La trattativa per la cessione della società a Riva

Da LazioWiki.

La crisi economica investe i Lenzini

Appena ritornata in Serie A, nell'estate 1972, la famiglia Lenzini si era ritrovata con le solite problematiche dei conti in rosso della società. Purtroppo la crisi economica, che si sarebbe accentuata l'anno seguente con la crisi petrolifera aveva fatto si che l'economia ristagnasse e aveva coinvolto anche l'edilizia. Un grande comprensorio edilizio a Pomezia, costruito dal presidente della Lazio con i fratelli, era rimasto invenduto facendo andare in rosso anche i conti della società edile di famiglia. Questa notizia arrivò alle orecchie dell' Avvocato Agnelli, che da tempo aveva messo gli occhi sull'attaccante biancazzurro Giorgio Chinaglia. Il magnate della Fiat, propose di rilevare il comprensorio di Pomezia e di pagare l'attaccante un Miliardo di Lire, in contanti. Una cifra spropositata per l'epoca. Sia il direttore generale Sbardella, sia i fratelli del presidente Aldo ed Angelo esortarono il presidente a cedere all'offerta. Contro si oppose una campagna di stampa forte e contraria alla cessione di Chinaglia, accusando i vertici societari di volersi ridimensionare ancora una volta. Lenzini alla fine non cedette, timoroso per le reazioni della piazza, e forte del netto rifiuto di Chinaglia di andare a Torino. L'attaccante era stato chiaro: "O rimango alla Lazio, o smetto di giocare". Questa vicenda aveva creato una forte frizione fra il Presidente e Sbardella, e tra Lenzini ed alcuni consiglieri, tra cui Riccardo Riva, da poco entrato nel consiglio della società biancazzurra.

Dissidi e strane manovre

La conferma di Maestrelli, aveva portato molte tensioni al livello dirigenziale. I più vedevano in Mario Scopigno la guida giusta per una salvezza quanto mai ardua, ma i risultati della squadra cambiarono le carte in tavola. A un certo punto si prese atto di avere una squadra che stava lottando alla pari con le squadre di vertice, e si stava giocando buone chance per portare a casa qualcosa di più che la permanenza nella massima serie. Nell'inverno tra il 1972 e il 1973 cominciarono a circolare strane voci su un'imminente accordo fra Sbardella e Gaetano Anzalone, presidente della Roma, per il passaggio del Ds in giallorosso. La faccenda creò parecchio rumore fra i tifosi e non piacque a Lenzini. L' accordo a un certo punto saltò, ma creò una frattura insanabile fra il presidente e il direttore sportivo. Lenzini cominciò ad accentrare il potere su di se, e su Maestrelli, relegando ad un angolo Sbardella.

Verso la cessione del pacchetto di maggioranza

Sbardella comunque continua il suo lavoro con diligenza e serietà, mentre si fa sempre più seria l'ipotesi di una cordata capitanata dal neo consigliere Riva per rilevare le quote di maggioranza dalla famiglia Lenzini. Il ruolo del Direttore Generale non è chiaro, ma la trattativa parte, favorita sempre di più dalla crisi che investe la società edile dei Lenzini. Intanto la squadra lotta per vincere il campionato e questo ne accresce il valore di mercato. I fratelli del presidente vedono di buon occhio la cessione mentre Umberto e titubante e nicchia. La strategia di Riva è semplice: rilevare la società e capitalizzare la vendita di Chinaglia con l'acquisto di giovani emergenti affidandoli alla guida di un giovane allenatore, già campione di calcio: Nils Liedholm attualmente tecnico della Fiorentina.

Improvviso dietronfront e le dimissioni di Sbardella

BOZZA SEGUE