Circolo Canottieri Lazio
Circolo Canottieri Lazio
Sede: Lungotevere Flaminio, 25 - 00196 - Roma
Presidenza e Segreteria: 06.322.68.53
Fax: 06.322.68.02
E-mail: info@canottierilazio.it
Storia

L'idea di mettere su una sezione canottaggio venne a Olindo Bitetti e a pochi altri nel 1923, mentre se ne stavano sdraiati a godersi il tiepido sole primaverile all'Isola dello Zibibbo. L'isoletta affiorava per il riporto della terra alluvionale, con la fine della brutta stagione, sulla sponda opposta alla Lazio. Bitetti, steso al sole dello Zibibbo, cominciò a parlare della possibilità d'acquisire un'autentica, veloce imbarcazione. Il momento era perfetto. Nell'estate del 1923 si stava verificando a Roma e nei dintorni un fiorire di società di canottieri. Bitetti non ebbe difficoltà a convincere gli amici della dirigenza sull'eventualità di organizzare l'attività remiera. Trascorso il periodo estivo, il presidente della Sezione Sportiva pensò bene di lanciare un appello attraverso la rivista quindicinale "Lazio", cioè il bollettino sociale. La gestazione del "Gruppo Canottaggio" avvenne nel periodo di una grave crisi dirigenziale; crisi scaturita dalla divergenza di opinioni che aveva opposto Ballerini alla nuova generazione di dirigenti: Bitetti, Palmieri, Baccani, Zenobi, Giamminuti e ai fratelli Giuseppe e Andrea Ercoli. La Lazio era una società che sapeva fondere la cultura fisica con la cultura in generale; le arti praticate rispecchiavano questo dato di fatto. Ballo, musica e filodrammatica, boxe, escursionismo, football, ginnastica, scherma, tamburello, bocce, nuoto e pallanuoto, sport atletici: davvero un'attività multiforme, all'insegna del motto mens sana in corpore sano. La Podistica possedeva in affitto una bellissima sede in via Vittorio Veneto, dal 1921 il re l'aveva eretta a "ente morale". Ballerini pensava di governarla alla vecchia maniera, con le entrate dei soci ripartite equamente fra tutte le sezioni. Di diverso avviso erano i dirigenti giovani sopra citati, che credevano opportuno privilegiare lo sport e, soprattutto, il football. Per tale motivo si erano impelagati nel progetto di un vero stadio di proprietà biancoceleste, da edificarsi sul perimetro della Rondinella; svolta necessaria per tenere il passo col semiprofessionismo che caratterizzava le società calcistiche del nord. La stagione 1922-23 vide salire la tensione all'interno della Polisportiva, con le nuove leve che pressavano il presidente a farsi da parte, per dare spazio alle loro idee.Un'ulteriore somma di denaro, stornata dalla Casina a beneficio delle squadre di calcio, fu la goccia che fece traboccare il vaso e che convinse Ballerini, nella tarda estate del 1923, a dimettersi dalla massima carica. Il suo posto fu preso dal tenente generale Giorgio Bompiani. L'insediamento occorse nell'assemblea del 17 dicembre 1923. Con l'uscita di scena di Ballerini, finì un'epoca. Dieci giorni avanti questa cruciale assemblea laziale, Roma aveva vissuto una delle periodiche, impressionanti piene del Tevere. Il fiume non aveva inondato mezza città, che ormai conteneva circa 700.000 abitanti, grazie ai muraglioni che proteggevano il centro storico; tuttavia, la folla dei curiosi, tra il 7 e l'11 dicembre, si era spinta sui ponti per godersi lo spettacolo delle acque gonfie e turbinose. Negli ultimi giorni del 1923 nacque il Gruppo Canottieri Lazio. Si formò un Comitato Direttivo guidato, in assenza di una nomina ufficiale, da Bitetti; L'appello lanciato attraverso la rivista sociale aveva avuto successo. Ora non restava che acquisire le imbarcazioni e cominciare l'attività, di concerto col nuovo anno. Il primo distintivo dei canottieri era diverso dall'attuale bandierina con le due croci sovrapposte e l'aquila. Il distintivo originale venne ideato con una croce a due raggi e la scritta "Lazio" in campo celeste.
