Sarri Maurizio

Da LazioWiki.

Maurizio Sarri

Allenatore, nato a Napoli il 10 gennaio 1959 in quanto suo padre, toscano, era operaio in quel periodo nelle acciaierie Italsider di Bagnoli. Detto il "Comandante".

Dopo un ulteriore trasferimento lavorativo del genitore, visse in provincia di Bergamo, nella cittadina di Castro, e poi a Faella, in provincia di Arezzo, dove suo padre Amerigo lavorò come gruista. Questi fece tanti sacrifici per il bene della famiglia, permettendo allo stesso Maurizio di studiare e di poter avere un percorso professionale in ambito bancario. Maurizio era di idee politiche rivolte a sinistra e su questa scelta probabilmente influì il fatto che suo zio Goffredo era stato partigiano durante la Resistenza. Amerigo era un appassionato di ciclismo e a lungo coltivò il sogno di vedere suo figlio gareggiare sulle due ruote. Tuttavia, da sempre, Maurizio coltivava una straordinaria passione per il calcio che lo portò prima a diventare un buon difensore in squadre dilettanti e quindi, anche in seguito ad alcuni infortuni patiti, un tecnico capace di allenare e soprattutto vincere in tutte le varie categorie previste in Italia. La svolta della sua carriera avvenne nel 1999, quando decise di lasciare il lavoro alla Banca Toscana, che lo aveva portato anche a rivestire ruoli importanti in diversi paesi europei, per dedicarsi a tempo pieno al calcio. La sua scelta di lasciare una professione sicura quando ancora non era riuscito ad avere successo nel calcio, è stata certamente rischiosa, ma gli ha permesso di ottenere un riscontro straordinario grazie all’enorme passione e alla grande professionalità che lo ha sempre contraddistinto. Il suo primo club da allenatore è stato lo Stia nella stagione 1990/91 in Seconda Categoria. In sequenza guidò poi Faellese, Cavriglia, Antella, Valdarno, Tegoleto, Sansovino, che in tre stagioni guidò dall'Eccellenza alla promozione in Serie C2, vincendo play-off e Coppa Italia Serie D nella stagione 2002/03 e Sangiovannese. Successivamente si ebbe il passaggio a squadre professionistiche come Pescara (2005/06), Arezzo, dove prese il posto dell'esonerato Conte, Avellino, in cui ebbe una breve e deludente esperienza, Verona, Perugia, Grosseto, Alessandria, Sorrento, Empoli, con cui ottenne la promozione in serie A.

Il salto di qualità decisivo si ebbe nel 2015 con il suo ingaggio da parte del Napoli che aveva esonerato il tecnico Benitez. Nei suoi tre anni di permanenza nella società partenopea, caratterizzati da un gioco frutto di un sistema di allenamento settimanale quasi maniacale che prevedeva l'esercitazione continua di tutte le varie situazioni che potessero emergere in campo, ottenne la stima dei massimi critici e tecnici del football. Sarri si era diplomato presso il Centro Tecnico di Coverciano nel 2006 con una tesi dal titolo "La preparazione settimanale della partita". Esordì in campionato il 23 agosto 2015 con una sconfitta in trasferta con il Sassuolo. A metà settembre guidò per la prima volta una squadra nelle coppe europee. Il Napoli sconfisse per 5-0 il Club Bruges in un match di Europa League. Il 20 settembre, ottenne la sua prima vittoria in campionato, surclassando al San Paolo la Lazio con il punteggio di 5-0. Da questo momento gli azzurri inanellarono una serie di vittorie di grande spessore. Il 10 dicembre 2015 ottenne la sesta vittoria su sei partite in Europa League con i record di punti (18 su 18) nella fase a gironi, di gol fatti (22 in 6 partite) e subiti (3 in 6 partite). Nel gennaio 2016, superando in trasferta il Frosinone, i partenopei divennero Campioni d'Inverno con 41 punti in 19 partite. La prima stagione si chiuse con il secondo posto in campionato e la susseguente qualificazione diretta in Champions League. Nel campionato il Napoli aveva conquistato 82 punti e 25 vittorie con record di gol fatti e subiti. Nella stagione successiva la squadra azzurra finì al terzo posto in classifica ed ebbe accesso alla Champions League tramite la vittoria dei preliminari. In campionato segnò 86 reti e ottenne 26 vittorie. Al terzo anno sulla panchina, il suo Napoli finì di nuovo al secondo posto in classifica con relativa qualificazione diretta in Champions League. In questa stagione migliorò ancora il record di punti, 91, quello delle vittorie, 28, e quello del minor numero di reti subite, 29. Nonostante i brillanti risultati conseguiti, il 23 maggio 2018, per motivi non del tutto chiariti, le strade di Sarri e del Napoli si separarono.

