Podavini Gabriele: differenze tra le versioni
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Cresciuto nel Virle, viene acquistato dal Brescia con cui disputa 6 stagioni in prima squadra dopo aver militato nelle formazioni giovanili delle "rondinelle" e aver vinto un campionato Primavera. Per una stagione gioca in prestito con il Bolzano. La Lazio lo acquista nel [[1982]] dal [[Brescia]] grazie al suggerimento del tecnico [[Clagluna Roberto|Roberto Clagluna]]. |
Cresciuto nel Virle, viene acquistato dal Brescia con cui disputa 6 stagioni in prima squadra dopo aver militato nelle formazioni giovanili delle "rondinelle" e aver vinto un campionato Primavera. Per una stagione gioca in prestito con il Bolzano. La Lazio lo acquista nel [[1982]] dal [[Brescia]] grazie al suggerimento del tecnico [[Clagluna Roberto|Roberto Clagluna]]. |
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Disputa 5 stagioni in maglia biancoceleste per poi passare al [[Genoa]] ed in seguito al Siena. |
Disputa 5 stagioni in maglia biancoceleste per poi passare al [[Genoa]] ed in seguito al Siena. |
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Podavini è stato un terzino dinamico, dotato di buona tecnica e in possesso di un tiro forte e preciso. Fu lui che nella famosa partita Lazio-Lanerossi Vicenza del [[21 giugno]] [[1987]] fece arrivare il pallone a [[Fiorini Giuliano|Giuliano Fiorini]] che, segnando la rete del successo laziale, permise ai biancocelesti di poter accedere agli spareggi di Napoli per la permanenza in serie B nella stagione in cui la società fu penalizzata di 9 punti. |
Podavini è stato un terzino dinamico, dotato di buona tecnica e in possesso di un tiro forte e preciso. Fu lui che nella famosa partita Lazio-Lanerossi Vicenza del [[21 giugno]] [[1987]] fece arrivare il pallone a [[Fiorini Giuliano|Giuliano Fiorini]] che, segnando la rete del successo laziale, permise ai biancocelesti di poter accedere agli spareggi di Napoli per la permanenza in serie B nella stagione in cui la società fu penalizzata di 9 punti. |
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Nel [[1995/96]] allena la Bagnolese. |
Nel [[1995/96]] allena la Bagnolese. |
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Terminata l'attività di calciatore ha allenato squadre dilettanti lombarde. |
Terminata l'attività di calciatore ha allenato squadre dilettanti lombarde. |
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Gabriele Podavini, che ha un diploma di geometra, è oggi un appassionato di auto e moto d'epoca (è membro di un club di Amatori a Serle) e gestisce una grande officina di revisione veicoli. |
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PREVALLE Del calcio spesso ci si innamora, da piccoli. E del calcio, di quello attuale almeno, può anche capitare di disinnamorarsi. Da grandi. Così è capitato a Gabriele Podavini, per sei anni in maglia biancazzura a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Per lui, per il «Poda» come lo chiamano tuttora in molti, quello del pallone resta ancora un gioco, ma al giorno d'oggi non ha più questa dimensione. |
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Forse anche per questo se n'è in parte distaccato, pronto però a tornarci magari per cambiare le cose. |
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La passione comunque resta, così come quella per le moto e auto d'epoca (è membro del Club Amatori che ha sede a Serle); resta anche il legame con il paese, Prevalle «in cui sono nato e in cui morirò». |
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La città, Brescia, pare lontana, dagli occhi e non solo. Non a caso lo incontro al bar Contesto, pochi chilometri da casa sua, nella dimensione che il Poda sente sua. |
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Gabriele Podavini, partiamo dagli inizi. |
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«Giocavo nel Virle, sono stato visto da un osservatore e con Catterina ho fatto un provino al Brescia; da lì siamo finiti entrambi alla corte di Messora. Ogni tanto ripenso a quegli anni e al concetto di plusvalenza tanto in voga oggi: il Brescia mi prelevò pagando 250mila lire, nell'estate del 1982 mi vendette alla Lazio per 900 milioni. Fate un po' i conti...». |
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Una delle emozioni più grandi con la maglia del Brescia l'ha vissuta proprio nelle giovanili. |
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«Vero, la vittoria dello scudetto Primavera nello spareggio di Firenze contro il Napoli. Resta ancora l'unico nella storia della società, una soddisfazione immensa per una squadra forte». |
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Un anno a Bolzano a farsi le ossa, poi la prima stagione vera nel '76-'77 con in panchina Angelillo e Bicicli. |
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«Angelillo aveva una mentalità diversa dagli allenatori di allora: aperto, estroso, particolare. Oggi si parla tanto dei tecnici spagnoli che ti fanno lavorare subito col pallone, lui lo faceva già negli anni Settanta mentre tutti, soprattutto in preparazione, dedicavano grande spazio all'atletica». |
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Esordio alla nona giornata, Brescia-Palermo 2-0. |
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«Ricordo quella partita e anche il fatto che dopo aver giocato titolare lì non sono più uscito. Sono sempre stato nell'undici di partenza anche nelle stagioni successive, nel Brescia come nella Lazio e questo mi rende orgoglioso. Passatemi la battuta, non ho mai fatto la riserva a nessuno». |
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In quel Brescia c'erano Cagni, Salvi, Altobelli, Beccalossi... |
