La tragedia della morte di Re Cecconi: differenze tra le versioni
Nessun oggetto della modifica |
Nessun oggetto della modifica |
||
| Riga 1: | Riga 1: | ||
[[Immagine:tragediacecco1.jpg|thumb|left|200px|Dic. 1976, Re Cecconi si allena al flaminio per recuperare]][[Immagine:tragediacecco2.jpg|thumb|right|200px|]] |
[[Immagine:tragediacecco1.jpg|thumb|left|200px|Dic. 1976, Re Cecconi si allena al flaminio per recuperare]][[Immagine:tragediacecco2.jpg|thumb|right|200px|]] |
||
| ⚫ | [[24 ottobre]] [[1976]]: [[Lazio-Bologna 3-0]]. Per [[Re Cecconi Luciano|Luciano Re Ceccon]]i è l’inizio della sua quinta stagione nella Lazio; durante la partita s’infortuna ad un ginocchio e, zoppicante, abbandona il campo dello stadio Olimpico. Nessuno immagina che il biondo centrocampista ha appena indossato, per l’ultima volta, la maglia che più di tutte gli ha dato gioie calistiche, arrivando a vincere lo [[scudetto]] e venendo convocato più volte in nazionale. Sembra essere un infortunio di poco conto, di facile guarigione, basta restare fermi un po’ di tempo. In un mese torna ad allenarsi, ma proprio in questa delicata fase, subisce una dolorosa ricaduta, rischiando addirittura l’intervento chirurgico. Luciano non si da per vinto, e grazie alla sua forza di volontà, recupera a vista d'occhio. |
||
Si allena solitario al Flaminio, dove riceve anche la visita del suo amato allenatore [[Maestrelli Tommaso|Maestrelli]] ormai consumato dal ritorno del male che lo porterà di lì a pochi mesi alla scomparsa prematura. |
|||
'''Appunti''' |
|||
| ⚫ | Martedì [[18 gennaio]] [[1977]]: gioca finalmente per intero la partitella d’allenamento con il resto della squadra. È felice, corre verso il dottor [[Ziaco Renato|Ziaco]] e gli confida: «va meglio Dottore, mi sento pronto, Domenica a cesena sono convinto che giocherò, facendo rimanere tutti a bocca aperta» |
||
| ⚫ | [[24 ottobre]] [[1976]]: [[Lazio-Bologna 3-0]]. Per [[Re Cecconi Luciano|Luciano Re Ceccon]]i è l’inizio della sua quinta stagione nella Lazio; durante la partita s’infortuna ad un ginocchio e, zoppicante, abbandona il campo dello stadio |
||
| ⚫ | E' praticamente pronto a rientrare in squadra quando, la stessa sera, mentre il telegiornale della Rai (allora principale tg nazionale), chiudeva l'edizione serale, arrivò la notizia che il centrocampista della Lazio e della Nazionale era morto in una gioielleria a Roma, mentre era in compagnia di altri compagni di squadra. Si pensò inizialmente ad una rapina finita tragicamente, invece la morte del forte centrocampista fu dovuta ad un tragico scherzo finito nel sangue.. |
||
| ⚫ | Martedì [[18 gennaio]] [[1977]]: gioca finalmente per intero la partitella d’allenamento con il resto della squadra. È felice, corre verso il dottor Ziaco e gli confida: « |
||
| ⚫ | Quella sera di gennaio, Luciano è in compagnia di [[Ghedin Pietro|Pietro Ghedin]], e [[Rossi Renzo]]. I tre incrociano [[Garlaschelli Renzo|Garlaschelli]] e lo invitano ad unirsi a loro per una serata a cena fuori. L'ala declina l'invito e va via. Anche Rossi deve sganciarsi per fare delle commissioni. Re Cecconi e Ghedin vanno da un loro amico comune, Giorgio Fraticcioli (titolare di una profumeria), perpassare un pò di tempo scambiando due chiacchere. Il negoziante li invita ad accompagnarlo da un cliente a cui deve consegnare dei flaconi in una gioielleria di via Nitti a Roma, nel quartiere Flaminio. I tre entrano poco prima dell'orario di chiusura, intorno alle 19,30. Il carattere estroverso di Luciano, gli suggerisce uno scherzo, che si rivelerà tragico, anche perchè il clima sociale del periodo non è certo dei migliori. All'ingresso si presenta col bavero alzato esclamando: "Fermi tutti questa è una rapina". Il gioielliere, Bruno Tabocchini, che non lo riconosce, anche perchè ha il bavero alzato e tiene una mano in tasca, simulando una pistola, lo scambia per un rapinatore vero ed estrae una pistola, vera, che teneva in negozio perchè già vittima di diverse rapine e spara. Re Cecconi, colpito in pieno cade mormorando "Era uno scherzo, era solo uno scherzo". Ghedin fa in tempo ad alzare le mani e farsi riconoscere. Poi si gira verso il compagno, dicendogli di alzarsi e che lo scherzo è terminato. |
||
