12 maggio 2014 - "Di padre in figlio" - Quarantennale scudetto 1973/74 p. 2

Da LazioWiki.

Stagione

Il 12 maggio 2014 ricorre il quarantennale della gara Lazio-Foggia 1-0 nella quale la S.S. Lazio Calcio conquista aritmeticamente il suo primo scudetto. Per la particolare occasione viene organizzata una manifestazione tenutasi allo stadio Olimpico che ha visto un'enorme partecipazione di pubblico. In questa e nelle successive pagine proposte, LazioWiki ripropone per i propri lettori gli eventi connessi a questa giornata di festa per tutti i tifosi biancocelesti.


Un'immagine inerente l'evento
Le storiche maglie delle tre formazioni biancocelesti che si sfideranno nel triangolare
Corrsport del 07/03/2014
Corrsport del 03/04/2014
Il biglietto (alto) dell'evento
Il biglietto (basso) dell'evento

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Le fotografie della manifestazione


Rassegna Stampa[modifica | modifica sorgente]

3 maggio 2014

Dal Corriere dello Sport:

Arriva l’Amarcord e scoppierà la felicità.

I detrattori, soprattutto sull’altra sponda, l’hanno già definito un tentativo velleitario e un po' fané, come se gli organizzatori Wilson e Oddi intendessero mutuare qualcosa dell’"Amarcord" felliniano e del "Sabato del villaggio" di Leopardi in questa maxi rimpatriata biancoceleste del 12 maggio. Per la verità "Di padre in figlio" ha un appeal semplicemente laziale, cioè in grado di riflettere appieno il bene e il male mescolati dentro 114 anni di memorabili chiaroscuri. E’ un evento fuori target, distante dalla globalizzazione del football, ma porterà sugli spalti all’incirca 60mila spettatori, nemmeno fosse la cornice della prossima finale di Champions League. E, qualora il lettore ritenesse osè il raffronto di cui sopra, basterebbe puntualizzare che il quarantennale de ‘noantri vanterà quindicimila presenze in più rispetto all’ultimo derby. Si tratta d’una plusvalenza scandita da cuori che non invecchiano mai, quanto mai decisi ad inventarsi l’apoteosi il più possibile somigliante alla festa scudetto di otto lustri fa, sempre rappresentata nelle ingiallite immagini di repertorio dal penalty-Chinaglia alle spalle del foggiano Trentini. Rieccola, la squadra che fu e che non ha mai smesso di esistere nel nostro immaginario: per noi la più forte e amabile d’ogni tempo, di certo irripetibile negli slanci e negli abbandoni fra brividi di follia e impennate d’orgoglio vincente. Rieccola, da Pulici a D’Amico, e con altri protagonisti d’allora un po’ invecchiati e un po’ imbolsiti, per resuscitare chissà quanto durevolmente la lazialità sbiadita di cui si lamentano le giovani generazioni, ascoltando storie che sembrano favole e viceversa. Lo sappiamo: il "Libera la Lazio" che ha svuotato in particolar modo la curva Nord non pare avere scadenze vicine. E’ una sfida e insieme una minaccia per Lazio futura, il suo rilancio, i programmi, le ambizioni.

Poi, volendo pensare al "tiranno" Lotito in maniera meno ispida viene in mente il "Libera nos a malo" di Ligabue, cantautore che ha spesso privilegiato i gregari, non solo mediani, che grazie alla determinazione e al coraggio possono un giorno diventare campioni. Come quel gruppo trascinato da Wilson, Frustalupi e Long John, senza dimenticare le cure di Renato Ziaco, la bonomia di Umberto Lenzini, il buon senso dell’allenatore Tommaso Maestrelli. Fra poco cambieranno scene e inquadrature nelle rievocazioni cominciate quasi per gioco, fra pochi intimi: quattro, cinque campioni d’Italia 1973/74 al bar, quindi al ristorante con un maggior numero d’adepti, quindi l’anno scorso al teatro Sistina gremito da un pubblico voglioso di rammentare. Qui si sfiorerà il kolossal dentro e fuori l’Olimpico, sugli spalti e sul campo. Aderiranno tre generazioni di dirigenti, allenatori e calciatori più o meno indimenticabili: quelli dell’epopea, quelli del meno nove, quelli del 2000. E non mancherà, almeno vogliamo augurarcelo, qualche contemporaneo tipo Radu, Ledesma e Keita, con il sottinteso compito di fare da anello di congiunzione tra i furori passati e lo sbiadito presente che c’è toccato in sorte. L’idea, ispirata da un casuale striscione proposto dal tifo ultrà qualche mese fa, è suggestiva con buona pace dei tifosi romanisti e della stessa società di Formello, non coinvolta nella stesura del programma dopo qualche pour parler d’avvio. Non a caso ha raccolto immediati entusiasmi culminati in un’adesione impronosticabile proprio quando la contestazione sta riducendo il club ad avere mediamente il pubblico inferiore ai 6.840 paganti di Latina-Palermo. Meditate gente, prima di mostrare che la Lazio non si possa amare.


