Michelini Arturo

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Arturo Michelini
"Il Littoriale" del 31 dicembre 1936 annuncia la nomina di Arturo Michelini a presidente del C.S.N. della Federazione Motociclismo

Dirigente. Ragioniere diplomatosi al "Duca degli Abruzzi". Nato a Firenze il 17 febbraio 1909. Deceduto a Roma il 15 giugno 1969. Legato al regime fascista, fu presidente della sezione di Atletica Leggera della Lazio nel 1933. Successivamente fu al vertice del CONI di Roma. Nel dicembre 1936 divenne presidente del C.S.N. della Federazione di Motociclismo, della quale era membro del Direttorio e poi presidente della stessa Federazione.

A parte la sua attività politica svolta durante il Ventennio mussoliniano, Michelini svolse un importante ruolo politico nel dopoguerra, dando vita al M.S.I. La scheda che segue è tratta dalla voce "Arturo Michelini" del Dizionario biografico Treccani.

MICHELINI, Arturo. – Nacque a Firenze il 17 febbr. 1909 da Renato, assicuratore, e da Maria Castiglione. A Roma, dove la famiglia si era trasferita da tempo, conseguì il diploma di ragioniere e intraprese l’attività paterna, entrando nel 1935 nel Direttorio nazionale del Sindacato del credito e delle assicurazioni. Nel 1938 partì volontario per la guerra di Spagna al seguito delle truppe inviate dal regime fascista a sostegno di F. Franco. Nel corso del secondo conflitto mondiale fece parte del corpo di spedizione italiana in Russia e fu decorato con una medaglia d’argento e quattro croci al merito. Dopo la Liberazione, il M., che aveva aderito alla Repubblica sociale italiana (RSI), guardò con realismo alla nuova situazione politica e, a differenza di tanti suoi compagni di fede che diedero vita a gruppi clandestini, si adoperò per unire in un partito, che accettasse le regole del regime democratico, quanti intendevano portare avanti l’eredità del fascismo. Il suo studio romano divenne la sede degli incontri tra gli esponenti del neofascismo che il 26 dic. 1946 portarono alla nascita del Movimento sociale italiano (MSI).

Il nuovo partito si affermò come l’unico riferimento dei «nostalgici», giovandosi da un lato della crisi irreversibile del movimento dell’Uomo qualunque e dall’altro dell’inosservanza del divieto costituzionale di ricostituzione del partito fascista. La tolleranza nei confronti di un movimento che si richiamava apertamente al passato regime si colloca nell’evoluzione del quadro politico interno e internazionale che assegnò al MSI un ruolo di contrappeso in funzione anticomunista, utile al mantenimento degli equilibri politici imperniati sulla Democrazia cristiana (DC).

Vista con favore dal M., una tale prospettiva era invece avversata dalla componente del partito più legata all’esperienza della RSI, fautrice di un’opposizione antisistema. Capofila di questa componente era G. Almirante, che il 15 giugno 1947 fu eletto segretario del partito, affiancato da G. Tonelli e dal Michelini.

Di lì a poco, il 12 ottobre, alle elezioni comunali di Roma il MSI ottenne un risultato lusinghiero, conquistando il 4 % dei voti e 3 consiglieri, che si rivelarono determinanti per l’elezione del democristiano S. Rebecchini a sindaco della capitale. Le aspettative di un risultato analogo a livello nazionale andarono tuttavia deluse: alle elezioni politiche del 18 apr. 1948 il MSI ottenne appena il 2,01 % dei voti e sei seggi alla Camera e lo 0,72 dei voti e un solo seggio al Senato.

Eletto alla Camera nel collegio unico nazionale, il 12 giugno 1948 il M. intervenne nel dibattito sulla fiducia al quinto governo De Gasperi, esprimendo una posizione di apertura verso la scelte di politica economica della cosiddetta linea «Einaudi-Pella».

