Natatoria: la nascita della Pallanuoto narrata da Arturo Balestrieri

Da LazioWiki.

Biografia di Arturo Balestrieri

Riportiamo alcune pagine del libro Natatoria, scritto dal fondatore biancoceleste Arturo Balestrieri giornalista per La Gazzetta Dello Sport, edito nel 1924. La prima parte del capitolo dedicato al Water Polo, qui riprodotta in scansione, racconta della nascita della pallanuoto in Italia con riferimenti alla S.P. Lazio.

Scheda del libro

Autore: Arturo Balestrieri

Titolo: Natatoria

Anno: 1924

Casa editrice: Biblioteca "Gazzetta dello Sport"

Pagine: 232 Costo: N/D

Recensione: Manuale sulla tecnica del nuoto, la sua storia e quella della Pallanuoto (chiamata Water Polo) e Tuffi. Inoltre la storia dei campioni dell'epoca e curiosità del mondo delle discipline natatorie.

Di seguito il testo delle pagine dedicate alla pallanuoto

DELLA PALLA A NUOTO (Water-polo) - Genesi caratteristiche ed origini del water-polo

In altra parte del presente libro si è già fatto cenno della palla a nuoto, siccome una delle applicazioni più simpatiche, utili e divertenti delle discipline natatorie. Ma è poi questo esercizio, veramente, un'applicazione di tali discipline: o non è piuttosto considerabile come una varietà sportiva del nuoto, dato particolarmente il suo scopo agonistico? Prima di rispondere: o meglio, prima di tentare di rispondere a queste domande, crediamo opportuno dare la definizione della «palla a nuoto», riservandoci di ampliare più oltre la spiegazione tecnica dell'esercizio di cui è parola: dopo di avere risposto alle domande ora formulate.

Diremo perciò, innanzi tutto, che la palla a nuoto (esercizio di sport conosciuto in Inghilterra col nome di «water-polo» che presso a poco ha il significato di palla in acqua) consiste in una competizione collettiva fatta da due squadre di sette giuocatori l'una: delle quali, ciascuna vuole ottenere il maggiore numero di punti sull'altra: facendo cioè passare, nel limite di tempo prescritto e fissato, quanto maggiore numero di volte può, il pallone sotto la porta avversaria. È in sostanza la riproduzione, in proporzione ridotta, di quello ch'è il foot-ball, o comune giuoco del calcio, in terraferma.

Ciò premesso, si può veramente dire che la palla a nuoto sia una vera e propria applicazione sportiva del nuoto, in quanto che entrano in funzione, educativamente sotto l'aspetto fisico, e sportivamente, in senso agonistico, doti e qualità che vanno al di là di quello che può essere pura e semplice applicazione del nuoto turistico. Perché non bisogna ammettere, sino da questo momento, che un nuotatore comune o mediocre possa essere sempre un mediocre giuocatore di waterpolo. È un assioma indiscusso ed indiscutibile che tutti i buoni waterpolisti sono buoni o forti o fortissimi nuotatori: ma non è sempre vero l'asserto contrario.

Vedremo più oltre quali debbono essere i requisiti essenziali od indispensabili ai giuocatori del water-polo: quali i compiti delle varie linee delle squadre e dei singoli componenti di queste: come pure i metodi di allenamento e di giuoco: ma fino da ora reputiamo necessario dire come i coefficienti principali per riuscire nel nobile e bell'esercizio della palla in acqua siano, fra altri, una assoluta confidenza con questa: una bella velocità su brevi tratti: padronanza di azioni col pallone, coraggio e resistenza a tutta prova. Senza queste doti principalissime, e senza altre conoscenze od attitudini inerenti alle speciali esigenze di tale esercizio acquatico, nessun nuotatore potrà mai diventare un abile squadrista di palla a nuoto.

