Bezzi Luigi: differenze tra le versioni

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[[image:Bezzi.jpg|thumb|left|250px|Maestrelli e Bezzi durante Lazio-Milan 2-1 del [[1973]]]]
[[image:Bezzi.jpg|thumb|left|180px|Maestrelli e Bezzi durante Lazio-Milan 2-1 del [[1973]]]]
[[image:bezzi_necrologio_1984.jpg|right|180px|thumb|La notizia della morte di Bezzi del 1984]]
Luigi Bezzi nacque a Roma il [[18 Agosto]] [[1935]] e ivi morì il [[4 Marzo]] [[1984]]. Una figura che contribuì in modo decisivo ai successi della squadra del primo scudetto biancoceleste. Definire Gigi Bezzi un semplice accompagnatore ufficiale della squadra sarebbe riduttivo e poco consono ad una persona di primaria importanza nell'ambito di quella società e di quella compagine. In una Lazio approssimativa, regolata dal buon senso pacioccone del presidente [[Lenzini Umberto|Lenzini]] e tenuta insieme dalla finezza psicologica di [[Maestrelli Tommaso|Maestrelli]], Gigi fu colui che, con immensa pazienza e competenza, fece da ammortizzatore, consapevole, tra dirigenza e squadra. Sapeva capire i messaggi, non sempre diretti ma sempre finalizzati, che partivano dal "sor Umberto" e riusciva a dar loro una parvenza accettabile per l'allenatore e la squadra. Viceversa riferiva in alto, attenuandole in modo convincente ma garbato, le pretese di giocatori sempre pronti alla rivendicazione e all'assalto frontale. Umanissimo e intelligente signore che, senza mai pretenderlo, aveva il rispetto di tutti i componenti di quella scombicchierata compagine che con qualche grano di pazzia in seno, giocò il più bel calcio d'Italia agli inizi degli anni settanta. Ingenuo, mite, buono e passionale, come tutti quelli che amano profondamente qualcuno e qualcosa, Bezzi sapeva imporsi con il sorriso e con la competenza. Della società conosceva tutto, aveva cominciato con la formazione [[De Martino]] alla fine degli anni '60, e non aveva bisogno che qualcuno desse lui dei compiti perchè già li aveva svolti di sua iniziativa ed esemplarmente. Sempre sorridente con i rappresentanti dei media a cui forniva però, sotto l'apparenza di confidare notizie riservate, solo ciò che era indispensabile e innocuo per le strategie di squadra e società. Era il dirigente di cui Maestrelli aveva sempre fiducia ed era a lui che l'allenatore confidava i propri problemi, certo che in qualche maniera Gigi li avrebbe risolti. Era lui che avvicinava un giocatore escluso dalla formazione che avrebbe giocato la domenica, e gli dava la notizia con un eloquio così convincente che era impossibile che ci rimanesse male e però era anche colui che, percepita la difficoltà di un atleta, sapeva dire le giuste parole a Tommaso, sicuro che quest'ultimo ci avrebbe riflettuto sopra. Sempre pronto a rassicurare che tutto andava bene anche quando ciò non era vero ma rapido a prendere la questione di petto e a risolverla in silenzio. Sulla panchina rimaneva composto e con gli arbitri manteneva un signorile distacco unito però a un'ostinata attenzione sui loro comportamenti che, quando erano smaccatamente errati, venivano da lui censurati con un severo sguardo che i direttori di gara percepivano. In realtà egli, al pari di Maestrelli e il dott. [[Ziaco Renato|Ziaco]], che sedevano con lui in panchina, mimetizzava sotto un apparente self-control una tensione spasmodica che riusciva fortunatamente a non trasmettere ai giocatori in campo. Per capire questo è sufficiente vedere nei vecchi filmati gli ultimi istanti di quel [[Lazio-Foggia]] che dette lo [[scudetto]] alla Lazio: Maestrelli impassibile e assente che al fischio finale si piega però sulla panchina prima di alzarsi e andare un pò barcollando verso l'abbraccio dei suoi ragazzi; Bezzi, compostissimo, con lo sguardo fisso verso il campo che emette un urlo liberatorio e gioioso, fin troppo represso, verso il cielo e in completa apnea, appena ode il segnale della fine. Uno scudetto che Gigi ha contribuito a conquistare con il saggio comportamento degli uomini forti e determinati. Dopo i trionfi di quegli anni esaltanti, Gigi seguitò a ricoprire quel prezioso ruolo in una temperie più deludente e ancor più caotica. Se ne era andato per sempre Maestrelli, mentre poco più tardi lo aveva raggiunto, assurdamente, il grande [[Re Cecconi Luciano|Re Cecconi]]. Bezzi sempre a mediare, a costruire e ad aggiustare ciò che si rompeva. Presenza rassicurante e affidabile per tutte le componenti del mondo Lazio. Gli dèi invidiosi hanno voluto portarsi via anche quest'uomo ancora giovane e per bene in un triste giorno del tardo inverno del [[1984]]. Poi lo seguirà, dopo un anno, il dott. Ziaco e dopo di che, spariti tutti gli attori di quello scudetto, quella Lazio divenne epicamente mito e memoria. Oggi il nome Bezzi è perpetuato dal figlio Enrico, ovviamente sostenitore appassionato dei colori biancocelesti, che opera a Roma nel campo del commercio occupandosi di oreficeria come il padre e come un certo Luigi [[Bigiarelli Luigi|Bigiarelli]] che, il [[9 Gennaio]] [[1900]], ebbe l'idea di fondare la Lazio.
[[Immagine:Bezzioreficeria1974.jpg|thumb|left|180px|La pubblicità del negozio di oreficeria nel 1974]]
[[Immagine:Bezzi5.jpg|thumb|right|180px|Bezzi assieme a Pino Wilson]]
[[Immagine:Bezzi72.jpg|thumb|left|180px|L'esultanza di Bezzi dopo una rete della Lazio]]

