I Rari Nantes e i Pionieri Laziali: differenze tra le versioni
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Facendo seguito al recentissimo libro di [[Bellisario Fabio|Fabio Bellisario]] per la collana "I Libri di LazioWiki" [[Lì dove la Lazio nacque - Dal barcone di Luigi Del Bigio alla panchina di Piazza della Libertà]], lo storico Marco Impiglia pubblica in esclusiva su LazioWiki un interessante saggio sulle dinamiche che al tramonto del 1800 portarono alla nascita dello sport moderno a Roma. Analizzando i documenti presenti si conferma come l'attività atletica nell'Urbe sia iniziata nelle acque del Tevere con la nascita di varie società natatorie di cui, una delle più importanti, fu la Rari Nantes che vide gareggiare nelle sue file molti sportivi che di lì a poco diedero vita alla S.P. Lazio. Ciò conferma l'origine prettamente "fiumarola" di questa gloriosa società che, praticamente da subito, abbinò alla pratica del nuoto quella, altrettanto nobile, della corsa-marcia. Il saggio è corredato da fotografie e documenti inediti di enorme valore filologico e storico. |
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'''– Rari nantes? Ecco due parole che compendiano la situazione: rimprovero ai molti chiamati che disertarono i bagni ed encomio ai pochi eletti che rimasero assidui. Perché non lo scriviamo sulla nostra capanna?''' |
'''– Rari nantes? Ecco due parole che compendiano la situazione: rimprovero ai molti chiamati che disertarono i bagni ed encomio ai pochi eletti che rimasero assidui. Perché non lo scriviamo sulla nostra capanna?''' |
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'''E all’indomani, una bianca targhetta, con la scritta Rari Nantes, in lettere azzurre, veniva piantata sul comignolo della rustica capanna. Non andò però guari, e in una fosca e procellosa notte di gennaio, il biondo Tebro, gonfiatosi improvvisamente, si portò via capanna e targhetta, ma l’idea Rari Nantes, sbocciata sulla spiaggia dei Tre Colori, resisté all’alluvione, e otto mesi dopo – il [[17 settembre]] [[1891]] – si costituiva in Roma la prima società italiana di nuoto, intitolata appunto al virgiliano rari nantes'''. |
'''E all’indomani, una bianca targhetta, con la scritta Rari Nantes, in lettere azzurre, veniva piantata sul comignolo della rustica capanna. Non andò però guari, e in una fosca e procellosa notte di gennaio, il biondo Tebro, gonfiatosi improvvisamente, si portò via capanna e targhetta, ma l’idea Rari Nantes, sbocciata sulla spiaggia dei Tre Colori, resisté all’alluvione, e otto mesi dopo – il [[17 settembre]] [[1891]] – si costituiva in Roma la prima società italiana di nuoto, intitolata appunto al virgiliano rari nantes'''. |
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I quattordici che, riunendosi attorno a un tavolo un giovedì di fine estate del [[1891]], diedero vita alla società guidati da Ciani, cominciarono a battere in lungo e in largo le aree limitrofe alla città. L'intento era formare "una squadra di nuotatori provetti, allargare il campo dello sport". Nel primo Statuto fondamentale della Società Italiana di Nuoto "Rari Nantes", stampato nella primavera del [[1893]] a seguito delle risoluzioni adottate durante la prima assemblea sociale del [[9 gennaio]] [[1892]], scomparve la clausola del giuramento, mentre fu sottolineata la vena sportiva – "bandire gare, coordinare giuochi natatori, promuovere l'emulazione sportiva ed umanitaria del nuoto" – in una concezione moderna che, grazie all'intraprendenza di Santoni e alla sua abilità nell'usare la stampa come veicolo aggregativo, garantì subito fecondi sviluppi. La mossa vincente fu di sganciarsi dall'ombrello della Federginnastica e della sua scuola di nuoto, che la SRN gestiva nella località detta il Doccione, al Ferro di Cavallo davanti alla Passeggiata di Ripetta, così da proporre un’associazione nazionale il più possibile autonoma, una federazione sportiva come andavano facendo i cultori di altre discipline in rampa di lancio. Dalla loro sede rustica e bohémien, gli aderenti alla RNR – nel [[1893]] si contavano in una trentina ed era sufficiente avere compiuto i sedici anni e pagare una lira al mese – partivano in perlustrazione, oppure partecipavano alle gare indette dalla FGI e dalla SRN. Tra le due stelle, quella dorata della Romana e l’argentea della Rari, emerse allora una rivalità forte, stizzosa, destinata a rimanere tale lungo cinque lustri. |
