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| align=center | [[Immagine:Novità.jpg|50px]] BIANCAZZURRI O BIANCOCELESTI? LA TIMELINE CE LO DICE |
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| ► [[Timeline colori e simboli SS Lazio]] |
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| ''"[...] e scoccare verso le strepeanti acque, frecciate biancazzurre, due ghiandaie"''. <br> Da Mediterraneo di Eugenio Montale, estrapoliamo questo momento così prezioso: l’entrata, nella letteratura italiana, del neologismo "biancazzurro". <br> <br> I "composti giustappositivi bimembri di aggettivi coloristici" – come direbbe il pedante studioso – pare proprio siano, negli ultimi tempi, oggetto di controversia nel mondo degli affetti laziali. Biancazzurri o Biancocelesti, come li dobbiamo chiamare i nostri beneamati atleti? Di che colore devono essere le bandiere? L’Aquila ha sul timone un nastro bianco e celeste, una convessità gravida di vita ed emozioni, o invece reca un nastro bianco e azzurro, un gelido lapislazzuli persiano che svaria dal cilestro al turchino? Romano o medio-orientale, nelle pupille e sulle labbra, il nome comunque non tradisce e subitaneamente agisce: '''Lazio!''' <br> <br> D’istinto, ci verrebbe di scegliere un colore oppure l’altro, e quindi seguire il consiglio di frate Guglielmo da Occam: ''Non sunt multiplicanda entia sine necessitate''. Insomma, perché complicarsi la vita? I romanisti sono giallorossi, gli juventini sono bianconeri ("neribianchi stormi", scriverebbe Montale) e gli interisti e milanisti non dubitano d’essere nerazzurri e rossoneri. Ma noi laziali no: noi abitiamo in Danimarca: ci piace orzare per puro divertimento, mossi da una smania in tutto degna di Ulisse. <br> <br> Una ulteriore risposta plausibile è che passiamo dal celeste all’azzurro e dall’azzurro al celeste perché intuiamo la ricchezza che annuncia il continuo cambiamento. Avvertiamo la forza psichica che emana da due sfumature di uno dei colori più belli in natura; e allora giù a leggere le teorie di Luscher e Kandinskij, che ci rivelano mille cose al riguardo. Più prosaicamente, e rivolgendoci a una disciplina che, pur non essendo una scienza esatta, in certi casi – e questo è il caso – è come la bussola amalfitana che fornisce i punti cardinali al navigante, è sufficiente armarsi di carta, gomma e matita per risolvere il piccolo enigma. La nostra mano, seguendo le direttive della mente, deve solo tracciare [[Timeline colori e simboli SS Lazio|una "linea del Tempo"]]. <br> <br> In storiografia, nelle scienze naturali e anche in quelle forensi (pensate a investigatori da romanzo come Lincoln Rhyme, che hanno reso popolare il concetto), si utilizza la linea temporale per farsi le idee più chiare in merito a un’indagine. Non che questa nostra "Quest", sui colori "veri" della SS Lazio, unita al significato dei suoi simboli, abbia punti di contatto con l’identificazione di un serial killer, no: diciamo piuttosto che è più divertente. Un po’ come la "Linea" di Osvaldo Cavandoli che allietava i Caroselli degli anni Sessanta. <br> <br> La Linea si muoveva e parlava, forse in lingua polacca perché davvero poco si capiva. La Timeline si muove uguale, scivola avanti e indietro nel Tempo, via via che la si aggiorna; la sua lingua è come una Stele di Rosetta, in quanto traduce in lampadine d’Archimede Pitagorico – tante belle lucette che si accendono in sequenza – una serie di Ka’ba nere e lucide che, altrimenti, ci stavano comprando il biglietto di sola andata per Copenhagen. <br> <br> Costruiamo, ordunque (altro ricordo d’infanzia: Giocagiò, pastelli, scatole, colla e forbici...), la speciale Timeline sul tema: COLORI DELLA SOCIETA’ SPORTIVA LAZIO. <br> <br> <p align=center> NATI BIANCHI </p> Lo "start" è [[Martedì 9 gennaio 1900: la fondazione della Società Podistica Lazio|la nascita della Società Podistica Lazio]], il [[9 gennaio]] del [[1900]]. Il "final meeting" è oggi, ottobre del [[2020]]. Diciamo subito che i punti di riferimento della nostra Timeline saranno i seguenti: gli statuti e i regolamenti societari, gli stemmi e le insegne ufficiali, le casacche utilizzate dalle squadre di football, le deliberazioni assembleari, taluni elementi iconografici e di emeroteca, le memorabilia. E procuratevi subito un prontuario di araldica, che senz’altro vi sarà utile. <br> <br> |
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[[Immagine:10gen1900Messaggero.jpg|thumb|left|200px|La notizia della nascita della Podistica Lazio su Il Messaggero del 10 gennaio 1900]] |
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[[Immagine:PaglianiPericle2.jpg|thumb|left|200px|Pericle Pagliani]] [[Immagine:Squadra0.jpg|thumb|left|200px|15 maggio 1904]] [[Immagine:Ballerini.jpg|thumb|left|200px|Fortunato Ballerini]] [[Immagine:Olmo.jpg|thumb|left|200px|La Trattoria dell'Olmo]] [[Immagine:RZangrilli.jpg|thumb|left|200px|Romano Zangrilli]] [[Immagine:BrutoSeghettini.jpg|thumb|left|200px|Bruto Seghettini]] [[Immagine:07gen1911.jpg|thumb|left|200px|Il Messaggero del 7 gennaio 1912]] |
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Nel primo statuto, stilato il [[13 gennaio]] [[1900]], non vi è traccia di colori sociali. Alcune nebulose immagini, che coprono i primissimi anni di attività, mostrano i podisti della "Lazio" con una casacca bianca dal collo alto e il taglio attillato, adatta a un lavoro invernale. Sul petto hanno ricamato il nome "Lazio" con un filo scuro. Questo era il modo comune alle società podistiche dell’epoca, esemplato dai club del nord, uno dei quali addirittura si chiamava "SP Lario". <br> <br> Ma la SPL di Roma ebbe subito una sezione natatoria. Da una nota di emeroteca che data al [[1939]] e reca la firma del pioniere [[Spositi Vittorio|Vittorio Spositi]], sappiamo che i laziali ([[Balestrieri Arturo|Arturo Balestrieri]]), all’avvio dell’estate del [[1900]] portavano "mutandine a triangolo di tela azzurra". Non molto tempo dopo, alcuni podisti cominciarono a presentarsi alle gare con uno scudettino scuro sul petto. Come forma (a noi sembra uno scudo sagomato interzato in banda), l’emblema era simile a quello dei waterpolisti della Rari Nantes Roma. Società alla quale risultavano tesserati alcuni dei fondatori della SPL e che, come smalti, aveva il bianco e il celeste. E però, l’arme della RNR Waterpolo del [[1901]] era interzato in sbarra e bianco-azzurro! Vediamo già apparire, in questa annotazione, un fattore che non dobbiamo dimenticare, nel prosieguo dell’analisi: il celeste e l’azzurro erano intercambiabili, sulle vestimenta e sugli emblemi delle società fiumarole; un altro esempio l’abbiamo nel Club Canottieri Aniene, ufficialmente giallo-celeste ma anche giallo-azzurro; e perfino giallo-blu, a volte. <br> <br> La nostra linea temporale scivola in avanti, per sostare a due date davvero fondamentali, entrambe concernenti l’anno [[1904]]: la domenica del [[15 maggio]] [[1904]] la squadra di football disputa, sui prati di [[Piazza d'Armi]], [[Domenica 15 maggio 1904 - Roma, Piazza d'Armi - Lazio-Virtus 3-0|la prima partita ufficiale]] con i "cugini" della [[Virtus|SS Virtus]]. Siccome i rivali hanno da poco inaugurato una camiciola a scacchi bianchi e neri, coi bottoncini e all’ultima moda proprio, il capitano del team, [[Ancherani Sante|Sante Ancherani]], d’accordo con i compagni decide di farla in casa, una camicia uguale. Come materiale, la madre e una sorella di Santino indicano la flanella, che può essere confezionata sia con la lana che col cotone, è leggera, calda e resistente, e all’epoca la si usava per le lenzuola, le bende e i pannolini. Tra le varie tonalità, i calciatori optano per il celeste col bianco. Nasce una bella divisa, a scacchi bianchi e celesti. [[Ancherani Sante|Ancherani]], in seguito, avrebbe ricordato come l’abbinamento avesse subito incontrato il gradimento generale, in quanto giudicato "delicato e signorile". L’economicità del materiale, la qualità estetica, quindi, e anche una buona dose di casualità, furono alla base. La muta di maglie venne fatta lì per lì, cucendo le donne per tutta la notte tra il sabato e la domenica. Fino a quel momento, gli atleti laziali non avevano avuto bisogno di