Dirigente, Luigi Bezzi nacque a Roma il [[18 agosto]] [[1935]] e ivi morì il [[4 marzo]] [[1984]].

Una figura che contribuì in modo decisivo ai successi della squadra del primo scudetto biancoceleste. Definire Gigi Bezzi un semplice accompagnatore ufficiale della squadra sarebbe riduttivo e poco consono ad una persona di primaria importanza nell'ambito di quella società e di quella compagine. In una Lazio approssimativa, regolata dal buon senso pacioccone del presidente [[Lenzini Umberto|Umberto Lenzini]] e tenuta insieme dalla finezza psicologica di [[Maestrelli Tommaso|Tommaso Maestrelli]], Gigi fu colui che, con immensa pazienza e competenza, fece da ammortizzatore, consapevole, tra dirigenza e squadra. Sapeva capire i messaggi, non sempre diretti ma sempre finalizzati, che partivano dal "[[Lenzini Umberto|sor Umberto]]" e riusciva a dar loro una parvenza accettabile per l'allenatore e la squadra. Viceversa riferiva in alto, attenuandole in modo convincente ma garbato, le pretese di giocatori sempre pronti alla rivendicazione e all'assalto frontale. Umanissimo e intelligente signore che, senza mai pretenderlo, aveva il rispetto di tutti i componenti di quella scombicchierata compagine che con qualche grano di pazzia in seno, giocò il più bel calcio d'Italia agli inizi degli anni [[1970|settanta]]. Ingenuo, mite, buono e passionale, come tutti quelli che amano profondamente qualcuno e qualcosa, Bezzi sapeva imporsi con il sorriso e con la competenza. Della società conosceva tutto, aveva cominciato con la formazione [[De Martino]] alla fine degli anni [[1960|'60]], e non aveva bisogno che qualcuno desse lui dei compiti perché già li aveva svolti di sua iniziativa ed esemplarmente. Sempre sorridente con i rappresentanti dei media a cui forniva però, sotto l'apparenza di confidare notizie riservate, solo ciò che era indispensabile e innocuo per le strategie di squadra e società.