Intanto, lo studiatissimo modo di allenare di Sarri, basato, come già accennato, sul controllo meticoloso di ogni zona del campo, con quattro difensori schierati alti a centrocampo che non debbono fare riferimento all'uomo ma al pallone, l'esasperazione del gioco a zona e la rigida osservanza di ogni procedura tecnica e tattica nelle diverse fasi del match, avevano dato origine al termine "Sarrismo", con il quale si viene a definire il suo particolare modo di giocare al calcio. Dopo l'esperienza di Napoli per Sarri arrivò la proposta del Chelsea. Nella Premier la squadra londinese giunse terza in classifica. Perse la Coppa di Lega in finale ai rigori contro il Manchester City di Pep Guardiola, dopo essere uscita agli ottavi nella FA Cup per mano del Manchester United. Si riscattò, tuttavia, il 29 maggio 2019, quando battendo l'Arsenal per 4-1 in finale, vinse la UEFA Europa League. Sarri, nel giugno 2019, annunciò la rescissione del contratto con il Chelsea e si accordò con la Juventus per guidare la squadra torinese nella stagione 2019/20. Il campionato non cominciò nel migliore dei modi: Sarri fu colpito da una forte polmonite e non gli fu possibile svolgere il ritiro precampionato insieme alla squadra. Tornò in panchina alla terza giornata. In una stagione resa complicata dall'epidemia di Covid 19, Sarri portò la Juventus a vincere lo scudetto 2019/20 con due giornate d'anticipo. Tuttavia, i negativi risultati fatti registrare dalla squadra bianconera negli altri tornei (sconfitta con la Lazio per 3 a 1 nella Supercoppa Italiana, con il Napoli nella finale di Coppa Italia ai calci di rigore e con l'Olympique Lyonnnais negli ottavi di finale della Champions League), portarono la dirigenza della Juventus a sollevare dall'incarico l'allenatore toscano.

Il 9 giugno 2021, dopo una lunga ed estenuante trattativa, è ingaggiato dalla Lazio per due anni. Viene presentato ufficialmente dalla Società il 9 luglio 2021. Nel giugno del 2022 rinnova il suo contratto sino al 2025. La prima annata non è esente da difficoltà e momenti delicati, ma il tecnico riesce comunque a condurre la squadra al quinto posto, garantendosi la partecipazione all'edizione successiva dell'Europa League. Dopo un buon inizio, la Lazio fatica a metabolizzare i dettami di Sarri, perdendo terreno in classifica sino al termine del girone d'andata. Dopo la sosta, tuttavia, il rendimento della squadra migliora nettamente e la Lazio chiude in maniera convincente la stagione. L'annata successiva di Maurizio sulla panchina della Lazio è eccezionale, per quanto riguarda il campionato, mentre difficoltoso è di nuovo il cammino nelle coppe nazionali ed europee. Poco male. Grazie a una seconda parte di stagione di alto livello, la Lazio vola sino al secondo posto in classifica, centrando la qualificazione alla Champions League. Sarri ha instaurato un forte legame con tutti i tifosi biancocelesti, sentendosi a suo agio nella lazialità.
Forte di un lungo contratto, e della disponibilità manifestata a più riprese di concludere la sua carriera a Roma, le premesse per una duratura storia d'amore sembrano esserci tutte. Eppure qualcosa s'inceppa, nel rapporto tra Maurizio e la squadra. Nell'anno del ritorno in Champions, che la Lazio onora sino agli ottavi di finali contro il Bayern Monaco, sono i risultati in campionato a lasciare perplessi. Il gruppo fatica a ripetere le prestazioni del torneo passato. Alcuni singoli sembrano irriconoscibili. In un contesto fattosi improvvisamente molto difficile, con la Lazio a ridosso del centro classifica e il tifo in fermento, Sarri decide di dimettersi dalla guida dei biancocelesti, rinunciando al compenso pattuito per la stagione seguente. Si vocifera si sia sentito tradito da alcuni dei suoi ragazzi. Per mezzo di un comunicato ufficiale, il 13 marzo viene sancita la separazione con il tecnico di Figline.
La verità tuttavia emerge col passare dei giorni. Essendosi reso conto di non riuscire più a incidere, per permettere al gruppo di trovare nuovi stimoli e terminare al meglio la stagione, Maurizio si è fatto semplicemente da parte, anteponendo gli interessi della Società ai suoi personali.