colori per distinguersi: bastava il nome cucito. Ora no: il gioco di squadra impone la differenziazione, e così arrivano i colori sociali. All’inizio, nessuno ci aveva pensato perché la Lazio era nata da un gruppo di ragazzi su un battello a capanna ancorato sul Fiume, con lo scopo dichiarato di marciare, correre e nuotare. <br> <br> Seconda data cardinale nella genesi ed evoluzione degli smalti della Lazio: l’[[8 agosto]] [[1904]]. Nel corso di un’assemblea straordinaria, tenuta nella sede-appartamento di via Pompeo Magno, il nuovo presidente eletto, il cavalier [[Ballerini Fortunato|Fortunato Ballerini]], dà l’incarico di creare un vessillo sociale. La bandiera viene inaugurata la domenica del [[23 ottobre]] ad un banchetto alla [[Trattoria dell'Olmo]], fuori Porta del Popolo. Dalla cronaca de [[Il Messaggero]], non si evince nulla sul "drappo" a battesimo: né i colori né la loro disposizione. Ma una testimonianza di [[Ballerini Fortunato|Ballerini]], rintracciabile alla pagina 144 del volume La Federazione Ginnastica Italiana e le sue origini (Roma, [[1939]]), è dirimente al riguardo: '''"La sua bandiera a strisce bianco-celesti''' è donata dal Vice Presidente del tempo [[Pastori Paolino|Paolino Pastori]] e ne è madrina la socia [[Tobia Massa Anna|Anna Tobia in Massa]], che la confeziona con le sue mani". Tutto lascia pensare che la bandiera in questione fosse a rigoni verticali, e la tinta adoperata la medesima dei footballers. Un celeste che dobbiamo credere acceso, giacché quella era la tonalità dei tessuti in flanella in vendita nei negozi. Volete un paragone? Il fiocco di seta che si pone davanti alla porta quando nasce un maschietto... <br> <br> Da questo momento, solo da questa data, cominciano i riferimenti sui giornali agli atleti della Lazio, impegnati in molteplici discipline, come ai "bianco-celesti": la "Società bianco-celeste". [[Zangrilli Romano|Romano Zangrilli]], vincitore di un [[campionato]] di marcia nel giugno [[1905]], si fa fotografare con una canotta a larghe fasce biancocelesti. <br> <br> Scorre la linea del Tempo. E qui abbiamo un primo documento originale, di quelli che il consocio Marco Impiglia ha scoperto all’Archivio Storico Capitolino. Nel marzo del [[1906]], in una lettera su carta intestata indirizzata da [[Ballerini Fortunato|Ballerini]] al conte di San Martino e Valperga, compare per la prima volta l’emblema dell’aquila; un motivo araldico probabilmente già acquisito da alcuni mesi, stando a una rara foto scovata da LW in cui si vede [[Seghettini Bruto|Bruto Seghettini]] esibirlo sul berretto, sotto la forma di un distintivo metallico, durante una giornata sportiva a Villa Borghese la domenica del [[1 ottobre|primo ottobre]] [[1905]]. E stiamo parlando di quello stesso stemma, graficamente raffinato, che ipotizziamo sia stato creato nella bottega d’arte di uno dei "nove", [[Massa Galileo|Galileo Massa]] – scultore e fonditore purtroppo non aduso a firmare le proprie opere – e che recentemente è stato assunto come ufficiale dalla SS Lazio. Il rapace – figura araldica naturale femminile – ha una posa "alpina", plastica, assai lontana da richiami romano-imperiali, e reca nel becco un cartiglio di un bell’azzurro netto, quasi foncé. L’aquila guarda correttamente a destra. <br> <br> Lo scudo, invece, è ''svizzero'' e presenta sette strisce verticali di cui tre in palo più chiare, nel monocromatismo obbligatorio per il modello e il tipo. Tutto fa pensare che quelle strisce azzurrine più tenui suggeriscano il celeste abbinato al bianco. Ma c’è di più: nello stesso periodo la SPL bandisce una manifestazione polisportiva a Villa Borghese, dove ha la sua nuova sede alla [[Casina di Via dell'Uccelliera|Casina dell'Uccelliera]]. Per l’occasione, oltre a gare atletiche è prevista a Piazza di Siena una sfida con il "[[Roman|Football Club di Roma]]" (il [[Roman]]: i futuri "giallorossi romanisti"). La partita poi non si gioca, e tuttavia, il fogliettino rosa, stampato dalla Lazio per pubblicizzare l’evento, reca in alto a sinistra il nuovo ''arme''. Si vede benissimo lo stacco di tonalità esistente tra il cartiglio e lo scudo: due colori diversi: l’azzurro e il celeste! Le tre strisce centrali sono più fini rispetto alle quattro che le contornano. Nella simbologia, questa sottile ma importante distinzione significa che esse sono dei "pilastri" e rispondono al trinomio dell’Arte Reale che regge il Tempio massonico: Saggezza, Forza, Bellezza. Chi si intende di aspilogia, non può nutrire dubbi in proposito. <br> <br> Tra l’altro, secondo le regole vigenti in araldica, la bandiera trasferisce in orizzontale ciò che sullo stemma è in verticale, per cui è lecito avanzare l’ipotesi che le "strisce bianco-celesti" citate da [[Ballerini Fortunato|Ballerini]] fossero, in realtà, disposte in orizzontale. Un esempio classico ce l’abbiamo nella bandiera americana. Detto vessillo riprende lo scudo composto da sette strisce verticali, con le tre centrali bianche in palo, a copiare pari pari lo stendardo di Ugo di Toscana. La cosa venne suggerita a George Washington da Filippo Mazzei, toscano di Poggio a Caiano che faceva il mediatore d’armi in Virginia. (Davvero incredibile questo collegamento segreto tra la Toscana, gli USA e la Lazio; e allora viva la "americana" [[Olimpia]]!) <br> <br> Ma non è finita qui. Stavamo dimenticando l’informazione cardinale che lo stemma del [[1905]] ci dona; un motivo che, con l’adozione da parte della SS Lazio Generale, pare valido tuttora. Il fatto che le strisce siano sette richiama la simbologia massonica del 7: secondo Pitagora, il sette, essendo l’unico valore numerico senza "madre" e, allo stesso tempo, "vergine" (non partorisce e non divide altri numeri compresi tra l’uno e il dieci), ha il significato di una ammonizione: ''l’unico valore per l’Uomo è la sua Coscienza, che ci rende tutti eguali e di pari dignità''. Ecco, dunque, confermata indirettamente la leggenda, rintracciabile alla pagina 10 del volume Storia della Lazio, che vede [[Bigiarelli Luigi|Luigi Bigiarelli]] rinunciare ad assumere la prima presidenza della Società con le famose parole: ''"È stata un’idea di tutti, questa Lazio, non cominciamo a distinguerci tra noi"''. <br> <br> Giunti a questo punto, è esiziale porsi la questione: quando vennero approvati, in assemblea, i colori sociali? E in quale, dei vari statuti pubblicati nel periodo anteguerra, entrò per la prima volta l’articolo riguardante? In questo campo, stante la mancanza di documentazione probante, possiamo solo avanzare ipotesi. Nel suo discorso di commiato alla presidenza, declamato nella sede di [[Via Vittorio Veneto ex 7|via Veneto]] il [[22 febbraio]] [[1922]] – e che LazioWiki ha nella sua forma completa così come riportata sul bollettino "Lazio" numero 6 del [[1922]] – [[Ballerini Fortunato|Fortunato Ballerini]] enumera, oltre al primo statuto successivo a quello di fondazione, risalente al [[24 marzo]] [[1901]], tre altri statuti, datati [[1 giugno|1° giugno]] [[1904]], [[3 gennaio]] [[1909]] e [[19 luglio]] [[1917]]. Detti statuti ebbero la funzione di riassumere l’iter ordinativo che veniva continuamente mutando, ogni volta che a un’assemblea si approvavano modifiche. Come esempio, portiamo l’assemblea ordinaria del [[14 gennaio]] [[1906]]. Da una nota di emeroteca, sappiamo che quel giorno [[Bigiarelli Luigi|Luigi Bigiarelli]] fu fatto "socio benemerito" e si votarono "modificazioni allo statuto". Forse proprio in quella circostanza entrarono i colori sociali; per uno scherzo del fato, giusto nel giorno in cui al Fondatore si riconosceva un merito. È quasi certo che nel [[1913]] venne prodotta una ulteriore, corposa revisione, al fine di rendere conto dello sviluppo della Istruzione Premilitare. Ma noi non crediamo che, a quella data, la SPL fosse ancora senza colori ufficiali, cioè menzionati nello statuto. E vedremo tra poco perché. <br> <br> In un libretto cartonato che ci plana tra le mani, stampato nel [[2005]] e storditamente impaginato alla rovescia, ''La maglia del cuore'', si passano in rassegna le divise usate dalle squadre di calcio. Si afferma recisamente che la prima casacca biancoceleste è stata indossata nella "primavera del [[1902]]". Indicazione