Sentimenti (II) Arnaldo

Da LazioWiki.

Arnaldo Sentimenti

Allenatore, nato a Bomporto (MO) il 24 maggio 1914 e deceduto a Napoli il 12 giugno 1997.

Come calciatore è stato per molte stagioni portiere del Napoli. Soprannominato "Noci". Allena le giovanili della Lazio a metà degli anni '50. Ha allenato, dal 1948 al 1964, anche il Napoli, la Turris, la Reggina ed il Parma.


Dal Corriere della Sera del 5 febbraio 1994:

I buoni Sentimenti: "Fratelli miei, nemici da amare". L'amarcord di Arnaldo il portiere: "Cochi interruppe il mio record di rigori parati, Primo mi portò via una fortuna alla Sisal. Eravamo cinque maschi. In quattro arrivammo in serie A. Da Napoli ho avuto amore soldi e amici. Non lascerò mai questa città".

Cosa avrà pensato Cherì, dentro quella nuvola di vapore, mentre il treno se lo portava via, sbuffando e sferragliando, e la stazione di Modena rimpiccioliva sul filo dell'orizzonte? Andava per provare, pensava lui: cinquecento lire per il disturbo, in quell'autunno gelato del '34, valevano il tentativo, le quindici ore di viaggio, la conoscenza con quella città di sole e mare. E invece andava per restare, senza saperlo: emigrante dentro una rotta al contrario. Solo una piccola scatola di cartone sottobraccio e dentro mutande, calze e una camicia. Perché il vestito lo aveva indosso e altri non ce n'erano; senza cappotto che a Bomporto non si usava, roba da signori. E gli occhi incollati al finestrino, mentre l'Italia, fuori, si apriva alla vista come la lampo di un tailleur ammiccante. Allora Cherì non si chiamava ancora così, ma era questione di tempo, un mese appena. Quel ragazzo di 19 anni che a mezzanotte scendeva alla stazione Garibaldi di Napoli sentì chiedere da una voce alle sue spalle: "Siete voi, Sentimenti Arnaldo?". Rispose di sì e cominciò la sua storia. "Mi portarono alla pensione Falstaff, sarebbero venuti il giorno dopo, alle nove. A me sembrava un sogno. Ero il portierino della Pro Modena, campionato dei liberi calciatori. Un giorno passò di lì mister Garbutt che era il tecnico del Napoli: un giorno in cui mi capitò di pararle tutte. Disse che si sarebbe fatto sentire. E arrivò la raccomandata che Enea il postino portò di corsa: c'erano 500 lire, e non le avevo mai viste. Stava scritto che potevo tenerle se accettavo di andare a Napoli a fare una prova, se no tante grazie, bastava rispedirle. Erano tanti soldi per noi, ne parlai con mio padre, tenne il segreto, disse a tutti che andavo a giocare una partita lontano, andai col carro alla stazione, presi il direttissimo delle 9:15. Ricordo quella mattina al campo, i palloni che arrivavano come schegge e non c'era verso di prenderli: li tiravano Buscaglia, Ferraris e Attila Sallustro. Io mi buttavo, ma ci arrivavo di rado. Vedo Buscaglia che si avvicina a Garbutt e parlottano. E poi mi chiamano: "Hai il senso della posizione, ti manca solo la preparazione fisica. Se ti va bene sono 900 lire al mese, più vitto e alloggio, e cominci subito con la squadra riserve".

