Corelli (I) Corrado

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Corrado Corelli con la maglia della Lazio
Corrado Corelli
In tenuta calcistica
Un articolo di giornale sul libro scritto da Emilia Corelli, figlia di Corrado
La motivazione di una delle tre medaglie conferite a Corelli durante la Grande Guerra
Corelli in una foto scattata in occasione di una riunione atletica organizzata dalla Società Podistica Lazio nel 1911
Corrado Corelli nel suo studio d'artista. Da "Artisti a Pomezia" di Daniela De Angelis (Gangemi editore s.p.a.)
Il necrologio de Il Messaggero all'indomani della scomparsa di Corrado Corelli
Dal giornale "La Trincea" Corelli decorato anche dai Francesi per un'impresa bellica sul monte Asolone
(Gent.conc. Dott. Paolo Volpato)
Corrado e Filiberto durante la Grande Guerra
La famiglia Corelli nel 1888 con i due fratellini
Dal libro "Il nido dell'Aquila" di Emilia Corelli
Corrado mentre lavora ad una scultura
Dal libro "Il nido dell'Aquila" di Emilia Corelli


Biografia[modifica | modifica sorgente]

Corrado Corelli e Filiberto Corelli, rispettivamente ala e mezz'ala ambidestre. Sono i figli del grande pittore Augusto Corelli e di Maria Meddi, una delle belle modelle di Anticoli Corrado (RM) dei tanti pittori, nordici e italiani che in questo paesino del Lazio convennero dalla prima metà dell'800 agli inizi del '900 per la bellezza dei luoghi, la venustà delle modelle e per la luce trasparentissima dell'aria. Il figlio più grande era Corrado (chiamato così in onore di Anticoli), nato il 19 agosto 1884, mentre Filiberto era nato l'11 agosto del 1886.

Ambedue erano nati ad Anticoli Corrado (RM), ma vissero nella capitale e, nel clima di rinascita sportiva che imperava in città all'inizio del secolo, praticarono ogni tipo di atletismo. Nel 1906 furono notati da alcuni tecnici della Virtus, la società fondata da soci dissidenti della Lazio e che reclutava i propri atleti soprattutto tra gli studenti e la classe borghese, e furono subito ingaggiati proprio per schierarli in campo nel tentativo di contrastare il predominio della Lazio nel gioco del calcio. In quei tempi si veniva tesserati, ma nell'ambito dell'assoluto dilettantismo che vigeva, non esistevano contratti e regolamenti vincolanti né per gli atleti, né per le società. I due fratelli vennero più volte invitati dagli amici-rivali della Lazio, soprattutto da Sante Ancherani, a passare con i colori biancocelesti, ma opposero sempre un cortese ma fermo rifiuto. Nel giugno 1908 la Lazio fu invitata in Toscana per giocare la finale interregionale. Avuta l'autorizzazione del presidente Fortunato Ballerini, fu Ancherani che formò la squadra e nel momento che lesse la formazione ci si accorse che mancavano la mezz'ala e l'ala destra. Alle rimostranze dei compagni, Sante li rassicurò dicendo che avrebbe convinto i fratelli Corelli a partire per la Toscana. Detto fatto: una rappresentanza di giocatori si recò a casa dei due Virtussini e, facendogli balenare la possibilità di giocare una finale fuori Roma, convinse Corrado a lasciare la Virtus e ad accasarsi con la Lazio. Da ricordare che sia Corrado che Filiberto avevano cominciando a giocare a calcio nella squadra dei giovani allievi del seminario cattolico irlandese che avevano insegnato per primi agli sprovveduti atleti romani la tecnica e le tattiche del Football.

Corrado garantì anche per il fratello e la domenica successiva la Lazio partì per Pisa con una squadra fortissima che, per una serie di circostanze, fu costretta a giocare tre partite in un giorno, le vinse tutte e divenne campione interregionale del centro-meridione. Naturalmente i due fratelli Corelli furono tra i migliori in campo e soprattutto Corrado, alto m 1,78 per 73 kg, aveva i capelli neri come anche gli occhi, nell'ultima partita contro la Virtus Juventusque di Livorno, con le sue velocissime sgroppate, era soprannominato "lo stambecco", consentì a Sante Ancherani di siglare il goal della vittoria finale. I problemi nacquero al ritorno a Roma, quando gli inferociti e sdegnati dirigenti della Virtus convocarono i due reprobi per minacciarli di esemplari punizioni. Corrado intervenne vigorosamnte per affermare il loro diritto di andarsene e di militare in una società che, al contrario della Virtus, dava sempre più importanza al calcio. I Corelli, ben presto, divennero tra i più appassionati e fedeli atleti dei colori biancocelesti. Ambedue non cambiarono mai società e fino alla loro morte si definirono Laziali con grande fierezza. Filiberto fu il primo che si ritirò. Già nel 1909 il suo nome non apparve più nelle cronache sportive, in quanto si dedicò completamente alla sua passione artistica: la pittura. Corrado restò a disposizione della Lazio fino al 1922, ma gli anni della guerra lo videro, dal primo all'ultimo giorno del conflitto, sempre in prima linea al fronte. Da segnalare che Corrado, appassionato nuotatore e podista, già nel 1898 aveva fondato con Alberto Mesones una società che ebbe brevissima vita denominata Urbe et Farfa.