Sito ufficiale di Maurizio Sarri


Un articolo di Tonino Bucci che bene dipinge il personaggio Sarri


I laziali lo hanno riconosciuto dal primo momento come uno di loro. Un nome pesante, un personaggio partito dal basso e arrivato lassù, nel firmamento del calcio che conta, che però non ha cancellato le origini. Maurizio Sarri, prima ancora di iniziare, appartiene già di diritto alla storia del club, insieme ai Maestrelli, ai Chinaglia, ai Fiorini. Umili e trascinatori, battaglieri, eroi miti e ruvidi, nel bene e nel male, all’insegna di un calcio fatto di sudore e passione. Un nome – una "suggestione" – accostato alla panchina della Lazio solo poco più d’una settimana fa. Da allora, giorno per giorno, ora dopo ora, minuto per minuto, i tifosi biancocelesti hanno invaso il web e i social. Scaramantici, come chi è abituato a vivere nella propria città sempre sulle barricate, ma fragili al sogno. Tutti lì, a sperare e disperare insieme, a rincorrere le voci, le indiscrezioni, le false piste dei cronisti sportivi, sulla scia di improbabili account twitter e sedicenti guru del calcio mercato. A pendere dalle virgole e dai punti, a commentare post e commenti, tra un’esegesi e l’altra. E’ una piccola via crucis nell’attesa del comunicato ufficiale, una settimana o poco più, ma intensa, estenuante. I forum scottano, traboccano, fanno da camera di compensazione 24 ore su 24, notte inclusa. Ci si consola e conforta, trascinandosi sottobraccio, ripetendo "è fatta, manca solo la firma", ma temendo il peggio. C’è chi non vuole crederci, chi aspetterà l’ufficialità e anche oltre. La paura della brusca frenata e del duro ritorno alla realtà è sempre dietro l’angolo. I laziali ricordano Bielsa, Giroud e il caso David Silva, tutti sfumati all’ultimo e dopo averci creduto. Stavolta non è stata così. Anche il più atavico dei tifosi, di fronte al nome di Maurizio Sarri – prima bisbigliato, infine urlato – ha dovuto scrollarsi di dosso i cliché avvelenati di una narrazione mefitica. L’increspatura è cresciuta, poi è diventata un’onda e alla fine ha travolto schemi e fisime del tifo biancoceleste. Ha sotterrato pessimismi ancestrali, riti scaramantici, persino gli scetticismi sulla gestione di Lotito, additato a eterna macchietta sulla stampa nazionale. Sarri arriva non come un qualsiasi allenatore. Con sé porta uno stile, un modo di vivere lo sport, un’etica – una filosofia addirittura, come da più parti si legge. Di gioco, innanzitutto. 4-3-3 o 4-3-1-2 per gli esperti di moduli. Il calcio sarriano è divertimento, offensività, gioco di prima, verticalità e niente paura, solo rispetto per l’avversario. Soprattutto, motivazione, fiducia nei propri mezzi. Il sarrismo è oramai un neologismo riconosciuto anche dalla Treccani: «concezione del gioco del calcio fondata sulla velocità e la propensione offensiva», ma anche «modo diretto e poco diplomatico di parlare e di comportarsi». Le sue squadre giocano senza remore, una rete fitta e rapida di tocchi, fosse anche nella propria area di difesa e sotto il fuoco del pressing avversario. «Mi piacerebbe vedere undici facce di cazzo che palleggiano sulla faccia del Manchester City», disse ai tempi del Napoli, alla vigilia di una delicata partita di Champions. Questo è il Comandante. Lo chiamano così per i suoi principi e per il modo di applicarli, ma anche perché piace giocare con il personaggio e farne un’icona alla Che Guevara. Anticonformista lo è di sicuro e non si dà cura di nasconderlo. «Sono uno diretto a cui piace dire le cose in faccia e a cui piace che gli vengano dette le cose in faccia». Il politicamente corretto non gli appartiene, ne sanno qualcosa i giornalisti che hanno avuto a che fare con lui nelle conferenze stampa. Anche il look è ribelle ai canoni, tuta e barba rasata male, né giacca né cravatta, l’immancabile sigaretta a pendere dalle labbra. Sul proprio account la Lazio ha dato l’annuncio ufficiale della firma con l’emoticon di una sigaretta. Le tabaccherie faranno affari d’oro. E guarda caso le sue iniziali coincidono con una nota marca di sigarette. Ma non sono quelle che fuma, pare. Sarri ha allenato anche squadre dell’establishment, la Juventus e il Chelsea, e con loro ha fatto quel che doveva, ha vinto uno