Era il dirigente di cui [[Maestrelli Tommaso|Maestrelli]] aveva sempre fiducia ed era a lui che l'allenatore confidava i propri problemi, certo che in qualche maniera Gigi li avrebbe risolti. Era lui che avvicinava un giocatore escluso dalla formazione che avrebbe giocato la domenica, e gli dava la notizia con un eloquio così convincente che era impossibile che ci rimanesse male e però era anche colui che, percepita la difficoltà di un atleta, sapeva dire le giuste parole a [[Maestrelli Tommaso|Tommaso]], sicuro che quest'ultimo ci avrebbe riflettuto sopra. Sempre pronto a rassicurare che tutto andava bene anche quando ciò non era vero ma rapido a prendere la questione di petto e a risolverla in silenzio. Sulla panchina rimaneva composto e con gli arbitri manteneva un signorile distacco unito però a un'ostinata attenzione sui loro comportamenti che, quando erano smaccatamente errati, venivano da lui censurati con un severo sguardo che i direttori di gara percepivano. In realtà egli, al pari di [[Maestrelli Tommaso|Maestrelli]] e il dott. [[Ziaco Renato|Renato Ziaco]], che sedevano con lui in panchina, mimetizzava sotto un apparente self-control una tensione spasmodica che riusciva fortunatamente a non trasmettere ai giocatori in campo. Per capire questo è sufficiente vedere nei vecchi filmati [[Domenica 12 maggio 1974 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Foggia 1-0|gli ultimi istanti]] di quel Lazio-[[Foggia]] che dette lo [[scudetto]] alla Lazio: [[Maestrelli Tommaso|Maestrelli]] impassibile e assente che al fischio finale si piega però sulla panchina prima di alzarsi e andare un po' barcollando verso l'abbraccio dei suoi ragazzi; Bezzi, compostissimo, con lo sguardo fisso verso il campo che emette un urlo liberatorio e gioioso, fin troppo represso, verso il cielo e in completa apnea, appena ode il segnale della fine.

Uno [[scudetto]] che Gigi ha contribuito a conquistare con il saggio comportamento degli uomini forti e determinati. Dopo i trionfi di quegli anni esaltanti, Gigi seguitò a ricoprire quel prezioso ruolo in una temperie più deludente e ancor più caotica. Se ne era andato per sempre [[Maestrelli Tommaso|Maestrelli]], mentre poco più tardi lo aveva raggiunto, assurdamente, il grande [[Re Cecconi Luciano|Luciano Re Cecconi]]. Bezzi sempre a mediare, a costruire e ad aggiustare ciò che si rompeva. Presenza rassicurante e affidabile per tutte le componenti del mondo Lazio. Gli dèi invidiosi hanno voluto portarsi via anche quest'uomo ancora giovane e per bene in un triste giorno del tardo inverno del [[1984]]. Poi lo seguirà, dopo un anno, il [[Ziaco Renato|dott. Ziaco]] e dopo di che, spariti tutti gli attori di quello [[scudetto]], quella Lazio divenne epicamente mito e memoria. Oggi il nome Bezzi è perpetuato dal figlio Guido, ovviamente sostenitore appassionato dei colori biancocelesti, che opera a Roma nel campo del commercio occupandosi di oreficeria come il padre e come un certo [[Bigiarelli Luigi|Luigi Bigiarelli]] che, il [[9 gennaio]] [[1900]], ebbe l'''Idea'' di fondare la Lazio.

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Immagine:BezziFlaminio.jpg|Bezzi all'interno dello stadio Flaminio
Immagine:Bezzi1.jpg|Bezzi e Maestrelli
Immagine:Bezzioreficeria1976.jpg|
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[[Categoria:Biografie|Bezzi, Luigi]]
[[Categoria:Biografie|Bezzi, Luigi]]

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Maestrelli e Bezzi durante Lazio-Milan 2-1 del 1973
La notizia della morte di Bezzi del 1984
La pubblicità del negozio di oreficeria nel 1974
Bezzi assieme a Pino Wilson
L'esultanza di Bezzi dopo una rete della Lazio

Dirigente, Luigi Bezzi nacque a Roma il 18 agosto 1935 e ivi morì il 4 marzo 1984.