8 maggio 2014

Dal Corriere dello Sport:

Una festa senza divisioni. Wilson: "Tutti intorno alla Lazio. E noi del ’74 diciamo grazie a chi ha salvato la società".

Sono la Lazio, gli alfieri di Maestrelli, gli eroi in cui si riconosce da quarant’anni il popolo biancoceleste. Lunedì porteranno all’Olimpico sessantamila tifosi o forse di più e un’incontenibile, struggente emozione senza fine. Una festa vera, la leggenda da riabbracciare e toccare con mano, qualcosa di straordinario perché viene dal cuore e dalla gente, non ci saranno steccati, sembrerà di tornare a Tor di Quinto, quando il Maestro organizzava la partitella e il venerdì si presentavano in duemila ad applaudire Chinaglia, Re Cecconi, Frustalupi e tutti gli altri. Per l’occasione, almeno per un paio di minuti, persino Felice Pulici tornerà tra i pali. Wilson e Oddi, come sempre, comanderanno la difesa. E davanti tenteranno una serpentina D’Amico e Garlaschelli, magari provando il cross per Giorgio Junior, il figlio di Long John, che indosserà il numero 9 in attesa di essere sostituito da Bruno Giordano. Per una decina di minuti proveranno a reggere il confronto con la Lazio dei meno 9 guidata da Poli, Piscedda, Caso e con Fascetti in panchina. "Li minacceremo... Ci devono far vincere per forza" ha raccontato scherzando Giancarlo Oddi, uno dei campioni del ’74 ancora in forma dal punto di vista atletico. "Invito tutti i tifosi a portare una bandiera" ha aggiunto Pino Wilson, ricordando come era imbandierato l’Olimpico il 12 maggio 1974, quando la Lazio vinceva il suo primo scudetto e diventava leggenda.

La festa cade, a un solo anno di distanza dal trionfo nel derby di Coppa Italia, con il picco di contestazione alla Lazio di Lotito, primo nei bilanci e ultimo negli indici di popolarità. Gli organizzatori della festa, intitolata "Di Padre in figlio" hanno voluto allora lanciare un messaggio di distensione, tendendo la mano alla Lazio di oggi, invitata al gran completo lunedì. Sono stati promessi tre giocatori (Keita, Ledesma, Radu) ma non è escluso che ce ne siano anche altri. Bello il messaggio veicolato attraverso un comunicato da Wilson e Oddi, che da mesi stanno lavorando all’organizzazione dell’evento. "Di Padre in figlio deve essere la festa di tutto il mondo Lazio, ed il ricordo dello scudetto del 1974 deve servire a riunire tutte le componenti del mondo biancoceleste: la tifoseria, la società, la squadra del nostro cuore. Lunedì si festeggeranno i padri ed i figli: i nostri figli sono i giocatori di oggi, nati dopo le crisi ed il salvataggio della società e della prima squadra della Capitale. E’ grazie a questo che oggi possiamo festeggiare i successi del 1974, quelli che sono venuti dopo, e programmare quelli che verranno. Il 12 maggio saremo tutti uniti attorno alla Lazio senza divisioni, senza contestazioni, impegnandoci a sostenere la squadra negli sforzi che ha compiuto, che sta compiendo e che compirà. Saranno presenti assieme a noi, protagonisti della vittoriosa cavalcata del ’74, anche il memorabile gruppo dei meno 9 e della salvezza agli spareggi, assieme ai campioni che nel 2000 ci regalarono lo scudetto del centenario, nonché alcuni giocatori della rosa attuale della S.S. Lazio calcio cui va la nostra gratitudine per aver consentito la partecipazione. Che il 12 maggio sia la festa della Lazialità come la pensarono i nostri fondatori: concordia parvae res crescunt".