scudetto e un’Europa League. Ha scalato l’élite del calcio ed è entrato a farne parte. In quegli ambienti è stato acclamato e criticato. Ma il suo mondo è un altro. Il curriculum vitae registra una carriera di calciatore nei tornei dilettanti, poi un lavoro da impiegato di banca, per approdare solo dopo nelle vesti di allenatore. Parte dal basso, con lo Stia, nei campionati d’eccellenza. La stoffa c’è. Passa alla Sansovino e alla Sangiovannese, arriva in serie C, e finalmente con il Pescara esordisce nella B. Da quei campi di provincia Sarri porta con sé la voglia di riscatto, l’ambizione, la terra sotto le scarpe. La consacrazione definitiva arriva con l’Empoli, squadra rivelazione nel campionato di massima serie, stagione 2014/15. La sua formazione gioca un calcio spumeggiante, dà spettacolo e si salva, dopo una partenza disastrosa, con quattro giornate d’anticipo. Spettacolo sì, ma non quello senz’anima da Superlega che i top club – dopo essersi indebitati – vorrebbero organizzarsi a porte chiuse, lasciando fuori tutti gli altri di serie inferiore. La filosofia del sarrismo è l’antitesi del calcio globalizzato in full-hd, giocato da star dello schermo. I suoi screzi con Ronaldo, ai tempi della Juve, sono storia nota. Sarrismo è la bellezza del 4-3-3, ma senza i dogmatismi del suo antesignano Sacchi. Una bellezza efficace, propter hoc rivoluzionaria. Sarri guida e dirige come un direttore d’orchestra. Il movimento delle sue squadre sembra caos, invece è ordine. I suoi calciatori corrono come elastici che si allungano e s’accorciano. Sul terreno, disegnate, sembra di vedere linee e rombi, e si sente persino un ticchettio di meccanismo sincrono. Il suo Napoli era un tributo di bellezza. "Credo che diciotto persone possano fare un colpo di stato e prendere il potere". Comandante, non per caso. Figlio di un operaio toscano emigrato a sud, verso l’Italsider di Napoli, pare che Sarri sia uomo di sinistra, di una sinistra che non c’è più. Un comunista, addirittura, qualcuno sostiene. Il nonno era un partigiano. "Se si candidasse, voterei Landini", ha confessato una volta. Un’aria antica che pare ancora di cogliere nel calcio delle sue squadre, tatticamente moderno, ma con quel retrogusto proletario di terra e sudore. Qualcuno era inevitabile non resistesse alle battute sull’allenatore comunista alla guida della Lazio. Ma, fuori di goliardia, se si getta uno sguardo ai social, l’inflazione di fotomontaggi di Sarri in versione Che Guevara fa capire che i laziali apprezzano questa narrazione. Vale anche il contrario. Per Sarri la Lazio è l’occasione di tornare sul campo per mettersi nuovamente in gioco dopo essere uscito, forse anche nauseato, dai salotti buoni del pallone. E i tifosi esultano per il ritorno di questa icona visionaria e, perché no?, anche un po’ "proletaria" del calcio. Fatevi un giro sul web e vedrete l’immagine di Sarri anche nella veste di un Lenin alla guida degli oppressi, in una moltitudine di bandiere biancazzurre, e persino in classica posa iconografica in compagnia di Marx, Engels e Stalin. Tacciono al momento le sigle della curva – o di quel che ne resta dopo la pandemia e la chiusura degli stadi – ma è un riflesso autoreferenziale. Lasciamo ad altre sedi ragionamenti più seri e approfonditi. Ma non sarebbe male metter fine a un corto circuito mediatico che ha schiacciato un’intera comunità – composita come lo sono tutte le comunità – sulla narrazione dei gruppi neofascisti che, indisturbati, hanno preso il controllo delle curve. Sarri alla Lazio significa anche questo: un simbolo di appartenenza e di riscatto per un popolo controcorrente e ostinato, antico e geloso dei suoi natali, unica tra tutte le altre tifoserie a dover rispondere in blocco di pregiudizi e stereotipi che sono ovunque, negli stadi e fuori degli stadi. "Io che vengo dal fango dei campetti provinciali / gli stadi semivuoti calcati da criminali / dal calcio del pueblo al calcio dei signori / giornali e televisioni come calci nei coglioni", cantava di lui ai tempi del Napoli un giovane rapper partenopeo. Sarri l’antipatico, il fumatore incallito, il trasandato in tuta. Chissà che non abbia anche qualche difetto.





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