La trattativa per la cessione della società a Riva
Appena ritornata in Serie A, nell'estate 1972, la famiglia Lenzini si era ritrovata con le solite problematiche dei conti in rosso della società. Purtroppo la crisi economica, che si sarebbe accentuata l'anno seguente con la crisi petrolifera aveva fatto si che l'economia ristagnasse e avava coinvolto anche l'edilizia. Un grande comprensorio edilizio a Pomezia, costruito dal presidente della Lazio con i fratelli, era rimasto invenduto facendo andare in rosso anche i conti della società edile di famiglia. Questa notizia arrivò alle orecchie dell' Avvocato Agnelli, che da tempo aveva messo gli occhi sull'attaccante biancazzurro Giorgio Chinaglia. Il magnate della Fiat, propose di rilevare il comprensorio di Pomezia e di pagare l'attaccante un Miliardo di Lire, in contanti. Una cifra spropositata per l'epoca. Sia il direttore generale Sbardella, sia i fratelli del presidente Aldo ed Angelo esortarono il presidente a cedere all'offerta. Contro si oppose una campagna di stampa forte e contraria alla cessione di Chinaglia, accusando i vertici societari di volersi ridimensionare anche una volta. Lenzini alla fine non cedette, timoroso per le reazioni della piazza, e forte del netto rifiuto di Chinaglia di andare a Torino. L'attaccante era stato chiaro: "O rimango alla Lazio, o smetto di giocare". Questa vicenda aveva creato una forte frizione fra il Presidente e Sbardella, e tra Lenzini ed alcuni consiglieri, tra cui Riccardo Riva, da poco entrato nel consiglio della società biancazzurra.
BOZZA SEGUE