che è un omaggio a ''Storia della Lazio''. (Impiglia, nel suo ''Pionieri del calcio romano'' uscito nel gennaio del [[2003]], aveva già corretto la data al [[1904]], ma il revisionismo non era ancora stato digerito). Nel défilé, un po’ alla buona, e che comunque ha il pregio di non uscire dal ''Romance'', si accenna alla prima maglia celeste a tinta unita del [[1912]]: un’altra delle piccole scoperte del revisionista Impiglia. Una tenuta più uniforme nella fattura di quella del [[1904]], sicuramente acquistata in un negozio specializzato e indossata il [[7 gennaio]] [[1912]] al Campo Due Pini, in casa del [[Roman]]. Nella circostanza, scrisse Alberto Caniggia, uno dei ''footballers'' di seconda generazione che si diedero al giornalismo, sul periodico L'Italia Sportiva: "La squadra della Lazio ha oggi inaugurato il nuovo costume sociale, serio, elegantissimo, abbandonando le vecchie casacche a quadri biancocelesti con una maglia celeste carico e cambiando i calzoncini neri con quelli di colore bianco". La maglia venne dai cronisti definita "turchina", e per un certo periodo i laziali furono chiamati "i blues", ma poi prevalse la dizione "biancazzurri". <br> <br> Cosa ci suggerisce tutto questo? Due cose: 1) '''l’attuale divisa da gioco ufficiale della SS Lazio nasce il [[7 gennaio]] [[1912]]'''. Quella domenica, i nostri ragazzi giocarono contro la futura "[[Roma]]" e [[Domenica 7 gennaio 1912 - Roma, campo dei Due Pini - Roman-Lazio 0-1|vinsero uno a zero]]; volarono botte, tra l’altro. Li capitanava [[Levi (II) Mario|Mario Levi]], di lì a poco volontario nella Grande Guerra come Bersagliere Ciclista; 2) quel "celeste carico", che con tutta probabilità già era stato inserito nello statuto, subito è confuso dai cronisti con l’azzurro, e "biancazzurri" diventano i laziali nelle cronache coeve. Da questo momento, i termini "biancazzurri" e "biancocelesti" assumeranno, agli occhi della gente, un carattere di intercambiabilità. Piacerà più il primo termine che il secondo, però... un po’ come a Montale. <br> <br> <p align=center> CELESTI CARICHI </p> Fossimo tipi normali, che so romanisti, torinisti o del Bussoacoppe, la vicenda del mistero dei colori della Società potrebbe dirsi risolta. Siamo nati belli bianchi senza quarti di nobiltà (se non morale), quindi senza blasone e fanfare (smalti ed emblema, un motto sociale), e poi ci siamo scelti un’aquila dei vicini Appennini come insegna abbinata a tre virtù cardinali, un antico passo latino a sostenerci nell’unità di azione e abbiamo vestito biancoceleste mentre tutti ci chiamavano "azzurri". ''Ad libitum''. <br> <br> |
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[[Immagine:Boselli.jpg|thumb|left|200px|Paolo Boselli]] |
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[[Immagine:Simboli - 1925 Medaglia.png|thumb|left|200px|La medaglia celebrativa del 25° anniversario]] |
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Tutto chiaro? E – attenzione! – quel che finora si è detto ha un alto grado di oggettività. E’ scritto senza voli di fantasia, così come scriveva sui suoi registri il piccolo burocrate della Russia zarista nel racconto ''Il Cappotto'' di Gogol; o, se preferite la letteratura inglese, l’ha redatto lo scrivano Bartleby. L’analisi presente rinuncia a schemi astratti e aprioristici. Non cerca un modello, non vuole condurre all’altare un’idea iniziale, non intende creare un mito di fondazione: è la mera esposizione dei dati oggettivi disposti sulla Linea del Tempo. Ognuno di voi può interpretarli in maniera differente. L’esegesi è libera. <br> <br> L’omino di Osvaldo (bello quel [[Verona]], ricordate?) si ferma, col classico punto interrogativo e la manina portata al mento, al [[1923]]. L’eroteme trasmuta in un punto esclamativo ed esplode il classico "Eureka! Eureka!" Quale lampadina si è accesa nel nido di Archimede Pitagorico? Sfogliamo cautamente un giornale, tutto a pezzi, che abbiamo solo noi monaci laziowikiani: il bollettino "Lazio" del [[30 marzo]] [[1923]], un numero appartenuto a uno dei presidenti della [[S.S. Lazio Escursionismo|sezione escursionismo]]. Oltre al bilancio patrimoniale, il giornale espone alle migliaia di soci il Regolamento revisionato; si tratta, in effetti, di una bozza che poi, in sede di assemblea generale, il [[9 aprile|9 di aprile]] all’ex Convento dei Cappuccini, subirà ulteriori, lievi cambiamenti. Stampato dalla Cooperativa Tipografica "Egeria" in via San Giacomo, dalle parti del Mausoleo di Augusto, lo Statuto e Regolamento Generale del [[1923]] consta di 36 pagine ed è firmato in calce dal presidente [[Bompiani Gen. Giorgio|Giorgio Bompiani]] e dal segretario generale [[Genna Enrico|Enrico Genna]]; esso riforma lo Statuto e Regolamento del [[3 gennaio]] [[1909]]. Nella parte statutaria, all’Art. 15, sta scritto: "I colori sociali sono il bianco e celeste. Il motto: Concordia parvae res crescunt". Nella parte regolamentaria, firmata in calce pure dal Presidente Onorario [[Boselli Paolo|Paolo Boselli]], l’Art. 66 recita: "I costumi sociali obbligatori in tutte le gare sono quelli indicati nella seguente tabella: ''Podismo''. - Maglia celeste carico, con bottoniera sulla spalla sinistra, calzoncini bianchi. ''Nuoto''. - Mutandine celeste carico. ''Calcio''. - Maglia celeste carico allacciata al petto, calzoncini bianchi. ''Water Polo''. - Costume celeste carico con bottoniera sulla spalla sinistra. ''Tennis''. - Camicia e pantaloni bianchi con sciarpa celeste. ''Tamburello''. - Idem. In genere, il bianco-celeste in tutte le gare sportive dovrà ritenersi come il distintivo della "Lazio"". Un manufatto originale, la medaglia celebrativa del [[1925|‘25]], attesta la qualità del celeste in un nastrino che è rimasto "carico" a distanza di 100 anni! <br> <br> Quale preziosa indicazione ci fornisce questo documento che la SS Lazio conserva in formato digitale? Semplice: in quanto revisione dello ''Statuto e Regolamento Generale'' [[1909]] (scelto tra gli altri statuti per via che era precedente all’ingresso degli articoli sull’organizzazione dell’Istruzione Premilitare), l’informazione che trasmette è che, al gennaio del [[1909]], la SPL avesse con buona probabilità ufficializzato i colori bianco e celeste. <br> <br> Smalti che hanno un’ascendenza "calcistica" e non "podistica"; né, tanto meno, "olimpica". Fosse stato olimpico il motivo, perché non dirlo espressamente nelle carte statutarie? E con un’''arme parlante'' di quel tipo, poi... Si potrebbe obbiettare sull’azzurro degli slip di [[Balestrieri Arturo|Balestrieri]]. Perché proprio azzurri? A parer nostro, un caso dovuto al fatto che l’azzurro e il celeste erano colori usuali per i fiumaroli nuotatori nel Tevere; oppure collegabile a una "Podistica" uscita fuori tutta bella azzurra. Non abbiamo dubbi, invece, sull’assenza di suggestioni decoubertiniane per la scelta del celeste. Lo ''Statuto e Regolamento Generale'' del [[1923]] appare dettagliato, ma in esso non è ravvisabile alcun approdo all’olimpismo. Eppure, ''les Jeux Olympiques'', in quel punto preciso della Timeline, erano un evento al quale i giornali ampiamente si interessavano, e non un qualcosa di sconosciuto ai più come nel [[1900]]. In effetti, di Lazio nata biancoceleste perché "olimpica" non si parlerà mai, nei ricordi orali e scritti dei pionieri, nei documenti societari ufficiali, o sui giornali e sulle riviste, magari anche di marca laziale, fino al [[1969]]. Settanta anni di silenzio perfetto su un particolare che, oggi, viene considerato fondamentale nella genesi della SS Lazio. Non vi pare bizzarro? Illogico? (Romantico?) <br> <br> <p align=center> E CI CHIAMAVANO "AZZURRI" </p> Gli anni Venti registrano esiziali cambiamenti. La Podistica muta il titolo in "Società Sportiva" nel giugno del [[1926]]. Entrano nuove discipline come il rugby e diventa fortissima nel nuoto e nella pallanuoto. Le maglie dei calciatori continuano ad adeguarsi alla moda di uno sport sostenuto dal campanilismo e oramai assai popolare, presentando una turnazione rapida (gli impegni sono tanti, per cui si logorano rapidamente) e raffinandosi nella struttura: esse sono quasi sempre celesti. Il Capodanno del [[1920]] è festeggiato con un veglione nella sede di [[Via Vittorio Veneto ex 7|Via Veneto]]. Una foto ritrae le signore socie della Podistica con i figlioletti in completa tenuta da baby-calciatori: pochi dubbi che quel colore così chiaro sia il celeste e non l’azzurro. Ma sul settimanale genovese Il Calcio del [[15 luglio]] [[1923]] c’è una cronaca completa della finale di andata per il titolo nazionale col [[Genoa|Genoa FC]]. Ebbene, l’anonimo cronista locale definisce gli ospiti "azzurri laziali". Evidentemente, a contrasto col verde del campo e col rosso-blu dei grifoni incarogniti, i nostri campioni non dovevano apparire tanto celesti. Anche negli anni anteguerra, a partire ovviamente dal [[1912]], i giornalisti del nord, a vedere i laziali della Capitale alle prese con le loro squadre, li avevano sempre definiti azzurri. <br> <br> |