Con 900 lire ci viveva tutta la mia famiglia, feci due conti: 700 ne avrei mandate a casa ogni mese e il resto a me bastava. "Certo che accetto". "Bene, quando arriverai in prima squadra avrai 500 lire in più e intanto eccoti le 1000 lire per la firma dell'ingaggio". Avevo perso la parola, ancora soldi. "Corsi a fare il vaglia, poi i dirigenti mi portarono in via Roma, da Armerio, a comprare un paio di scarpe vere, un vestito buono e il primo cappotto della mia vita. A Bomporto i soldi arrivarono prima della notizia. Enea chiama mia sorella e mia madre: "Sono arrivate tante lire da Napoli". E la mamma, che non sa nulla, si preoccupa e non li vuole, ne ha quasi timore: "Lasciateli lì, dobbiamo sapere di cosa si tratta". E la sera investe mio padre del grave problema. "Da Napoli? Ma allora Noci ce l'ha fatta?". Si misero tutti a piangere, anche perché c'erano tanti debiti da pagare, il lavoro se n'era andato con l'estate. Sono passati tre giorni, è domenica. Vado in campo contro la Salernitana, paro un rigore, la mia specialità. E la prima squadra perde a Firenze per 3 a 2, ci sono accuse per Cavanna, il portiere. Passa una settimana e tutti sono gentili, ma quando è domenica e sono pronto per la partita del mattino col Torre Annunziata, arriva un dirigente con una scatola di scarpe. Ordina: "Tu non giochi". Poi apre la scatola: "E mangia questo". C'erano un panino e, da bere, un peroncino. "Ma ho già preso pane e latte stamattina" faccio io e penso che mi hanno messo fuori. Guardo la partita con quelli della prima squadra, sulle poltroncine rosse imbottite dello stadio del Vomero che non dimenticherò mai. Poi ci chiamano per cambiarci: "Sì anche tu ragazzo". Negli spogliatoi mister Garbutt recita: "Oggi giocano Sentimenti, Castello e Vincenzi..." Sulla sedia c'erano un paio di guanti e le ginocchiere, che non avevo mai usato. Pensai alle altre 500 lire che avrei mandato casa: ma non finivano mai questi soldi... Napoli Brescia 2 a 0, Palermo Napoli 0 a 6 e poi Napoli Sampierdarena 2 a 0. Nessun gol subito, in serie A a 19 anni, la gente che mi fermava e mi diceva: "Bravo Sentimento".

Quel giorno ho deciso che Napoli era la mia città e lo sarebbe sempre stata. E sul Mezzogiorno sportivo uscì la prima intervista, dove raccontavo di me, dei miei fratelli, di Bomporto, del calzolaio. Volevano sapere tante cose, ma io avevo solo quello da raccontare. Mandai il giornale a casa e Enea convocò tutti al bar e lesse a voce alta, perché lui era il colto del paese, sapeva leggere. "Ragazzi, venite qui che vi racconto". Scoprirono di essere finiti sul giornale, si commossero e anch'io la sera quando vado a letto ci penso sempre a questa mia storia e ..." la esse emiliana sfrigola turbata dentro quella cadenza diventata partenopea. Nella casa del Vomero che abita da quasi sessant'anni, Arnaldo Sentimenti è un patriarca che tiene a bada i ricordi e i nipoti con la memoria strepitosa, ma la commozione quella non gli riesce di parare. Il colpo d'occhio è velato: brillio di un'emozione che dentro fatica a restare. E Cherì? "Ero un ragazzo ingenuo, quei marpioni mi volevano bene, specie Sallustro che era un signore quasi irraggiungibile. Mi portavano con loro nei locali. Al Diana una sera rimasi a bocca aperta davanti a una soubrette francese che cantava "Cherì, riscaldami coi tuoi baci, solo così mi piaci, Cherì". Quel motivo mi entrò dentro e non uscì più: lo canticchiavo ovunque, in spogliatoio e in campo, per strada. E, alla fine, per tutti diventai Cherì". E invece, a Bomporto, era stato Noci, per non confonderlo con Ciccio, che era Vincenzo, e Cochi che era Lucidio. Un Sentimenti se n'era andato per il mondo a fare il calciatore: gli altri lo avrebbero seguito, come accadeva lungo i fossi e le rogge dell'infanzia. La storia di Arnaldo diventava plurale, dei Sentimenti tutti. "Mio padre lavorava la campagna: bracciante per conto terzi. Mia madre stava in casa, ché eravamo nove, 5 maschi e 4 femmine. Noi si faceva quel che c'era da fare, io imparavo a fare il calzolaio da mastro Gustavo. E poi c'era il pallone". Che si prese quei cinque fratelli come un destino e a quattro inventò una vita che, a Bomporto, neppure Enea il postino aveva mai letto in un libro di avventure.