Il suo fu un discorso assai diverso, per contenuti e toni, dalla gran parte di quelli pronunciati dalla tribuna del I congresso del partito (Napoli, 27-29 giugno 1948). «Si delineavano così, in termini ancora molto abbozzati, le tre principali linee ideologiche e culturali del MSI: una sinistra nazionale, legata alla RSI e alle tematiche sociali, che farà del terzaforzismo in politica estera il suo principale argomento di polemica con il gruppo dirigente; un centro pragmatico, di tipo nazional-conservatore; una destra spiritualista e intransigente, che con l’incontro con Evola sostanzierà il bagaglio culturale del MSI e dei movimenti della destra radicale» (Parlato, p. 299).

L’esito negativo del voto aveva acuito i contrasti tra i reduci della RSI e quanti, come il M., guardavano a una Destra più ampia, pronta ad accogliere, soprattutto nel Mezzogiorno, gli ex qualunquisti. Le elezioni avevano d’altra parte evidenziato la forte connotazione meridionale del partito e una difficoltà ad acquisire consensi nel Nord del Paese. La ricucitura tra le diverse anime e generazioni del partito operata da A. De Marsanich consentì al MSI di superare il momento critico e di affrontare il suo secondo congresso (Roma, 28 giugno - 1° luglio 1949) forte dei successi ottenuti nelle elezioni amministrative. La tregua interna durò poco: il peso crescente assunto dalla componente moderata e filoatlantica guidata dal M. finì per esporre Almirante agli attacchi della fazione più intransigente provocando, il 15 genn. 1950, le sue dimissioni da segretario. La guida del partito fu assunta da De Marsanich che, come il M., guardava a un’intesa con i monarchici e con le altre forze di destra laiche e cattoliche e in tale prospettiva al superamento della radicata ostilità nei confronti delle potenze occidentali.

Questa strategia venne incoraggiata da alcuni significativi atti di legittimazione del partito neofascista, come l’incontro che il M. e G. Roberti ebbero il 6 apr. 1950 con A. De Gasperi, dopo essere stati ricevuti, insieme con E. Franza, dal presidente della Repubblica L. Einaudi. L’episodio più eclatante fu tuttavia la cosiddetta operazione Sturzo, ovvero il tentativo, poi fallito, di varare una lista civica sostenuta oltre che dalla DC da monarchici e missini in occasione delle elezioni comunali di Roma del 1952.

Al terzo congresso (L’Aquila, 26-28 luglio 1952) gli intransigenti, secondo i quali il partito avrebbe dovuto svolgere un ruolo di opposizione rivoluzionaria e non ridursi a braccio secolare delle forze conservatrici, contestarono la politica di integrazione, ma De Marsanich riuscì ancora una volta a ricomporre l’unità interna in vista delle elezioni del 7 giugno 1953, che registrarono un vistoso successo del MSI.

Non solo fu bocciata la legge maggioritaria contro la quale i missini si erano strenuamente battuti, ma grazie ai volti raccolti (il 5,9% alla Camera e il 6,1 al Senato) la rappresentanza parlamentare del MSI passò da 6 a 29 deputati e da 1 a 9 senatori.

Il M., eletto sia alla Camera nella circoscrizione Roma-Viterbo-Latina-Frosinone sia al Senato nel collegio di Roma, optò per il seggio di deputato, come fece nelle successive elezioni del 1958 e del 1963.

Nella nuova fase politica il MSI avrebbe potuto esercitare una maggiore influenza sulle scelte della DC e della maggioranza di governo. Era quanto aveva sempre perseguito il M., che al IV congresso (Viareggio, 9-11 genn. 1954) raccolse ampi consensi alla testa di una lista di concentrazione, a cui aderì Almirante, e il 10 ottobre fu eletto segretario nazionale del partito.

La lunga leadership del M., «abile tessitore di alleanze, spirito mediatore e conciliante, alieno da ideologismi» (Ignazi, p. 82), fu caratterizzata dal tentativo di inserire il partito nell’orbita governativa.