La confidenza assoluta con l'acqua occorre in quanto che, per quasi tutta la durata di una partita, il giuocatore deve essere assuefatto alle brevi, ma faticosissime lotte per impadronirsi del pallone: alle sprofondate od affondature che si debbono subire quando si tiene il pallone e si è assaliti e «caricati» dagli avversari: ed infine alla permanenza in acqua furiosamente mossa od agitata per le improvvise e numerose piccole battaglie in ogni posizione. Per questo, appunto, l'atleta non deve impressionarsi se si trova spesso col capo immerso o nei subbugli ondosi e sprizzanti, in mezzo ai quali è assai facile perdere la calma e la padronanza di sé stessi: così necessarie invece per giuocare bene, ed adempiere nel miglior modo ai doveri di posizione.

La velocità nei brevi tratti è indispensabile: per giungere prima degli altri ad impadronirsi del pallone: per sfuggire con questo, o spostarsi per aiutare o seguire il giuoco del compagno o dei compagni di squadra: oppure anche per seguire od impacciare le azioni degli avversari. Brevi tratti, dunque: ma veloci e faticosi quanto mai, specialmente se si pensa che debbono essere ripetuti ad ogni istante, quando magari si è già stanchi per immediate e me-diate calate o discese od attacchi fatti o subìti. Una delle maggiori difficoltà anzi, inerentemente a questa necessità veloce, è quella di sapere «portare» innanzi il pallone, in acqua, nuotando e spingendolo con piccoli successivi urti fra una bracciata e l'altra: ma di questo diremo meglio in seguito.

La padronanza delle azioni col pallone è il coefficiente «sine qua non» dell'abilità o meno di un waterpolista. Tale padronanza consiste precipuamente nel prendere il pallone in acqua, quando si ricordi che il pallone stesso non può essere manovrato che con una mano sola, e che esso non può essere affondato: nel lanciarlo ai compagni, oppure lanciandolo entro la porta da una distanza variabile. A questo, infine, si aggiunga il particolare del cammino fatto fare alla palla, nuotando: come si è detto or ora. Tutte queste diverse e difficili azioni del «water-polo» costituiscono delle difficoltà che sono superabili unicamente con pazienza, perseveranza e costanza nell'apprendimento e nel perfezionamento.

Il coraggio del waterpolista è un coraggio assai differente da quello del calciatore che si può gettare con impeto di generosità meno significativa nel folto della mischia. Il calciatore è appoggiato sul terreno: la sola conseguenza della sua audacia è la potenza dell'urto ricevuto in effetto delle sue cariche: il waterpolista, invece, ha la preoccupazione del galleggiamento, del respiro, degli urti, che spesso costringono alla sprofondata: e si trova sempre esposto a rischi di sofferenze, di colpi e via dicendo. Per questo è necessario davvero, il coraggio: ed è un coraggio sui «generis» che frequentemente non ottiene lo scopo, per intervento di circostanze imprevedute od imprevedibili. Le affondature, anche se prevedute e quindi, pervenute, provocano difficoltà respiratorie più o meno gravi e più o meno faticose e deprimenti: ma sempre influiscono sul fisico e sul morale. Ecco, quindi, perché il giuocatore di palla a nuoto deve essere coraggioso e resistente a tutta prova.

Per le precedenti osservazioni, dunque, e per le altre difficoltà che si appaleseranno nel corso di queste brevi note sul virile e maschio sport waterpolistico, ripetiamo che questa forma di esercizio fisico natatoria non è alla portata di tutti, in generale, e di tutti i nuotatori, in particolare. La palla a nuoto domanda con imperio una bella, salda ed entusiastica preparazione sotto i molteplici aspetti finora cennati.