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[[Immagine:23giu1926GueSport.jpg|thumb|left|200px|Il "Guerin Sportivo" del 23 giugno 1926 riporta la notizia inerente il cambio di nome da "Società Podistica Lazio" a "Società Sportiva Lazio"]] |
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Sta di fatto che la definizione "biancazzurri" prende il sopravvento nelle cronache del decennio successivo. Mentre la SS Lazio abbandona il glorioso stemma con l’aquila – alternato nei documenti ufficiali con un altro, tondeggiante, creato nel [[1914]] – e adotta un emblema esteticamente meno valido, e però più consono alla "sobrietà" dell’Era Fascista: uno scudo ''svizzero'' a sette strisce ''in palo'' bianche e celesti, che nel [[1928]] vede l’innesto di un imponente fascio romano al centro, con una ''banda'' (che scende da destra in alto a sinistra in basso) recante il titolo sociale. Occhio alla disposizione delle strisce, perché esse sono state scientemente invertite: spariti i tre pilastri Saggezza-Forza-Bellezza, ora il "pilastro centrale" è il Fascio, cioè la Forza! Abbiamo, quindi, quattro strisce bianche e tre celesti, queste ultime belle piene e non sottili. In ultima analisi: il pilastro che regge l’emblema è il fascio romano. <br> <br> |
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[[Immagine:Figurine1931-32.jpg|thumb|left|200px|La "Brasilazio"]] |
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Ma – e qui è il bello! – su taluni giornali satirici, ad esempio Il Brivido Sportivo, che si diverte a riprendere la zoologia araldica inventata dal giornalista Carlin Bergoglio, la Lazio di [[Piola Silvio|Piola]] è rappresentata da un sorta di Minotauro: un calciatore con la testa di aquila. <br> <br> Sovvertito almeno ufficialmente il simbolismo, la nuova SS Lazio, che ha in [[Mussolini Benito|Benito Mussolini]] il primo socio, non cambia la tradizione quasi ventennale della divisa. Le maglie presentano un celeste a tinta unita, più o meno carico a seconda dell’alea ("Questo celeste c’avevano, a Dotto’…"); e anche una tenuta a righe verticali, nel [[1931]], per la famosa "Brasilazio". T-shirt usata poco e che resta la versione più fedele alla bandiera [[1904]] e allo stemma [[1905]]: non sarebbe una cattiva idea se la Lazio Calcio la riproponesse per la stagione 2024-25. Del [[1936]] è un’altra casacca a righe, ma questa volta sottili e azzurre. <br> <br> Al volgere dell’Era Fascista, la Lazio gioca in maglia celeste, dunque. Difficile chiamarla azzurra. Eppure, nelle cronache si descrivono le gesta del "biancazzurro [[Piola Silvio|Silvio Piola]]". "Gli azzurri della Lazio". Ma perché?! Un attimo e ve lo spieghiamo: il giustappositivo bimembro "biancazzurri" suona meglio, una volta stampato, e piace molto di più alla gente che va allo stadio. Provateci voi a gridare in pubblico "Forza biancazzurri! e Daje biancocelesti!", e sentite la differenza. La doppia zeta e la doppia erre sono così trasteverine... <br> <br> Nei giorni in cui costruimmo un impero di karkadè, il nuovo modello di stemma rettangolare – assai vicino al tipo che in araldica si definisce "a bandiera" – che compare nelle tessere sociali e sulla carta intestata della SS Lazio, è tanto semplice quanto azzurro, sempre a sette strisce di cui tre azzurre e col fascio inserito; il distintivo da bavero propone, correttamente, il celeste. Perché l’azzurro qui e il celeste là? Una teoria possibile è che la difficoltà oggettiva di trasferire sulla carta intestata, porosa com’è, il colore celeste abbia portato i tipografi a preferire una tonalità azzurra, più facile nella stampa. <br> <br> Un volantino del [[1940]] per il III Torneo Interno squadre ragazzi, proveniente dalla collezione della Famiglia Ancherani, evidenzia l’intercambiabilità: il foglio è diviso ''a trinciato'', metà bianco e metà celeste carico, e in alto a destra campeggia l’emblema ufficiale biancazzurro a nuova ''partizione'': le sette strisce rimangono ''in palo'' ma non più a tutto campo, e il titolo SS Lazio sta su una ''pezza in capo'' così come il fascio, inscritto in un ''bisante'' nel ''canton sinistro''. Questo dettaglio in araldica è importante, perché dà potestà all’elemento principe della pezza onorevole – che in questo frangente è il fascio – allogato nel terzo superiore dello scudo. <br> <br> Lo stesso anno, XVIII E.F., la medaglia commemorativa del quarantennale vede l’ingresso di una rozza aquila ad ali spiegate. In sostanza, un’aquila fascista imperiale, proterva e metallica, non in carne e piume come quella del [[1905]], molto più aggraziata lei e che bada cautamente agli affari suoi. Il celeste smaltato dà una vivace nota al fregio, con la futura "[[Olimpia]]" – ancora innominata bontà sua – che cavalca bellamente il duro fascio. Dall’aquila primo-novecentesca degli Appennini, appollaiata tranquilla sul picco, all’aquila-razzo-di-guerra, che veleggia ardita nell’aria come il Barone di Münchhausen, il passo è stato conseguente e, fortunatamente, non definitivo. <br> <br> <p align=center> BIANCAZZURRI DI NOME E DI FATTO </p> L’aquila, già. Un simbolo forte: la figura araldica per eccellenza. Talmente ingombrante, che il fascismo l’aveva impallinata per sostituirla col fascio, e al diavolo l’odiosa simbologia dei "pilastri". Ma, caduto il regime, nell’Italia repubblicana e parlamentare, almeno l’aquila si ripresenta. Essa è dorata, guarda correttamente alla sua destra e sormonta uno scudo ''francese antico'' a sette strisce bianco-celesti eguali in larghezza, con le tre centrali bianche. Nella ''panoplia'' c’è il titolo "SS Lazio", posto ''in capo'' e in rosso. <br> <br> |
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[[Immagine:ZenobiRemoX.jpg|thumb|left|200px|Remo Zenobi]] [[Immagine:EVarini.jpg|thumb|left|200px|Ettore Varini]] [[Immagine:Tessarolo.jpg|thumb|left|200px|Costantino Tessarolo]] |
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Il [[12 febbraio]] [[1949]], un’assemblea generale, tenuta a [[Via Frattina, 89|via Frattina]] sotto la presidenza del neo-eletto [[Zenobi Remo|Remo Zenobi]], mette finalmente mano allo statuto, non più toccato dall’assemblea del [[18 luglio]] [[1926]]: quella avvenuta all’indomani della trasformazione in "SS". Il nuovo statuto, una volta discusso e votato a maggioranza, viene stampato e ospita sul frontespizio uno stemma leggermente diverso dal precedente: le strisce sono bianco-azzurre, l’aquila è ''rivoltata'' (testa diretta verso il fianco sinistro dello scudo) e spiegata (punte delle ali verso l’alto, in questo caso in posa ''abbassata''). Come la prima post-bellica, anche quest’aquila del periodo repubblicano è una via di mezzo tra la Art Déco del [[1905]], la "spiegata-abbassata" del [[1914]] e la fascista mai resa ufficiale dei primi anni Quaranta. E non crediamo di andare lontani dalla verità nello scorgerci un’impressionante somiglianza con lo stemma della casa Moto Guzzi, per altro assai popolare in quegli anni. Posti uno accanto all’altro, i due animali araldici sono graficamente identici e la nostra "[[Olimpia]]" allunga il collo verso destra (secondo l’osservatore, ché il modus araldico inverte) solo un po’ di più. L’atto è quello di spiccare il volo, quindi niente aquile-razzo o pigramente appisolate sulla cima del Soratte. A rifletterci un attimo, quest’aquila volitiva della Prima Repubblica ci dice pure qualcos’altro, un