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Hanno presenziato alla partita S. E. IL Segretario del Partito , S. E. Valle, l’on. Riccardi, l’on. Delcroix e Vittorio e Bruno Mussolini. |
Hanno presenziato alla partita S. E. IL Segretario del Partito , S. E. Valle, l’on. Riccardi, l’on. Delcroix e Vittorio e Bruno Mussolini. |
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Versione delle 21:57, 25 gen 2023
Turno precedente - Turno successivo
15 gennaio 1939 - 565 - Serie A 1938/39 - XIV giornata
ROMA: Masetti, Monzeglio, Donati, Serantoni, Bernardini, Fusco, Borsetti, Bonomi, Michelini, Coscia, Alghisi.
LAZIO: Blason, Faotto, Monza (II), Baldo, Ramella, Ferri, Busani, Piola, Zacconi, Camolese, Capri. All. Giuseppe Viola.
Arbitro: sig. Scorzoni di Bologna.
Marcatori: 3' pt Zacconi, 39' pt Busani.
Note: cielo coperto, campo leggermente pesante.
Spettatori: 20.000.
Il Littoriale il giorno successivo titola: “Superiore in ogni linea la LAZIO comanda il gioco segna due punti e vive tranquilla sul vantaggio – Zacconi e Busani autori delle due reti – Grande partita di Ramella e di Piola che si rivela mezz’ala di notevoli possibilità – Esemplari l’arbitraggio e il contegno degli atleti e del pubblico”.
È saltata la tradizione. È saltata, come saltano certe tradizioni che, per essere restate in piedi anche in circostanze in cui si sarebbe giurato sul crollo, si finisce per definire “stregate”. Se ne erano convinti tutti: quelli che ne beneficiavano e quelli che ne scapitavano. Soprattutto questi ultimi. Non è un mistero per nessuno che i tifosi della Lazio, dopo il sorgere e il consolidarsi della tradizione, hanno sempre considerato la doppia partita contro la Roma come apporto negativo alla classifica. Nel caso specifico, poi, la squadra azzurra appariva in condizioni di accentuato sfavore in quanto la partita stracittadina la trovava alle prese con delicato problema dell’assestamento tecnico della squadra, consigliato dalla necessità di dare a Piola la possibilità di valersi in pieno dei suoi eccezionali mezzi. Di più ancora: ad aumentare il disagio si era aggiunta la indisponibilità di Milano. Tutto insomma concorreva a indicare nella Roma, 11 volte vittoriosa e una sola volta sconfitta (e questa sola volta su campo avverso), la squadra che sul proprio campo avrebbe conseguito la vittoria.
“Ahi, ahi!”. Ma queste circostanze favorevoli erano ridotte a ben poco quando l’altoparlante annunziò la formazione delle due squadre. Corse fra i tifosi giallo-rossi il dubbio che l’assenza di Gadaldi e la retrocessione di Donati a terzino potessero pregiudicare la partita? Qualcuno a noi vicino lo espresse con un “ahi, ahi” significativo. E il timore isolato divenne certezza generale quando il primo pallone azzurro tocco il fondo della rete di Masetti. Era facile accorgersi, infatti, che a Donati non sarebbe bastata l’intera partita per trovare un ambientamento appena passabile in un ruolo che non gli è abituale, e che la classe di Monzeglio non sarebbe bastata a fronteggiare la velocità di Capri. Incerta alle spalle, la Roma appariva anche se non di più incerta al centro della mediana. Il perno era Bernardini, il cui rientro per la partita tradizionale era stato salutato da alte acclamazioni dei tifosi giallorossi.
Motivi sentimentali. Ecco: se dico che mi trema la mano nell’addossare a Bernardini molta parte di colpa della netta sconfitta della Roma, credetemi. Perché? Motivi sentimentali. Bernardini rappresenta vent’anni di attività calcistica italiana. Moltissimi fra i ventimila che ieri si accalcavano sulle gradinate di “Testaccio” non erano neppure nati quando Fulvio cominciava ad essere “qualcuno”. Vent’anni, di cui almeno quindici vissuti in primo piano. L’ho visto giocare tantissime volte e tante volte l’ho ammirato. Mi piaceva di lui, soprattutto, ls reazione quasi spavalda le non rare volte in cui qualche critico imprudente lo giudicava giocatore finito. Fulvio si presentava in campo e disputava un partitone. C’era da sostenere il confronto con un perno più quotato? Quasi sempre Fulvio lo vinceva.