Abbiamo detto più addietro che in materia waterpolistica esiste un assioma indiscusso ed indiscutibile nel senso che tutti i buoni giuocatori di palla a nuoto sono buoni, o forti o fortissimi nuotatori: ed abbiamo anche aggiunto che non è sempre vero l'asserto contrario. Data quindi la importanza del soggetto che trattiamo ci sembra assai interessante, dopo avere accennato alle molteplici gravi difficoltà di questa forma di esercizio sportivo, d'illustrare il precedente assioma: anche perché il principio venga diffuso nelle società e nei centri di nuoto, ed anche perché non tutti si creino delle illusioni dolorose: oppure, a torto, trascurino l'esercizio stesso per timore di un esito negativo.

Siccome le qualità indispensabili per essere un buon giuocatore sono, oltre che morali, prettamente e puramente fisiche, ne consegue che, in particolare per quanto riguarda velocità, galleggiamento ed agilità, il giuocatore — trasportato, per modo di dire — sui campi di gare, ad esempio di breve percorso, può fare sfoggio di precise qualità di velocità, che lo possono porre in rilievo fra buoni elementi. E lo stesso dicasi — sebbene in altra forma e per altre considerazioni — delle doti di medio-fondista. Ma, soprattutto è per quello che comunemente s'intende nuotatore di forza, gagliardo in acqua e padrone assoluto dell'elemento liquido che l'assioma deve essere interpretata nel senso più lato. Veloce waterpolista, dunque, corri-sponde sempre a veloce nuotatore comune: gagliardo e forte water-polista, corrisponde parimenti a gagliardo ed atletico nuotatore fuori del campo.

L'applicazione inversa, del principio assiomatico enunciato, non è. sempre vera. Infatti a che cosa serve, eventualmente, possedere spiccate ed ottime qualità di velocista, quando, ad esempio mancano all'aspirante giuocatore, corrispondenti doti di coraggio, di resistenza, o d'intelligente comprensione del giuoco stesso che emergono o sono note solo a chi sia veramente addentro alle secrete cose di questo virile sport acquatico? Ecco quindi come e perché fa d'uopo che tutti coloro i quali, direttamente od indirettamente si occupano di water-polo, non trascurino gli avvertimenti che precedono. Senza esagerare in un senso o nell'altra è sempre assai encomiabile uno zelante senso di prudenza per quello che riguarda la scelta degli elementi waterpolistici da esaminare, scegliere, istruire ed allenare.

Sulle origini del water-polo non vi poteva e non vi può essere dubbio. Esso è un esercizio collettivo (al quale poi, chissà perché, venne appioppato il nome di giuoco, in quanto nella sua essenza è una: vera e propria competizione o gara che dire si voglia) il quale è nato nella Gran Bretagna intorno all'anno di grazia milleottocentosessanta. Dopo avere anch'esso sopportate varie denominazioni non tutte appropriate e non tutte rispondenti alla essenza della esercitazione stessa, fu stabilito di dare a questa il nome che attualmente è ancora in vigore e che, in sostanza, risponde abbastanza bene al significato del complesso delle azioni che durante un tratto di tempo si compiono e si eseguiscono da due partiti avversari, galleggianti, e dei quali ognuno cerca di segnare il maggiore numero di punti in un determinato spazio di tempo : punti che si conteggiano facendo passare il pallone completamente sotto la porta od arco avversario.

Era ovvio e giusto, del resto, che nella nazione che in Europa vanta una storia eccellente nello sport del nuoto - anche nei confronti della Germania, la quale pure da moltissimi lustri ha dato un largo sviluppo a questa esercitazione fisica umanitaria - il water-polo sorgesse da maggior tempo. Il calcio, fino dal principio della seconda metà del secolo scorso, si è andato colà divulgando con intensità prodigiosa: è stato, quindi, quasi parallelamente a questo aumenta di fervore per il «football» association oppure rugby che gl'inglesi hanno avuta l'idea d'imitare alla meglio in acqua l'esercizio calcistico. Si comprende che nelle prime annate le regole furono assai diverse dalle attuali: e per ovvie ragioni.

