Di Carpegna Nolfo: differenze tra le versioni

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Nel febbraio [[1945]] i nazisti ordinarono alla legione fascista "Tagliamento" di liberare il Passo del Mortirolo che avrebbe favorito il raggiungimento della Val Vermiglio e del Brennero. In due successive sanguinose battaglie, con le forze nazifasciste dieci volte superiori a quelle delle Fiamme Verdi, i partigiani ebbero la meglio e liberarono, senza l'aiuto alleato, Edolo.
Nel febbraio [[1945]] i nazisti ordinarono alla legione fascista "Tagliamento" di liberare il Passo del Mortirolo che avrebbe favorito il raggiungimento della Val Vermiglio e del Brennero. In due successive sanguinose battaglie, con le forze nazifasciste dieci volte superiori a quelle delle Fiamme Verdi, i partigiani ebbero la meglio e liberarono, senza l'aiuto alleato, Edolo.
A tali battaglie di Carpegna partecipò con onore guadagnandosi la Medaglia d'Argento al Valor Militare e raggiungendo il grado di commissario politico del Comando zona operativa Alta Valle Camonica.
A tali battaglie di Carpegna partecipò con onore guadagnandosi la Medaglia d'Argento al Valor Militare e raggiungendo il grado di commissario politico del Comando zona operativa Alta Valle Camonica.
Terminato il conflitto, Nolfo riprese servizio presso la sua amministrazione e assegnato a Venezia dove tornò ad occuparsi di arte. Egli si era staccato dalla sua famiglia e da Roma dal 1941 e il suo desiderio fu quello di fare ritorno nella capitale. Vi riuscì soltanto nel [[1950]]
Terminato il conflitto, Nolfo riprese servizio presso la sua amministrazione e assegnato a Venezia dove tornò ad occuparsi di arte. Egli si era staccato dalla sua famiglia e da Roma dal 1941 e il suo desiderio fu quello di fare ritorno nella capitale. Vi riuscì soltanto nel [[1950]] prestando servizio alla sovrintendenza alle Gallerie del Lazio. Nel [[1952]] diresse
Calla soprintendenza alle Gallerie del Lazio, con sede ovGiamente a Roma; nel 1952 è incaricato della direzione della
Calla soprintendenza alle Gallerie del Lazio, con sede ovGiamente a Roma; nel 1952 è incaricato della direzione della Galleria Nazionale di Arte antica di cui curò il riordino e il restauro in vista del successivo trasferimento a Palazzo Barberini. Nel [[1959]] lo Stato italiano, che aveva acquistato la Collezione Odescalchi, lo incaricò del riordino e del restauro di molti pezzi preziosissimi. Nel 1963 si traferì con la sua famiglia a Bruxelles per assumere un ruolo molto importante presso la Comunità europea. Rimase all'estero fino al suo collocamento a riposo.
Appassionato di armi antiche e moderne, divenne un cultore della materia tanto da scrivere testi fondamentali in quest'ambito. La sua eccezionale competenza lo portò ad avere l'incarico di consulente per la creazione del Museo Civico delle Armi di Brescia.
Galleria Nazionale di arte antica della quale cura il riordino e

