Bergamo Vittorio: differenze tra le versioni
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Centrocampista. Nato a Roveredo in Piano (Ud) il [[25 settembre]] [[1922]] e morto a Muzzano il [[3 giugno]] [[2011]]. |
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Ingaggiato dalla Lazio nell'autunno [[1952]] gioca 3 stagioni in biancoceleste, collezionando 58 presenze e 4 reti in [[campionato]]. Dopo aver iniziato nella Biellese, nel [[1945|46]] passa al Vigevano per poi essere acquistato dal [[Genoa]] nella stagione [[1946/47]]. Con i rossoblù resta fino al [[1950]] dopo aver giocato 132 gare e segnato 9 reti. Nelle 2 stagioni successive cambia casacca vestendo quella della Sampdoria. Dopo l'esperienza con la Lazio milita, nella stagione [[1955/56]], nel Palermo. Chiude la sua carriera, di nuovo nella Biellese, nel 1957. |
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Nato casualmente a Roveredo in Piano (Udine), ma triestino “doc”, Bergamo iniziò a giocare a 17 anni nella Fortitudo, squadra minore del capoluogo giuliano, prima che di essere ceduto alla Biellese. |
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Giocatore lineare e ordinato è stato un elemento fondamentale del centrocampo. Accorto tatticamente e molto mobile, ha sempre saputo conquistare la fiducia dei tecnici che lo hanno allenato. |
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Qui si mise in luce per grinta, tecnica e prestanza atletica negli ultimi campionati prima della [[Seconda Guerra Mondiale]]. Passò dapprima al Vigevano e nel [[1946]] al Genoa, dove al fianco di fuoriclasse del calibro di Verdeal giocò per quattro campionati. Memorabili soprattutto le sue gare contro il Torino di Valentino Mazzola, che contro di lui non vedeva mai palla. |
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Restò al Genoa fino al [[1950]], quando fu scambiato con Giuseppe Baldini per passare sull’altra sponda del Bisagno, alla Sampdoria, nel primo affare della storia tra le due società genovesi. |
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Due stagioni in blucerchiato (1950-52), con un derby in cui segna un gol da ex e viene inseguito dai genoani fin dentro casa. |
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Ingaggiato dalla Lazio nell'autunno [[1952]] gioca 3 stagioni in biancoceleste, collezionando 58 presenze e 4 reti in [[campionato]]. |
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Nel [[1956/57]] passa al Palermo, per portare da capitano i rosanero in Serie A e poi, l’ultima stagione, nel [[1957/58]], alla Biellese, in C. |
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Tentò la carriera di allenatore, a Sestri Levante, quindi si riavvicinò nella sua Biella (dove nel frattempo si era sposato) per lavorare nel ramo tessile e dedicarsi con grande cuore ed affetto ai malati dell’ospedale, in qualità di volontario. |
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A dispetto di una malattia (il diabete) che lo limitava parecchio nella vita di tutti i giorni. |
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Negli anni ‘70 il ritorno in panchina, chiamato dal presidente Efrem Galliera, nella Valle Cervo, nella quale ha lasciato un commosso ricordo a tutti i giocatori che ha allenato. |
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Un “ringhio” esuberante in campo, un buono fuori, simpatico, generoso e guascone. Un autentico maestro di tecnica (trasmessagli da santoni della panchina come l’inglese Billy Garbutt), che verrà ricordato con gratitudine. |
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Muore all’età di 88 anni in una casa di riposo di Muzzano. |
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Lascia i figli Roberto, Renato e Luisa e tanti affezionati nipoti, tra cui Giovanni, 20 enne centrocampista del Pollone (Prima Categoria) e Beatrice, talento dello sci alpino. |
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[[Categoria:Biografie|Bergamo, Vittorio]] |
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Versione delle 17:42, 4 giu 2011


Centrocampista. Nato a Roveredo in Piano (Ud) il 25 settembre 1922 e morto a Muzzano il 3 giugno 2011.
Nato casualmente a Roveredo in Piano (Udine), ma triestino “doc”, Bergamo iniziò a giocare a 17 anni nella Fortitudo, squadra minore del capoluogo giuliano, prima che di essere ceduto alla Biellese. Qui si mise in luce per grinta, tecnica e prestanza atletica negli ultimi campionati prima della Seconda Guerra Mondiale. Passò dapprima al Vigevano e nel 1946 al Genoa, dove al fianco di fuoriclasse del calibro di Verdeal giocò per quattro campionati. Memorabili soprattutto le sue gare contro il Torino di Valentino Mazzola, che contro di lui non vedeva mai palla. Restò al Genoa fino al 1950, quando fu scambiato con Giuseppe Baldini per passare sull’altra sponda del Bisagno, alla Sampdoria, nel primo affare della storia tra le due società genovesi. Due stagioni in blucerchiato (1950-52), con un derby in cui segna un gol da ex e viene inseguito dai genoani fin dentro casa. Ingaggiato dalla Lazio nell'autunno 1952 gioca 3 stagioni in biancoceleste, collezionando 58 presenze e 4 reti in campionato. Nel 1956/57 passa al Palermo, per portare da capitano i rosanero in Serie A e poi, l’ultima stagione, nel 1957/58, alla Biellese, in C.
Tentò la carriera di allenatore, a Sestri Levante, quindi si riavvicinò nella sua Biella (dove nel frattempo si era sposato) per lavorare nel ramo tessile e dedicarsi con grande cuore ed affetto ai malati dell’ospedale, in qualità di volontario. A dispetto di una malattia (il diabete) che lo limitava parecchio nella vita di tutti i giorni. Negli anni ‘70 il ritorno in panchina, chiamato dal presidente Efrem Galliera, nella Valle Cervo, nella quale ha lasciato un commosso ricordo a tutti i giocatori che ha allenato.
Un “ringhio” esuberante in campo, un buono fuori, simpatico, generoso e guascone. Un autentico maestro di tecnica (trasmessagli da santoni della panchina come l’inglese Billy Garbutt), che verrà ricordato con gratitudine. Muore all’età di 88 anni in una casa di riposo di Muzzano. Lascia i figli Roberto, Renato e Luisa e tanti affezionati nipoti, tra cui Giovanni, 20 enne centrocampista del Pollone (Prima Categoria) e Beatrice, talento dello sci alpino.