I fratelli hanno giocato in biancoceleste negli anni in cui la Lazio non aveva rivali. Di loro non è possibile dire quante partite abbiano giocato e quanti goal possano aver segnato. Si sa soltanto che erano ambedue velocissimi, intelligenti e che possedevano purissima tecnica personale. Già durante la sua carriera sportiva Corrado si era dedicato all'arte rivelandosi valido scultore. Corrado mori il 26 agosto 1968 al Policlinico. La notizia della sua scomparsa si venne a sapere dal necrologio fatto pubblicare dalla famiglia in cui era specificato che la volontà di Corrado era quella di rendere nota la sua dipartita solo dopo che le sue esequie si fossero celebrate. Riposa al Cimitero Flaminio.

Dopo il diploma ottenuto nel Collegio San Giuseppe de Merode, Corrado fu chiamato alla leva il 29 dicembre 1904 e fu assegnato come allievo ufficiale di complemento nel 21° Reggimento dopo aver conseguito i gradi di caporale e poi di sergente nel 48° Reggimento Pisa. Partito per la guerra con il grado di sottotenente dell'81° fanteria, tornò con il grado di maggiore e con una medaglia d'argento al valor militare ottenuta per l'eroico comportamento avuto durante un'azione bellica. Nel giugno del 1916, infatti, dal Quartier Generale del regio esercito riceve la motivazione della consegna della medaglia con il seguente dispaccio: "Medaglia d'argento al capitano di Fanteria Corrado Corelli. Preparava con intelligenza e dirigeva con slancio e valore l'azione della sua compagnia all'attacco di una trincea fortemente difesa dal nemico. Conquistatala dopo violento corpo a corpo, la rafforzava in modo da renderne sicuro il possesso. Respingeva quindi un violento contrattacco avversario. Esempio costante di mirabile calma e valore. Monfalcone, giugno 1916". A chi lo interrogava su come potesse essere uscito incolume da tre anni in trincea rispondeva: "Ah, cara Lazio che m'hai coltivato tanto la salute e tu Dio benedetto che me la proteggi".

Corrado partecipò alla Marcia su Roma nel 1922, ma la sua adesione al Fascismo fu breve. Si rese conto ben presto che sotto una maschera rivoluzionaria e apportatrice di giustizia e ordine, si celava la volontà di favorire la diseguaglianza sociale a vantaggio dei potentati industriali e finanziari. E ciò avveniva soffocando le libertà individuali e la democrazia. Il suo essere artista, quindi in possesso di uno spirito libero ed autonomo, era in forte contrasto rispetto ad un'ideologia oppressiva e proterva. Ciononostante non abbandonò l'ideale sportivo biancoceleste e nel 1923 era coordinatore dello chalet fluviale della Lazio all'Albero Bello. Si dedicò alla scultura con impegno e la creazione plastica divenne il suo mestiere. Ebbe commissioni pubbliche e private in cui dimostrò capacità espressive di livello. Nonostante l'età di 56 anni, allo scoppio della 2^ Guerra Mondiale non esitò minimamente a compiere il suo dovere quando fu richiamato alle armi e con il grado di tenente colonnello si trovò coinvolto nella disastrosa campagna di Russia. Riuscì a sopravvivere agli stenti, alle malattie, all'incalzare delle truppe sovietiche e tornò in patria. Dopo un periodo passato a dirigere l'Ufficio della Censura militare a Firenze, venne finalmente congedato nel 1943.

Nel dopoguerra la sua scultura virò verso lo sbalzo. In questa tecnica mise in luce una rinnovata eleganza e una raffinatezza estrema, tanto da essere scelto dalla famosa Casa Bulgari per eseguire diversi apprezzatissimi lavori.

Risiedeva in Viale Giulio Cesare n. 7.

Corrado Corelli artista[modifica | modifica sorgente]

Molto riservato e quasi schivo, Corrado, formatosi sotto l'insegnamento del maestro Eugenio Maccagnani, ha affrontato le tematiche care al padre e al fratello Filiberto (vedi Filiberto Corelli (II)), ma sviluppandole in senso plastico. Noto in campo artistico nella stessa misura di Filiberto Corelli, anche attualmente ha un buon mercato e le sue opere sono patrimonio di molte gallerie d'arte e collezioni nazionali ed estere. Basti ricordare le sculture collocate nel comando dell'arma dei Carabinieri, al Ministero dei Lavori Pubblici, nella collezione dell'Accademia di San Luca e nel Museo Nazionale d'Arte di La Valletta a Malta. Un "unicum" di eccezionale valore è rappresentato dalle opere sacre di oreficeria e marmoree da lui eseguite all'interno della Chiesa di San Benedetto a Pomezia. Filiberto e Corrado hanno donato molte opere del padre Augusto al Museo di Anticoli Corrado dove ancor oggi possono essere ammirate.





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