i restauri, col successivo trasferimento a palazzo Barberini.
Nolfo di Carpegna morì
Nel 1959 lo Stato italiano, che ha acquistato la "Collezione
Odescalchi", lo incarica della direzione e del riordino, del restauro di molti pezzi e della relativa catalogazione.
Non era, tuttavia, scritto che di Carpegna proseguisse nella sua carriera alle "belle artiJ'. Nel 1963, il comandante del
Mortirolo, che nel frattempo era divenuto commissario europeo e che, in momenti eccezionali aveva apprezzato le doti
umane e intellettuali di Gabrielli e intuito quelle culturali e
professionali, propone a Carpegna di far una nuova ed esaltante esperienza presso la Comunità Economica Europea.
Carpegna accetta e in quello stesso anno lui e la sua famiglia
si trasferiscono a Bruxelles, sede della CEE.
Anche durante questo periodo, protrattosi sino al suo collocamento a riposo nel 1978, Nolfo di Carpegna non è mai
venuto meno a una sua passione o impegno verso se stesso: lo
studio delle armi da fuoco che già lo aveva appassionato durante il periodo della Resistenza in Valle Camonica. Da allora fino alla sua morte avvenuta nel 1994, ogni suo momento
libero, ogni sua forza intellettuale è dedicata a questo studio
che l'<<ha fatto per più anni macro* (Dante, D.C., Par. XXV,
3) e che con la collaborazione del dottor Francesco Rossi ha
potuto essere portato a termine dopo la sua morte e che dal
51 Nolfo di Carpegna,«Brescian Firearms* 20 1
Rossi stesso vi verrà ora presentato, in questo giorno anniversario della scomparsa di Carpegna, orsono tre anni.
Per tale approfondimento della sua cultura nel campo delle
armi da fuoco i rapporti di Carpegna con la nostra città - che
con la produzione della armi ha antichi legami - furono frequenti e intensi; chiamato quale consulente nella scelta dei pezzi della collezione Luigi Marzoli lasciati alla città, svolse con
competenza e intelligenza l'incarico, mantenendo poi la consulenza e il consiglio nella creazione di quel Museo civico delle armi in Castello, qual'è ora, che onora Brescia come uno dei
più importanti in Italia. Dal 1971 era socio del nostro Ateneo.
Avevo iniziato questo breve ricordo di Nolfo richiamando
Dante e la sua menzione onorevole per Guido di Carpegna;
menzione, quella dantesca, che sola potrebbe giustificare una
patente di nobiltà. Alla quale nobiltà, intesa come nobilitas animi, sola atque unica virtus, Nolfo, l'abbiamo visto, fu costantemente fedele nel corso dell'esistenza: lavoratore instancabile
oltre che nell'impegno verso gli altri come pubblico dipendente, anche in quello sopraricordato assunto verso se stesso, possiamo pensare che Carpegna non potesse non aver presente la
terzina dantesca rivolta, ammonitrice, alla nobiltà di sangue:
ben se' tu manto che tosto raccorce
si che, se non s'appon di di in die,
lo tempo va dintorno con le force
(Par. XVI, 7-9)
Quelli che gli furono vicini possono serenamente affermare che Nolfo di Carpegna non ha mai consentito alla forbice
del tempo di accorciare il suo mantello di nobiltà.
Alla vedova di Nolfo, la contessa Vittoria di Carpegna e ai
figli l'Atene0 di Brescia esprime affettuo

Versione delle 14:08, 4 set 2020

Velocista della Sezione di Atletica Leggera. Nato a Roma il 5 febbraio 1913 dalla nobile famiglia, originaria del Montefeltro, Carpegna. Era un pronipote del fondatore dell'ASCI (Associazione Scautistica Cattolica Italiana), il conte Mario di Carpegna, dignitario pontificio, che nel 1916 volle creare questa organizzazione giovanile di matrice cattolica in contrapposizione al CNGEI, che aveva un'impostazione laica e finalità pedagogico-educative, fondato nel 1913 da Carlo Giovanni Colombo.

Mal sopportato dal regime fascista, l'ASCI fu abolita definitivamente in due momenti tra il 1927 e il 1928 e sostituito con l'Opera Nazionale Balilla. Nolfo entrò a far parte dell'ASCI nel periodo immediatamente precedente allo scioglimento. In seguito svolse attività clandestina tra il 1928 e il 1930 nel gruppo Roma V come caposquadriglia delle Aquile. Tale attività clandestina seguitò fino al 1931 quando la sorveglianza del regime si fece più stringente. Tuttavia riuscì ad assistere, come esterno, al 5º Jamboree mondiale dello scautismo che si tenne a Vogelenzang, Bloemendaal nei Paesi Bassi dal 31 luglio 1937 al 9 agosto 1937.