motivo che quasi commuove: essa sta "ripartendo". <br> <br> Ma la data del [[12 febbraio]] [[1949]], notevole picco sulla piana della Timeline, balza all’occhio piuttosto per un'altra ragione. Su deliberazione assembleare e "per referendum", la SS Lazio zenobiana, di matrice democristiana, statuisce, all’articolo uno, i nuovi colori sociali. Essi sono "il bianco e l’azzurro". Nel [[1926]] erano stati il bianco e il celeste. Pure se, il [[23 luglio]] [[1927]], il presidente e generale miliziano, [[Varini Ettore|Ettore Varini]], illustrando in ordinaria i programmi della Lazio fascistizzata, aveva definito azzurro l’abito sociale. Cosa potrebbe spiegare la strambata notevole della Lazio di [[Zenobi Remo|Zenobi]]? Il ritrovamento, nel riordino delle carte per preparare l’assemblea, di uno statuto in cui la Podistica risultava nata azzurra? Non sarebbe poi così incredibile, se pensiamo al caso dei cugini giallorossi, che nello stesso periodo si riunirono a via del Tritone e scoprirono, da statuto, di essere nati il [[2 maggio]] del [[1927]]! <br> <br> Non si levarono voci contrarie sul viraggio alchemico dal ''partito'' celeste al ''partito'' azzurro, pare. La squadra di calcio continuò a vestire preferibilmente tinte celesti. I giornali, d’altronde, da molto tempo descrivevano le gesta dei "biancazzurri", mai dei "biancocelesti". Questa abitudine reiterata al suono – ''biancazzurri'' – probabilmente influì sulla scelta: quasi un caso esemplare di usucapione. Tuttavia, a livello iconografico e documentale, anche qui notiamo la dicotomia che percorre tutta la storia: una tessera originale del [[1951]], appartenuta al direttore della sezione di scherma, il Maestro Vito Resse, presenta sulla fronte lo stemmino "Moto Guzzi" azzurrino e, sul retro, una simpatica sbarra diagonale celeste carico. <br> <br> A "Papà" [[Zenobi Remo|Zenobi]], dunque, a questo presidente dalla personalità dura e inesorabile, a quest’uomo di sangue umbro appartenente a una delle grandi Famiglie Laziali che hanno sostenuto la Società nei momenti di travaglio (e quella stagione [[1948/49|1948-49]] fu difficile, sul piano societario e sotto il profilo dei risultati calcistici), dobbiamo un cambiamento statutario destinato a durare trentatré anni. Seguiranno, infatti, altre assemblee e modifiche: nel [[1952]], [[1955]], [[1964]] e [[1965]], e via su fino al volgere del [[1982]], quando si riapproderà, per volere di [[Nostini Renzo|Renzo Nostini]], al bianco e celeste. Ma, a livello di stemmi ufficiali, già con [[Tessarolo Costantino|Costantino Tessarolo]] giunto alla doppia presidenza (SS Lazio e Sezione Calcio) nella stagione [[1953/54|1953-54]], si era tornati allo scudo ''francese antico'' a strisce bianco-celesti, di cui le tre bianche centrali. L’aquila, pure, in questi anni Cinquanta e Sessanta, perde la sua carica scultorea e viene raffigurata secondo uno schema essenziale di linee e colori. <br> <br> Particolarmente importante fu la decisione del Consiglio assembleare del [[2 maggio]] [[1964]], che riconobbe la trasformazione della SS Lazio [[1926]] nella nuova ''Associazione delle Società Sportive "Lazio"'', vale a dire l’amministrazione autonoma delle singole sezioni assurte a club a sé stanti. E allora vediamo che, all’Articolo 1 – ''Costituzione, scopo e sede'' –, lo Statuto del [[1964|’64]] recita testualmente: "l’Associazione ha i colori comuni a tutti i Sodalizi aderenti, che sono il bianco e l’azzurro". Ergo, l’attuale SS Lazio è nata biancazzurra il [[2 maggio]] del [[1964]]. Questo ci dicono i registri e gli atti ufficiali. <br> <br> La Timeline serve a fare chiarezza concettuale e, soprattutto, ha l’ufficio di spingerci a porre le domande giuste. In questo caso: perché l’azzurro, nel fondante [[1964|Sessantaquattro]]? Solo per non divergere dalla tradizione degli statuti post-regime? Ma lo stemma ufficiale non era di nuovo bianco-celeste? Vero! E la squadra di calcio non giocava con le casacche celesti? Eh no, affatto! Dalla stagione della discesa in [[Serie B]], nel [[1961/62|1961-62]], la SS Lazio Sezione Calcio, e poi la SS Lazio Calcio, avevano dimenticato la fedeltà al celeste con cui [[Mercoledì 24 settembre 1958 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Fiorentina 1-0|s’era vinto il primo trofeo nazionale della storia]]: la [[Coppa Italia]] del [[1958]]. I calciatori avevano iniziato ad usare, sempre più spesso in [[campionato]] e nelle competizioni, vari set di maglie azzurre, turchesi (azzurro-verde) o blu; inequivocabilmente blu. Sfogliando una collezione di Album Panini, per esempio l’annata [[1966/67|1966-67]], la descrizione della divisa, posta sopra uno stemmino adesivo di un bell’azzurro, informa: "Colori sociali: maglia azzurra con bordi bianchi, calzoncini bianchi, calzettoni bianchi con risvolto bianco-azzurro". Il capitano della squadra quell’anno era [[Pagni Pierluigi|Pierluigi Pagni]], oggi socio decano del centenario [[Circolo Canottieri Lazio]]. <br> <br> |
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[[Immagine:Ci58d.jpg|thumb|left|200px|La Coppa Italia 1958]] [[Immagine:Pagni figurina 4.jpg|thumb|left|200px|Pierluigi Pagni]] |
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[[Immagine:Rosa 1973-74.jpg|thumb|left|200px|La Lazio 1973/74]] |
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Chi di voi appartiene alla generazione dei "boomers" (i nati negli anni [[1955]]-[[1965|65]]) sa bene che l’imprinting, per loro, è arrivato su una Lazio biancazzurra. I negozi di articoli sportivi mostravano in vetrina sette maglie: Nazionale, [[Inter]], [[Milan]], [[Juventus]], [[Roma]], Lazio e [[Napoli SSC|Napoli]]. La tonalità della maglia azzurra girocollo bianco della Lazio differiva di poco da quella della Nazionale o anche del [[Napoli SSC|Napoli]]; in effetti, non c’era in vendita una Lazio celeste! La bandiera che sventolava sui tre pennoni dello [[Stadio Olimpico - Roma|Stadio Olimpico]], sopra la Tribuna Tevere – qualcuno dei lettori certo se la ricorderà –, era metà bianca e metà azzurra (''partito di destra'' azzurro e ''partito di sinistra'' bianco). La "Lazietta" dello [[Stadio Flaminio - Roma|Stadio Flaminio]], dove era di casa anche perché vi aveva sede la Polisportiva, in altalena sofferta tra [[Serie A|la A]] e [[Serie B|la B]] per tutto il decennio, esibiva maglie a volte celesti e altre di un azzurro elettrico, quasi marino, cioè Navy; oppure Denim e Blu Reale, nelle sfumature sia chiaro che scuro; e via anche i pantaloncini bianchi, che negli anni del Boom economico, e fino al [[1970/71|1970-71]], lasciavano sovente il posto a tenute interamente blu-azzurre. Gli "anni yé-yé" contrapposti alla "serietà" di una Lazio in scuro. E con le prime "English shirt" firmate da ditte britanniche, tipo la Umbro. <br> <br> Sembrerà strano, ma, sulla Timeline, il celeste torna a regnare incontrastato in epoca di "Austerity": la crisi del petrolio. Nel [[1972]], il celeste con lo scollo a V è netto. La squadra vincitrice dello [[scudetto]] [[1973/74|1973-74]] è addirittura cilestrina; e l’anno successivo [[Chinaglia Giorgio|Giorgione Chinaglia]] porta agli amici dalla natia Inghilterra un paio di scatoloni pieni di maglie di tonalità cerulea. Una casacca jersey a maniche lunghe di un tessuto di qualità superiore, rispetto alle maglie degli altri club professionistici italiani. Uno di noi Laziowikiani l’ha avuta tra le mani, quella bellissima maglia, e può testimoniare al riguardo. Essa rispecchiava lo standard sportivo britannico: rammentate le stupefacenti tenute dell’Inghilterra di Kevin Keegan? <br> <br> Ma, non dimentichiamolo, la SS Lazio in tutte le sue diramazioni, ancora negli anni Settanta era sempre, ufficialmente, bianca e azzurra. Nel [[1974]], però, essa presenta un rivoluzionario stemma sociale, che sconfessa lo statuto in vigore: la grafica è modernissima, lo scudo, sempre di foggia ''francese antica'', ha una ''bordatura'' celeste e le strisce sono biancocelesti, singolarmente abbinate in tre "colonne" che spiccano sul campo bianco. La versione "marchio" – in pratica il logo – non ha tracce di celeste: è tutto bianco e azzurro! Il problema è dato dal fatto che l’emblema confonde l’osservatore sul