Non v'erano, nei primordi, limiti precisi di estensione del campo di giuoco, nel quale le due porte per lo più erano indicate da oggetti galleggianti. I giuocatori potevano portare la palla sott'acqua, ed i portieri stavano fuori d'acqua pronti a piombare su chi «portasse il pallone: in quanto che i punti non erano segnati col lancio del pallone e relativo passaggio nello spazio indicante la porta: ma doveva essere portato in porta. Se le porte erano molto larghe potevano essere impiegati due portieri, e così via, le cronache ricordano molteplici altre disposizioni che oggi appaiono bizzarre, ma che invece non erano altro che conseguenza dello studio per ottenere maggiore ordine: per eliminare il pericolo e rendere le partite più sportive e proporzionali ai progressi delle civiltà sportive locali e straniere.

Per circa un ventennio le cose rimasero allo stato iniziale; ma poi lentamente furono introdotte importanti modificazioni, fra le quali principalissima quella di potere lanciare il pallone per segnare i punti: ciò che condusse alle prime costruzioni delle porte, e poi delle limitazioni dei campi, quando non si poteva ancora usufruire delle piscine. Così il water-polo lentamente rinsaldò la sua costituzione. Dopo la prima più completa legiferazione del 1885 in cui veramente (come dice il carissimo e studioso amico Ercole Boero) il giuoco subì una piccola rivoluzione... pacifica con disposizioni tassative di tempo, in venti minuti: ed altre, poco numerose, sempre: ma assai importanti per quel tempo. Nel 1890 ebbe luogo il primo grande incontro waterpolistico fra l'Inghilterra e la Scozia, incontro che fu vinto nei primi due anni dagli scozzesi, ma che veramente segnò l'inizio di una cronistoria ordinata degli avvenimenti maggiori inglesi nella palla a nuoto.

Nel trentennio che ha seguito questo periodo, diremo così, classico del water-polo nel Regno Unito, tale esercizio sportivo si è andato diffondendo con una intensità ed un entusiasmo impressionanti, che parrebbero tutt'altro che consoni alla natura britannica. E sarebbe impresa vanamente sperabile quella di compendiare anche in brevissime righe le successive maggiori vicende. Diremo solo che anno per anno — ed in questi ultimi decenni anche per merito dello spirito disciplinatore dell'Amateur Swimming Association (Federazione dei dilettanti di nuoto) — il numero delle associazioni regolarmente costituite si è accresciuto, fino a raggiungere la sbalorditiva cifra di oltre milletrecento squadre.

Naturalmente dalla madre patria la passione per il water-polo si è estesa anche nelle sterminate colonie, che a loro volta hanno formato numerosissime e formidabili squadre.

Dalle isole britanniche il water-polo non tardò ad emigrare nel continente, come le altre forme di nuoto. Ma furono in particolare modo le nazioni più vicine all'Inghilterra ed a maggiore contatto — diremo così -- con questa, che vollero imitarne la bella ed interessante novità sportiva: anche per le specialissime condizioni di tempi e di luoghi. Così nella Svezia, in Olanda ed in Danimarca l'esempio inglese fece rapidamente scuola : tanto che le rispettive cronache di oltre un ventennio a questa parte ricordano pure interessantissime gare di campionati nazionali, e d'incontri internazionali, sia fra loro, sia nei confronti della terra maestra. A questo gruppo di nazioni, infine, e prima della Francia, si deve aggiungere il Belgio, il quale ha potuto, per la sua ubicazione, avere contatti frequenti con le squadre di Albione, facendo rapidamente progressi assai notevoli. Le altre principali nazioni dell'Europa del sud e del centro - eccezion fatta per la Francia che ha avuto il vanto e la, ventura di trionfare nelle recentissime olimpiadi - sono rimaste necessariamente assai più arretrate nella diffusione del water-polo, che in questi ultimi anni invece, è oramai quasi ovunque entrato nell'uso comune degli sports di atletica leggera.