Il fermento è crescente. Ai campioni del ’74 e della Lazio di Fascetti si aggiungeranno gli scudettati del Duemila. Mancini ha garantito la sua presenza come Nesta, Pancaro, Favalli, Marchegiani, Sergio Conceicao, Boksic. E’ ancora in dubbio Veron. Non ha risposto Di Canio. Non riuscirà a venire Simeone, impegnato con l’Atletico Madrid. Impossibile portare Gascoigne. Ma ci saranno Ruben Sosa, Morrone, Signori e tanti altri ancora. Il prologo con la Polisportiva, il lancio dei paracadutisti e il giro d’onore della Lazio del ’74. Poi tre partite da mezz’ora. Diretta televisiva dalle 20,30 e sino alle 23 su Rai Sport 1. Una serata fantastica. Una notte d’altri tempi.


9 maggio 2014

Dal Corriere dello Sport:

D’Amico: Così nacque la mia Lazio ’74".

Vincenzo D’Amico era l’artista, il bambino ribelle della Lazio, lanciato da Maestrelli nella stagione dello scudetto ’74, quando era già nel giro della nazionale under 21 e venne convocato per il ritiro di Pievepelago dopo un anno di stop per un grave infortunio al ginocchio. Non aveva ancora esordito in serie A, diventò in fretta il fantasista di uno squadrone dall’attacco atomico. Chinaglia era il trascinatore, Garlaschelli l’ala imprendibile, D’Amico il genietto. Lunedì indosserà la maglia numero 10 e si emozionerà. Lunedì c’è la festa per lo scudetto della Lazio, ci sarà anche Vincenzo D’Amico. "Sembra l’esordio. Uguale. Da quando Pino me l’ha detto, si è creata un’attesa enorme. Quando è uscita l’idea, pensavo a un evento di un certo rilievo, ma non con 60 mila spettatori. Pino ha fatto veramente un grande lavoro, a parte la voglia che abbiamo noi e la gente. Tutto elevato alla massima potenza. Non me l’aspettavo così. Sono immensamente felice, a 40 anni dallo scudetto partecipare a una festa così, è una roba impensasile. E’ stato il primo titolo italiano della Lazio. Alla Juve, all’Inter, al Milan mai si arriverà a festeggiare uno scudetto, perché ne hanno vinti a chili. Per noi è quello lo scudetto. Quello del Duemila ha un valore immenso, ma il primo 74 anni dopo la nascita rimane nella storia della società".

Un successo di pubblico straordinario. Com’è possibile? "La Coppa Italia ha fatto sessantamila spettatori. E’ un avvenimento eccezionale. Si tiene in media con i grandissimi eventi. Tipo Lazio-Roma di Coppa Italia, invece questa è un’esibizione tra vecchie glorie e pesantissime glorie. Ci si aspettava un po’ meno. Conta molto la voglia di Lazio che si ha in questo momento e non si ha per l’attuale per tanti motivi. Ancora di più, adesso il tifoso laziale si sfoga e si è tuffato su questa festa, non ha altri modi per dimostrare il proprio amore alla squadra". E’ pronto per scendere in campo? "Il problema è la maglia... Pino mi vede spesso, sa come sono, credo abbia provveduto, mettendo un paio di XL sulla targhetta. In qualunque caso, entrerò in campo. L’unico problema è che la testa vorrebbe fare e non credo le gambe risponderanno. Ho sempre giocato per divertirmi e divertire la gente, ora sono senza la forza sufficiente. Io di testa sono un pischello, la mia vita lo dimostra. Ma fisicamente non sono pronto, sto diventando vecchio".

Domenica andrà in ritiro? "A cena minestrone di verdura e petto di pollo. Poi il problema sarà arrivare alla sera dopo. Tutti in ritiro? Io me lo sarei aspettato. Sarebbe stato l’apoteosi. Non so se ci ha pensato Pino". Qual è la prima immagine a cui pensa se diciamo 12 maggio 1974? "Mi viene in mente lo stadio come se fosse adesso. Sino all’ingresso in campo l’attesa era stata come le altre. A 19 anni non avevo la cognizione, mi sembrava scontato giocare per lo scudetto, pensavo sarebbe risuccesso nelle stagioni successive. Vedere l’Olimpico imbandierato in quel modo fu un’emozione indescrivibile". Cosa ha rappresentato Maestrelli per D’Amico? "Maestrelli è stato una cosa che all’inizio non avevo capito. Mi controllava i soldi, non me li faceva prendere, perché aveva paura che li spendessi. Mi toglieva la patente perché temeva guidassi. Guarda questo, pensavo, mi tratta da deficiente e ce l’avevo un po’ con lui. Pensavo di essere abbastanza grande. Quando poi cominci a capire, rifletti e diventi adulto, dici che ha fatto bene. Se a fine anno mi trovavo dei soldi in tasca, lo dovevo a lui, perché al 99% forse me li sarei sparati tutti durante l’anno. Maestrelli ha saputo gestirmi, anche se in quel momento pensavo mi stesse togliendo qualcosa".