| ⚫ | E' praticamente pronto a rientrare in squadra quando, |
||
Ma si accorge che del sangue esce dal torace di Re Cecconi. |
|||
| ⚫ | Quella sera di gennaio, |
||
Qualcuno ferma una pattuglia della polizia che a sirene spiegate lo porta al San Giacomo, dove arriva ormai morto. Sono intorno alle 20, neanche mezz'ora dopo l'atroce fatto, lasciando nel dolore non solo la tifoseria laziale da cui era adorato, ma l'intero modo sportivo italiano. Luciano lasciava così a soli 28 anni, appena compiuti, l'adorata moglie Cesarina ed i figli Stefano di due anni e Francesca. |
|||
[[Immagine:Vianitti.jpg|thumb|left|200px|Via Nitti, dove era l'oreficeria, ora c'è un ottico]] |
[[Immagine:Vianitti.jpg|thumb|left|200px|Via Nitti, dove era l'oreficeria, ora c'è un ottico]] |
||
[[Immagine:Tragediacecco3.jpg|right|200px|]] |
[[Immagine:Tragediacecco3.jpg|right|200px|]] |
||
La notizia, si sparge in un'attimo, accorrono i compagni di squadra, e il presidente [[Lenzini Umberto|Lenzini]]. |
|||
[[Pulici Felice|Felice Pulici]] è l'unico a vederlo all'obitorio, nudo con il foro di proiettile che gli è penetrato vicino al cuore. Gli altri non ce la fanno. |
|||
Ghedin è in preda alle convulsioni in stato di shock. Solo dopo ore riuscirà a fare una deposizione alle autorità giudiziarie raccontando dello scherzo. |
|||
Tabocchini venne arrestato ed accusato per "eccesso colposo di legittima difesa"; processato in direttissima 18 giorni dopo, venne assolto per "aver sparato per legittima difesa putativa". Per una delle tante ironie del destino, che spesso gioca beffardamente con la vita, Luciano Re Cecconi era uno dei pochi, se non l'unico, giocatore della rosa laziale del tempo, a non possedere un'arma da fuoco. |
Tabocchini venne arrestato ed accusato per "eccesso colposo di legittima difesa"; processato in direttissima 18 giorni dopo, venne assolto per "aver sparato per legittima difesa putativa". Per una delle tante ironie del destino, che spesso gioca beffardamente con la vita, Luciano Re Cecconi era uno dei pochi, se non l'unico, giocatore della rosa laziale del tempo, a non possedere un'arma da fuoco. |
||
| ⚫ | I funerali si svolsero presso la basilica romana di San Pietro e Paolo, a cui prese parte una gran folla. Le sue spoglie vengono poi tumulate nel cimitero di Nerviano. Il 30 gennaio 1977, alla ripresa del campionato, la Lazio è di scena a Cesena, nel minuti di raccoglimento decretato dall'arbitro Agnolin, un trombettiere solitario, intona il silenzio dalla curva locale, in uno stadio che rimane immobile dalla commozione. |
||
| ⚫ | I funerali si svolsero presso la basilica romana di San Pietro e Paolo, a cui prese parte una gran folla. Le sue spoglie vengono poi tumulate nel cimitero di Nerviano. Il 30 gennaio 1977, alla ripresa del campionato, la Lazio è di scena a Cesena, nel minuti di raccoglimento decretato dall'arbitro Agnolin, un trombettiere solitario, intona il silenzio dalla curva locale, in uno stadio che rimane immobile dalla commozione. |
||
Gli è stato intitolato lo stadio polifunzionale di Nerviano, sua città natale; un impianto dove fino alla metà degli anni 80' veniva disputato un torneo giovanile (cat. Allievi) a suo nome che aveva riscosso notevole successo in ambito Europeo; con Lazio e Pro Patria come squadre obbligatoriamente sempre presenti, oltre a Milan ed Inter, che richiamava sugli spalti migliaia di sportivi. Uno stadio in cui anche la Pro Patria ha giocato una gara ufficiale, quella del campionato di Eccellenza 1992/93. |
|||
'''Bozza da fare''' |
|||
[[Categoria:Cronaca|La tragedia della morte di Re Cecconi]] |
[[Categoria:Cronaca|La tragedia della morte di Re Cecconi]] |
||
Versione delle 23:11, 16 gen 2008