Dopo la bruciante sconfitta alle elezioni regionali siciliane del 5 giugno 1955, il M. convinse il MSI a stringere un’alleanza elettorale con il Partito nazionale monarchico, ma il risultato delle amministrative del 27 maggio 1956 fu ancora una volta deludente e provocò nuove polemiche interne. Almirante si dimise dall’esecutivo, riprese la propria libertà d’azione e al V congresso (Milano, 24-26 nov. 1956) si presentò alla testa di una nuova corrente fautrice del rilancio sociale del MSI e del «ritorno alle origini». Il M. riuscì a prevalere di stretta misura (315 voti contro 308), ma il partito era spaccato in due. Almirante si adoperò per evitare l’uscita dal partito di molti suoi sostenitori, ma non volle entrare nella direzione.

Nel maggio 1957 la politica di legittimazione e di inserimento del MSI, che aveva concorso due anni prima all’elezione di G. Gronchi alla presidenza della Repubblica, ricevette nuovo impulso dal voto determinante dei parlamentari missini al governo Zoli. Ricomposta l’unità interna, con l’ingresso della minoranza in direzione e di Almirante nell’esecutivo, il M. lanciò, insieme con il generale G. Messe, la proposta di una «grande Destra». L’idea di un’alleanza dei partiti moderati fu però bocciata dal Partito liberale italiano (PLI), interessato a capitalizzare i consensi di quella parte dell’elettorato democristiano che era ostile all’apertura ai socialisti. Il MSI proseguì allora nella ricerca di un accordo diretto con i democristiani e, dopo l’appoggio esterno concesso al secondo governo Segni, nel marzo 1960 il sostegno dei parlamentari missini fu decisivo per la fiducia al governo di F. Tambroni.

Questi volle ricambiare autorizzando lo svolgimento del congresso del MSI a Genova, dov’era assai viva la memoria della Resistenza. Tale decisione provocò la dura protesta delle forze antifasciste, manifestazioni e scioperi con sanguinosi scontri di piazza che il 26 luglio determinarono le dimissioni del governo.

Per il MSI ebbe inizio un periodo di «ghettizzazione», rispetto al quale il voto decisivo per l’elezione di A. Segni alla presidenza della Repubblica, il 6 maggio 1962, rappresentò un fatto isolato.

«Nella speranza di recuperare le posizioni perdute e per accreditare una immagine moderata e rassicurante» il M. avviò un’opera di «defascistizzazione» del partito (Ignazi, p. 103), vivacemente contestata dall’opposizione di Almirante.

La scelta dell’inserimento e la disponibilità del partito a sostenere una politica anticomunista, ribadite dal M. al VII congresso (Roma 2-4 ag. 1963), furono messe definitivamente in crisi dall’esito delle elezioni del 1963. Risultò che della reazione moderata al centro-sinistra aveva beneficiato solo il PLI, superando per somma di voti il MSI, mentre ampi settori, soprattutto giovanili, del mondo neofascista aderivano ai movimenti extraparlamentari quali Ordine nuovo e Avanguardia nazionale. Il rischio incombente di perdere l’egemonia sull’estrema Destra indusse il M. a ritessere le fila del dialogo con Almirante, ma all’VIII congresso (Pescara, 12-14 giugno 1965) l’intesa si rivelò fragile ed equivoca.

Dopo aver ribadito dalla tribuna le posizioni di «lotta al sistema» Almirante decise infatti di votare la mozione di maggioranza, ma fu sconfessato dalla gran parte degli aderenti alla sua corrente, che abbandonarono il congresso.

Per la nuova e ampia maggioranza del M. e di Almirante, a cui si contrapponeva la minoranza intransigente guidata ora da G. Romualdi, il rilancio del partito si prospettava assai problematico.

Forti tensioni attraversavano il frammentato mondo neofascista, al quale il MSI non era in grado di prospettare una linea univoca ed efficace e porsi come polo aggregante.

L’esito delle elezioni del 19 maggio 1968 (nelle quali il M. venne confermato alla Camera) fu ancora deludente per un partito che, anche a causa di una lunga malattia del M., appariva ormai «sulla difensiva, incapace di andare oltre le reiterate (e inascoltate) profferte di sostegno ad una politica anticomunista» (Ignazi, p. 135).

Il M. morì a Roma il 15 giugno 1969.