Una figura che contribuì in modo decisivo ai successi della squadra del primo scudetto biancoceleste. Definire Gigi Bezzi un semplice accompagnatore ufficiale della squadra sarebbe riduttivo e poco consono ad una persona di primaria importanza nell'ambito di quella società e di quella compagine. In una Lazio approssimativa, regolata dal buon senso pacioccone del presidente Umberto Lenzini e tenuta insieme dalla finezza psicologica di Tommaso Maestrelli, Gigi fu colui che, con immensa pazienza e competenza, fece da ammortizzatore, consapevole, tra dirigenza e squadra. Sapeva capire i messaggi, non sempre diretti ma sempre finalizzati, che partivano dal "sor Umberto" e riusciva a dar loro una parvenza accettabile per l'allenatore e la squadra. Viceversa riferiva in alto, attenuandole in modo convincente ma garbato, le pretese di giocatori sempre pronti alla rivendicazione e all'assalto frontale. Umanissimo e intelligente signore che, senza mai pretenderlo, aveva il rispetto di tutti i componenti di quella scombicchierata compagine che con qualche grano di pazzia in seno, giocò il più bel calcio d'Italia agli inizi degli anni settanta. Ingenuo, mite, buono e passionale, come tutti quelli che amano profondamente qualcuno e qualcosa, Bezzi sapeva imporsi con il sorriso e con la competenza. Della società conosceva tutto, aveva cominciato con la formazione De Martino alla fine degli anni '60, e non aveva bisogno che qualcuno desse lui dei compiti perché già li aveva svolti di sua iniziativa ed esemplarmente. Sempre sorridente con i rappresentanti dei media a cui forniva però, sotto l'apparenza di confidare notizie riservate, solo ciò che era indispensabile e innocuo per le strategie di squadra e società.

Era il dirigente di cui Maestrelli aveva sempre fiducia ed era a lui che l'allenatore confidava i propri problemi, certo che in qualche maniera Gigi li avrebbe risolti. Era lui che avvicinava un giocatore escluso dalla formazione che avrebbe giocato la domenica, e gli dava la notizia con un eloquio così convincente che era impossibile che ci rimanesse male e però era anche colui che, percepita la difficoltà di un atleta, sapeva dire le giuste parole a Tommaso, sicuro che quest'ultimo ci avrebbe riflettuto sopra. Sempre pronto a rassicurare che tutto andava bene anche quando ciò non era vero ma rapido a prendere la questione di petto e a risolverla in silenzio. Sulla panchina rimaneva composto e con gli arbitri manteneva un signorile distacco unito però a un'ostinata attenzione sui loro comportamenti che, quando erano smaccatamente errati, venivano da lui censurati con un severo sguardo che i direttori di gara percepivano. In realtà egli, al pari di Maestrelli e il dott. Renato Ziaco, che sedevano con lui in panchina, mimetizzava sotto un apparente self-control una tensione spasmodica che riusciva fortunatamente a non trasmettere ai giocatori in campo. Per capire questo è sufficiente vedere nei vecchi filmati gli ultimi istanti di quel Lazio-Foggia che dette lo scudetto alla Lazio: Maestrelli impassibile e assente che al fischio finale si piega però sulla panchina prima di alzarsi e andare un po' barcollando verso l'abbraccio dei suoi ragazzi; Bezzi, compostissimo, con lo sguardo fisso verso il campo che emette un urlo liberatorio e gioioso, fin troppo represso, verso il cielo e in completa apnea, appena ode il segnale della fine.

Uno scudetto che Gigi ha contribuito a conquistare con il saggio comportamento degli uomini forti e determinati. Dopo i trionfi di quegli anni esaltanti, Gigi seguitò a ricoprire quel prezioso ruolo in una temperie più deludente e ancor più caotica. Se ne era andato per sempre Maestrelli, mentre poco più tardi lo aveva raggiunto, assurdamente, il grande Luciano Re Cecconi. Bezzi sempre a mediare, a costruire e ad aggiustare ciò che si rompeva. Presenza rassicurante e affidabile per tutte le componenti del mondo Lazio. Gli dèi invidiosi hanno voluto portarsi via anche quest'uomo ancora giovane e per bene in un triste giorno del tardo inverno del 1984. Poi lo seguirà, dopo un anno, il dott. Ziaco e dopo di che, spariti tutti gli attori di quello scudetto, quella Lazio divenne epicamente mito e memoria. Oggi il nome Bezzi è perpetuato dal figlio Guido, ovviamente sostenitore appassionato dei colori biancocelesti, che opera a Roma nel campo del commercio occupandosi di oreficeria come il padre e come un certo Luigi Bigiarelli che, il 9 gennaio 1900, ebbe l'Idea di fondare la Lazio.





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