Sentimenti I, Ennio il centro sostegno, si ferma nel Nonantola, carriera di provincia a due passi da casa. Ma gli altri quattro arrivano, eccome. Dopo Arnaldo, Vittorio l'attaccante, Sentimenti III, prima al Modena e poi alla Juve. Lucidio il portiere: Sentimenti IV, il più famoso, anche lui Modena e Juve, e nazionale quando la nazionale era il Grande Torino. Infine Primo il difensore, Sentimenti V, che inizierà dal solito Modena e giocherà fino al '63. "Ma tredici anni prima, nel '50, avevamo coronato un sogno: tutti insieme, alla Lazio, come accadeva soltanto nei tornei a San Giovanni in Persiceto o a Bologna, con la squadra del bar Otello, quando d'estate tornavamo a Bomporto, al raduno della tribù, e non riuscivamo a lasciare il pallone in soffitta". Però arrivò il giorno che le strade, a forza di incrociarsi, produssero lo scontro. Napoli-Modena, al Vomero, è il '42. Un Sentimenti per parte, uno per per porta, Cherì di qui e Cochi di là. Il Napoli vince 1 a 0, l'arbitro decreta rigore per il Modena. "Che annata, ne avevo neutralizzati sei, forse un record. Li avevo parati anche a Foni, Bernardini e Piola. Nessuno del Modena vuol batterlo, finché Caligaris dalla panchina si spazientisce: "Sentimenti, tiralo tu". Vedo Cochi che parte dalla sua porta e la gente che fischia e si dispera: "Non è giusto il fratello contro il fratello". Lui sistema la palla e io gli dico: "Che sei venuto a fare? Tanto te lo paro". Mi guarda: "Tiro forte, non metterci le mani che te le spezzo". E fece gol, mi tolse il record, se ne andò a testa bassa". Quel giorno non c'era posto per i buoni sentimenti. O forse sì. "Dieci minuti, rigore per noi. "Cherì battilo tu" gridava la gente. Ma io feci cenno di no, non avevo i piedi di Cochi e poi non me la sentivo. Vincemmo 2 a 1, e mio fratello da quel giorno divenne rigorista".

Povero Cherì, le sfide fraterne gli avrebbero dato sempre dispiaceri. Come sette anni più tardi, dopo la guerra, quando Sentimenti V a suo modo lo vendicò, infilando nella porta di Sentimenti IV il gol della vittoria: Modena Juventus 1 a 0. "Già, ma quella domenica avevo giocato la Sisal, sbagliai solo quel risultato: avevo messo il segno "X". Quel dodici, allora pagavano i dodici, valeva 13 milioni. Roba da cambiarti la vita". Forse la vita, di certo non la casa. "Da qui non ci muoveremo mai, io e mia moglie: era la più bella donna di Napoli quando la sposai. Qua siamo venuti ad abitare nel '35 e qua restiamo". Perché là dietro c'è lo stadio del Vomero dalle poltroncine rosse imbottite; e sotto casa il bar Daniele degli sportivi dove la signora, ancora signorina, andava a comprare il caffè; perché di fianco al palazzo c'è il Diana, anche se oggi va in scena La storia di Zazà e nessuna tira più baci al suo Cherì ... E perché ciascuno nella vita ha un posto che lo aspetta, e non è detto che lo trovi. Se capita, però, allora il cuore si aggrappa al miracolo. E non chiedetegli di traslocare.






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