La storia del water-polo italiano ha invece origini assai più vicine e recenti: non risalendo oltre i trentacinque anni. Esistono, su tale argomento, idee disparate, ma noi, contemporanei dell'avvenimento stesso, possiamo oggi qui insistere sulle vere origini nazionali di questo sport, del quale oramai tutti, o quasi, i vecchi pionieri sono scomparsi, o ritirati da ogni pratica virile. Non si può, infatti, coscienziosamente ribattere o rivendicare la priorità della origine stessa al Lazio, per il fatto della possibile contemporaneità di pratiche water-polistiche in Lombardia ed a Roma. Anche se in questa città le partite hanno avuto carattere di pretta regionalità (in quanto non avrebbero potuto averne uno diverso non esistendo altrove, regolarmente, ancora alcuna altra squadra), a Milano le esercitazioni primissime che si svolsero al Bagno di Diana non ebbero eco e ripercussioni future della importanza di quelle centro-meridionali, in cui veramente si ebbe, fin d'allora, mirabile esempio di ordine, disciplina e valore, rispetto ai tempi.

Risale quindi veramente a Roma il merito dell'audace antica iniziativa italiana di palla a nuoto.

Fu appunto nell'oramai assai lontano 1900 che a Roma, e proprio da quella classica Rari Nantes (ch'ebbe per prima modestissima sede una cameruccia presso l'Albero Bello sul Tevere) che un gruppo di quattro autentiche vecchie glorie antesignane capeggiate dall'allora venerando Achille Santoni, e con lui Piccioni, Montalboddi e Lovatti — poi morto — ebbero l'idea di mettere su alla meglio una piccola squadra di giuocatori che incominciò le sue modeste partite nel laghetto queto, ma non igienico, di Villa Borghese (ora Umberto I). Poi altri elementi convennero con questi e si unirono fornendo per quell'anno un discreto movimento, che incuteva più meraviglia che piacere agli assistenti. L'anno dopo, una squadra di valentissimi campioni inglesi, condotti dal famoso Jarvis, discese in Italia per fare una serie di dimostrazioni di nuoto: di salvataggio e di water-polo.

Erano con Jarvis altri valentissimi, come Austin, Sanders — caro nome di ospite che poi restò nel nostro paese e che si dedicò con entusiasmo di apostolo alla diffusione successiva delle discipline natatorie in Liguria — Blackshow, Farrand e Galland. Quel manipolo di virtuosi stravinse ovunque: ma lasciò utile orma con la diffusione del metodo ad “over”: del salvataggio umano, ed anche della palla a nuoto, in cui diede qualche lezione mirabile nelle acque bluastre e solforose presso Tivoli: alle Albule. Da questo momento può dirsi che la palla a nuoto, in Italia, abbia preso, per così dire, radici fra gli sportivi del tempo, nella regione centrale.

E fu appunto la Rari Nantes Roma che, due anni dopo indiceva il primo campionato italiano di palla a nuoto, dotato del Premio della Tribuna, e che con varia sorte fu vinto dalla Rari Nantes e dalla Società Podistica Lazio che col Club Sportivo Virtus possedettero discrete squadre. A quei campionati non concorsero squadre di altre regioni: è vero; ma è pur vero che non esistevano, e dalla Lombardia gli elementi creati poi e fatti dal dottor Bezzi non erano in grado di essere contrapposti ai sopraccennati, collettivamente, per quanto il Bagno di Diana in Milano avrebbe potuto essere un magnifico vivaio di eccellenti waterpolisti.