numero esatto delle strisce: sono sei? Così pare. E perché sei? Sicuramente solo un caso. Ma nella simbologia, uno dei significati del numero sei è il raggiungimento di un determinato obbiettivo. <br> <br> Nel [[1979]], in omaggio alle strategie di merchandising, la SS Lazio S.p.A. per la prima volta nella sua storia diverge, nella scelta dell’emblema, dalla polisportiva. Infatti, la Lazio Calcio affida a Piero Gratton (designer milanese scomparso lo scorso aprile, a lui si deve il "lupetto" romanista del [[1978|‘78]]) la creazione di un logo di forte impatto e assai innovativo. Così che l’Aquila Reale abbandona il modello "Moto Guzzi", dimentica i suoi rigidi codici araldici, volge le iridi divine a mancina e un minimo si destruttura. La creazione di Gratton porta con sé un Blu Reale abbastanza consono. Il rapace si posa sulle maglie della Pouchain, dando vita a un logo lineare come il monogramma "SPL", bianco su fondo blu, usato sulle maglie dei primi anni Venti, ai tempi del mitico [[Bernardini Fulvio|Fulvio Bernardini]]. <br> <br> Ci sarebbe, poi, un ulteriore discorso: l’identificazione del simbolo nelle bandiere e negli oggetti in vendita, di cui è "spia" l’utilizzo negli album di figurine. E allora vediamo che, negli anni del Boom, la Lazio Calcio è simboleggiata da un campo azzurro o Blu Navy, traversato da una ''fascia'' bianca oppure da una ''banda''. Nel decennio successivo, invece, torna lo scudo ''francese antico'', con le sette strisce di cui le tre ''in palo'' celesti. Prepotente è il rientro dell’aquila dorata: la cara immagine svalutata prima e, a volte, perfino sostituita dalla "ciociara". <br> <br> <p align=center> MA NO, GUARDATE LA STORIA: SIAMO BIANCOCELESTI! </p> E il balletto continua. Il [[9 dicembre]] del [[1982]], nella sede di [[Via Col di Lana 8|via Col di Lana]], giusto a fianco del Bar Vanni dove, ogni tanto, noi monaci LW (nome acrostico-palindromico per il nostro ordine: significa "Viva la Lazio") ci riuniamo, un’assemblea decide che il bianco e il celeste debbano essere considerati i colori ufficiali della Società. Che ricambia il titolo in "SS Lazio", abbandonando il chilometrico "Associazione delle...". Quella stagione registra il passaggio della presidenza generale della Polisportiva da [[Nostini Renzo|Nostini]] a [[Sandulli Ruggiero|Ruggiero Sandulli]]; e vede i nostri atleti entrare in campo con le mitiche "maglie bandiera" della ditta Ennerre (una curiosità: la sigla sta per "Nicola Raccuglia" e furono delle suore abruzzesi le prime a filarle) marcate Seleco, metà bianche e metà celesti, volante sul petto l’aquila-marchio realizzata da Cesare Benincasa su incarico del grande presidente, di Famiglia lazialissima, [[Casoni Chiarion Gian|Gian Chiarion Casoni]]. Il logo ha una duplice versione, grazie a un poligono complesso a sei lati con panoplia bianco-blu-celeste; detto per inciso, la forma dell’esagono non è di quelle che consentono l’inscrizione al suo interno di una stella massonica. Inoltre, da ora in avanti il magico tris bianco-blu-celeste (il bianco e il blu abbinati sono molto usati nei marchi della finanza, esprimendo sicurezza e solidità, il celeste ha un suo "trasporto" spirituale) acquista una sua costante visibilità sui loghi e sulle maglie laziali. <br> <br> |
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[[Immagine:Renzo Nostini 3.jpg|thumb|left|200px|Renzo Nostini]] [[Immagine:Casoni.jpg|thumb|left|200px|Gian Chiarion Casoni]] [[Immagine:Simboli - 1993-oggi.png|thumb|left|200px|Il logo dal 1993]] |
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Avete mai ballato il valzer? Arriva un momento che vi tocca fare la doppia giravolta completa, stando bene attenti che la vostra compagna (o compagno) non vada giù per le terre. Nel [[1987]], assieme alla prima maglia acetata (''orribile visu'') e per mano del presidente [[Calleri Gian Marco|Gian Marco Calleri]], lo stemma post-bellico riappare. La rivisitazione in chiave grafica, per dar vita al marchio brevettato, lo pone parecchio più in basso, come qualità estetica, rispetto agli emblemi araldici, pregni di messaggi sottesi, del [[1945]] e [[1949]]. Ma l’aspetto basilare è che le righe del nuovo scudo, ora di tipo ''sannitico'', si mantengono celesti e non azzurre, in accordo con lo statuto modificato. Cinque strisce di cui le ''due in palo'' bianche, obliando la tradizione risalente al primo Novecento: quella che ci ricordava la nascita di una Lazio composta da "tutti uguali". Non muta l’aquila, che è sempre la solita ''spiegata, rivoltata abbassata'' che volge il capo alla destra dell’osservatore. <br> <br> Il restyling prosegue senza tregua e ha un upgrade nel [[1993]], con la super-Lazio di [[Cragnotti Sergio|Sergio Cragnotti]]: l’aquila d’argento posa baldamente su uno scudo ''francese antico'' con la campitura celeste e una striscia ''in palo'' bianca: sono solo tre le strisce. Notiamo, soprattutto, che negli anni dei trionfi cragnottiani la SS Lazio S.p.A. si premura di adottare il pantone 297C come colore componente il logo coperto da copyright. (Della serie: ora non si può più sbagliare...). La Polisportiva segue prontamente la sua prediletta figlia nel pantone, ma fa di più: registra il vecchio emblema della prima "Podistica" e, nel [[2015]], lo affianca allo stemma del [[1974]]: un logo "pas de deux" che riesuma l’aquila balleriniana e i suoi valori; tra i quali, senza dubbio, anche quelli "olimpici". Nel [[2019]] è stato registrato un ulteriore marchio: un bollino bianco, celeste e blu con dentro un Colosseo stilizzato, l’aquila dorata, il titolo e la data di fondazione della Società. Oggi, ogni società/sezione aderente ha il suo logo particolare, e diverse tra loro, ad esempio la [[S.S. Lazio Nuoto|SS Lazio Nuoto]], mantengono lo scudo classico del dopoguerra, il più "repubblicano": il francese antico a sette strisce di cui le tre ''in palo'' bianche; l’aquila, così come le bordature, è tradizionalmente color oro e guarda a mancina. <br> <br> Per concludere, è giusto sottolineare che una sorta di crociata, volta a favore del recupero del "biancoceleste" non solo sui loghi e sui marchi, sugli emblemi e sulle maglie, ma anche nelle cronache e nel tifo, è stata portata avanti nelle ultime due o tre decadi. Vero è che lo statuto in vigore, approvato dalla Società Sportiva Lazio il [[12 luglio]] del [[2012]], parla chiaro. Esso recita, all’Art. 2: "I colori dell’Associazione e dei Sodalizi costituenti sono il bianco ed il celeste, propri della bandiera greca, scelti per esaltare lo spirito olimpico dell’Associazione". <br> <br> Ecco, magari noi di LazioWiki avremmo qualcosina da obiettare sulla seconda parte della proposizione. Ma l’antica Costantinopoli dell’imperatore Giustiniano non c’è più, per cui non è il caso di impiantare qui un concilio per metterci d’accordo sul presunto "olimpismo laziale". Il monito per i più giovani, comunque, resta validissimo. Sempre che noi si vada indietro allo spirito olimpico in auge cento anni or sono ai tempi di [[Ballerini Fortunato|Ballerini]] presidente; o anche solo cinquant’anni fa, quando [[Bitetti Olindo|Olindo Bitetti]] e [[Pennacchia Mario|Mario Pennacchia]] offersero la loro bella narrazione, tanto cara ai tifosi della Lazio nello scorrere della Timeline. |
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| ► [[Timeline colori e simboli SS Lazio]] |
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| align=center | LECTIO FACILIOR |