Questa volta, invece, l’anziano grande atleta non ha avuto la reazione che la partita richiedeva. Il cervello comandava ancora ai muscoli, ma i muscoli non obbedivano. Il talento s’esprimeva ancora in finezze di concezione, ma la esecuzione era, non sbagliata, ma incompleta. Il pallone che si staccava dai piedi di Bernardini percorreva, quale misura media, si e no cinque metri. Quasi mai le ali chiamate in causa e raramente il centravanti. Da qui il sacrificio di Coscia, che si è trovato costretto a ricamare in prevalenza passaggetti col perno; di qui il gioco sordo di Bonomi; di qui l’asmatico procedere dell’intera prima linea.
Vigoria atletica. Rovescio della medaglia in campo azzurro. Splendente di giovinezza e vigoria atletica Ramella, la Lazio ha comandato il gioco da un capo all’altro della partita: è il motivo tecnico che si è profilato dall’inizio. Ramella controllava da solo la zona centrale del terreno, sentinella avanzata che, costringendo gli avversari a giocare alla svelta, agevolava non poco il compito di Monza e Faotto, elastici colpitori e pieni di risorse nei momenti di pericolo. Piano piano mi sono talmente abituato a Ramella respingi tutto che ho finito- perdonatemi il paradosso – per non notarlo più! Ma Ramella non era solo a spadroneggiare. C’era anche Piola. Un Piola pari alla sua classe nella veste non ancora consueta della mezzala, nella veste, cioè, in cui la grade maggioranza dei critici non era ancora riuscito a “vederlo”.
Ricorso storico. Mi sia concesso al riguardo un ricorso storico personale. Dopo Bari-Lazio (terza giornata) sostenni la necessità di spostare Piola a mezz’ala destra per sottrarlo alla stretta sorveglianza di troppi avversari, tema obbligato di tutte le partite del Piola centravanti. Dopo Bologna-Lazio (quinta giornata) sostenni con maggior calore la stessa tesi. E la potei sostenere a maggior veduta in quanto, nel secondo tempo di quella partita, la Lazio, con Piola spostato a mezzala, segnò una notevole quanto impensata prevalenza sui rosso-blu che non diede frutti unicamente per sfortuna (un palo di Costa e un paio di occasioni mancate per pochissimo dal piccolissimo Vettraino). Tornato Piola a centravanti, sul finire, il Bologna riprese il sopravvento e terminò all’attacco.
La “prima” di Piola mezz’ala dall’inizio della partita, si ebbe contro il Modena. I contrari allo spostamento del vercellese ebbero buon gioco, poiché, date le cattive condizioni di salute di Ramella, Piola, pur dimostrandosi tra i migliori azzurri, non poté brillare. Giovedì scorso in allenamento Piola era ancora alla mezz’ala. Poiché nella prima ora non aveva fatto niente di speciale, sentii enunciare da un bravissimo giocatore la seguente definizione: mezzala si nasce. Capitò che nell’ultima mezzora Piola dimostrò in pieno che mezz’ala si può anche diventare dal momento che oltre Meazza, anch’egli, e in brevissimo tempo, vi era riuscito.