Qual è stata la partita di quel campionato che ricorda con maggior piacere? "Potrei dirne diverse. L’esordio vero con la Samp, entrando a dieci minuti dalla fine sullo 0-0, prima del gol decisivo di Wilson. E poi la prima da titolare con l’Inter, mi marcava Oriali, che avevo conosciuto con la Nazionale Juniores. Penso al mio primo gol in serie A contro il Bologna, sfruttando un colpo di tacco di Giorgio. Nel mio primo derby con la Roma mi feci male per una gomitata di Negrisolo e nell’intervallo venni sostituito. Aspettavo così tanto il derby di ritorno che lo affrontai con una rabbia incredibile, segnai il gol del pareggio".

Qual è stato il segreto della Lazio? "Tommaso Maestrelli, non ci sono dubbi. Senza di lui, quella squadra non avrebbe mai vinto. Tutto a cascata. Lenzini era il presidente e si era affidato a Sbardella, che a sua volta scelse Maestrelli. Antonio fece una grande campagna acquisti dopo la promozione in serie A. Nessuno al mondo avrebbe immaginato che quella squadra potesse arrivare terza da neopromossa. L’anno successivo, con due ritocchi, fu scudetto. Ora si scrivono libri sulla Lazio del ’74. Vuol dire che eravamo una squadra particolare, diversa dalle altre, talmente diversa che solo Maestrelli poteva gestirla, con la sua grandissima pazienza e la sua grandissima intelligenza. A tutti dava i contentini. Giorgio è passato per uno che voleva decidere, incidere sulla formazione. In realtà decideva tutto Maestrelli e gli lasciava credere di averlo ascoltato".

Pulici, Petrelli, Oddi, Wilson, Martini, Nanni, D’Amico, Re Cecconi jr, Inselvini, Facco, Manservisi. Cosa penserete ritrovandovi in maglia e calzoncini sul prato dell’Olimpico? "Sarà un’emozione mai provata, neppure da giocatore. Sto in ansia vera. Entra allo stadio. Spogliati. La formazione. I compagni. Quelli che non ci sono più. I figli di chi non c’è più. Stefano Re Cecconi, Giorgino Chinaglia, mi auguro ci possa essere Niccolò Frustalupi. Degli 11 l’unico insostituibile era Frustalupi. Chinaglia è stato Chinaglia. Senza Mario non saremmo arrivati allo scudetto. Fu una brillante intuizione di Sbardella, che lo acquistò vendendo Massa. Nel ‘73 era considerato finito e invece giocò per altri 10 anni. Sarò felice di vedere e abbracciare suo figlio".


Mihajlovic e Stankovic: presenti.

Sessantamila spettatori, non ci sono più biglietti, l’Olimpico è esaurito. Fervono i preparativi, ieri si sono aggiunte le adesioni di Mihajlovic e Stankovic. Campioni d’Italia del 2000 quasi al completo: Marchegiani, Orsi, Negro, Favalli, Pancaro, Nesta, Fernando Couto, Sergio Conceicao, Boksic, Mancini, Marcolin, Gottardi. In panchina Rossi, Janich, Pagni e Mari. Rischia di mancare Garlaschelli nella Lazio del ’74 che si schiererà con Pulici, Petrelli, Oddi, Wilson, Martini, Nanni, Re Cecconi junior, D’Amico, Franzoni, Manservisi, Inselvini, Tripodi, Giorgio Chinaglia junior, Facco, Sulfaro: in panchina Massimo Maestrelli, Antonio Sbardella jr, Morrone e Beppe Materazzi. Nella Lazio dei meno 9 guidata da Fascetti ci saranno Bergodi, Gregucci, Caso, Poli, Piscedda, Raimondo Marino, Gabriele Pin. Altri laziali doc interverranno e giocheranno. In ordine sparso Giordano, Di Chiara, Signori, Marini, Dell’Anno, Ruben Sosa, Casiraghi, Corradi, Giannichedda, Oddo, Fiore.


11 maggio 2014

Da La Repubblica:

Lazio, la sera della Storia. All’Olimpico in 60mila per i campioni del ’74.

