D'Annunzio e lo scudetto degli azzurri: differenze tra le versioni

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<p style="text-align:center; font-size:16px; font-weight:bold;"> Il momento della scoperta </p>
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Sapete che quasi sempre le cose belle arrivano per caso, inattese. Spesso il nostro unico merito è stare lì a raspare nella terra: ''audere est facere''. Correva l'autunno del [[1994]] e noi si stava al soldo di Italo Cucci, il magnanimo direttore del [[Corriere dello Sport]]. Cucci era così inattingibile, e indiscutibile, per la sua truppa di corsari dell'Adriatico e del Tirreno, che nel suo sancta sanctorum, sulla parete in faccia al megaschermo Tv dove seguiva le puntate notturne del Processo di Biscardi, genitrici di ''"scub"'' dell'ultimo minuto, teneva appeso un ritratto impressionante di Italo Balbo. L'Italo mi aveva dato carta bianca (di pergamena, pagata benissimo) per una rubrica quotidiana dal titolo ''La Macchina del Tempo''. L'avevo partorita io, ripensando a quel libro fantastico, ''The Time Machine'' di H. G. Wells, che rimane ancora oggi nella hit parade delle mie immersioni oniriche nel mondo della lettura; forse perchè avevo dodici anni e sapevo sognare ad occhi aperti. Comunque, scrivere ogni santo dì un pezzo, seppure di poche righe, bello concentrato, su un avvenimento accaduto nel passato era uno sforzo non da poco, per un uomo solo al comando. Un ''élan'' coppiano, quasi. E non c'era un Bartali dietro a stimolarmi, a farmi smadonnare, a parte la pergamena suddetta. Così, solcavo gli archivi sotterranei del [[Corriere dello Sport|Corsport]] alla ricerca di news nei "libroni" impolverati (la collezione del giornale), e una volta a settimana prendevo il trenino a piazza del Popolo e andavo alla Biblioteca Nazionale Sportiva all'Acqua Acetosa, per ulteriori indagini sulle riviste d'antan. Un bel mattino, stavo lavorandomi la collezione de ''[[Lo Sport Illustrato]]'', la rivista della [[Gazzetta dello Sport]], quando mi comparve davanti, sbalzato in primo piano in copertina, Gabriele d'Annunzio. Si trattava del numero del [[23 maggio]] [[1920]]. Il Poeta Alato stava lì che arringava una fila di ragazzi in tenuta sportiva, con una divisa militare che, tutto sommato, a me sul momento ricordò certe vestizioni di Fidel Castro a Cuba. Grandi oratori tutti e due, per dire.

Entriamo in action. Cambiamo forma temporale. Nel silenzio sepolcrale della piccola Biblioteca, mi addentro all'interno e il riferimento, alla pagina 315, è a una ''"giornata di sport e virile goliardia"'' a Fiume, occupata da ormai nove mesi dai nazionalisti italiani. Capisco che si deve approfondire l'argomento. Ricomincio a sfogliare le pagine del librone rilegato da gennaio, perchè una vocina mi sussurra che in ballo c'è altro: forse qualcosina per la MdT. Ed ecco che, sul numero del [[21 febbraio]], spunta un'altra pagina dedicata, tutta fotografica, dal modesto titolo: ''"Una partita di calcio a Fiume alla presenza di D'Annunzio"''. Ok, l'articolo wellsiano è fatto – penso – e invece sto scoprendo la pennicillina perchè, guardando meglio, lo scudettino tricolore cucito sulle maglie degli azzurri legionari mi lascia letteralmente a bocca aperta. Per me – lo ricordo ancora adesso con emozione – fu come intravedere una scintilla d'oro nel torrente in Klondike. Da quell'istante magico partì la ricerca seria, su altri giornali e altri testi, che infine sfociò in un articolone a tutta pagina sul [[Corriere dello Sport|Corsport]] del [[21 maggio]] [[1995]]. Cucci dettò il titolo, esattamente come d'Annunzio aveva dettato lo "[[scudetto]] repubblicano", tricolore ma senza lo scudo biancorosso dei Savoia dentro, per le maglie della squadra delle sue "teste di ferro": ''"IL MIO NOME È [[Scudetto|SCUDETTO]]. Storia dello stemma più amato dagli italiani"''. Il sottotitolo riportava alla Lorella Cuccarini, e anche uno dei numerosi catenaccetti aveva del genial-polemico e nazional-popolare insieme: ''"Una patriottica idea finita in sponsor"''. Ma tant'è: Cucci sapeva come legare un filo di Scozia a un giubbotto di pastore maremmano e far sembrare naturalissima e conseguente la cosa. Un giornalista formidabile. Tanto di cappello.

