Pontisso Bruno

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Bruno Pontisso
Figurina di Bruno Pontisso
Bruno Pontisso allo spirometro
Un articolo su Pontisso da Foto Sport del 2 febbraio 1947

Ciclista, nato a Basiliano (UD) il 26 ottobre 1925 e deceduto il 14 ottobre 1999.

Sulle orme del fratello Romano Pontisso, affermato dilettante, fa il suo esordio nel 1940 con il Gruppo Sportivo Salario. Si mette subito in evidenza conquistando alcune vittorie come la coppa Cecconi. L'anno seguente entra a far parte degli allievi della S.S. Lazio confermando quanto di buono mostrato al suo esordio. Vince il Circuito della Giustiniana, la coppa Sciò, la coppa Gondar e altre competizioni. Nel biennio successivo continua ad inanellare successi su successi si che nell'estate del 1944, quando passa tra i dilettanti, il suo palmarès parla di 24 vittorie, 14 secondi posti e 9 terzi posti su una ottantina di corse disputate. Il passaggio di categoria non frena minimamente la sua ascesa. Vince l'ambita coppa Nulli, il premio F.C. Macao e il G.P. Salvatori in novembre. Utilizza una bicicletta Nardino Nardi ciclo Idran e i suoi allenatori sono i fratelli Pancrazi. Nel 1945 la Lazio Ciclismo vive una entusiasmante stagione con l'arrivo in gennaio di Fausto Coppi. "Il Campionissimo" è impressionato dal talento della giovane stella biancoceleste ed è prodigo di consigli in corsa. Bruno si segnala ancora con diversi successi, soprattutto nelle prove a cronometro come il G.P. Villa Glori e il G.P. Guglielmetti e Taddei che disputa assieme a Serse Coppi che in estate ha raggiunto a Roma e alla Lazio il celebre fratello. Ma il capolavoro di Pontisso matura il 20 settembre quando con una strepitosa volata si aggiudica il Campionato Italiano dilettanti piegando il forte atleta lombardo Motta.

Una folla enorme di sportivi, guidata dal fratello Romano, porta in trionfo il giovane atleta biancoceleste che indossa commosso la maglia tricolore. Terminata la guerra, il ciclismo italiano riprende a pieno regime la sua attività e le grandi squadre dei professionisti tornano ad animare i sogni di milioni di appassionati. La Legnano di Gino Bartali,che ha perso Coppi ingaggiato dalla Bianchi, offre al neo campione dei "puri" la possibilità di entrare nel suo organico agli inizi del 1946. Pontisso è tentato, ma preferisce trascorrere ancora un anno tra i dilettanti. Un malanno ritarda il suo rientro, ma non mancano nuovi successi come il Gran Premio di Maggio e la coppa Costantini a Civitavecchia. L'undici di agosto ai campionati su pista al Vigorelli di Milano, nella prova di inseguimento riesce ad assicurasi la sua seconda maglia tricolore, stracciando in finale Molinari secondo a 130 metri. Due settimane più tardi al Campionato del Mondo in Svizzera cede in semifinale al francese Rioland, perdendo poi il terzo posto con lo svedese Janemar. Molti sono i rimpianti per la maglia iridata sfumata sia per le poche possibilità di allenarsi che gli sono state offerte a Roma dal Motovelodromo Appio, sia per i tempi che riesce ad ottenere su pista sul finire dell'estate molto migliori di quelli raggiunti a Zurigo. Nel 1947 si decide al gran salto e accetta l'offerta della Legnano, ma la vita tra i pro si rivela assai difficile e priva di alcuna soddisfazione nei risultati. L'anno seguente preferisce correre tra gli indipendenti schierandosi con il G.S. Velodromo Appio.Il 20 settembre torna al successo dopo circa due anni di astinenza assicurandosi la Coppa Midossi di Civita Castellana.

Nel 1949 l'Arbos lo richiama nel ciclismo che conta e con la nuova squadra Pontisso ritrova come d'incanto lo smalto perduto. Vince una tappa al Giro del Lazio ed entusiasma nel successivo Giro di Sicilia. Anche nel 1950 e nel 1951 ottiene qualche soddisfazione come un buon quindicesimo posto finale al Giro d'Italia del '51 e la vittoria nella Torino-Biella trofeo U.V.I. . Corre quindi le sue ultime stagioni (dal 1952 al 1956) come indipendente. Carattere introverso, serio e maturo, eccellente passista, buon scalatore, elegante nella pedalata, Bruno Pontisso rimane uno dei più grandi atleti che abbiano fatto parte della S.S. Lazio. Dopo l'addio alle corse, ha seguito sempre con affetto le sorti della sua Società e il bar da lui aperto nel quartiere Prati è un punto di riferimento da anni degli appassionati biancocelesti.





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