Gallone Walter: differenze tra le versioni
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Walter era un appassionato di sport e un ottimo scrittore. Sport a tutto tondo, perché aveva cominciato la sua carriera seguendo il ciclismo dilettantistico, nelle polverose strade di provincia, per poi passare al calcio, alla sua grande passione, con il privilegio di seguire, sempre con eccelsa professionalità, la squadra per cui più palpitava, la sua Lazio. Un racconto lungo vent’anni, quelli della scalata allo scudetto del |
Walter era un appassionato di sport e un ottimo scrittore. Sport a tutto tondo, perché aveva cominciato la sua carriera seguendo il ciclismo dilettantistico, nelle polverose strade di provincia, per poi passare al calcio, alla sua grande passione, con il privilegio di seguire, sempre con eccelsa professionalità, la squadra per cui più palpitava, la sua Lazio. Un racconto lungo vent’anni, quelli della scalata allo scudetto del [[1974]], quelli più bui del decennio successivo. Ha descritto e intervistato generazioni di calciatori, di dirigenti, di medici e massaggiatori dello staff biancoceleste. Con competenza e dedizioni uniche. Sempre il primo ad arrivare al campo di allenamento di Tor di Quinto, l’ultimo ad andarsene perché niente voleva che gli sfuggisse, anche la minima notizia che potesse interessare i tifosi e i semplici appassionati. |
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Walter si è dato completamente alla sua professione. E con tutti, da Chinaglia a Wilson e D’Amico, da Giordano a Manfredonia, dai giovani della Primavera che ha visto crescere e diventare professionisti fino a quanti sono passati magari solo per una stagione per il Flaminio e l’Olimpico, ha sempre mantenuto vivi i rapporti professionali e di amicizia. Una grande carica di simpatia e di capacità tecnica e di scrittura. Altri tempi quelli in cui il rapporto con i protagonisti del calcio era quotidiano, di confronto, a volte anche di litigio che inevitabilmente si trasformava, magari a tavola, in un abbraccio riappacificatore. |
Walter si è dato completamente alla sua professione. E con tutti, da Chinaglia a Wilson e D’Amico, da Giordano a Manfredonia, dai giovani della Primavera che ha visto crescere e diventare professionisti fino a quanti sono passati magari solo per una stagione per il Flaminio e l’Olimpico, ha sempre mantenuto vivi i rapporti professionali e di amicizia. Una grande carica di simpatia e di capacità tecnica e di scrittura. Altri tempi quelli in cui il rapporto con i protagonisti del calcio era quotidiano, di confronto, a volte anche di litigio che inevitabilmente si trasformava, magari a tavola, in un abbraccio riappacificatore. |
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La scrupolosità era probabilmente la sua dote migliore, quella dei cronisti di rango. Quella che ha sempre messo, più tardi, nel seguire le nazionali di calcio, i mondiali del |
La scrupolosità era probabilmente la sua dote migliore, quella dei cronisti di rango. Quella che ha sempre messo, più tardi, nel seguire le nazionali di calcio, i mondiali del [[1990]], le imprese dell’Under 21. Al Messaggero, a conferma di una grande duttilità, si è occupato anche di Formula 1 e di sci, seguendo da inviato diverse Olimpiadi invernali, per poi ritornare al suo primo amore, la bicicletta. Giri d’Italia, Tour de France, grandi classiche e mondiali: una passione immutata con il passare degli anni. Ma sempre con il biancoceleste nel cuore, anche se allo stadio, per ragioni di lavoro, è andato via via più raramente. |
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Da poco ci aveva garbatamente salutato per la pensione, con l’idea di passare finalmente le meritate vacanze nell’amata isola del Giglio. Ci ha lasciati all’improvviso, attoniti e senza lacrime sufficienti a tentare di colmare almeno una parte del vuoto. Amico prima ancora che collega, con cui abbiamo lavorato fianco a fianco, godendo dei suoi racconti e della sua ironia. |
Da poco ci aveva garbatamente salutato per la pensione, con l’idea di passare finalmente le meritate vacanze nell’amata isola del Giglio. Ci ha lasciati all’improvviso, attoniti e senza lacrime sufficienti a tentare di colmare almeno una parte del vuoto. Amico prima ancora che collega, con cui abbiamo lavorato fianco a fianco, godendo dei suoi racconti e della sua ironia. |
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Venerdì alle 12,30 nella chiesa di San Bellarmino a Piazza Ungheria l’ultimo saluto. Tra le bandiere e i gagliardetti della Lazio, che certo qualcuno porterà con sè. I colori del cielo. |
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[[Categoria:Biografia|Gallone Walter]] |
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Versione delle 23:27, 14 mar 2012
Giornalista. Nato nel 1948 e deceduto il 14 marzo 2012
Walter era un appassionato di sport e un ottimo scrittore. Sport a tutto tondo, perché aveva cominciato la sua carriera seguendo il ciclismo dilettantistico, nelle polverose strade di provincia, per poi passare al calcio, alla sua grande passione, con il privilegio di seguire, sempre con eccelsa professionalità, la squadra per cui più palpitava, la sua Lazio. Un racconto lungo vent’anni, quelli della scalata allo scudetto del 1974, quelli più bui del decennio successivo. Ha descritto e intervistato generazioni di calciatori, di dirigenti, di medici e massaggiatori dello staff biancoceleste. Con competenza e dedizioni uniche. Sempre il primo ad arrivare al campo di allenamento di Tor di Quinto, l’ultimo ad andarsene perché niente voleva che gli sfuggisse, anche la minima notizia che potesse interessare i tifosi e i semplici appassionati.
Walter si è dato completamente alla sua professione. E con tutti, da Chinaglia a Wilson e D’Amico, da Giordano a Manfredonia, dai giovani della Primavera che ha visto crescere e diventare professionisti fino a quanti sono passati magari solo per una stagione per il Flaminio e l’Olimpico, ha sempre mantenuto vivi i rapporti professionali e di amicizia. Una grande carica di simpatia e di capacità tecnica e di scrittura. Altri tempi quelli in cui il rapporto con i protagonisti del calcio era quotidiano, di confronto, a volte anche di litigio che inevitabilmente si trasformava, magari a tavola, in un abbraccio riappacificatore.
La scrupolosità era probabilmente la sua dote migliore, quella dei cronisti di rango. Quella che ha sempre messo, più tardi, nel seguire le nazionali di calcio, i mondiali del 1990, le imprese dell’Under 21. Al Messaggero, a conferma di una grande duttilità, si è occupato anche di Formula 1 e di sci, seguendo da inviato diverse Olimpiadi invernali, per poi ritornare al suo primo amore, la bicicletta. Giri d’Italia, Tour de France, grandi classiche e mondiali: una passione immutata con il passare degli anni. Ma sempre con il biancoceleste nel cuore, anche se allo stadio, per ragioni di lavoro, è andato via via più raramente.
Da poco ci aveva garbatamente salutato per la pensione, con l’idea di passare finalmente le meritate vacanze nell’amata isola del Giglio. Ci ha lasciati all’improvviso, attoniti e senza lacrime sufficienti a tentare di colmare almeno una parte del vuoto. Amico prima ancora che collega, con cui abbiamo lavorato fianco a fianco, godendo dei suoi racconti e della sua ironia.