LA FUSIONE CON LA SEZIONE NUOTO,LA NUOVA CASINA E LA LOTTA PER LO "SPAZIO VITALE" Il 2 gennaio 1924 il Comitato Direttivo del Gruppo Canottieri Lazio si riunì per la sua seduta inaugurale, al termine della quale rilasciò un comunicato dal quale emergeva la volontà del presidente della Sezione Sportiva, cioè Bitetti, di controllare in maniera il più possibile ordinata l'accesso alle barche degli aspiranti canottieri. Dovevano esistere dei vecchi legni antecedenti alla costituzione del Gruppo Canottieri, sicuramente non adatti ad un uso ricreativo e turistico né, tanto meno, agonistico. A circa un mese dall'avvio, il Gruppo Canottieri acquisì un numero sufficiente di imbarcazioni, tali da poter sostenere il corso di lezioni da impartire ai soci; si stabilì al suo interno una gerarchia nell'uso delle jolette e delle doppie pariglie, basata sulle capacità di stare in barca degli iscritti, che erano circa una trentina. Nella prima domenica di marzo del 1924 vennero preparate e messe in acqua due nuove doppie pariglie giunte da Livorno. Con l'arrivo della bella stagione l'attività prese quota. La Podistica Lazio ora aveva uno "Chalet sul Tevere" che, secondo una pubblicità apparsa sul bollettino sociale, era situato in posizione incantevole e pittoresca. Si trattava di un'ampia costruzione in legno munita di ogni confort: spogliatoi, cabine, balconi, sala di trattenimento, doccia, trampolino per tuffi, attrezzi ginnastici, rimessa imbarcazioni, servizio di buffet. La Casina era presentata come un impianto razionale del nuoto e ogni altro genere di sports ad esso abbinato, punto d'appoggio per gare a premi, esibizioni, cimenti, accademie di tuffi, feste fluviali. Nel 1924 venne lanciata anche la sottoscrizione per la ristrutturazione del Campo alla Rondinella. Un grande impianto polisportivo per l'attività invernale e una sede fluviale per quella estiva: queste le due basi logistiche della Lazio alla metà degli anni '20. Passata l'estate, il 25 settembre 1924 la SPL si riunì in assemblea. Giorgio Bompiani lasciò la presidenza al marchese Giorgio Guglielmi dei Vulci, Il Gruppo Canottieri si fuse col nuoto e la pallanuoto a formare la Sezione Nuoto e Canottaggio. Vennero apportate modifiche al regolamento sportivo, una delle quali, l'art. 87, recitava: I canottieri indosseranno come costume sociale la maglia bianca con bordatura celeste carico e calzoncini celeste carico. A fine anno, un riordino previde la costituzione di cinque sole sezioni:calcio e atletica; escursionismo e cultura; scherma e ginnastica; nuoto e canottaggio; premilitare. La Podistica cercava in tal modo di snellire la sua struttura, di adeguarla ai tempi; ad esempio, la parola podismo cedeva al termine atletica. La stagione 1924-25 segnò l'avvento del semiprofessionismo nella Sezione Calcio, dopo che l'estate prima Fulvio Bernardini e compagni erano giunti alla finale scudetto col Genoa e avevano potuto constatare la distanza, tecnica ma soprattutto finanziaria e organizzativa, che li separava dal football del nord. I giocatori cominciarono a ricevere un premio partita. Alcuni di loro frequentavano con regolarità la Sede Fluviale. La Sezione Nuoto e Canottaggio non entrò a far parte delle 108 società federate alla RFIC. Tuttavia, la Casina biancoceleste - che dominava invitante la zona, allora quasi deserta, da ponte Risorgimento a ponte Milvio - divenne l'edificio pilota di una nuova vita fluviale, che sino ad allora era stata rinchiusa tra le rive comprese tra ponte Margherita ed il porto. Lo chalet della Lazio fu la freccia che indicò la direzione da prendere a tutte le altre società nautiche e remiere. Il 9 gennaio 1925, cioè la data del venticinquennale, fu superata senza iniziative degne di nota. I festeggiamenti vennero rimandati alla primavera per ragioni d'opportunità. La Lazio stava passando un altro momento di difficoltà economica. Si perse la sontuosa sede di via Veneto, col campo di bocce annesso. I locali sociali furono trasferiti a via S. Stefano del Cacco, civico 16. Il quarto di secolo della Podistica fu celebrato la domenica del 21 maggio. Di mattina, un gruppo di soci in maglia azzurra e di socie della Sezione Escursionismo partì da piazza del Popolo per Vejo, ripetendo la storica marcia compiuta da Ballerini nel 1906. Alle undici del mattino si tenne il battesimo delle imbarcazioni dei canottieri presso la Casina. Seguì una gara di nuoto. Nel pomeriggio, tutti alla Rondinella, per la benedizione del campo e lo scoprimento di una lapide in memoria dei caduti della Grande Guerra. Anche senza le competizioni remiere, la vita alla Casina Fluviale scorreva animata e intensa, soprattutto d'estate. Altre società seguirono l'esempio e presero alloggio sulle sponde a monte del ponte, diventando vicine di casa della Lazio e del Nautico. La prima fu la Rari Nantes Farfa. Esponenti importanti delle gerarchie fasciste cominciarono ad affacciarsi. L'atmosfera rimase comunque serena, liberale, in sintonia con la tradizione tiberina. Nella seconda metà degli anni '20, forte di una rinnovata vitalità economica e umana, la Podistica andò incontro ad importanti cambiamenti. Intanto, nel 1927, mutò il nome in Società Sportiva Lazio. Contemporaneamente, sorse il Campo "Lazio" alla Rondinella, che poi nell'autunno del 1928 diventò il Cinodromo. La Casina Fluviale del 1920 venne smantellata e se ne innalzò, nell'estate del 1929, una nuova: non in stile svizzero ma "più bella e resistente". La Casina, che sarebbe rimasta in piedi per circa trent'anni, si componeva di tre moduli: in quello centrale stava il salone, con la zona