Unica, attesissima, emozionante. La serata di domani all’Olimpico è destinata a restare nella storia della Lazio: oltre 60mila spettatori per celebrare tutti insieme il mitico scudetto del ‘74. Una festa dal nome significativo: "Di padre in figlio". Un evento eccezionale. Unico, appunto. Come quel gruppo di pazzi scatenati che quarant’anni fa regalò alla Società sportiva Lazio il primo trionfo in campionato della sua storia. Era la squadra di Chinaglia e di Maestrelli, di Wilson e Oddi, di Re Cecconi e D’Amico. Uomini speciali e giocatori di talento, guidati da un allenatore che sapeva capirli e valorizzarli. La Lazio più amata. Quella che più di ogni altra ha consentito la completa identificazione tra tifoso e squadra. Erano (e sono) un tutt’uno, miscelati all’interno del concetto di "lazialità". Sono passati quarant’anni, eppure la passione e la riconoscenza per quegli "eroi" non solo è rimasta intatta, si è addirittura rafforzata. Straordinaria l’affluenza di pubblico, in controtendenza rispetto alla media (circa 10mila spettatori) della Lazio nelle ultime partite di questo campionato. Conseguenza della contestazione nei confronti del presidente di oggi, Claudio Lotito, al quale i tifosi rimproverano proprio una scarsa attenzione alla storia del club più antico della Capitale: "Ma questa giornata non deve essere strumentalizzata — sottolinea Pino Wilson, capitano del ‘74 e organizzatore principale dell’evento di domani — e anzi deve servire a riunire tutte le componenti del mondo biancoceleste: tifoseria, società e squadra del nostro cuore". Un’organizzazione curata nei minimi dettagli: dalle 20.45, sul rettangolo verde si disputerà un triangolare tra la squadra del primo scudetto, quella che ha vinto il secondo nel 2000 e la Lazio di Fascetti del 1987, che nonostante la penalizzazione di 9 punti riuscì a salvarsi agli spareggi dalla retrocessione in serie C. Cragnotti, Mancini, Nesta, Mihajlovic e Stankovic sono solo alcuni dei personaggi che parteciperanno alla rimpatriata, oltre ai "ragazzi" del ‘74, ovvio. Poi Radu, Ledesma e Keita in rappresentanza della Lazio di oggi. In panchina, tra gli altri, Delio Rossi e Beppe Materazzi. E Tony Malco ha composto una nuova, toccante canzone: "Quanta strada Tom", dedicata a Maestrelli, e verrà presentata prima del triangolare. Ci saranno anche i figli di Chinaglia, Re Cecconi, Lovati; verranno ricordati Vincenzo Paparelli e Gabriele Sandri. Una festa da vivere in apnea, tra applausi e brividi: ci si commuoverà, sicuro.


12 maggio 2014

Dalla Gazzetta dello Sport:

Festa primo scudetto: Olimpico in piedi per abbracciare le Lazio più amate.

Che la festa cominci. L’appuntamento è per le 19 all’Olimpico, lo stadio sarà un tripudio di colori biancocelesti come non si vedeva da tempo. C’è da festeggiare il primo, storico scudetto biancoceleste, quello del 1974, di cui proprio oggi cade il quarantesimo anniversario. Quel 12 maggio il successo sul Foggia con un gol di Chinaglia su rigore sancì la conquista di un tricolore unico nella sua genesi, irripetibile per la sua storia. Ci saranno quasi tutti i protagonisti di quel trionfo epico. E ci saranno i loro figli, non a caso la manifestazione si chiama "Di padre in figlio". E così accanto a Pino Wilson e Felice Pulici, a Giancarlo Oddi e Vincenzo D’Amico ci saranno Massimo Maestrelli e Stefano Lovati, Giorgio jr Chinaglia e Stefano Re Cecconi. Tutti in campo, qualcuno con qualche chilo di troppo, tutti con lo stesso spirito che è quello intatto che, quarant’anni fa, li portò a realizzare un’impresa leggendaria. Prima di scendere in campo faranno un giro di campo per ricevere l’ovazione del pubblico dell’Olimpico. Accadrà attorno alle 20.30. Prima, a partire dalle 19, ci sarà la sfilata delle varie sezioni della Polisportiva e poi, attorno alle 20, il lancio dei paracadutisti. Saranno momenti toccanti, di rara intensità. Poi, a cominciare dalle 20.45, ci sarà il triangolare con gare di 35’ l’una che vedrà sfidarsi, oltre alla Lazio scudettata del 1974, quella tricolore del 2000 e quella del 1987 che evitò il baratro della Serie C. Sono, senza alcun dubbio, le tre Lazio più amate della storia, quelle che resteranno scolpite in eterno nella memoria del tifoso laziale. Perché oltre a vincere furono capaci di entrare in empatia con il popolo biancoceleste, l’esatto contrario di quanto accade oggi con la Lazio di Lotito. Ma la serata, almeno negli auspici degli organizzatori, non si trasformerà nell’ennesima puntata della contestazione all’attuale presidente. E poi non è detto che non possa crearsi un legame tra la Lazio attuale e la sua Storia (che sarà stasera rappresentata da molti campioni del 2000, Nesta, Stankovic e Mihajlovic su tutti: a dirigerli in panchina Delio Rossi; presenti anche molti degli eroi dell’87, guidati in panchina da Eugenio Fascetti). Ci sono rumors sempre più insistenti, infatti, che Mihajlovic possa tornare in lizza per la panchina biancoceleste, anche se Reja non è in discussione. E, in ogni caso, a rappresentare la Lazio di oggi ci saranno stasera all’Olimpico Ledesma, Radu e Keita. Sì, sarà una serata indimenticabile.