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La stella, simbolo massonico per eccellenza, molto presente nelle insegne delle società sportive post-unitarie. La SP Lazio non la scelse al suo nascere; cosa che, a mio avviso, indica una volontà esente da qualsiasi allusione politica, in linea con la giovane età e il carattere scapestrato dei fondatori. (Si divertivano a spaccare i lampioni lanciando sassi da una riva all’altra, la specialità della casa erano i panini al "ragù di gatto"). Ma la RNR sì, era composta da tipi seri, molti dei quali avviati nelle professioni, e aveva il suo ottimo spirito massone. Era gente che credeva nella possibilità di fare dello sport un volano per combattere l’oscurantismo della Chiesa, motivo per cui ricamò sul vessillo la stella a cinque punte d’impronta anti-papalina ed esibì, da subito, tre emblemi. Simboli ben studiati – erano quasi tutti artisti – che potete qui vedere. C’era il gagliardetto azzurro listato di bianco con la stella bianca e la sigla "rn" a lettere corsive minuscole, soprastante la parola "Roma" a caratteri capitali; da notare che la stella era animata da cinque pallini disposti in maniera da ripetere la corolla di un fiore, "il fiore della stagione invernale". C’era un guidone verde, bianco e rosso interzato in palo, attraversato da una sottile fascia nera con la stella in un tondo e la sigla rn nera sottolineata da un’ondina; tale "fiamma" negli anni venti divenne l’emblema favorito. C’era la bandiera vera e propria, formata da tre fasce alternate nere e rosa in campo bianco, più alcuni motivi decorativi azzurri e la stella col logotipo "rn", inscritta in un tondo comprendente uno scudo gotico a righe orizzontali bianche e azzurre. Sulla carta intestata, nei primi tempi, compariva un timbro egualmente carico a livello simbolico: la stella, recante il pezzo tipografico "rn" coll’ondina, era inscritta in un cerchio-sole raggiante, due frecce a croce di Sant’Andrea l’attraversavano ondulanti verso l’alto; un timbro che, da amante degli ex libris, trovo seducente e magico, completato dalle informazioni sul nome, la data di nascita e l’indirizzo del sodalizio. |
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Il rosa venne scelto perché, almeno in teoria, la Rari Nantes era aperta all’elemento femminile. A partire dal [[1897]], tutti i soci rn indossarono una divisa blu con fascia bianca all’altezza del torace; sulla parte superiore era ricamata la sigla che li contraddistingueva e, sulla fascia, in un aggraziato corsivo floreale, si leggeva la città. Pantaloni bianchi lunghi e, nelle grandi occasioni un giacchino con i bottoni dorati e un berretto marinaro completavano l’uniforme. C’era pure un costume da gara girocollo, tricolore a ripetere la bandiera nazionale, che si apriva tramite bottoncini posizionati sulla spalla sinistra. Anche la RN Roma non si sottrasse al vezzo del costume e della divisa lanciato dalle società liguri: una foto scovata da LazioWiki di [[Venier Enrico|Enrico Venier]] lo dimostra. Ma, e questo è un aspetto interessante, l’indumento da bagno tipico degli rn romani fu una mutanda di "colore turchino" con una fascia bianca alla cintura; oppure a grosse righe orizzontali bianche e azzurre, gli smalti sportivi sociali. E calcolate che dall’azzurro al celeste sempre più chiaro il passo era breve, stante il progressivo scolorimento del tessuto di cotone. Dal [[1899]] in poi, il distintivo comune (ovvero la spilla) a tutti i membri delle società d’Italia fu, invece, una stella d’argento al centro della quale, sopra un disco di smalto bianco