ristorante e la cucina a legna; a sinistra, guardando sempre dalla strada, c'era l'abitazione dei custodi, cioè i fratelli Antinori con le famiglie; nell'ala destra alloggiava la segreteria. Un ballatoio correva sul versante del fiume, all'altezza del piano stradale, sostenuto da piloni di cemento armato. Davanti al galleggiante, bianco col tetto azzurro, stava lo zatterino. La Casina era anch'essa tutta in legno, verniciata di bianco, con una finestra finta, azzurrina, sopra. Nel 1931 fu costruito un campo da tennis; esso andò a fare coppia con quello da bocce, regno incontrastato di Romeo Tofini. In seguito, venne ricavato lo spazio per un secondo campo in terra rossa, di fila al primo. Con scarichi di terra fu realizzato un terrapieno che innalzò la golena fino all'attuale livello dei campi di tennis, mentre delle scalette conducevano all'unico galleggiante ormeggiato; esso era stato costruito utilizzando delle cassette di legno dello spessore di cinque millimetri. L'area all'intorno e le sponde del fiume verso il ponte erano brulle e dominate dal rigoglio selvaggio del canneto, che rendevano il verde impraticabile. A nord, la stretta golena proseguiva ricoperta da una macchia di alberi e cespugli, con le oasi delle spiagge di riporto, cioè i Polverini, che bucavano il verde fino a ponte Milvio e oltre. Il Tevere allora era navigabile fino a Orte, cioè fino alla confluenza col Nera. Il turismo fluviale costituì la principale delle occupazioni dei canottieri laziali, che con i loro skyff solcavano le acque unitamente alla altre imbarcazioni dei circoli della Capitale. Talvolta, si affrontavano veri e propri raid fino ad Ostia e Grottarossa. Ma di gare sportive, non se ne parlava. La SS Lazio, infatti, lungo tutto il "ventennio" non partecipò alle competizioni agonistiche remiere, non essendo iscritta alla Federazione. Le gare erano riservate a quei quattro o cinque sodalizi nati in epoca liberale - il Club Aniene, l'RCC Tevere e Remo, il Club Nautico (poi Circolo Canottieri Roma), il Circolo S. Giorgio - e alle formazioni parastatali e paramilitari create dal fascismo. Appuntamento mondano da non perdere era il Grande Ballo di Carnevale. A febbraio attirava all'Hotel Execelsior il fior fiore degli habitué dei circoli, in un'atmosfera di frac e sigaretti "Macedonia", di teste imbrillantinate e signore in abito da sera. E' giusto dire che sotto il fascismo l'attività agonistica aumentò rispetto al periodo liberale, limitata però dal fatto che non esistevano campi di regata regolamentari nel perimetro del Comune. Si poteva utilizzare il Lago di Albano, ma bisognava percorrere trenta chilometri per raggiungere la riva del lago stesso, che era sprovvisto di ogni impianto nautico. Nel 1933 fu progettato di costruire alla Magliana uno "Stadio Olimpionico di Canottaggio", con annesso "villaggio dei vogatori", parcheggio e campo sportivo. In effetti, sorse l'Idroscalo. Poiché Roma rinunciò a favore di Tokio ad ospitare i Giochi Olimpici del 1940, il campo di regate non si realizzò. Nella Roma di Benito Mussolini si concentrarono i gangli direttivi del movimento sportivo nazionale. Tutti i gerarchi ambivano ad un trasferimento nella Capitale, e lo sport era uno dei mezzi più rapidi per scalare i vertici. Un vicino piuttosto scomodo per la Lazio risultò il Club Nautico Romano. Soprattutto a partire dal 1927, quando il gerarca Renato Ricci ne agguantò la presidenza trasformandolo in C. C. Roma. Subito innalzò una bella casina in muratura. Quindi, nel 1932, s'impossessò di quel che restava dei Polverini, facendoli diventare una colonia per i "marinaretti" della nave scuola "Caio Duilio". L'onnipotente capo dell'Opera Balilla tentò di appropriarsi della strisci di terra occupata dal Circolo Farfa, che in realtà più non esisteva se non per la presenza di un vecchio fiumarolo che commerciava con la sabbia del fiume utilizzata nell'edilizia. Ricci non ci pensò due volte a risolvere il problema senza burocrazia, fascisticamente, con una improvvisa occupazione del suolo. Ma Bitetti venne a sapere in tempo della manovra e rispose da par suo. Ecco come ricordò in seguito i fatti:
(...) Occhio per occhio, e gerarca contro gerarca! Ci consigliammo con Giorgio Vaccaro, che andava a nozze in queste cose. Gia aveva salvato la Società Sportiva Lazio dall'essere assorbita dall'Associazione Sportiva Roma, quando il segretario del Fascio di Roma Italo Foschi aveva obbligato le sette società romane che praticavano il calcio a fondersi nella nuova associazione: e la Lazio era allora l'unica ad avere un campo ed un prestigio nazionale. Il consiglio di Vaccaro fu pronto e lineare: questa notte spostate il confine di cinquanta metri, ed intanto presentate domanda al Genio Civile per avere quel terreno. E la notte, Carlo Fantelli e dei soci congiurati spostarono i paletti, rinforzarono la rete metallica, cosparsero il terreno di nostre barche vecchie, di materiali vari, una vera toilette cinematografica. Quando Ricci il giorno dopo abbatté i confini fra i Canottieri Roma e i vicini R.N. Farfa, carta alla mano non trovò più il terreno sul quale aveva fatto i disegni della nuova sistemazione. Pippo fece l'indiano, ci vedeva poco, non ricordava, Ricci mangiò la foglia quando Vaccaro gli telefonò protestando che quel tratto di Tevere spettava alla Lazio per precedenti impegni; Ricci ribatté, poi a tarallucci e vino ognuno si tenne il suo, quello che avevano abusivamente occupato. Ed il Genio Civile stette a guardare! Il Circolo acquisì così il terreno sul quale oggi sono i campi da tennis n. 2 e 3, la palestra e la vasca scuola.