Dal Corriere dello Sport:

Un’emozione per sessantamila. A 40 anni dallo scudetto l’Olimpico pieno per applaudire i campioni di Maestrelli.

E’ come se Paul McCartney e Ringo Starr decidessero di tornare indietro nel tempo e far rivivere i Beatles per una notte. John Lennon e George Harrison non ci sono più, ma canterebbero con uno stadio intero attraverso il ricordo indelebile di una generazione. Stasera l’Olimpico, a quarant’anni dal 12 maggio 1974, suonerà insieme ai campioni di Tommaso Maestrelli, gli idoli del popolo della Lazio, e ai figli di chi non c’è più: da Giorgio Chinaglia junior a Niccolò Frustalupi, passando per Stefano Re Cecconi e Stefano Lovati, il medico figlio di Bob. Ci saranno tutti, ma proprio tutti, per festeggiare uno scudetto entrato nella storia del calcio italiano e non solo per essere stato il primo del club nato il 9 gennaio 1900 in Piazza della Libertà. L’evento si intitolerà "Di Padre in figlio", perché così si è sempre trasmessa la lazialità, riprendendo lo spunto di un’indovinatissima coreografia ideata e presentata dalla Curva Nord nel derby dell’8 aprile 2013.

L’Olimpico si riempirà, la risposta del pubblico è stata straordinaria e ha sorpreso persino Pino Wilson, il capitano del ‘74, e Giancarlo Oddi, organizzatori principali dell’evento. Sessantamila biglietti venduti e polverizzati da diverse settimane. Cifre da sballo. Numeri su cui riflettere, perché il calcio è sempre stato e continuerà ad essere passione popolare, sentimenti, amore. Quello che la Lazio di Lotito, nonostante i discreti risultati sportivi e un bilancio in ordine, non riesce a trasmettere alla sua gente, al suo popolo, spesso distante negli ultimi dieci anni e oggi in buona parte contrario alla gestione societaria. Così lontano da disertare lo stadio, sempre più vuoto, in un tristissimo finale di campionato. C’è tanta voglia di Lazio, c’è tutto in questa serata di festa a cui Lotito invierà, come suoi rappresentanti, il baby fenomeno Keita, già idolo dell’Olimpico, Ledesma, amatissimo dai tifosi, e Radu, che ha sempre incarnato lo spirito del derby. Lui non si presenterà, non riceverebbe consensi, anche se pochi giorni fa gli organizzatori hanno voluto inviare un messaggio distensivo. «Dovrà essere una festa di tutto il mondo della Lazio e senza divisioni» è stato scritto in un comunicato studiato per evitare equivoci e prendere le distanze dai fremiti di probabilissima contestazione che si insinueranno tra gli applausi per i vecchi campioni, in realtà non tutti concordi nel ringraziare Lotito per l’operazione di salvataggio del club. D’altra parte nello spogliatoio di Tor di Quinto convivevano personalità fortissime e che solo Maestrelli era riuscito a dominare, formando un gruppo indistruttibile.