Lo spettacolo “Piola”. Chiusa la digressione. Piola è mezz’ala anche contro la Roma. Ebbene, Piola mezz’ala è stato uno dei motivi principali dell’indiscutibile successo della Lazio sulla Roma. L’aveste visto, o lettori che non eravate a Testaccio! La Lazio, in Ramella occupato in un lavoro prevalentemente distruttivo e in Piola amministratore del gioco d’attacco e non di rado risolutore del gioco stesso, aveva il suo Giano, dio bifronte. Perfetta intesa fra i due; distribuzione di Piola, sull’intero fronte dell’attacco, assolutamente esemplare. Uno spettacolo, ve l’assicuro. C’è stato poi un momento, nel secondo tempo, in cui il cannoniere s’è sentito ripreso dall’estro di quand’era il fulminatore di reti per antonomasia. Tiro da 25 metri; una stangata che Masetti, disteso per quant’è lungo sulla linea della porta, ha deviato con grande fatica in angolo! Particolarità tecnica dei passaggi di Piola agli uomini di punta: quasi sempre indirizzati e dosati in modo da essere raccolti sia dal centro che dall’ala. Il centro era Zacconi, giocatore sbrigativo e l’ala più spesso era Busani che, guarito nel fisico ha messo in risalto le doti di velocità e di classe che tutti gli riconosciamo.
Difesa manovrata. Inavvertitamente abbiamo slittato dalla vicenda della partita nell’esame della squadra vincitrice. Già che ci siamo, completiamo il quadro. Poiché gli azzurri hanno sempre comandato il gioco, anche quando, specialmente nella fase centrale del primo tempo, si è trattato di difendersi – avviene cosè quando la difesa è “difesa manovrata” – è naturale che la Lazio non abbia avuti veri e propri punti deboli. Basterà dire che non ne ha avuto neppure nella mediana, per quanto vi fosse un esordiente: il giovanissio Ferri. Il ragazzo, dopo un primo tempo discreto, ha fornito una ripresa ammirevole per slancio e generosità d’impegno. A dirgli “bravo” non gli si regala niente. Cosà va segnalato l’oscuro ma costante lavoro di copertura di Camolese e l’accorta marcatura di Baldo.
La Roma, ha risentito più di quanto si potesse immaginare, dell’inedito accoppiamento dei terzini e per quello che riguarda Bernardini si è detto. L’intera squadra inoltre ha denunziato sin dalle prime battute un orgasmo dal quale non è riuscita in seguito a riaversi completamente. Certo, deve essere stato quell’assassino gol iniziale, che, chiudendo le bocche dei suoi innumerevoli tifosi, le ha tolto l’ausilio di quel caloroso incitamento di cui ieri più che mai avrebbe avuto bisogno. Il gol, cosa fatta prima che fossero esauriti 3 minuti di gioco, ha fermato la squadra che altrimenti avrebbe trovato ‘impeto voluto dalla tradizione? È un’ipotesi. Ma urge l’obiezione: c’era tempo sufficiente per recuperare. Tentò, infatti, di giungere al pareggio la Roma, ma il caso volle che, proprio pochi secondi dopo che l’occasione dell’1-1 si era presentata, e, per eccesso di individualismo in Michelini, era sfumata, la Lazio partisse fulmineamente in contrattacco e, con la complicità di una mancata intesa Masetti-Donati, segnasse il secondo gol.
Errore tattico. Attendemmo che la Roma, individuati – ed erano facilmente individuabili – i punti deboli della sua formazione, assumess all’inizio della ripresa lo schieramento che, reclamato a voce alta da qualche tifoso, divenne quello degli ultimi minuti. In una parola che Bernardini lasciasse ad altir il comando della mediana e passasse a registrare se non proprio a galvanizzare il frammentario gioco d’attacco. Invece, la Roma insistè nella formazione iniziale e la Lazio visse tranquillamente sul vantaggio, impegnando Masetti più di quanto l’avversaria facesse con Blason. In questo periodo, che si può chiamare di controllo delle mosse della Roma, la Lazio avrebbe potuto aumentare il bottino, tanta era la facilità con cui gli attaccanti azzurri “passavano” fra i corridoi che s’aprivano di continuo nella retroguardia giallorossa.
Non fu che al 19’ che Serantoni venne spostato in prima linea. Il “motorino” aggiunse a quello di Borsetti il proprio fuoco: ma alle spalle continuava ed esserci troppo vuoto. Alla mezz’ora, finalmente, la Roma assunse la formazione che con gli uomini a disposizione si dimostrava subito come la migliore: Donati perno, Serantoni terzino sinistro, Bernardini mezzo sinistro e Coscia mezzo destro. La Roma trovò un poco di quella forza di proiezione che le era sino allora mancata, ma ormai era troppo tardi. La rete di Blasono passò qualche pericolo, ma fu tutto qui.