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| Nel numero di novembre del [[2000]] la rivista Lazialità pubblicò, a cura di Fabio Argentini, un diario redatto nel [[1899]] dal fondatore [[Bigiarelli Luigi|Luigi Bigiarelli]]. Alcune notizie riportate all'epoca della pubblicazione si sono rivelate negli anni successivi non esatte, grazie a successivi approfondimenti e nuove ricerche. Riportiamo in galleria cinque articoli ritagliati. Per una loro miglior lettura, potete cliccare sulle foto per ingrandirle. Questi diari erano noti sin dal [[1948]], quando furono resi pubblici da [[Bitetti Olindo|Olindo Bitetti]] in un articolo apparso sul [[Corriere dello Sport]]. La vicenda è inedita e assai curiosa: Edmondo Pollini si recò, un giorno di fine estate, alla sede del giornale. Il [[Corriere dello Sport|"Corriere"]] stava, all’epoca, a via del Corso, e precisamente in un palazzo a Largo dei Lombardi e la sua tipografia rombava proprio sotto l’altare maggiore della Chiesa di San Carlo. <br> <br> Edmondo aveva letto i precedenti articoli di [[Bitetti Olindo|Bitetti]], pubblicati in una rubrica dal titolo "Ciarle sportive". In essi, il decano della Lazio aveva raccontato le origini del nuoto e della pallanuoto a Roma; e come fossero collegabili ai primi passi della Podistica Lazio. Pollini recò con sé il diario, tenuto in custodia dalla sorella di [[Bigiarelli Luigi|Luigi Bigiarelli]], la signora Anna. Dal testo di [[Bitetti Olindo|Bitetti]], che inizia col report della visita inattesa, si evince che il diario sia stato, nella circostanza, addirittura lasciato al giornalista, forse per consentire una più attenta disamina. Ma cosa scrisse il fondatore della [[Circolo Canottieri Lazio|Canottieri Lazio]], nonché futuro "suggeritore" (così diceva agli amici...) dei colori laziali, nel [[1948]]? Ebbene, la cosa vi stupirà: [[Bitetti Olindo|Bitetti]] riporta i dubbi podistico-natatori del Fondatore e non allude ad altre motivazioni per la nascita del sodalizio se non alle disgrazie amorose di [[Bigiarelli Luigi|Bigiarelli]]. Con spirito elzeviristico, ne fa il centro del titolo: "DALL’AMORE...........". <br> <br> Se pensiamo che da pochi giorni si erano chiusi i Giochi Olimpici a Londra, sorprende che [[Bitetti Olindo|Bitetti]] non abbia approfittato della coincidenza per ricordare la matrice "a cinque cerchi" della Società che amava tanto. Cosa se ne può dedurre? Beh, noi di LazioWiki ne deduciamo che anche questo episodio non fa che avvalorare quanto sostenuto da noi e dallo storiografo dello sport Marco Impiglia, fresco socio di LazioWiki: qualsiasi ipotesi relativa alla scelta dei simboli, dei colori e dei riferimenti olimpici, coeva alla fondazione della Lazio, è non provata e non suffragata da documenti. [[Bitetti Olindo|Bitetti]] conclude il suo articolo del [[1948|’48]] con una informazione pure preziosa: [[Bigiarelli Luigi|Bigiarelli]] partì per il Belgio e portò con sé il "seguito" del diario, che come sappiamo si interrompe a dicembre del [[1899]]. Secondo fantasmagorico diario di cui si sono perse le tracce. Ma è sicuro che in questo "Santo Graal" sta il Segreto Vero della Fondazione della Lazio. Beato il Cavaliere del Cigno che lo troverà. <br> <br> Certo è che [[Bitetti Olindo|Bitetti]], nel raccontare a [[Pennacchia Mario|Mario Pennacchia]] delle scaturigini della SS Lazio vent’anni dopo la visita di Edmondo Pollini, non prende assolutamente in esame il diario bigiarelliano. E non ne parla all’amico giornalista! Infatti, non rientrano nelle storie tutti i dubbi di "Giggi" riguardo al nome da dare alla costituenda società. Al contrario, emerge una storia nuova e tenera, ma fino a quel momento sconosciuta. Beh, abbiamo la netta impressione che il "mito di fondazione" sia partito da lì: dal desiderio di [[Bitetti Olindo|Bitetti]] di appaiare la Lazio ai Giochi Olimpici; che giusto pochi anni prima aveva visto "esplodere" di bellezza e vitalità nella sua città. Una romantica quanto studiata idea, degna dell’uomo che più a lungo si è speso per il bene della SSL. E però LazioWiki è tetragona a simili fantasticherie. LazioWiki ragiona come Sherlock Holmes, motivo per cui ribadisce le sue ferme convinzioni: i colori furono introdotti il [[15 maggio]] [[1904]] in occasione [[Domenica 15 maggio 1904 - Roma, Piazza d'Armi - Lazio-Virtus 3-0|della prima partita]] giocata con i "cugini" della [[Virtus]] a [[Piazza d'Armi]]. <br> <br> Nacquero – quasi per un processo biologico naturale – dai capricci del Fato e furono ufficializzati nel corso del pranzo alla [[Trattoria dell'Olmo]] il [[24 ottobre]] [[1904]], allorché fu donata la bandiera al neo-presidente [[Ballerini Fortunato|Fortunato Ballerini]]. E parimenti vale il discorso inerente all’aquila. Che non spiccò il volo sullo scudo della SPL all’attimo della fondazione. Il simbolo araldico per eccellenza venne adottato almeno dal primo ottobre [[1905]] – sempre secondo le nostre ultime indagini. Il documento più antico in cui compare rimane quello del marzo [[1906]], scoperto da Impiglia. Anche per l'ispirazione olimpica, dunque, la bilancia del merito sembra pendere dalla parte di [[Ballerini Fortunato|Ballerini]] – uno dei personaggi più importanti nell’impianto sportivo nazionale nel periodo ante prima guerra mondiale. [[Ballerini Fortunato|Ballerini]], funzionario incaricato di intrattenere i rapporti con il C.I.O. per far assegnare a Roma le Olimpiadi del [[1908]], approva nel [[1904]] un vessillo a righe bianche e celesti che ricorda un poco la bandiera della Grecia. <br> <br> Ed è lui, il futuro segretario del primo CONI, l’uomo che si incarica di trasmettere alla Podistica i valori connessi al concetto decoubertiniano di "amateur", in un ambito disciplinare quanto mai eclettico e venato di sentimenti pedagogici e formativi. Il Mito della Lupa e di Romolo e Remo è cosa grandiosa. Ma è pur sempre una storia. Il Mito della Fondazione Olimpica della Società Sportiva Lazio è grandioso, ma è pur sempre un racconto morale, una carezzevole fiaba. Un racconto che ancor oggi commuove i più giovani lettori. Utile a trasmettere i valori giusti a chi prosegue il cammino. Codesta è, dunque, la "lectio facilior" consegnataci da [[Bitetti Olindo|Olindo Bitetti]]. Cinquanta anni or sono. |
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| align=center | I Terrapiattisti |
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| Anassagora, Eratostene, Pitagora, Parmenide, pure quel pedante di Platone, Aristotele e poi Plinio il Vecchio, Sant’Agostino, l’Alighieri ne erano certi: la terra è una sfera. Poi intervennero Huyghens, Richer, Newton e ci spiegarono che proprio una palletta la terra non era, bensì un ellissoide. Gli astronauti ci hanno fatto vedere fotografie che solo qualche marziano probabilmente aveva scattato prima di loro e tutti ci siamo convinti che abitiamo su una superficie curva a forma di mela. Tutti? No, non tutti. Ci sono i "terrapiattisti". Coloro che giurano che la terra è una tavola, che il sole dista appena 5000 chilometri e che tutta la scienza precedente e quella attuale sono parte di un complotto; al punto che il loro teorico Charles Kenneth Johnson scrisse un dotto articolo dal titolo "L'idea di un globo rotante è una cospirazione fallace contro la quale Mosè e Colombo si batterono...". <br> <br> In effetti, il mondo dei terrapiattisti (esiste anche la Società) è un assieme variegato come un gelato all’amarena, in quanto a idee bislacche e teorie fumose. Ci sono quelli che sostengono che le scie lasciate dagli aerei in cielo, normali fenomeni di condensazione, siano irrorazioni chimiche rilasciate a fini complottisti da alcune superpotenze. Altri affermano che l’uomo non sia mai stato sulla luna, che Leonardo fosse un alieno, che i "protocolli dei savi di Sion" fossero mezzi per permettere ai perfidi giudaico-massoni di dominare il mondo. Più o meno dalla metà dell’Ottocento circolano queste organizzazioni, e, guarda un po’, sorsero in America. Ricordiamo di aver letto, da ragazzi, una simpatica novella di Rudyard Kipling: ''The village that voted the Earth was flat''. Un divertissement letterario in cui lo scrittore anglo-indiano dimostra come si possa tranquillamente sfruttare la credulità popolare. <br> <br> Una caratteristica comune a tutti i terrapiattisti è che non si smontano nemmeno davanti alla prova provata. Niente, intignano. Sono refrattari. I terrapiattisti ci interessano perché pure nella nostra "piccola patria" laziale abbondano e prosperano. E’ vero: prudenza, tolleranza e saggezza vorrebbero che fossero lasciati liberi di credere a ciò che vogliono. Purtroppo, però, costoro instillano le loro convinzioni negli abitanti del villaggio di cui Kipling parla. E il risultato è che elementi storici oramai accertati scendono di rango, divenendo essi stessi oggetto di controversie aleggianti sul tam-tam delle radio e Tv private e dei blog, se non addirittura dichiarati falsi. <br> <br> E qui