opaco, stava in nero l’immancabile sigla "rn". Alcune foto scattate nel [[1903]] rivelano che il vessillo a gagliardetto, flottante sulla sede all’[[Albero Bello]] durante la stagione invernale, era più celeste che azzurro, schiarito dall’esposizione perenne al sole. E lo stesso dicasi delle mutandine da bagno, che nelle immagini in bianco e nero rimandano un’idea di celeste o azzurro molto tenue. Il premio più ambito era la Goccia d’Oro, destinata a chi aveva cumulato più chilometri durante i centoventi giorni fatidici del "fiore d’inverno". Ovvio che ci si fidava: ognuno dei rari nantes, fosse costui il Cencio, il Mezzazampata, il Capitano o il Santoni stesso, al ritorno dal bagno scriveva su una lavagnetta: ''"Oggi ho fatto er Porto"... So’ arivato alla Scaletta"... "Me so’ fatto er ponte Molle"'', eccetera. |
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'''La Federazione Rari Nantes: ''Concordia parvae res crescunt'' ''' |
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L’andamento dell’attività del gruppo originario ebbe un carattere locale fino al [[1895]], allorché Santoni effettuò un viaggio estivo che generò una RN a Genova e una a Milano, la prima presso un castello di mare e la seconda ai leonardeschi Navigli; e poi, ma per poco, una RN Venezia nell’esclusivo Lido, quello di Thomas Mann e del suo professore Gustav von Aschembach. Nel [[1896]] e [[1897]], sotto la spinta dello scultore di orientamento repubblicano Giuseppe Cantù – come avrete notato, le origini del nuoto italiano sono letteralmente scolpite nel marmo e contengono accenti politici non di minor conto – il movimento settentrionale si mosse rapido, promuovendo gare che stabilirono i primi campioni nel nord dell’Italia. Di questo fatto, Santoni si compiacque e al contempo si allarmò, nel percepire che la leadership gli stava sfuggendo di mano. Per recuperare la situazione, il [[10 luglio]] del [[1898]] coordinò la nascita ad Anguillara della Rari Nantes Sabatia, affidata all’amico Livio Mariani. La Sabatia si assunse subito l’onere di organizzare il primo [[Campionato]] Italiano di Nuoto, che ebbe come campo di gara il Lago di Bracciano. All’epoca, il lago vulcanico rimaneva a una trentina di chilometri da Roma, e la stampa lo definiva rallegrato da "acque limpidissime e abbondanti". La gara si svolse il [[14 agosto]] sulla distanza del miglio marino (1.852 metri) e mise in palio una medaglia d’oro massiccio donata dal re Umberto I di Savoia; se la portò a casa un socio della Nettuno Milano, Arturo Saltarini. Questi era uno studente in zootecnia e chiuse il percorso in 47 minuti e 17 secondi, precedendo il beniamino di casa, il biondo Gaetano Crucianelli, ed Eugenio Pericoli della Romana di Nuoto. La Nettuno aveva appena un mese di vita, i suoi atleti esibivano una tenuta azzurro mare con un vistoso tridente a mo’ di banda. Era presieduta dallo sportsman milanese Ferdinando Bezzi e aveva il consiglio composto da tedeschi e austriaci che lavoravano nel capoluogo lombardo; presto avrebbe contestato alla RNR il vanto di avere introdotto in Italia il "water polo", cioè la pallanuoto. Ma il fatto esiziale fu che i convivi di contorno all’evento, tenuti nella Villa Jacomini e ai quali partecipò il presidente onorario della RN Roma, il deputato Ercole Ranzi, favorirono la costituzione sequenziale delle rn Genzano, Bracciano e Albano, gettando altresì le basi della Federazione Italiana Rari Nantes sul Lago di Como l’anno successivo. |