Serantoni, il migliore. Riprendiamo l’esame critico dei giocatori. Eravamo rimasti a Bernardini. Ai suoi lati Serantoni e Fusco fecero in pieno il loro dovere, e i primo fu nel complesso il migliore della Roma. All’attacco cose bellissime fece Borsetti, palla sempre legata al piede quasi ne fosse costretta da una calamita! Da solo mise in imbarazzo duo e anche tre avversari, e il tiro più pericoloso contro Blason fu suo. Se fosse stato gol, chissà: sono le malinconie degli afflitti tifosi giallorossi. Michelini, ingabbiato nel triangolo Faotto-Monza-Ramella per effetto dello scarso aiuto dei suoi interni, fece quello che poté, cioè si servì, sino forse ad esagerare, dall’arma della rovesciata. Glie ne riuscì bene solamente una, ma Blason aveva gli occhi aperti e la palla fu nettamente sua. Alghisi, infine, restò sul livello del suo normale rendimento, il che non è molto ma non è neppur poco.
Vogliamo concludere? E’ saltata la tradizione e, saltando, la casistica del tradizionale confronto stracittadino romano si è arricchita di un fatto nuovo: la vittoria della Lazio, che non sarebbe un fatto nuovo, ma lo diventa se si aggiunge che è una vittoria che non ammette discussioni. E che non sia discutibile la dimostrazione è nella simpatica serena accettazione del risultato da parte dei tifosi giallorossi. Altra aggiunta che troverete ampiamente illustrata in altra parte del giornale; vittoria della giovinezza (dinamismo) sull’esperienza (staticità). Lieta notazione finale: comportamento esemplare dei calciatori, comportamento esemplare del pubblico, direzione esemplare dell’arbitro.
Zucconi, poi Busani. Ed ecco – per la cronaca – i due gol della giornata. Ha la palla Piola. Passaggio a Zacconi. Incertezza della difesa giallorossa. Un rimpallo: la sfera da Coscia rimbalza leggermente indietro. Zaccone si avventa, Zaccone tira. Masetti indovina la direzione del tiro e si butta. La palla è egualmente in rete. Se fosse stata parata, probabilmente nessuno avrebbe definito “prodezza” quella di Masetti. Errore di tempo nel tuffo, allora? Si era al 2’30” di giuoco. La Roma ebbe l’occasione del pareggio subito dopo, ma Michelini giunse leggermente in ritardo sulla palla lanciata in avanti da Serantoni. Poi, occasioni da una parte e dall’altra, e al 38’la Lazio raddoppiò il vantaggio, Zacconi di testa a Capri. Sull’ala corre Monzeglio, ma Capri, che è già lanciato, guadagna subito il terreno sufficiente per centrare libero. Esce Masetti e davanti a lui Donati dà l0impressione di “parare l’uomo”. Ma così non è, poiché Zacconi giunge su Masetti il quale si vede costretto a far uso del piede; ill pallone batte sul mucchio e va verso la porta incustodita. Busani è svelto a scattare e con tocco tranquillo mette indisturbato in rete.
Saggezza dei proverbi. A partita finita, gli azzurri giustamente esultanti, si confusero in un abbraccio cumulativo. Prima della partita col Modena si parlò di riconciliazione fra la squadra e i suoi crucciati tifosi. Si disse poi: la riconciliazione è stata differita. Occorre aggiungere che la riconciliazione, è ormai una bella realtà? Come si vede, e a dimostrazione della verità dei proverbi, saggezza dei popoli, tutti i mali non sono venuti per nuocere. Hanno presenziato alla partita S. E. IL Segretario del Partito , S. E. Valle, l’on. Riccardi, l’on. Delcroix e Vittorio e Bruno Mussolini.
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Uscita alta di Blason
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Immagini della gara
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L'undici giallorosso prima dell'inizio del match
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Da "Il Calcio Illustrato"
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L'articolo de "Il Calcio Illustrato" sul match
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