24 ottobre 1976: Lazio-Bologna 3-0. Per Luciano Re Cecconi è l’inizio della sua quinta stagione nella Lazio; durante la partita s’infortuna ad un ginocchio e, zoppicante, abbandona il campo dello stadio Olimpico. Nessuno immagina che il biondo centrocampista ha appena indossato, per l’ultima volta, la maglia che più di tutte gli ha dato gioie calistiche, arrivando a vincere lo scudetto e venendo convocato più volte in nazionale. Sembra essere un infortunio di poco conto, di facile guarigione, basta restare fermi un po’ di tempo. In un mese torna ad allenarsi, ma proprio in questa delicata fase, subisce una dolorosa ricaduta, rischiando addirittura l’intervento chirurgico. Luciano non si da per vinto, e grazie alla sua forza di volontà, recupera a vista d'occhio. Si allena solitario al Flaminio, dove riceve anche la visita del suo amato allenatore Maestrelli ormai consumato dal ritorno del male che lo porterà di lì a pochi mesi alla scomparsa prematura. Martedì 18 gennaio 1977: gioca finalmente per intero la partitella d’allenamento con il resto della squadra. È felice, corre verso il dottor Ziaco e gli confida: «va meglio Dottore, mi sento pronto, Domenica a cesena sono convinto che giocherò, facendo rimanere tutti a bocca aperta» E' praticamente pronto a rientrare in squadra quando, la stessa sera, mentre il telegiornale della Rai (allora principale tg nazionale), chiudeva l'edizione serale, arrivò la notizia che il centrocampista della Lazio e della Nazionale era morto in una gioielleria a Roma, mentre era in compagnia di altri compagni di squadra. Si pensò inizialmente ad una rapina finita tragicamente, invece la morte del forte centrocampista fu dovuta ad un tragico scherzo finito nel sangue.. Quella sera di gennaio, Luciano è in compagnia di Pietro Ghedin, e Rossi Renzo. I tre incrociano Garlaschelli e lo invitano ad unirsi a loro per una serata a cena fuori. L'ala declina l'invito e va via. Anche Rossi deve sganciarsi per fare delle commissioni. Re Cecconi e Ghedin vanno da un loro amico comune, Giorgio Fraticcioli (titolare di una profumeria), perpassare un pò di tempo scambiando due chiacchere. Il negoziante li invita ad accompagnarlo da un cliente a cui deve consegnare dei flaconi in una gioielleria di via Nitti a Roma, nel quartiere Flaminio. I tre entrano poco prima dell'orario di chiusura, intorno alle 19,30. Il carattere estroverso di Luciano, gli suggerisce uno scherzo, che si rivelerà tragico, anche perchè il clima sociale del periodo non è certo dei migliori. All'ingresso si presenta col bavero alzato esclamando: "Fermi tutti questa è una rapina". Il gioielliere, Bruno Tabocchini, che non lo riconosce, anche perchè ha il bavero alzato e tiene una mano in tasca, simulando una pistola, lo scambia per un rapinatore vero ed estrae una pistola, vera, che teneva in negozio perchè già vittima di diverse rapine e spara. Re Cecconi, colpito in pieno cade mormorando "Era uno scherzo, era solo uno scherzo". Ghedin fa in tempo ad alzare le mani e farsi riconoscere. Poi si gira verso il compagno, dicendogli di alzarsi e che lo scherzo è terminato. Ma si accorge che del sangue esce dal torace di Re Cecconi. Qualcuno ferma una pattuglia della polizia che a sirene spiegate lo porta al San Giacomo, dove arriva ormai morto. Sono intorno alle 20, neanche mezz'ora dopo l'atroce fatto, lasciando nel dolore non solo la tifoseria laziale da cui era adorato, ma l'intero modo sportivo italiano. Luciano lasciava così a soli 28 anni, appena compiuti, l'adorata moglie Cesarina ed i figli Stefano di due anni e Francesca.


La notizia, si sparge in un'attimo, accorrono i compagni di squadra, e il presidente Lenzini. Felice Pulici è l'unico a vederlo all'obitorio, nudo con il foro di proiettile che gli è penetrato vicino al cuore. Gli altri non ce la fanno. Ghedin è in preda alle convulsioni in stato di shock. Solo dopo ore riuscirà a fare una deposizione alle autorità giudiziarie raccontando dello scherzo. Tabocchini venne arrestato ed accusato per "eccesso colposo di legittima difesa"; processato in direttissima 18 giorni dopo, venne assolto per "aver sparato per legittima difesa putativa". Per una delle tante ironie del destino, che spesso gioca beffardamente con la vita, Luciano Re Cecconi era uno dei pochi, se non l'unico, giocatore della rosa laziale del tempo, a non possedere un'arma da fuoco. I funerali si svolsero presso la basilica romana di San Pietro e Paolo, a cui prese parte una gran folla. Le sue spoglie vengono poi tumulate nel cimitero di Nerviano. Il 30 gennaio 1977, alla ripresa del campionato, la Lazio è di scena a Cesena, nel minuti di raccoglimento decretato dall'arbitro Agnolin, un trombettiere solitario, intona il silenzio dalla curva locale, in uno stadio che rimane immobile dalla commozione.