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Nell’occasione del primo [[campionato]] nazionale, i nuotatori gareggiarono indossando gli "slip" – come poi sarebbero stati chiamati. Una novità importata dall’estero e che era esclusiva degli agonisti e "raider". Tipi abbastanza liberi di mente che, nel momento in cui gli capitava di bagnarsi in posti isolati, facevano sfoggio senza imbarazzi della loro maschia nudità; così come accadeva di sovente in certe aree dei Polverini a ponte Milvio, o ancor meglio ai ponti Salario, Nomentano e Castel Giubileo, senza l’incomodo delle guardie a controllare. ''Salute, o gelido Tevere! Ai Bagni! / Gettiam le stupide vesti, o compagni...'' recitava il dotto poeta fiumarolo, e futuro socio della Podistica balleriniana, [[Gnoli Domenico|Domenico Gnoli]]. Considerate che nelle località balneari, le cosiddette "spa" che in Italia presero piede solo negli anni ’80 dell’Ottocento, in ritardo rispetto alla Francia e all’Inghilterra, anche gli uomini dovevano sottostare alla norma del costume intero, sovente a rigoni e particolarmente ridicolo per il fenomeno ottico della dilatazione dell’adipe dei soggetti in questione. Le società che diedero vita alla Federazione Italiana di Nuoto "Rari Nantes" – a Como il [[14 agosto]] [[1899]], Santoni presidente – furono, per l’esattezza, le cinque rn romane unite a Milano, Genova, Torino e Pisa: nove in tutto. La novella Federazione, la FIRN come si cominciò a chiamarla, nel suo primo statuto, stampato nella tipografia del rari nantes Augusto Righetti a via Leccosa giù a Ripetta nel maggio del [[1900]], affermava di essere sorta per porre le affiliate nella condizione di "conseguire lo sviluppo e l’incremento del nuoto in ogni sua manifestazione". Come motto, assunse una frase latina che a noi laziali dice qualcosa: ''"Concordia parvae res crescunt"''. Essa si proclamò aperta a tutte le rn presenti e possibili, tuttavia, con lungimiranza, l’adesione venne concessa ad altre società natatorie e alle polisportive in generale, purché i componenti dimostrassero di essere puri dilettanti. Come risultanza di questo avvio sostenuto dall’establishment in ragione di obiettivi salutistici e militari e solo in seconda istanza agonistici (dal gennaio del [[1898]] le società di ginnastica e nuoto, e più in generale quelle dedite alla diffusione dell’educazione fisica, furono esentate dagli obblighi fiscali), il versante del nuoto professionale, che aveva esponenti illustri in paesi quali il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America, il Canada e l’Australia, non entrò nei primordi della disciplina in Italia, come invece era avvenuto per il ciclismo. Infatti, a chi partecipava a gare con premi in denaro veniva immediatamente ritirata la tessera (accadde al romano [[Altieri Vincenzo|Vincenzo Altieri]]). |
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Il nuoto sportivo dilettantistico partì lentamente nei fiumi e nei canali artificiali che attraversavano le città italiane, oppure nei laghi e laghetti, in qualche baia marina, non nelle piscine che assolutamente non esistevano. E avrebbe mantenuto un tale trend per quarant’anni almeno, determinando uno iato che solo negli anni [[1980|’80]] del [[1900|Novecento]], col boom delle piscine cittadine sia pubbliche che private, si sarebbe finalmente colmato. Pur avendo avuto la genesi nella Capitale, per un naturale processo di slittamento verso il settentrione, molto più avanti nelle questioni concernenti la formalizzazione degli sport moderni di estrazione inglese e francese, nei primi tre lustri del nuovo secolo la FIRN – fondata dal Collegio dei Pionieri del Nuoto e la cui insegna era un drappo bianco recante la sigla FRN azzurra – tenne la sua sede a Milano, a Firenze e a Genova. L’archivio e il "museo" federali, che lo statuto del [[1900]] affidò alla RNR, nei primi tempi furono custoditi nella casina all’[[Albero Bello]], che disponeva di una stanza apposita. L’ente crebbe molto nel numero delle società, in specie al centro-nord, e indisse [[Campionato|campionati]] a lago, a fiume e a mare, più kermesse di tuffi e pallanuoto. Ma, per cause di rivalità interne e carenze finanziarie, oltre ai noti ritardi del Meridione sul versante sportivo, constatò una fragilità connettiva e l'incapacità ad assurgere a motore di un movimento che abbracciasse l’intero territorio nazionale. È interessante notare, sul piano sociologico, come questo modello pionieristico riuscì a coinvolgere sia gli strati medi che quelli bassi. In riferimento a