono nemmeno i tifosi della Lazio che durante la premiazione, sportivamente, cantano Volare con quelli interisti. L'unico neo, visto che questo era considerata la prova generale del mondiale, è che tutti i giornalisti italiani erano senza telefoni. Un sentito ringraziamento agli organizzatori, sperando che si diano una regolata.


Il Messaggero titola: "La notte amara dei biancocelesti. La squadra di Eriksson a Parigi non ripete l’impresa di Coppa Italia: una volta in svantaggio non rimonta. Lazio ai piedi dell’Inter. Coppa Uefa ai nerazzurri: tre gol, due pali. Zamorano, Zanetti e Ronaldo travolgenti".

L'articolo così prosegue: La coppa Uefa è dell'Inter, che ha il Fenomeno, come cantano, irridenti, i suoi tifosi. E non solo, certo. Una multinazionale con tre soli italiani in formazione base che, alla prova del Parco dei Principi, dell'immensa platea internazionale, ha dimostrato di saper colpire con assoluta spietatezza. Tre gol, rafforzati da due pali, determinazione sanguigna a centrocampo e in difesa, dove le marcature uomo contro uomo hanno dato ragione al pragmatico Simoni. La Lazio ne esce bastonata, specie dopo il terzo gol, un premio per Ronaldo, trasformatosi in brillante rifinitore per sfuggire alle grinfie di Nesta. Troppo leggero l'attacco della Lazio, che Cragnotti sta già rinvigorendo per il futuro. E prestazione dunque solo volitiva, con i centrocampisti votati all'inserimento ma chiaramente in affanno quando l'Inter, specie nella ripresa, ha armato il suo gioco largo, fatto di rapido affondo in contropiede. Certo è stata decisiva la partenza ad handicap: un minuto e mezzo per il primo fallo di Nesta, subito richiamato, meno di cinque perché i tremori si tramutassero in un terribile, fatale buco difensivo. Il lancio di Simeone ha sorvolato la difesa planando sul liberissimo Zamorano, sorpreso e comunque più pronto di Marchegiani nell'aggiustarsi il pallone e fulminare il portiere rimasto a mezza strada. Qui è cominciata, con un pugno in un occhio, la partita dei biancocelesti, con l'Inter su una nuvola, pronta ad innescare Ronaldo. Simoni aveva rinunciato a Cauet per affiancare a Ronaldo il bomber cileno, affidando a Winter il controllo di Nedved, opponendo Zanetti a Fuser e chiedendo a Ze Elias di tenere Jugovic a distanza.

Scontate le marcature difensive nerazzurre, molto più difficile l'approccio della retroguardia biancoceleste, infilata di nuovo in velocità da Zanetti sulla sinistra al 22': l'apertura al centro ha spianato la strada al Fenomeno, che ha colto l'incrocio con un destro potente. L'arma bianca dei biancocelesti è stata sfoderata in gran fretta senza però che l'enorme mole di gioco producesse effetti in area di rigore nerazzurra. Piuttosto da un errore di Negro in disimpegno, Winter ha offerto uno stacco di testa a Djorkaeff, con palla alta sulla traversa. Ha risposto, dopo un siparietto di Ronaldo a gioco fermo (applauditissio stop), il solitario Fuser, che ha però sballato il diagonale. I tifosi biancocelesti, inesauribili nell'incitare la squadra, non si sono comunque persi d'animo: grande correttezza sugli spalti dopo il minuto di raccoglimento dedicato alle vittime della Campania. Ma pure la ripresa è cominciata con evidenti ambasce della Lazio in fase di costruzione: Eriksson ha provato prima con Almeyda e poi con Gottardi. E invece è bastata un'invenzione di Djorkaeff in spazi larghi per lanciare ancora Zamorano verso la porta di Marchegiani, salvato dalla base del palo.

Il preludio al raddoppio, bellissimo, di Zanetti. Grazie ad un'azione perfettamente congegnata, con cross dalla destra di Ronaldo, sponda di testa di Zamorano per lo strepitoso esterno destro di Zanetti dritto sotto l'incrocio. La Lazio è finita qui, prima che Ronaldo la impallinasse ancora scattando al momento giusto sul lancio di Moriero: Marchegiani dribblato in bello stile, secondo canoni arcinoti. L'unico serio tiro in porta per i biancocelesti l'ha scagliato al volo il defilato Mancini. Confermando gli stenti dell'attacco. Ma l'Inter, che si è rifatta con gli interessi della coppa persa l'anno scorso e della sconfitta in campionato all'Olimpico, ieri sera ha mostrato in pieno il suo valore. La Lazio non ne troverà di avversarie così forti in coppa delle Coppe. Nel finale due espulsioni: prima il cartellino rosso per West, che da terra ha colpito con una gomitata Casiraghi, poi per Almeyda, già ammonito, per un brutto fallo su Ronaldo.