LA SCUOLA DI NUOTO ALLO STADIO E GLI ANNI BUI DELLA GUERRA Alla sede in riva al fiume della Lazio, per tutti gli anni '30, più che all'agonismo remiero si puntò allo svago. Tra i circa duecento soci frequentatori, gli appassionati dell'uscita a fiume non mancarono mai, confinati però in un ambito più che altro feriale. Il "giusto mezzo" fu un placido corso all'interno della scelta antiagonistica, che evitava gli impicci connessi alle concessioni da fare alle organizzazioni di Partito. La Sezione Nuoto, che invece puntava a forgiare campioni, nel 1930 si scisse dalla Sezione Canottaggio e fu trasportata per intero allo Stadio del Partito a viale Tiziano, sotto la direzione di Bitetti e dell'ing. Giovanni Baldi. Rimasero alla Casina le altre attività: il tennis, le bocce, le carte, le passeggiate in yole e canoino da parte di un nutrito gruppo di appassionati. Durante l'estate, sorgeva la ancora più numerosa schiera dei cultori della tintarella, presa in libertà sul galleggiante o all'Isola dello Zibibbo. Il movimento, soprattutto nella bella stagione, si mantenne comunque ampio. Alla Casina, che ormai aveva assunto i caratteri di un vero e proprio circolo, il cui "governatore" era sempre Olindo Bitetti, continuò il tran-tran incardinato intorno alle figure dei fratelli Italo e Otello Antinori. L'unico momento di preoccupazione per la sopravvivenza della sede venne vissuto in occasione della piena del 15-17 dicembre 1937, allorché l'acqua arrivò a pochi metri dalle spallette del lungotevere. La Casina pure si allagò tutta; solo la parte superiore non fu invasa e notevoli risultarono i danni recati ai campi di bocce e tennis. Le dighe ancora non erano state edificate e cose del genere potevano facilmente accadere. Altri momenti drammatici si ripeterono il 22 marzo del 1938, in occasione della piena che causò morte e distruzione al Circolo Canottieri Aniene al lungotevere in Augusta. Anche se nell'attività remiera la Lazio non poteva vantare agonisti ma solo "amateur", la Sede Fluviale rimaneva frequentata dalla "meglio gioventù", e cioè da alcuni giocatori delle squadre di calcio, dai nuotatori-tuffatori e dai pallanuotisti, che avevano il punto di riferimento a fiume e il luogo d'allenamento alla Rondinella e allo Stadio. Per il nuoto, non erano più i tempi della carica dei fiumaroli. L'espansione edilizia, in vent'anni, aveva cambiato le cose. Le acque del Tevere risultavano meno balneabili. Ciò aveva comportato un'intensificazione dell'attività rivierasca, col proliferare dei galleggianti, soprattutto i Dopolavoro. Nel 1940 la piscina scoperta dello Stadio era l'unica a Roma che poteva consentire un serio allenamento. La SS Lazio vi aveva impiantato la sua florida attività natatoria, costruendo tutto quello che mancava per farne un centro di divertimento a pagamento ed un bacino di formazione e preparazione degli atleti. La Scuola Nuoto fruttò alla SS Lazio primati nazionali, titoli tricolori vinti e una lunga serie di elementi nel giro azzurro. Il primo gennaio del 1941 i rappresentanti dei canottieri furono presenti alla festa ufficiale per i quarant'anni della SS Lazio. La festa si tenne allo Stadio, una sorta di rassegna delle forze laziali per la quale era stata coniata una medaglia commemorativa con iscritte le dieci sezioni della Polisportiva. Il 12 luglio 1941, in un'atmosfera già molto diversa, solamente 28 soci parteciparono all'assemblea generale della Sezione Canottaggio alla Casina, mentre i più stavano lontani mille miglia, impegnati nei Balcani, in Africa o in Russia. Intanto, le leggi razziali promulgate dal fascismo avevano portato all'allontanamento dei soci di fede ebraica. Quindi arrivò l'occupazione nazista e si scatenò la caccia all'uomo. Ciononostante, alcuni soci consentirono ai loro più sfortunati amici di dormire al riparo dello zatterino, usando materassi di fortuna. Il senso di fraternità, che sempre ha contraddistinto la Società Sportiva Lazio, salvò vite umane in quei giorni di estrema tristezza.