un [[Campionato]] del Lazio di Nuoto bandito dal Comitato Nazionale per l’Educazione Fisica e i Giuochi Ginnici, vediamo che le prove di qualificazione, svolte il [[10 maggio]] del [[1899]] al laghetto di Villa Pamphili sulla distanza di duecento metri, registrarono l’iscrizione, sotto il titolo "condizione di provenienza", del seguente, assai composito schieramento: cinque studenti, tre agricoltori, tre impiegati, due tipografi, due possidenti terrieri, due maniscalchi, un pastaio, un "modellatore", un "decoratore", uno scalpellino, un negoziante, un commesso, un muratore, un macellaio, un "fornaciaro", un meccanico, un conduttore di tram; più diversi altri che non vollero declinare il loro mestiere, in un’età compresa tra i 16 e i 27. La prova rientrava nel quadro di una giornata di gare sportive allestite per la domenica del [[21 maggio]] all’interno della villa, invitati ad assistere anche il re e la regina. |
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Ci sarebbero da aggiungere due fatti notevoli. Il primo riguarda la ricusazione all’iscrizione di Giovanni Santafede, il gestore del barcone [[Pippanera|Pippa Nera]] a [[Ponte Regina Margherita|ponte Margherita]]. Il famoso "Gambadilegno", anfitrione generoso della combriccola di giovanissimi fiumaroli da cui sarebbe rampollato il germe della Lazio, fu escluso per un suo supposto "vantaggio" derivato dall’arto-protesi naturalmente galleggiante. Ma io credo che fu piuttosto la possibilità che il poveretto si mettesse in mostra davanti agli augusti Savoia, ai principi, al sindaco e ai notabili con relative signore, il vero motivo; giacchè, un po’ di anni dopo, al mutilato Enrico Toti sarebbe stato concesso di mettersi in gioco in una Traversata di Roma, senza la protesi ovviamente. La nuotata in acque libere con una gamba amputata al ginocchio si poteva azzardare: le imprese odierne di Salvatore Cimmino, atleta del Circolo Aniene, ce ne danno conto. Il secondo fatto non appartiene al genere "curiosità", bensì alla cronaca nera: il [[27 aprile]] un allenamento in vista della gara di qualificazione fu funestato dalla morte per annegamento di uno studente diciassettenne, Romolo Antonmasini. Il che ci induce a riflettere sulla profondità che doveva avere il laghetto antistante l’ingresso di via di Donna Olimpia, ridotto oggi a poco più di uno stagno. Il padre del ragazzo intentò causa ai principi Alfonso Doria Pamphili-Landi e Augusto Torlonia, ritenendoli responsabili, nella loro qualità di presidenti del CNEFGC e del Comitato esecutivo delle feste, della morte del figlio; per il motivo di avere ammesso all’iscrizione un minorenne che non sapeva nuotare (benché avesse detto il contrario agli ispettori Enrico Gualdi della RNR e Cesare Gismani della SRN) e senza il permesso della famiglia. Ma il tribunale civile di Roma, con sentenza promulgata il [[30 marzo]] del [[1901]], diede ragione ai due nobili personaggi, difesi dagli avvocati Gregoraci e Pizzirani. Il poverino era scomparso mentre faceva "il morto a galla" proprio al centro dello specchio d’acqua. Il proliferare a fine secolo di società natatorie a Roma e dintorni, la propaganda intensa sui giornali, produssero di questi effetti che, col senno di oggi, sembrano assurdi e paradossali. Ma, a quest’altezza già notiamo, nei registri tenuti con maniacale precisione dal Santoni nelle annate [[1898]]-[[1904]], una serie di nomi legati alla Podistica Lazio. Ed è da qui, dal Giornale Sportivo della RNR a lungo conservato alla Biblioteca Sportiva Nazionale e purtroppo andato distrutto, che possiamo divertirci con le tracce della "rarinantitudine" della nostra Lazio. |
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'''Tutti biancazzurri, e tra loro un elefante''' |