Tratte dal Corriere della Sera, alcune dichiarazioni post-gara:

L'incompiuto inciampa ancora, e da Londra a Parigi per la seconda volta vede spezzarsi il filo di una rincorsa lunga sei anni. Roberto Mancini si blocca davanti al portone di un'altra piccola, grande storia di Coppe. "Ma questa non sarà la mia ultima finale europea", dice con un filo di voce, ma senza tremare. "Non voglio lasciare perdendo: voglio lasciare vincendo". Chissà se è solo una sorta di autolavaggio del cervello, nel momento dei sentimenti affranti e delle speranze offese. "Il gol in avvio di Zamorano ci ha tagliato le gambe. Psicologicamente per la Lazio è diventato tutto più difficile, mentre loro hanno potuto fare la partita della vita. La botta è stata fortissima, i nostri piani a quel punto sono saltati. Avevamo preparato tatticamente la gara con particolare attenzione. Non potevamo mai immaginare di essere sotto di un gol dopo cinque minuti". E in che modo, poi. Lasciando a Zamorano quindici metri di campo davanti a Marchegiani, cose che ormai non si vedono più neppure in prima categoria. "Non dovevamo regalare quel gol", spiega Jugovic, il giocatore laziale dal passato più prestigioso.

"Dopo, l'Inter è stata molto più brava di noi. Potendo approfittare di tutti quegli spazi, ha lanciato il suo contropiede micidiale. E non c'è stata più storia". Sono facce bianche, quelle dei laziali. Scavate. La squadra di Eriksson è arrivata cotta fisicamente alla prima finale europea della sua storia e fragile di testa. Come ammette Gigi Casiraghi, l'uomo che avuto l'ingrato compito di sostituire l'unico elemento, Boksic, capace di fare la differenza. "Eravamo un po' contratti, diciamo un po' impauriti. Il gol a freddo di Zamorano ha fatto il resto". Un resto che ha lasciato senza parole. E ha portato a una resa incondizionata, preoccupante. Nesta prova ad appigliarsi a qualcosa e va anche contro le immagini-tv: "Il gol di Ronaldo era chiaramente in fuorigioco". Marchegiani, invece, sostiene che "le sconfitte sono tutte uguali. Quando perdi, perdi". Concetto filosoficamente forse anche corretto, ma che inserito nel contesto di ieri sera non puo' essere sposato da nessuno. "Dovevamo giocarcela di più - continua il portiere biancoceleste - e questo forse è il rimpianto più grosso, oltre ai tre gol presi, che fanno male davvero. Capisco la delusione e le critiche. Ma resto dell'idea che la nostra stagione è stata esaltante. Una settimana fa abbiamo festeggiato noi, ora, meritatamente, è toccato all'Inter. L'importante è non dimenticare il passato da cui venivamo e non perdere l'ottimismo per il futuro".

Eriksson è come se l'avesse schiantato un autotreno. "Complimenti all'Inter, ha meritato la vittoria. Subito in vantaggio, ha avuto la strada in discesa. Il raddoppio di Zanetti ha ucciso ogni nostra possibilità di rimonta. Adesso non ci resta che chiudere bene il campionato. Vincendo le ultime due partite". Anche perché la Roma incalza a un punto.


Da Il Messaggero:

«Non mi aspettavo un gol così presto. Abbiamo sbagliato. Siamo stati ingenui. Per i nostri avversari è stato tutto subito facile. Li abbiamo messi nella condizione di poter fare il gioco che preferiscono: attesa e contropiede. Sono fortissimi. I migliori in Italia e forse anche in Europa. Hanno fatto tutto loro. Tre gol e due pali. Noi non abbiamo avuto grosse occasioni. Solo mezze occasioni. E con le mezze occasioni non si fanno gol»: Eriksson tutto d'un fiato. Ha voglia di sputare il rospo e di esorcizzare in qualche maniera la batosta. L'analisi che fa della partita è estremamente efficace. Un film in poche battute. Un film già visto in casa Lazio. Soprattutto in queste ultime settimane. Sven c'é rimasto male. Esalta ancora l'Inter e Ronaldo. E quando in sala stampa arriva il brasiliano per ricevere il premio per il miglior giocatore della partita, Eriksson si alza in piedi e gli stringe la mano. «Complimenti», gli dice. E il brasiliano sorride soddisfatto. Sorride e ringrazia, naturalmente. Lo svedese vorrebbe lasciare la ribalta al Fenomeno ma le domande impietose dei cronisti lo inchiodano alla poltrona. Un supplemento di calvario per lo svedese. Non ha ancora metabolizzato la delusione e deve anche cercare di tirare su il morale agli altri. Un compito davvero ingrato.