LazioWiki, sito enciclopedico che da 13 anni, per primo, si adopera a ricostruire la storia della SS Lazio, artefice dell’aver portato alla luce almeno l’80% di tale storia tramite le 25.000 pagine pubblicate e i 130.000 documenti e fotografie messi a disposizione degli appassionati gratuitamente, noi (i "laziowikiani") che abbiamo pubblicato quattro libri sulla Lazio di grande successo critico e commerciale e collaborato alla redazione di un ulteriore volume di fondamentale importanza per conoscere – alla luce della storiografia più seria – la genesi della Società biancoceleste, noi – si diceva – ci alteriamo. Una alterazione amara, un sentimento delicato da luna che si riflette nel pozzo, un rammarico interiore, intimo. Notturno. Laziale. Ma che è successo di così grave? <br> <br> Durante una recente trasmissione televisiva imperniata sulla Lazio, un intervistato, dopo aver dottamente spiegato la situazione concernente l’iter del procedimento teso a far assegnare alla Lazio ex aequo col [[Genoa]] il sacrosanto titolo di [[Campione d'Italia|campione d’Italia]] [[1914/15|1914-15]], nelle more affermava, ex abrupto e con inossidabile certezza, che la Lazio, in sostanza per circa un secolo, ha avuto i colori biancoazzurri e non quelli biancocelesti. A molti potrebbe sembrare una questione di lana caprina. Forse a Montale quel bianco-azzurro piacerebbe molto più del bianco-celeste. Ma per chi ha indagato per anni in biblioteche, emeroteche, archivi e istituti di ricerca, per noi che abbiamo sfogliato migliaia di pagine di giornali, libri, opuscoli, e tutto al fine di dimostrare quali fossero i veri colori della Lazio, udire il pressapochismo ci fa cadere letteralmente le braccia. <br> <br> Dice l’intervistato che la Lazio è biancoceleste perché uno statuto di fine anni ’90 ha deliberato che i colori sociali sono il bianco e il celeste. Tuttavia, aggiunge, la Lazio nasce il [[9 gennaio]] del [[1900]] e sceglie come bandiera quella greca che era bianca e azzurro chiaro e che prima del [[campionato]] [[1912/13]] la Lazio veniva riportata sui giornali solo per le Sezioni [[S.S. Lazio Escursionismo|Escursionismo]], [[S.S. Lazio Atletica leggera|Podismo]] e [[S.S. Lazio Nuoto|Nuoto]] e non veniva definita cromaticamente. <u>Poi, dal [[1912/13]] è stata bianca e azzurra fino alla seconda guerra mondiale e fino agli anni ‘90 la Lazio è sempre bianco azzurra.</u> Fino al [[2001]] ancora veniva comunemente indicata come biancoazzurra e solo con il nuovo millennio sia diventata biancoceleste. <br> <br> Vogliamo prendere in considerazione la parte sottolineata. E’ certo che i giornali scrivessero "biancoazzurro" e addirittura "turchino", per indicare le maglie dei calciatori della Lazio; ad esempio, lo scrivono La Capitale Sportiva, L’Italia Sportiva e vari altri giornali. Ma la dizione più comune resta "biancoceleste". Se l’intervistato pone come vincolante la decisione dello statuto di fine millennio per il cambiamento da "biancazzurro" a "biancoceleste", perché mai non ritiene altrettanto vincolante lo statuto approvato nell’assemblea dei soci tenuta all’ex convento dei Cappuccini il [[9 aprile]] [[1923]], in cui, all’articolo 15, si stabilisce che: ''I colori sociali sono il bianco e il celeste. Il motto: Concordia parvae res crescunt."''? Tale decisione è confermata anche nel contemporaneo Regolamento della società che all’articolo 66 specifica nel dettaglio colori e divise. <br> <br> [[Immagine:Terrapiattisti1.jpg|center|border|300px]] <br> <br> Se poi si desiderassero altre prove, è sufficiente scorrere le pagine de L’Italia Sportiva del [[27 settembre]] [[1920]], e leggere un breve segmento dell’articolo dedicato all’inaugurazione dello chalet del Circolo Canottieri Lazio, che recita: <br> <br> [[Immagine:Terrapiattisti2.jpg|center|border|550px]] <br> <br> Risibile, poi, è l’assunto dell’intervistato laddove afferma che prima del [[campionato]] [[1912/13]] la Lazio veniva riportata sui giornali solo per le Sezioni [[S.S. Lazio Escursionismo|Escursionismo]], [[S.S. Lazio Atletica leggera|Podismo]] e [[S.S. Lazio Nuoto|Nuoto]] e non veniva definita cromaticamente. ''"Ma siamo pazzi?"'', direbbe Totò. A parte che i giornali trattavano di Calcio e di Lazio quasi quotidianamente, per smentire che non ci siano stati riferimenti cromatici è sufficiente leggere una parte della cronaca del settimanale Roma Sportiva del [[4 maggio]] [[1908]], relativa [[Domenica 26 aprile 1908 - Napoli, Campo di Bagnoli - Naples-Lazio 1-3|al match]] [[Naples|Naples FC]]-SP Lazio valido per la Coppa Salsi: ''"...Alle quattro e pochi minuti l’arbitro, il signor Lau-Esposito, chiama in campo le due squadre. La squadra della Lazio (camicette bianco-celesti) è favorita dalla sorte e il suo capitano, [[Dos Santos Francisco|Dos Santos]], sceglie il campo: alla squadra del [[Naples]] (camicette bleu-celesti), capitano Potts, resta la palla..."'' <br> <br> E di che colore erano le sette strisce della prima bandiera sociale donata al presidente [[Ballerini Fortunato|Ballerini]] alla [[trattoria dell'Olmo]] il [[24 ottobre]] [[1904]]? Bianche e celesti, naturalmente. Giunti a questo punto, sempre Totò esploderebbe la celebre frase: ''"Si informi e si convinca!"'' Tuttavia, dovendo convincere gli increduli, qui offriamo loro altre prove. Con quali colori il grande [[Ancherani Sante|Santino Ancherani]] aveva fatto confezionare da sua madre e dalla sorella le camicie da gioco a riquadri per indossarle [[Domenica 15 maggio 1904 - Roma, Piazza d'Armi - Lazio-Virtus 3-0|nella prima partita ufficiale]] Lazio-[[Virtus]], giocata a [[piazza d'Armi]] il [[15 maggio]] [[1904]]? E’ facile: il bianco e il celeste. In un articolo apparso sul [[Corriere dello Sport]] nel [[1961]], il primo centravanti – l’antenato più lontano di [[Immobile Ciro|Ciro Immobile]] – spiegava al giornalista Vittorio Finizio la cosa. <br> <br> [[Immagine:Terrapiattisti3.jpg|thumb|center|550px|Il ritaglio proviene dall'archivio Ancherani]] <br> <br> Fu lui, dunque, come ci ha ricordato il libro di Impiglia sulla "Podistica", l’atleta che diede ai compagni i bei colori. La storia della bandiera greca e dell’aggancio alle Olimpiadi fu una versione assai tarda, risalente alla metà degli anni sessanta, operata da [[Bitetti Olindo|Olindo Bitetti]] per il libro di [[Pennacchia Mario|Mario Pennacchia]]. Infatti, per quanto noi si sia solcato in lungo e in largo i mari della documentazione critica, archivistica o di emeroteca, mai è uscito fuori alcun accenno all’"olimpismo" genetico della SPL, avanti detta pubblicazione. Forse – come ci ha più volte detto l’amico Marco – l’idea geniale della bandiera greca sopravvenne a [[Bitetti Olindo|Bitetti]] in rapporto all’inaugurazione del vessillo sociale a rigoni bianchi e celesti, occorsa poco dopo l’avvento alla presidenza di [[Ballerini Fortunato|Fortunato Ballerini]]. Che giusto in quei giorni portava avanti il progetto di allestire a Roma i Giochi Olimpici del [[1908]]. E se c’è qualcuno che ha dato alla Lazio un assetto amatoriale altamente organizzato e lo spirito olimpico pan-culturale che fu del barone Pierre Fredy de Coubertin, costui è stato il grande [[Ballerini Fortunato|Ballerini]]. "Sua Eccellenza", come gli si rivolgevano i pionieri. Crediamo sia inutile continuare, giacché i documenti da mostrare, a sostegno del nostro logos, sarebbero numerosi. E allora, ancora una volta ci viene in soccorso il Principe De Curtis: ''"Ogni limite ha una pazienza"''. <br> <br> A noi di LazioWiki il biancoceleste piace. Ci gusta un chicchero. I primi footballers lo scelsero perché era "delicato e signorile" – come ricordò con tanta emozione e sentimento [[Ancherani Sante|Santino]] –, motivo per cui ce lo teniamo ben stretto. Inoltre, resiste da 116 primavere. Ciò detto, rispettando il pensiero democratico di Gorgia, è pure vero che a ogni questione sono applicabili almeno due argomentazioni. Così la terra è rotonda e piatta allo stesso tempo. Ma a ognuno il suo mestiere, per cortesia! <br> <br> [[Immagine:soragi.jpg|thumb|center|550px|Le "celestiali" maglie dello scudetto 1973/74 accudite e lavate dalla "sora" Gina Ciaschini a Tor di Quinto]] |
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