PRIME AVVENTURE DEL REMO AGONISTICO Quasi all'indomani della liberazione (4 giugno 1944), il Tevere cominciò a ripopolarsi. La gente, che non poteva più raggiungere il litorale, sconvolto e minato, si riversò sulle rive del fiume. L'attività alla Casina riprese gradatamente, sotto la guida del presidente Pellegrino Piperno Toscano. Un'attività prevalentemente estiva, come d'altronde era stato prima, in quanto nel lungo inverno s'affacciava poca gente, e quei pochi se ne andavano in barca con la verve routiniere dell'appassionato. Il Circolo era il vecchio Circolo con la Casina di legno pitturato bianco, la finestra finta e un'unica sala sopra, utilizzabile per le feste alla domenica: cinque metri per cinque, non di più, in un angolo il giradischi ed il pianoforte a muro. La sera si riuniva un gruppo ristretto di amici per godere del lavoro della cucina, che era casereccia ed aveva la stufa a legna. Veniva gestita da Otello Antinori e dalla moglie di suo fratello Italo: la Sora Libera. I soci assommavano ad un centinaio, ma gli assidui erano molti di meno. Si vedevano, ora, più donne, che potevano votare: precisamente le mogli dei soci paganti. L'aria che tirava era grama, autarchica. Quindi Piperno passò la presidenza della Sezione Canottaggio e Tennis all'avv. Carlo Adinolfi. Questi, l'11 agosto del 1946 venne rieletto, e una settimana dopo partecipò alla seduta d'insediamento del Consiglio Direttivo della SS Lazio, tenuta nei locali di via Borgognona. In quell'occasione, la Polisportiva riprese il suo regolare corso, dopo la stasi e la confusione seguite all'occupazione nazista. Nell'estate del 1945 una partecipazione, seppure minima, al Trofeo Italia e alle regate di Castel Gandolfo diede l'avvio all'agonismo per la Sezione Canottaggio, dopo ventidue anni di diporto. Specie il Trofeo Italia, che si svolse il 15 settembre sul Tevere, fu una manifestazione di rilevanza, in quanto mise in acqua gli armi di otto società: Aniene, Tevere Remo, Lazio, Roma, San Giorgio, Ferrovieri, INPS e INA. I vogatori della Lazio furono eliminati dalla Ferrovieri. Dopo anni, dalle fiorite terrazze dei galleggianti si udirono di nuovo le "beccate" dei veri appassionati e i gridolini d'incitamento delle signore. E intanto un ex canottiere, l'avv. Giulio Onesti socio della S. Giorgio, stava progettando il rilancio dello sport italiano con la nuova gestione del CONI, basata sul mantenimento degli impianti fascisti ed il gettito dei proventi delle scommesse sul campionato di calcio. L'estate del 1946 registrò un timido inizio di canottaggio agonistico. I biancocelesti, dal canto loro, intendevano inserirsi nella lotta, favoriti dal semi-azzeramento della guerra. Però non disponevano di efficienti barche da competizione. A marzo del 1947, con l'arrivo dell'allenatore Emilio Girolimini esule dall'Aniene, si formò una squadra competitiva di canottieri. Ne facevano parte Roberto Cecchini, Ermete Filippetti e Dario Mugnai, ex dell'Aniene, più Enrico Giuli ed i giovani Ugo Pischiutta e Franco Paolucci. Un "quattro con" prese parte alle regate di Castel Gandolfo e, a metà agosto, ai Campionati Italiani di Pallanza. In quel 1947 la Società biancoceleste, col rientro in veste ancora non ufficiale di Remo Zenobi, stava riorganizzando al meglio il suo cespite principale: la squadra di calcio. Ciò comportava un impegno economico notevole, per far fronte al quale si operò un mutamento sostanziale del piano sociale. La SS Lazio venne divisa in due branche: 1) Sezione Calcio 2) Sezioni Ciclismo, Canottaggio, Nuoto, Escursionismo ecc. Lo scopo era quello di fare funzionare le sezioni dilettantistiche in maniera indipendente, "tranquillamente al di fuori delle imponenti necessità liquide della sezione Calcio". In pratica, si stava compiendo un altro passo sulla strada che avrebbe portato allo sganciamento totale della Lazio Calcio dal resto del gruppo. Al termine dell'annata, la Canottieri Lazio occupò la ventinovesima posizione nel ranking della FIC. La domenica del 27 giugno 1948, il nuovo presidente Saverio Sassi inaugurò la presidenza scoprendo una lapide alla Casina per onorare i caduti della II Guerra Mondiale. L'annata sportiva fu, come la precedente, assai intensa. Intanto, nel consesso della SS Lazio si era registrato un altro importante ritorno: Olindo Bitetti aveva preso in mano la Sezione Nuoto, pilotandola subito ad eccellenti risultati. Sotto la guida tecnica dell'allenatore De Giovanni, i tritoni e le ondine biancazzurre (Pennechini, Baccini, Ognio, i fratelli Crugnola, Ceccarini) si erano imposti nell'annata 1948 come la più forte squadra della Capitale. In più, Geminio Ognio, Ermenegildo Arena e Aldo Ghira, i tre pallanuotisti, avevano fatto parte del "Settebello" che aveva vinto l'oro al torneo olimpico di Londra.