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«Cagni e Salvi rappresentarono per me esempi da seguire. In quei tempi poi educazione e disciplina erano fondamentali, io venivo dal paese e da una famiglia che ogni giorno lavorava per guadagnarsi la pagnotta. Capii subito che non si potevano avere grilli per la testa se volevo diventare calciatore». |
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Quindi una sorta di «casa e pallone». |
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«Senza dimenticare i libri. Io e Catterina studiavamo per diventare geometri: partivamo al mattino presto, andavamo al Tartaglia, il pomeriggio allenamento, la sera tornavo ai compiti. E nel fine settimana la partita». |
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L'anno dopo in B in panchina arrivò Seghedoni. |
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«Una sorta di sergente di ferro, ma con l'animo buono. Contro il Como segnai il primo gol in serie B, tra i pali c'era Vecchi. Il Giornale di Brescia titolò: "Il corsaro Podavini affonda la nave lariana"». |
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Come mai il corsaro? |
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«Avevo i baffetti e i capelli abbastanza lunghi, davo un po' l'idea del corsaro». |
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Il testimone passò poi a Simoni: due stagioni di cui la seconda strepitosa con la promozione in A. |
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«Gigi per me è un secondo padre: mi sono trovato bene con qualsiasi allenatore visto che giocavo sempre, ma lui lo metto davanti a tutti. Non a caso mi ha voluto anche alla Lazio e al Genoa. Simoni è un signore e con i giocatori ha un rapporto umano incredibile. La promozione in A nel 1980 resta insieme allo scudetto Primavera l'emozione più bella con le rondinelle». |
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In serie A però non restò lui in panchina. |
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«E ci rimasi malissimo, come buona parte del gruppo. Forse Simoni non vide la squadra attrezzata per salvarsi. Eppure facemmo comunque un buon campionato, ma ad Ascoli oltre a interpretare male il regolamento ci fu anche la sfortuna. Per retrocedere a causa della classifica avulsa, oltre al nostro pareggio dovevano combinarsi altri cinque risultati, che guarda caso si verificarono». |
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Lei comunque segnò un gol in A. |
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«In realtà sono due, visto che in casa con l'Udinese misi nel sacco una punizione che non mi venne data per la deviazione della barriera. Oggi sarebbe giustamente gol mio e infatti voglio che mi venga dato. Poi sono andato in rete anche col Napoli: fu inutile, perdemmo 2-1, ma ebbi la soddisfazione di mettere a sedere Krol prima di calciare». |
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Lei restò pure l'anno successivo in serie B. |
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«Vero, ma controvoglia. Alcuni miei compagni furono lasciati andare mentre a me, pur avendo richieste, venne chiesto di rimanere. Soffrivo a causa della pubalgia, ma totalizzai comunque 36 presenze. Recentemente ho incontrato Fanesi e mi ha raccontato un aneddoto. Quando si lamentò perché non giocava, Perani gli disse: "Preferisco Podavini con una gamba che un altro sano». Quell'altro era lui...». |
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Nell'82 l'addio al Brescia e l'approdo a Roma. |
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«In realtà la società mi aveva venduto al Perugia, era tutto fatto. La notizia però arrivò a Clagluna, tecnico della Lazio, che era a Coverciano per un corso d'aggiornamento. Chiamò i dirigenti biancocelesti e fece di tutto per convincere il Brescia a cambiare la mia destinazione». |
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Sei anni, da bresciano, con la maglia delle rondinelle: cosa significa? |
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«C'è un senso di appartenenza incredibile, la maglietta diventa una seconda pelle. Ho pure fatto il capitano, dentro ho provato l'onore e l'orgoglio di rappresentare la mia città. Ma un po' di Podavini c'è ancora nel Brescia, visto che mio figlio Nicola fa il preparatore nelle giovanili». |
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Gianluca Magro |
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Versione delle 11:08, 18 ago 2012

Difensore, nato a Prevalle (BS) il 25 novembre 1955.
Cresciuto nel Virle, viene acquistato dal Brescia con cui disputa 6 stagioni in prima squadra dopo aver militato nelle formazioni giovanili delle "rondinelle" e aver vinto un campionato Primavera. Per una stagione gioca in prestito con il Bolzano. La Lazio lo acquista nel 1982 dal Brescia grazie al suggerimento del tecnico Roberto Clagluna.
Disputa 5 stagioni in maglia biancoceleste per poi passare al Genoa ed in seguito al Siena.
Podavini è stato un terzino dinamico, dotato di buona tecnica e in possesso di un tiro forte e preciso. Fu lui che nella famosa partita Lazio-Lanerossi Vicenza del 21 giugno 1987 fece arrivare il pallone a Giuliano Fiorini che, segnando la rete del successo laziale, permise ai biancocelesti di poter accedere agli spareggi di Napoli per la permanenza in serie B nella stagione in cui la società fu penalizzata di 9 punti.
Nel 1995/96 allena la Bagnolese.
Con la Lazio colleziona 148 presenze e 7 reti in Campionato.
Terminata l'attività di calciatore ha allenato squadre dilettanti lombarde.
Gabriele Podavini, che ha un diploma di geometra, è oggi un appassionato di auto e moto d'epoca (è membro di un club di Amatori a Serle) e gestisce una grande officina di revisione veicoli.
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