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<p style="text-align:center;"> L'articolo del [[Corriere dello Sport|Corriere dello Sport-Stadio]] del [[21 maggio]] [[1995]] e il saggio letto al Foro Italico l'[[8 novembre]] [[1997]] </p>
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<p style="text-align:center; font-size:16px; font-weight:bold;"> I passi dell'iconogramma </p>
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Quindi, per chi ancora (ma il web ce la dice...) non sapesse la storia: la domenica dell'[[8 febbraio]] [[1920]] l'Ufficio di Educazione fisica e Sport della Repubblica del Carnaro organizzava una partita di football al Campo di Cantrida, tra la roccia e il mare, mettendo di fronte una selezione di legionari (arditi, bersaglieri, aviatori, gente pazza...) e una mista confezionata con alcune delle squadre partecipanti al [[campionato]] fiumano, associazioni operanti già all'epoca dell'irredentismo antiaustriaco: Gloria, Esperia, Olimpia, Libertas, Juventus-Enea ecc. Partita pomeridiana e vittoria per 1-0 dei fiumani. Rivincita fissata di lì a qualche mese, il [[9 maggio]] appunto. Sempre con d'Annunzio assiso in tribuna con lo stato maggiore. E sempre con quella tenuta speciale della "nazionale", camicia azzurra e calzoncini bianchi, ma, invece del piatto stemma biancorosso dei Savoia sul petto, lo scudo tricolore in foggia sannitico-antica. In sostanza, l'anelito al ricongiungimento con l'Italia della cittadina istriana. In barba agli accordi di Londra che di lì a poco avrebbero portato, col Trattato di Rapallo, alla costituzione di Fiume a città-stato indipendente.

[[Mussolini Benito|Mussolini]], grazie al Trattato di Roma stipulato con la Jugoslavia nel gennaio del [[1924]], consegnò poi Fiume al Regno d'Italia, col re Sciaboletta per la prima volta in visita già a marzo. In estate, il direttorio della Federcalcio stabilì che la squadra campione in carica (il [[Genoa|Genoa FC]]) si sarebbe appuntata sul petto un ''"distintivo tricolore"'' come riconoscimento del titolo. Cosa mai successa innanzi: la serie ininterrotta degli "[[Scudetto|scudetti]]", infatti, inizia da quell'autunno del [[1924|'24]], e prima, sui giornali, si parlava di ''titolo nazionale'' non di ''[[scudetto]]''. Le stesse rappresentative italiane, sia nel calcio che in altri sport, presentavano come simbolo lo scudo crociato della dinastia regnante, bianco e rosso contornato da un azzurro che rimandava al Regno di Sardegna. E, a dire tutta la verità, ancora per qualche tempo si accennerà soltanto al distintivo d'onore o tricolore. Fu con l'avvio degli anni [[1930|'30]] che entrò in voga nella terminologia calcistica e nel linguaggio comune l'iconogramma in forma di sineddoche dello "[[scudetto]]". E abbiamo il sospetto che molto merito vada attribuito al geniale disegnatore giornalista Carlin e alle sue vignette sul torinese ''[[Guerin Sportivo]]''.

C'è una connessione tra lo [[scudetto]] dannunziano di Fiume e la decisione dello [[scudetto]] [[F.I.G.C.|FIGC]] nel [[1924]]? Questo non lo sappiamo. Non lo sapevamo venticinque anni fa e non lo sappiamo oggi. Stiamo svolgendo ricerche supplementari – assieme all'amico Menga – per appurarlo. In previsione c'è un bel docufilm con la storia completa dello [[scudetto]] dal [[1924]] ad oggi. Che è piuttosto articolata e non facile da dipanare. Riguardo alla genesi, purtroppo mancano le carte della [[F.I.G.C.|FIGC]] degli anni [[1920|Venti]] e [[1930|Trenta]], quasi tutte sparite per via della malnata guerra che facemmo alleati con i nazisti. Gli archivi della Federcalcio nel [[1944]] furono trasferiti da Roma (il vecchio Stadio) a Venezia e poi a Milano. E di lì in un buco nero di proporzioni cosmiche. Meglio bruciare tutto: un falò da qualche parte venne di sicuro organizzato.

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<p style="text-align:center;"> Lo Sport Illustrato del 21 febbraio 1920. Foto di Luigi Repetto </p>
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Versione delle 16:57, 30 set 2019