LA NUOVA PISCINA E L'INIZIO DELLA DOLCE VITA Sullo scorcio degli anni '40, Roma aveva sei circoli per la canoa ed il canottaggio e una trentina di praticanti a livello agonistico. Il confronto coi club del nord denotava, tuttavia, un ritardo preoccupante. La Canottieri Lazio fu la prima ad imprimere un significativo impulso al remo romano. L'11 gennaio 1950, in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione della SS Lazio, furono donate al Comitato della X Zona tredici coppe d'argento da mettere in palio in una serie di gare. Tutte le coppe furono vinte da atleti della Lazio. Senza praticamente nessun appoggio finanziario dalla Casa Madre, Bitetti avviò altri lavori di ampliamento e ristrutturazione della Sede Fluviale, avvalendosi del sostegno dei soci più volenterosi. I lavori partirono nella primavera del 1952 e s'ingrandirono ambiziosamente già a fine anno, quando dall'originale idea di un vascone ai piedi della terrazza in costruzione si passò ad un più ardito progetto che comprendeva una piscina agonistica vera e propria. Anche in questo, Bitetti mise il suo zampino, ottenendo dal CONI un finanziamento prezioso, con la scusa che la piscina avrebbe potuto essere utilizzata come scuola e dagli atleti delle sezioni nuoto e pallanuoto; in prospettiva, sarebbe infine servita ai Giochi Olimpici del 1960, qualora Roma avesse vinto la battaglia dell'assegnazione. Bitetti mise la sua firma sulle carte che il CONI volle gli fossero presentate per giustificare la richiesta. Vari personaggi entrarono nell'edificazione della piscina e nella ristrutturazione generale. In primo luogo, gli ingegneri Renzo Nostini, D'Asdia, Pischiutta e il buon Bitetti, coi suoi consigli di esperto fiumarolo. A giugno del 1954, dopo che per quasi due anni la Casina si era trasformata in un cantiere, i lavori potevano dirsi terminati. La parte della Casina al livello della strada era ancora in legno, ma il resto tutto in cemento. Bitetti e l'ing. Nostini, eletto vice presidente del Circolo, ricevettero una medaglia a "ringraziamento e ricordo per l'opera compiuta". Il Consiglio, confermato in blocco, stabilì all'11 settembre la data per l'inaugurazione ufficiale della piscina. Nel giorno indicato, un sabato, ci fu la festa di battesimo dei nuovi locali, della piscina e dei campi da tennis e pallavolo. Il programma prevedeva una parte mondana, con rinfresco offerto dal socio Renzo Cipriani, e una parte sportiva, con la partecipazione dei migliori agonisti della Lazio Nuoto, Tuffi e Pallanuoto, sia maschile che femminile. I laziali furono avversari del PUC Parigi. Le gare furono eseguite davanti ad un pubblico scelto, che comprendeva il questore, autorità politiche, ecclesiastiche e sportive, tra cui lo stesso Giulio Onesti, interessato a visionare un impianto d'interesse olimpico per il quale il CONI aveva sborsato denari. Un'esibizione sul campo centrale di tennis illuminato a giorno terminò il programma. Negli anni '50 il tratto tra ponte Risorgimento e ponte Milvio si andò sempre più popolando di sedi di circoli, con qualcuno dei più gloriosi che passava crisi anche gravi (ad esempio l'Aniene nel 1955) e migrava a nord, nelle plaghe deserte oltre ponte Milvio. La Canottieri Lazio continuò ad essere un centro di ritrovo per gli appassionati del tennis e del remo. Le carte, almeno fino a quando Bitetti non lasciò la presidenza a Tullio Fazi, nel 1960, rimasero un passatempo quasi innocuo; solo all'abbrivio degli anni '60 sarebbero diventati qualcosa di più, con l'impianto di una vera e propria "sala da gioco" al piano superiore della Casina. I lavori di ampliamento e d'ammodernamento continuarono pure senza posa, tanto che nel luglio del 1957 Bitetti venne denunciato e condannato per avere fatto costruire, sulla scarpata del campo da tennis numero due, parte di un magazzino e il deposito di terra rossa. Il coraggioso presidente fu salvato da una successiva amnistia. La piscina nel frattempo aveva cambiato la tipologia dei frequentatori del Circolo, con l'arrivo dei giovani soci e delle socie delle sezioni nuoto e pallanuoto. Personaggi del mondo dello spettacolo facevano capolino sempre più spesso. L'ambiente, nel complesso, ora appariva più sportivo, elegante e blasé. Inoltre, la Sezione Pallavolo era diventata ospite della Canottieri, aggiungendosi alla Sottosezione Tennis. Per sostenere questa mole di attività di sezioni e sottosezioni occorrevano soldi a getto continuo. L'attività agonistica nel remo fu intensa, il parco barche continuò ad ingrandire. Nel 1954 venne assoldato come allenatore Antonio Ghiardello, l'olimpionico dell'Aniene. Nel 1955 Italo Antinori lasciò il suo posto di carpentiere e venne sostituito da un veneto di Comacchio: il "maestro d'ascia" Fabio Bellotti, destinato a diventare una delle figure più caratteristiche nei successivi venticinque anni. La quarta generazione di vogatori agonisti comprese validi ed estrosi elementi, come il siciliano Peppe Silvestri. Non mancarono i successi, sotto la sapiente mano di Ghiardello e del nuovo direttore sportivo Paolo d'Aloja. L'8 settembre 1957, nel porto di La Spezia, Giuseppe Silvestri e Giovanni Calissoni vinsero il campionato tricolore juniores nel doppio canoe; una settimana dopo bissarono nella specialità "due di coppia", sul lago di Massacciuccoli. Nel 1959 esplose il talento del canoista Fausto Zanzot, campione d'Italia ragazzi nel singolo sulle distanze dei 500 e 3000 metri. La Canottieri Lazio era soltanto uno dei tanti circoli che bordeggiavano il fiume. Tuttavia, non tutti questi circoli potevano dirsi veramente "sportivi". Alcuni avevano virato verso un'attività mondana. Negli anni della Dolce Vita i frequentatori l'utilizzavano solo per prendere la tintarella. E in questo non si discostavano dalla popolazione tiberina che, durante la buona stagione, si rosolava al sole sulle piattaforme del Gilda e presso gli stabilimenti galleggianti del Ciriola, di Mario Tofini e di Ercole Tulli. Di piscine se ne contavano ancora poche. Continuava la tradizione delle gare di nuoto nel Tevere, con le nuove edizioni della Coppa Bissolati e della Traversata di Roma, o il tuffo dal ponte di Castel Sant'Angelo a capodanno. Ma era un mondo destinato a scomparire, di lì a una generazione.