E’ un evento che riunirà quasi tutta la lazialità perduta. Nesta si è imbarcato ieri da Miami per essere presente. Mancini arriverà da Istanbul, Fernando Couto e Sergio Conceicao dal Portogallo, Boksic dalla Croazia per riunirsi a Pancaro, Favalli, Stankovic, Mihajlovic, Marchegiani e gli altri campioni della Lazio del Duemila. E’ annunciato Sergio Cragnotti, il presidente dell’ultimo scudetto, in tribuna Monte Mario. Sessantamila per una serata da brividi, aperta dalla sfilata della Polisportiva e dal lancio della sezione Paracadutisti sul prato dell’Olimpico. Poi entreranno in scena i campioni del ‘74, accompagnati dai figli e dai rappresentanti della Lazio dei meno 9, altra squadra entrata nel cuore del popolo biancoceleste, guidata ancora in panchina da Eugenio Fascetti. Da Materazzi a Delio Rossi, da Ruben Sosa a Signori e Casiraghi, da Franzoni a Poli, da Giordano a Dell’Anno. Un tuffo nella nostalgia.


"Caro babbo sei speciale" di Massimo Maestrelli

Caro Babbo,
oggi è il 12 maggio e Giancarlo e Pino ricorderanno in una serata ricca di significati una giornata speciale vissuta 40 anni fa. Sì babbo, sono passati già 40 anni, a me sembra siano volati e di quel pomeriggio ricordo ogni attimo. Oggi i 65 mila laziali che saranno all’Olimpico rivivranno quella festa indimenticabile: i padri che c’erano e i figli che l’hanno vissuta nei mille racconti. Il rigore di Giorgio, il campo dell’Olimpico alla fine pieno di gente impazzita di gioia. Questo è il 12 maggio 1974 nell’immaginario collettivo laziale. Io penserò a te. Mio padre circondato da splendide persone calciatori e amici laziali, mio padre che dice no alla Juventus e alla Nazionale per restare alla Lazio. Ricordo la settimana che precedette la partita desiderata una vita, la "tua" partita. I tuoi silenzi ancora più accentuati del solito, ma ricchi di significati. I tuoi sguardi, la tua calma apparente, seppur in cuore pieno di emozioni e tumulti, ma vissuti senza eccessi e all’interno di sani valori che lo sport ti aveva insegnato e per il quale hai dato la tua vita. Quei valori che ti hanno reso indimenticabile per me, e per chi ama lo sport e non solo laziali. Le cose importanti della vita, dicevi, per te erano altre, la salute, la famiglia, gli affetti più cari. Scherzavi su quella strana coincidenza che vedeva il giorno del tuo compleanno (7/10) l’inizio del campionato a Vicenza e quello mio e di Maurizio (19/5) l’ultima giornata, contro il Bologna, anche se tu lo scudetto lo conquistasti contro il Foggia una settimana prima, appunto il 12/5.

Proprio il Foggia, unica nota stonata di quella meravigliosa giornata, ahimè, che ti non ti permise di godere fino in fondo quella gioia mai raggiunta prima. Che strano scherzo ti giocò il destino quel giorno, un disegno quasi beffardo. Gioia intrisa di amarezza, due elementi che ti hanno spesso accompagnato nella tua vita, che ad oggi non riesco a spiegare ma un domani avrò più chiaro. Le stelle avevano già deciso quanto si stava per verificare, tu non hai fatto altro che condurre quel carro, eri tu il predestinato. Un’immagine ce l’ho di quella giornata. Ricordi quando ti chiedemmo il perché, il momento immediatamente successivo al rigore di Giorgio, che sancì per la prima volta lo scudetto su quella gloriosa maglia che ci è entrata nella pelle, di quelle mani che accarezzano i capelli, di quello sguardo rivolto al cielo e di quella calma assoluta in uno stadio impazzito di gioia: tu ci rispondesti che stavi per riavvolgere il film della tua vita, seppur in un momento che ti vedeva in cima al mondo (ma non certo per te). Niente corse, niente scene tipiche di persone che vivono un tale stato d’animo, niente di niente, solo tu e Renato Ziaco, uno vicino all’altro, assaporando solo come pochi intenditori della vita sanno fare, quegli intensi attimi che ti porti per sempre nel cuore. Ma c’è una emozione che resta indelebile nella mio cuore: il momento, qualche minuto dopo il fischio finale di Panzino, lo scatto con Maurizio verso di te negli spogliatoi con il cuore in gola, il tuo raggiante sorriso nel vederci, il disinteressarsi completamente di tutto ciò che in quel momento ti circondava, e quell’abbraccio meraviglioso che ci vide tutti e 3 insieme, attimi che sembravano non finissero mai e che porterò sempre con me insieme ad un pallone della partita.

