Ziaco Renato

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Nato a Roma il 20 febbraio 1927. Morto ivi il 25 Giugno 1985. Renato Ziaco era figlio di un proprietario di azienda agricola. All'età di 23 anni si laureò in medicina e chirurgia specializzandosi in seguito in ortopedia. Nel 1960 fece parte dell'team medico delle Olimpiadi romane. Nel 1961 fu chiamato dalla Lazio con l'incarico di medico sociale. Nel frattempo aveva scritto numerosi libri di traumatologia che ancor oggi sono fondamentali per chi s'avvicina a questi temi. Da giovane fu vittima di un grave incidente motociclistico che gli lasciò una ricorrente emicrania e una camminata leggermente sbilenca inconfondibile. Renato non fu un medico sportivo. Fu un Laziale che lavorava come medico sportivo. Appassionato e disincantato, ingenuo e puro, anarchico e geniale, disordinato e coscienziosissimo, assolutamente disinteressato al denaro ma giocatore indefesso. Un personaggio gaddiano che sapeva unire una verace vena popolaresca alla raffinatezza e all'eleganza dei modi, del vivere e del parlare. Nel suo studio di Largo dei Fiorentini n.1 si avvicendavano clienti normali, che se poco abbienti non faceva pagare e sportivi famosi di ogni disciplina e squadra che visitava in orari impossibili per non urtare la sensibilità dei loro medici sociali. I giocatori della Lazio andavano da lui per guarire dai traumi di gioco ma anche per consigliarsi con lui su tutta la gamma di problematiche, anche e soprattutto non sanitarie, che potevano affliggerli. Ottimo psicologo e uomo di mondo sapeva sempre dare il conforto giusto con assoluto disinteresse e solo pensando all'uomo e allo sportivo che aveva davanti. Nella Lazio ha fatto di tutto ma solo come medico aveva un incarico ufficiale. Fu allenatore, senza capire molto di tattica, nel 1963 quando Lorenzo, non potendo sedere in panchina perchè privo della nazionalità italiana e con Bob Lovati squalificato o indisposto, veniva incaricato di trasmettere ai calciatori in campo le disposizioni che il trainer argentino urlava da dietro il recinto del campo. Fu, silenziosamente, finanziatore della società in periodi molto oscuri. Fu dirigente e accompagnatore quando queste figure non furono nominate dalla società. Insomma fu un uomo e un professionista a tutto tondo e mosso solo dalla grande passione per i colori biancocelesti. Rimise in campo calciatori che sembravano irrecuperabili per lo sport attivo, fece giocare atleti che il giorno prima apparivano indisponibili, motivò giocatori che avevano perso la fiducia in sè stessi. Non è sacrilego definirlo una specie di taumaturgo che non sbagliava una mossa. Fu l'elemento catalizzatore, insieme a Maestrelli, di quella congrega di folli individualisti che osarono vincere lo scudetto nel 1974. Ma alla festa in campo dopo la decisiva Lazio-Foggia non c'era perchè era andato ad operare Martini che durante la partita si era fratturata la clavicola. Fu colui che per primo diagnosticò la malattia che avrebbe portato alla morte Maestrelli e che trovò la forza per comunicarlo ai giocatori. E seguì l'agonia del suo amico standogli vicino fino all'ultimo. E ancora fu colui che si precipitò al San Giacomo per tentar di salvare l'agonizzante Re Cecconi colpito assurdamente da un colpo di pistola al polmone. Quelle pistole, da lui detestate, che erano diventate l'oggetto preferito da quei calciatori esagerati che, per scherzo, giene puntarono una caricata a salve alla tempia ed esplosero un colpo mentre Renato dormiva in una stanza dell'Hotel Americana e quella volta ebbe lui bisogno del medico perchè era svenuto dalla paura. Nella sua lunga permanenza alla Lazio, 25 anni, fu confermato da tutti i presidenti e gli allenatori che si susseguirono. E per una società capricciosa e instabile come quella biancoceleste è quasi un record che però fa ben comprendere l'assoluto valore di Ziaco. CONTINUA.