NASCE IL CIRCOLO CANOTTIERI E TENNIS LAZIO Sullo scorcio degli anni '50, il lungo braccio di ferro tra la Sezione Calcio e le sezioni consorelle giunse al redde rationem. La situazione era, in effetti, grave. Non esisteva una norma nello statuto della Società che obbligasse i dirigenti del calcio a stornare periodicamente un cospicuo fondo a favore delle restanti sezioni. Il disavanzo economico della Lazio Calcio e, conseguentemente, della Polisportiva, aveva raggiunto l'apice. In quel periodo, girarono addirittura voci di un possibile scioglimento della Società. In pratica, la Società di suo non possedeva nulla, in quanto anche il Circolo Canottieri rimaneva su terreno demaniale. Al termine della stagione 1960-61, la squadra conobbe per la prima volta l'amarezza della retrocessione dalla Serie A alla B. Si venne delineando l'esigenza di rifondare la Polisportiva su basi più chiare e funzionali. Olindo Bitetti, in qualità di Presidente Generale e decano della SS Lazio, si occupò di fare superare la difficile crisi. Esisteva un solo modo per uscire dal tunnel imboccato: cambiare lo statuto, dare una nuova impostazione giuridica alla Società e porre le singole discipline di fronte alle loro specifiche responsabilità. Era giunto per tutti il momento di crescere, di diventare adulti: via dalle gonne del calcio e liberi per le strade del mondo, ma senza rinnegare il passato e le nobili tradizioni che risalivano al 1900. Il 4 febbraio del 1963, presso lo studio del notaio Pietro Rea in via Lucrezio Caro 38, si costituì ufficialmente la Associazione Sportiva "Circolo Canottieri e Tennis Lazio". I Canottieri e le altre sezioni a sfondo dilettantistico si trasformarono in società a se stanti. Il 4 luglio 1963 nacque la S. S. Lazio Calcio, per opera di Giorgio Chiarion Casoni, Dino Canestri e De Sando. Il 17 luglio lo stesso Siliato dichiarò sciolta la Società Sportiva Lazio. In suo luogo sorse la Associazione Società Sportive Lazio. Il 27 settembre 1965 Novaro partecipò per la prima volta ad una riunione del Consiglio biancoceleste. Il Circolo Canottieri e Tennis era di nuovo parte integrante della famiglia laziale. Nell'estate del 1960, in una Roma "bellissima", per dirla con Nanni Moretti, vestita come una sposa fervente per gli imminenti Giochi Olimpici, la Canottieri stava vivendo gli scampoli del suo antico corso fiumarolo. Contava tra i trecento e i quattrocento soci. Si manteneva, per costi ed ambiente, un circolo adatto alla frequentazione della media borghesia. La Casina si presentava con le tre terrazze una sull'altra dalla parte del fiume, poste sopra la piscina incastonata come un occhio azzurro. Ma il blocco principale della costruzione era ancora quello originale in legno, databile al 1929. La dirigenza del Circolo pensò bene di completare i lavori del 1954, allargando e ricostruendo la Casina e gli spazi adiacenti. Il nuovo presidente Tullio Fazi approvò lavori per il rifacimento della casina. I soci contribuirono solo in piccola misura. Molti denari vennero invece dal gioco d'azzardo. Come abbiamo detto, sul finire degli anni '50 il "gioco giallo" aveva trovato spazi all'interno del Circolo. Si giocava a carte, ma sempre piccole somme, a livello amicale. Dopo l'uscita di scena di Bitetti, il gioco fu istituzionalizzato. Poker e altri similari, come il pericoloso chemin de fer e l'esiziale baccarat, fecero la loro comparsa. L'istituzionalizzazione del gioco d'azzardo comportò la frequentazione della Casina da parte di personaggi di spicco della vita notturna romana. Il più in vista fu Farouk, il monarca d'Egitto diventato apolide in seguito alla revoca della cittadinanza araba decisa per lui da Nasser. Alcuni soci si rovinarono.Questo andazzo avventuroso proseguì fino al luglio del 1961, quando una denuncia alla Polizia da parte della moglie di un socio mise fine ad un giro d'affari che stava diventando vorticoso.