Nella Liguria, frattanto, la palla a nuoto, per opera della locale Rari Nantes, aveva trovato proseliti e lentamente, verso il 1909 — crediamo per merito esclusivo dell'accennato Sanders, si era venuta formando una vera e propria squadra abbastanza buona, la quale non fece passare occasione senza far partite dimostrative, anche a Nizza ed a Monaco, ove pure fiorivano già delle équipes degne del massimo rispetto. Ci sentiamo in dovere di ricordare fra gli elementi che in quel torneo si fecero. maggiormente notare per attitudini o per vera abilità, il citato Sanders, primo fra tutti: Ghiorsi, Pasteur - portiere celebrato - l'ingegnere Strassera, il compianto Enrico Ros-si, Davide Baiardo - ancora oggi brillantemente nell'arringa sportivo -, Italo Gavoglio, e qualche altro che la distanza di tempo non ci fa più ricordare. Fu la Rari Nantes Genoa il faro irresistibile di attrazione in cui, nel secondo tempo, si illuminarono i secondi pionieri.

Oramai però il dado era stato gettato: mentre nella Liguria il fecondo seme dava rigogliosi frutti, nell'Italia Centrale le squadre locali non avevano più progredito in proporzione dei tempi. E quando tre anni dopo, cioè nel 1922, la Federazione Italiana Rari Nantes bandì ufficialmente il Campionato Italiano (il nuovo ed il vero della serie moderna) la finale, svoltasi a Napoli, terminò col brillantissimo trionfo della squadra migliore: quella del Genoa, che ebbe ragione della valorosa Partenopea per quattro goals ad uno. Il team vincente era così formato: Ghiorsi, in porta; e poi i due Paganelli; Augusto Massa, Baiardo, Gavoglio e Semorile all'attacco. Il gruppo partenopeo, che aveva in porta Ioima, era comandato da Mascoli ed aveva già in squadra Del Giudice, Tarantini e Cangiullo : noti ancora per recenti gesta.

Le vicende successive del water-polo sono oramai vicine e più note: in quanto che mentre nel 1913 il campionato restava ancora al Genoa (con Bertorello, Baffico, Boero I, Massaia., Frassinetti, Boerò Mario e Federici) davanti alla Partenope ed alla Lazio, nel 1914 si svolse il torneo a Sturla, vinto pure trionfalmente dal Genoa. Poi la guerra tragica ebbe la sua rossa parentesi: ripreso il campionato nel 1919, a Como, il titolo rimase per l'ultima volta al Genoa: mentre nel 1921 (in quanto nel 1924 l Olimpiadi di Anversa interruppero la cronistoria) nel 1922 e nel 1924 la giovane Andrea Doria di Genova — capitanata da Burlando — insegnò ad ogni altra squadra.

Non parliamo della non lieta vicenda che nel 1923 in Roma ha accompagnata la vittoria dello Sturla : una squadra degna del maggiore rispetto, ma che per l'abbandono inconsulto della Partenope ottenne un'affermazione non conforme alle sue tradizioni passate. Diciamo piuttosto come un trentennio di vicende in varia guisa movimentate, nelle diverse regioni abbia lentamente, ma poderosamente preparato l'ambiente nazionale della palla a nuoto. Le associazioni che ovunque giuocano si contano difficilmente, ed aumentano ogni anno, costringendo la Federazione a disciplinare con fermezza e severità l'ondata che dilaga. La formazione delle squadre che ad Anversa ed a Parigi non poterono reggere il confronto per ragioni di forza. maggiore, sarà quind'innanzi più facile per l'aumentato materiale umano: e tempo verrà, e non lontanissimo, in cui anche l'Italia potrà allineare una squadra rappresentativa omogenea e forte.

Ma anche oggi non dimentichino le nuove legioni giovanili i nomi dei valorosi precursori i quali per primi osarono le prime pratiche, e che poi fatti arditi, crearono proseliti e discepoli: non dimentichino i vecchi giuocatori laziali, ché per compiere primordiali allenamenti alle Acque Albule facevano tre o quattr'ore di viaggio affocato e polveroso sotto il solleone, in un traballante trenino-lumaca: e ricordino pure, poi, i più destri maestri liguri, e gli altri pionieri lombardi, del Bagno Diana: e quelli della Partenope, nelle azzurre e glauche acque, che ebbero onore e vanto di una classica e continua audacia accomunata ad una fede incrollabile.