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Scorrendo una delle primissime pagine del registro per la stagione [[1898]]-[[1899|99]] – ebbi modo di fotografarli i quaderni, lo scorso millennio, prima che fossero ridotti in poltiglia dall’acqua piovana per un accidente – ci si imbatte in una lista di rn in cui spicca il nome di uno dei nove fondatori che già ho citato: [[Venier Enrico|Enrico Venier]]. Piccolino e bene al di sotto della media (158 cm), di buona famiglia, il [[7 settembre]] del [[1898]], appena sedicenne, [[Venier Enrico|Venier]] fa il suo bagno inaugurale targato rari nantes; probabilmente anche il primo in qualità di socio, considerando che giusto sedici anni era il limite per iscriversi. Secondo gli appunti del Santoni, il ragazzo, nell’arco di sette mesi fino al [[31 marzo]] del [[1899]], si aggrega a nove gite senza prendere parte a gare o cimenti, per un totale di 23,700 km nuotati. Nella lista è presente Luis Ignazio Mesones, fratello del [[Mesones Alberto|fondatore Alberto]], che con sessanta gite risulta ottavo nella classifica dietro Achille Santoni (286), Ettore De Dominicis, Ettore Picconi, Raffaele Montalboddi, Adriano Barberi, Ettore Galliano e Angelo Pontecorvo. Dei soci, il calligrafo Santoni annota accuratamente l’indirizzo, per cui veniamo a conoscenza che i Mesones a quel tempo abitavano in via Aurora 35, al quartiere Ludovisi, e [[Venier Enrico|Venier]] a [[piazza della Libertà]] 10, ai Prati di Castello. (Siccome oggi l’appartamento è stato adibito a "casa vacanza", nella casa di [[Venier Enrico|Venier]] vi potete togliere lo sfizio di dormirci). Dal meneghino [[Corriere dello Sport]] del [[22 settembre]] [[1898]], per una corrispondenza di Santoni, riceviamo la conferma del [[Venier Enrico|Venier]] rn: "Con le splendide giornate che vanno via, i soci affluiscono alla Casina dell’[[Albero Bello]] come in pieno luglio, senza contare anche parecchi colleghi di sport, che vengono a noi come ospiti, stanteché si sono levati i Bagni Pubblici sul Tevere. Taluno, anzi, fece domanda di appartenere alla R. N. di Roma e sulla tabella delle ammissioni vi si trovano i nomi dei signori [[Venier Enrico|Enrico Venier]], Raul Laurenzi, Roberto Basilici e Romolo Hinna." |
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Per "bagni pubblici" Santoni intende soprattutto i Bagni Talacchi, un’istituzione del loisir capitolino all’epoca già quasi ventennale, le cosiddette "capanne". Alle casine della Rari Nantes e della Romana di Nuoto andavano i benestanti, mentre ai Bagni Talacchi andavano tutti. Al volgere del secolo, essi si estendevano, pencolanti, per duecento metri a valle di [[Ponte Regina Margherita|ponte Margherita]]. Coprivano, quindi, un terzo del tratto tra Margherita e Cavour, iniziando giusto di fronte al [[Pippanera|Pippa Nera]] attraccato a un pilone sull’altra riva dalla parte dei Prati. Questi stabilimenti, di cui discetta Cesare Pascarella in un suo scritto, così centrali nella genesi della Lazio, erano gestiti da Alessandro Talacchi, detto "er Dragone" per le sue militanze papaline di gioventù, e dal "figlio del Dragone". Ovvero quel Giovanni ‘Nino’ Talacchi, macellaio col fratello minore Carlo a via di Ripetta dove la famiglia di capannari gestiva anche una rustica cucina, con la casa a piazza dell’Oca, amministratore del Club Ginnastico Atletico a [[Via Margutta, 54|via Margutta]], socio della "Cristiana", poi della Ginnastica Roma, fortissimo nella lotta greco-romana, al quale correttamente [[Pennacchia Mario|Mario Pennacchia]], nel suo candido libro edito nel [[1969]] (un testo che, ogni volta che vado a rileggere le prime trenta pagine, mi ricorda il neorealismo magico del film "Miracolo a Milano"), accredita il ruolo di ordinatore della baldoria fiumarola. Così che sbalza netta l’immagine della frequentazione a fiume dei proto-laziali: il barcone a [[piazza della Libertà]], i galleggianti e i bagni tra i ponti Cavour e [[Ponte Regina Margherita|Regina Margherita]], la casina degli rn all’[[Albero Bello]], dove la SPL terrà le premiazioni delle sue gare nei primi tempi, lungo un tratto di duemila metri di correntino. La culla delle tre dinastie tiberine biancazzurre: Romana, Rari e Lazio. |
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