Sabato 24 maggio 2003 - Udine, stadio Friuli - Udinese-Lazio 2-1

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24 maggio 2003 - 3052 - Campionato di Serie A 2002/03 - XXXIV giornata

UDINESE: De Sanctis, Bertotto, Sensini, Kroldrup, Jankulovski, Pinzi, Pizarro, T.Manfredini (46' Gemiti), Muzzi (80' Jancker), Iaquinta (70' Muntari), Jorgensen. A disposizione: Bonaiuti, Felipe, Pieri, Nomvete. Allenatore: Spalletti.

LAZIO: Peruzzi, Stam, Fernando Couto, Mihajlovic (63' Liverani), Pancaro, Fiore (61' Castroman), Giannichedda (72' Gottardi), Simeone, Cesar, C.Lopez, Corradi. A disposizione: Marchegiani, Favalli, D.Baggio, Gazzi. Allenatore: Mancini.

Arbitro: Sig. Trefoloni (Siena).

Marcatori: 67' Pizarro (rig), 83' Jankulovski, 86' C.Lopez (rig).

Note: ammonito Jancker per gioco scorretto. Calci d'angolo: 9-9. Recuperi: 0' p.t., 4' s.t.

Spettatori: paganti 4.335 per un incasso di 114.042 euro, abbonati 13.637 per una quota di 141.448 euro.


Un'azione della gara

La Gazzetta dello Sport titola: Udine passa, Mancio aspetta. E' la quinta qualificazione nelle ultime sette stagioni. Ma Pizarro gela i tifosi: "Sarà difficile che resti". Patron Pozzo replica: "Gli conviene stare qui".

Continua la "rosea": Cinque qualificazioni Uefa negli ultimi sette anni, una cifra di giocatori scovati e valorizzati, diversi allenatori (Zaccheroni, Guidolin, De Canio) che si sono poi fatti onore in altre importanti squadre: l'Udinese dei Pozzo si ritaglia un posto di spicco nella storia del calcio italiano. Questa società sa lavorare e i risultati lo dimostrano. Un format vincente, basato sulla divisione delle competenze. L'Udinese funziona perché è organizzata e nessuno disturba i manovratori. L'Europa del 2003 è forse la più bella perché inaspettata. L'ha firmata un tecnico dato per finito, Luciano Spalletti, e al quale bisogna rivolgere oggi sentite scuse perché si guardava a lui con perplessità. La risposta migliore Spalletti l'ha fornita sul campo, con i fatti, e non a parole. L'Udinese non esprime un calcio spettacolare, non è bella a vedersi, ma è difficile farle gol, ha fondamenta solide e dispone di giocatori degni di grandi platee. Né fortuna né caso: l'Udinese entra in Europa per meriti.

La partita di ieri si è giocata sul filo dei nervi, con le orecchie tese alle radioline. La Lazio ha recitato la propria parte con dignità, non ha opposto fiera resistenza né si è lasciata andare. L'Udinese ha avuto problemi davanti a Peruzzi: tante le occasioni sciupate da Muzzi e Iaquinta. E per schiodare lo 0-0 si è reso necessario un rigore. Muzzi è andato a cercare la gamba di Simeone, il laziale che stava alle sue spalle, ed è caduto con mestiere. Pizarro ha trasformato con freddezza (22' s.t.). Poi, Jankulovski (34' s.t.) ha messo al sicuro i tre punti con un gran sinistro da fuori, in corsa. Bellissimo gol. Forte, questo ceco: di lui si dice che potrebbe passare alla Juve, con funzioni di vice Nedved, e la cosa non pare illogica. Nel finale un po' di tensione, Trefoloni ha permesso alla Lazio di accorciare con Lopez fischiando un rigore per puerile scorrettezza di Kroldrup su Castroman. Era il 41' e in quel momento l'Udinese, complice il 3-3 del Chievo a Torino, si sarebbe giocata l'Uefa allo spareggio. Un minuto più tardi il boato della liberazione: 4-3 della Juve e Uefa garantita, senza bisogno di supplementi. David Pizarro, l'uomo mercato di questa Udinese, ha rilasciato a caldo una dichiarazione significativa: "Sarà difficile che io possa restare a Udine, devo fare un passo importante per la mia carriera. Sono pronto". Non è un mistero: Pizarro piace ai grandi club della Champions League.