Ci prova così: «Se alla vigilia del campionato ci avessero detto che avremmo vinto la coppa Italia e saremmo andati in finale Uefa, avremmo fatto salti di gioia. E fino a un mese fa siamo stati anche in lizza per lo scudetto. Abbiamo perso contro una grande squadra. Certo, la sconfitta brucia molto. Ma dopo quel gol per noi è stato tutto molto difficile. Abbiamo cercato di reagire ma l'Inter è forte. Adesso pensiamo al campionato. Mancano ancora due partite e dobbiamo fare bene». Già, c'é anche lo spauracchio della Roma adesso. Ci mancherebbe anche il sorpasso. Fallito il traguardo europeo, la Lazio è costretta a rituffarsi in campionato per cercare di non far crollare anche la diga cittadina. Dopo la mazzata la beffa. Far finta di niente e brindare come da copione. E la scaletta della serata parigina prevede la festa a mezzanotte. L'orario appunto, imponeva comunque l'organizzazione del banchetto festaiolo. Questione di turni dei camerieri e di provviste per la dispensa del cuoco. Eriksson fa gli onori di casa: «Siamo stati protagonisti su tutti e tre i fronti. E abbiamo vinto un titolo». Ma in giro si vedono tutte facce da funerale. La finale, la prima nella storia della società biancoceleste, non può certo trasformare la delusione in gioia.

Una sorpresa la sconfitta della Lazio? Solo per chi non ha saputo leggere sul viso dei protagonisti di questa corsa europea, la tensione e lo stress che divorano l'anima e la testa. Per chi non saputo interpretare la differenza fra "rispetto" e paura. E anche per coloro che si erano lasciati illudere dal successo sul fantasma del Milan. La squadra è arrivata logora al traguardo. Una stagione esaltante buttata via proprio allo sprint finale. Eriksson lo ammette e parla di "calo fisico". E come potrebbe negarlo? Certo, nessuno poteva immaginare la disfatta qui a Parigi. «Neanche io», dice lo svedese. E neppure i tifosi, ancora una volta splendidi. Hanno strappato l'applauso anche ai loro dirimpettai. Uno spettacolo quella curva con le bandiere al vento e i cori della festa.


Nota di cronaca:

Centinaia di tifosi laziali sono rimasti a casa truffati da operatori senza scrupolo. E' successo davvero di tutto, a Roma. C'è chi è rimasto una notte intera ad aspettare un torpedone mai arrivato (è successo martedì sera, a Cinecittà 2, quando di tre pullman previsti ne è arrivato solo uno, un centinaio di tifosi è rimasto a piedi e alcuni di loro hanno aggredito tre operatori turistici, uno dei quali è stato ricoverato), chi si è presentato all'aeroporto all'alba e ne è uscito al tramonto senza avere neanche visto l'ombra dell'aereo. C'è persino chi su un aereo è stato fatto salire (è successo a Fiumicino, ieri attorno all'ora di pranzo) ed è stato subito dopo invitato a scendere in tutta fretta, dato che il conto del charter prenotato non era mai stato saldato. C'è chi è riuscito a saltare sul pullman dall'aria magari malmessa ma felicemente in partenza, eppure ha dovuto rassegnarsi ad abbandonarlo dopo tragitti più o meno brevi: qualche comitiva si è fermata in mezzo alla strada ad Aosta, nella notte di martedì, un'altra addirittura ad Arezzo.

E' andata male anche a qualche fortunato approdato a Parigi: inutile, una volta lì, l'attesa degli operatori turistici che avevano assicurato la consegna dei biglietti per la gara. A Fiumicino e Ciampino i charter fantasma hanno innescato una sequenza di difficoltà anche per i voli normali. A Ciampino, il secondo scalo della capitale, oltre 400 tifosi si sono ritrovati con un solo volo a disposizione. Avevano pagato in anticipo 750 mila lire, ma solo poco più della metà di loro è riuscita dopo ore a salire su un aereo. Altri, un'ottantina, sono partiti soltanto dopo un sorteggio: in palio posti su un altro volo rimediato all'ultimo istante. Sotto accusa due agenzie di viaggio, la Space Travel, già Few Limits, e la Aly Fly Travel. La Club Vacanze, agenzia della Lazio, ha preso le distanze dagli episodi più gravi.






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