Babbo, ora posso dirtelo: sono stati i secondi più belli mai vissuti. E la nostra festa quella notte dopo la partita? Erano le 4, a casa con noi c’erano, con parte dei tuoi ragazzi, i tuoi più stretti compagni di viaggio, Renato Ziaco, Gigi Bezzi, Nanni Gilardoni, Enrico Bendoni, Sandro Petrucci e un piatto di pasta preparato da mamma Lina, oggi splendida nonna novantenne. Un semplice piatto di pasta, tanti sorrisi per festeggiare il traguardo professionale per te più prestigioso, che girò per la prima volta il vento calcistico della città, uno scudetto storico per la Lazio e che ha reso ogni laziale orgoglioso e consapevole della forza dei propri colori. Ti hanno raccontato in storie, libri, documentari, articoli, canzoni, rappresentazioni teatrali: un affetto grande che mi è servito per sentirti ancora vicino. Lo sentirò anche all’Olimpico per questa festa tutta laziale. Sarà anche la nostra festa, la festa della nostra famiglia. Ti saranno accanto i tuoi figli e nipoti, Tommaso e Federica, Andrea e Alessio accompagnati dalla mamma Monia (come saprai, anche lei figlia di un allenatore della Lazio), Tommaso e Niccolò. Quando ci hai lasciato avevamo 13 anni, come Tommaso quando perse la mamma Patrizia e Andrea il papà Maurizio, ma credo che questo tu già lo sappia. Oggi, all’età di 50 anni, nonostante il percorso non sia stato facile e a volte mi ha messo a dura prova, mi sento di dirti che siamo una bella famiglia, cresciuta sulla scia dei tuoi principi e valori, seguendo i comportamenti che avevi tracciato chiaramente, seppur nel tuo breve ma proficuo ruolo assai difficile, tranne per te, di genitore. Per ultimo voglio dire che ci manchi e ci sei mancato molto ma che i tuoi nipoti hanno imparato a conoscerti e sono fieri di aver avuto un nonno così e credo ti piacerebbero molto, seppur nelle loro diversità caratteriali. Manchi al popolo laziale che non ti ha mai dimenticato e ce lo dimostra continuamente: babbo, questo è il tuo scudetto più bello. Ti voglio bene.

Massimo


Garlaschelli: "La nostra Lazio, squadra di tutti"

La storia sono loro, la storia siamo noi: "Quella Lazio è stata la squadra di tutti, di un popolo intero". La nostra storia si è compiuta il 12 maggio 1974 e ogni volta sembra quel giorno, un giorno unico, uguale a niente: "Non fu solo una vittoria sportiva, assolutamente no. Se più di sessantamila tifosi saranno all’Olimpico in questo giorno che vale come anniversario, quarant’anni dopo il primo scudetto, qualcosa vorrà dire. Insieme ai miei compagni ci siamo accorti soltanto nel tempo di ciò che avevamo fatto, del legame che ha unito i tifosi al nostro gruppo". Renzo Garlaschelli quel giorno c’era, ma non ci sarà oggi, rimarrà accanto alla sorella, dovrà sottoporsi ad un intervento chirurgico. Renzo, grande assente, ci sarà col cuore all’Olimpico: "Mi dispiace tanto non esserci, sarà una festa bellissima, ma ho un impegno familiare da onorare, devo stare accanto a mia sorella. Mi farò due risate in televisione, vedrò i compagni in campo senza capelli e con un po’ di pancia. Divertitevi, questo dico ai tifosi della Lazio. E speriamo di rivederci presto, sarà per il 50esimo anniversario...".

Il ricordo. Garlaschelli e lo scudetto, Garlaschelli e il quarantennale, Garlaschelli e i gol, quanti ricordi, tutti d’un fiato: "Il primo pensiero è un’immagine, quella dello stadio, uno stadio mai visto. Lo ricordo ancora adesso, la scena è indimenticabile. Le bandiere, i colori, l’attesa, la partita da giocare e vincere, infine la festa. Fu un’emozione unica, incredibile". Quel giorno, il fatidico giorno, sentì tremare le gambe: "Prima di ogni partita metti piede in campo in anticipo, provi i tacchetti, ti concentri, ti prepari, quella volta fu tutto diverso. Le vigilie le affrontavo sempre allo stesso modo, il sabato io riuscivo a dormire, ero abbastanza tranquillo, quella notte no". In campo accaddero tante cose, una lo riguardò e rischiò di penalizzare tutta la Lazio: "Fui espulso, a fine partita si avvicinò Maestrelli e mi disse "ti è andata di l