Lo vorrebbe il Real, su di lui ha messo gli occhi la Juve e pure l'Inter pare interessata. Il cileno vuole monetizzare l'annata con un contratto cospicuo, l'Udinese spera di trattenerlo. Giampaolo Pozzo, proprietario del club, spiega: "Credo che a Pizarro stesso convenga restare per un' altra stagione con noi, avrebbe modo di crescere e imporsi sempre più". Pozzo è commosso: "Siamo partiti per salvarci e ci ritroviamo in Uefa: per me è l'Europa più bella delle cinque conquistate negli ultimi anni". Spalletti ha espresso una gioia misurata: "Negli ultimi anni si è detto che il Chievo rappresenta la società perfetta, da prendere ad esempio. Il fatto che noi si vada in Europa a scapito del Chievo dà la misura della nostra impresa". Un unico rigurgito di orgoglio: "Ho subìto due esoneri, ma tutte e due le volte sono stato richiamato". Morgan De Sanctis, portiere in odore di Nazionale, scommette su Udine: "Non so cosa succederà sul mercato, può essere che in presenza di un'offerta importante l'Udinese decida di cedermi, però io vorrei restare perché qui c'è un progetto forte, in cui vale la pena di credere".

Il campionato della sua Lazio è finito. Ma ora per lui ne comincia un altro. Quello sul campo Roberto Mancini lo ha chiuso con una sconfitta che nulla toglie all'ottima stagione della sua squadra, ma che lui avrebbe evitato volentieri. Anche per aggiungere qualche altra perla (il record di vittorie esterne, il primato di squadra meno battuta) a un'annata comunque trionfale. Un velo di delusione destinato però a sparire in fretta. Da ieri sera, infatti, nella testa di Roberto Mancini alberga un unico pensiero: quello relativo alla scelta da fare per il proprio futuro professionale. "Saprete tutto molto presto - ha detto il tecnico negli spogliatoi di Udine -. Lunedì, o al più tardi martedì, mi incontrerò con Baraldi". Ancora qualche giorno di attesa, dunque, e il mistero sarà svelato. Un mistero che per la società non esiste: Mancini resterà sulla panchina biancoceleste. Il d.g. Luca Baraldi lo ha annunciato giovedì e lo ha ripetuto ieri sera alla "Domenica Sportiva". Analoga affermazione ha fatto a Udine il presidente Ugo Longo: "Il caso non esiste, Mancini resta con noi". Ma il diretto interessato continua a prender tempo. "Baraldi ha detto che resterò alla Lazio per altri cinque anni? Ha fatto bene...", ha detto in proposito. Una battuta per sdrammatizzare la situazione, ma anche per non cambiare i suoi programmi. Aveva detto che di futuro si sarebbe parlato solo a campionato finito. E così sarà.

Ufficialmente Mancini temporeggia perché devono essere ancora definiti i programmi relativi alla prossima stagione. Il futuro societario della Lazio è ormai garantito grazie alle ultime brillanti operazioni del management (venerdì prossimo il c.d.a. del club darà il via all'aumento di capitale che spianerà la strada all'arrivo dei nuovi proprietari: Merloni, Ligresti e Ricucci). Ma non ancora del tutto chiara è la consistenza tecnica della Lazio che uscirà dal prossimo mercato. Di questo dovranno parlare Mancini e Baraldi nell'incontro previsto per domani, ma che potrebbe slittare a martedì. La società è sicura di poter offrire a Mancini sufficienti garanzie e, forte di tale certezza, non dubita sulla prosecuzione del rapporto (il contratto quinquennale a 2 milioni netti a stagione è in effetti già pronto). Ma il nodo della questione-Mancini è un altro. Dire sì alla Lazio significa, infatti, anche rinunciare (almeno per un po') alla panchina dell'Inter. Al di là delle smentite ufficiali, l'ipotesi nerazzurra è sempre in piedi per l'ex numero 10. Un'ipotesi che diventerebbe qualcosa di molto più concreto nel caso in cui Moratti dovesse rinunciare a Cuper (e anche questo si saprà nelle prossime ore). E allora i tentennamenti di Mancini, quel voler rinviare l'annuncio che la sua società ha già dato, si arricchisce di altri elementi. Allenare l'Inter, ma soprattutto poter lavorare con Massimo Moratti, sarebbe il massimo dal punto di vista professionale. Rinunciarci sarebbe doloroso (la contestazione espressa nei suoi confronti ieri dal popolo interista non lo preoccupa: "Non sono cose che mi riguardano, perché io alleno la Lazio"), anche se lo sarebbe forse ancora di più staccarsi da quella Lazio con la quale ha un legame davvero unico. Pensieri che tormenteranno il Mancio nelle prossime ore. Meglio, dunque, godersi ancora per un po' la fantastica stagione appena finita. "Alla Lazio do un 8 in pagella. Avremmo potuto fare di più, ma per come eravamo partiti siamo stati straordinari".