Giovane aitante e fisicamente preparato, Nolfo si iscrisse alla neonata Sezione di Atletica leggera della S.S. Lazio e a partire dal 1933 partecipò a diverse competizioni con ottimi risultati nella velocità. Nella Lazio ebbe modo di stringere amicizia sia con Vindice Cavallera che con Edgardo Contini, anch'essi validi atleti e di comuni idee antifasciste. La brevissima vita della Sezione biancoceleste costrinse Nolfo, al pari di Vindice ed Edgardo, a competere nelle gare universitarie di regime come i Giochi Goliardi e gli Agonali con la maglia della facoltà di Giurisprudenza, era diventato avvocato nel 1934 e anche con quella di Lettere, avendo conseguito questa seconda laurea nel 1936. Le sue prestazioni, a livello cittadino e regionale, furono ottime. Divenuto ufficiale del Regio Esercito, nel 1939 conseguì il diploma di Perfezionamento in Storia dell'Arte e nel 1940 vinse il concorso per Ispettore alla Sovrintendenza alle Gallerie. Inviato in questa funzione a Parma vi restò poco perché richiamato alle armi come sottotenente di un reparto mobilitato in zona di guerra. Avendo giurato fedeltà al Re, combatte valorosamente e si meritò due Croci di Guerra. Dopo l'8 settembre 1943, dovendo scegliere tra una rassicurante adesione alla R.S.I. e la rischiosa lotta partigiana non ebbe dubbi ed ebbe a dire "tanti secoli di dignità familiare non potevano essere infangati da un momento di vigliaccheria" e, nell'estate 1944, si recò a Ponte di Legno dove trovò ricovero semiclandestino presso l'abitazione dei conti Gavazzi, imparentati con la moglie di Nolfo, la contessa Vittoria di Carpegna.

Il 12 settembre 1944 Nolfo entrò a far parte della brigata partigiana delle Fiamma Verdi, assumendo come nome di battaglia quello di "Gabrielli". Il gran passo di vivere la Resistenza venne da lui compiuto solo dopo un accurato controllo del carattere politicamente neutro del suo Gruppo e della sua discendenza ideale dai reparti degli Alpini scioltisi dopo l'8 settembre. Nei primi tempi visse le esperienze comuni a tutti i partigiani con azioni, colpi di mano, attentati, ma presto le sue qualità gli permisero di assumere ruoli sempre più delicati nella Valcamonica e della zona del Mortirolo. Quest'ultima divenne, dal novembre del 1944 all'aprile 1945, uno dei capisaldi dell'attività partigiana dell'alta Valcamonica. La posizione strategica e l'esistenza di fortificazioni risalenti alla prima guerra mondiale spinsero i distaccamenti C.15 e C.19 della Brigata "Antonio Schivardi", appartenente alla Divisione Fiamme Verdi "Tito Speri", a sistemarsi a 2000 m. di quota, dove i due gruppi di circa trenta uomini, comandati l'uno da Luigi Tosetti (ex maresciallo dei carabinieri di Edolo) e l'altro proprio da Nolfo, si fusero, dando vita al Gruppo Alta Valle-Sciatori. Gruppo che andò poi rafforzandosi, richiamando il 7 febbraio 1945 rifornimenti di materiale bellico e missioni alleate attraverso aviolanci.

Nel febbraio 1945 i nazisti ordinarono alla legione fascista "Tagliamento" di liberare il Passo del Mortirolo che avrebbe favorito il raggiungimento della Val Vermiglio e del Brennero. In due successive sanguinose battaglie, con le forze nazifasciste dieci volte superiori a quelle delle Fiamme Verdi, i partigiani ebbero la meglio e liberarono, senza l'aiuto alleato, Edolo. A tali battaglie di Carpegna partecipò con onore guadagnandosi la Medaglia d'Argento al Valor Militare e raggiungendo il grado di commissario politico del Comando zona operativa Alta Valle Camonica. Terminato il conflitto, Nolfo riprese servizio presso la sua amministrazione e assegnato a Venezia dove tornò ad occuparsi di arte. Egli si era staccato dalla sua famiglia e da Roma dal 1941 e il suo desiderio fu quello di fare ritorno nella capitale. Vi riuscì soltanto nel 1950 prestando servizio alla sovrintendenza alle Gallerie del Lazio. Nel 1952 diresse Calla soprintendenza alle Gallerie del Lazio, con sede ovGiamente a Roma; nel 1952 è incaricato della direzione della Galleria Nazionale di Arte antica di cui curò il riordino e il restauro in vista del successivo trasferimento a Palazzo Barberini. Nel 1959 lo Stato italiano, che aveva acquistato la Collezione Odescalchi, lo incaricò del riordino e del restauro di molti pezzi preziosissimi. Nel 1963 si traferì con la sua famiglia a Bruxelles per assumere un ruolo molto importante presso la Comunità europea. Rimase all'estero fino al suo collocamento a riposo. Appassionato di armi antiche e moderne, divenne un cultore della materia tanto da scrivere testi fondamentali in quest'ambito. La sua eccezionale competenza lo portò ad avere l'incarico di consulente per la creazione del Museo Civico delle Armi di Brescia.

Nolfo di Carpegna morì