GLI SPLENDIDI ANNI '60 Quasi tutti gli anni '60, almeno fino al punto di svolta del 1968, sono oggi ricordati dagli italiani come una lunga stagione di crescita economica, spensieratezza e semplicità di vita e di costumi. Furono stagioni di notevole sviluppo, di fermento e divertimento anche per il CCT Lazio. Non più sezione della Polisportiva, sganciato da ogni controllo esterno e ormai finanziariamente autonomo, il Circolo conobbe un'esplosione di attività per tutto il decennio e segnatamente nel biennio di presidenza di Ugo Novaro. Il dinamicissimo dirigente riuscì nell'impresa di coinvolgere nell'organizzazione del Circolo il 12% di tutti i soci. Numerose furono le manifestazioni che presero l'avvio o raggiunsero la piena maturità. Esse riguardarono sia l'area sportiva che quella ricreativa e mondana. Su quest'ultimo versante, una delle più riuscite fu la Festa a Tema di Carnevale. Gli altri appuntamenti da non perdere erano il classico Cenone di S. Silvestro e la Festa d'Estate, che per tradizione cadeva in giugno ed annunciava l'inizio della bella stagione. Novaro abbinò alla Festa d'Estate la consegna del "Remo d'Oro", un premio destinato a protagonisti del mondo dello sport, della cultura e dello spettacolo e consistente in un'opera orafa firmata dallo scultore e socio Aldo Caron. Presero piede le boccette e il cinema, il bridge e il calcetto. Venne lanciato un torneo estivo destinato a un grande successo: la Coppa dei Canottieri. La splendida piscina, oltre che al godimento dei soci fu messa al servizio della Sezione Nuoto, con corsi per bambini e leve di nuoto. Il fatto che fosse l'unica piscina a Roma con possibilità di riprese subacquee la rese appetibile per le case cinematografiche. La "Atlantica Film" vi girò due pellicole: James Tont Operazione Due e il più famoso Sette uomini d'oro. Abbordarono la piscina e gli eventi mondani e sportivi personaggi quali i cantanti Mina e Edoardo Vianello, il tennista Pietrangeli, il calciatore Garrincha, i brigisti Omar Shariff e Giorgio Belladonna. L'attività nel remo fu condotta egregiamente da Paolo d'Aloja, coadiuvato da Bonati, Perugini e Bellotti. Nel 1963 i colori biancocelesti tornarono al successo in campo nazionale. Protagoniste la barca del doppio canoe juniores, formata da Nino Biasi e Bruno Calvia, e quella del canoista Luciano Venanzoni, vincitore del titolo universitario K1 m. 1000. Tutta l'attività fu pubblicizzata e documentata da un giornalino sociale, "I Cinquecento", che prese il suo nome dal totale arrotondato dei soci inquadrati nell'albo del Circolo. Dopo un saggio di prova a marzo-aprile del 1965, a maggio partì col n° 1 e andò avanti fino a Pasqua del '68. Nel 1966 Novaro fu scalzato dalla presidenza da Francesco Saverio Sassi. Sassi iniziò il suo mandato con più o meno gli stessi uomini dei quali si era servito Novaro; una compagine affiatata e che garantì il prosieguo della gestione a ottimi livelli. Nel 1969, a seguito di una serie di fortunate circostanze, il Circolo riuscì ad acquisire un secondo galleggiante. Bisogna dire che sul finire degli anni '60 la frequentazione dei circoli subì un certo riflusso. Il CCT Lazio fu un'eccezione nel quadro generale, poiché aveva un nucleo fisso di habitué e, per tutto l'arco dell'anno, non c'era serata in cui non si formavano quattro o cinque tavoli di bridge. Tra gli animatori della vita sociale si misero in luce vecchi e nuovi personaggi: Gustavo Valiani, deus ex machina del calcetto; Franco Jannilli, Gianfranco Perugini, Maria Cristina Sanna Ieradi, Eolo Capacci, Luca Liguori, Claudio Zampetti, Ugo Pischiutta, Emilio Nunzi, il principe Francesco Aldobrandini, lo sceneggiatore Dino Verde, Nino Antonelli, Peppe Savini, Emilio Nunzi e molti altri. Sul fronte sportivo, il tennis, il calcio, il calcetto non soffrirono cali di sorta. Notevoli furono le novità per le Sezioni Canottaggio e Canoa. Soprattutto quest'ultima conobbe uno sviluppo quanto mai significativo, sotto la direzione tecnica di Bruno Calvia e poi di Orlando Parmigiani. Grazie alle vittorie a livello nazionale degli azzurri Letizia Milani e Mauro Chiostri, piovvero titoli tricolori sulle pagaie biancocelesti.
L'EPOCA DEL DERBY E DEI TRIONFI DELLA SCUOLA REMIERA DI DARIO NACCARI Gli anni dal 1968 al 1976 si rivelarono gli anni di maggiore espansione edilizia del Circolo. Nel frenetico costruire furono coinvolti ampiamente i soci; sia col volontariato che col sistema dei contributi straordinari. Nel 1971 la Canottieri Lazio acquistò il suo primo "otto fuori scalmo" in quasi cinquant'anni di vita. Era un magnifico scafo prodotto dai Cantieri Donoratico. Stimolati dall'inesauribile voglia d'avventura del segretario Perugini, si riformò un gruppo di appassionati dei raid, cioè di situazioni che comportavano un massimo grado d'impegno psico-fisico e di capacità organizzative. Oltre ad inventarsi i temutissimi raid, Perugini organizzò le "Regate del Remo d'Oro", manifestazione riservata alle giovani leve. Nel 1975, a celebrazione del 75° anniversario della SS Lazio, furono organizzate regate junior e master sul percorso di un chilometro e mezzo, con arrivo al galleggiante laziale. Per la prima volta nella storia del canottaggio capitolino, otto imbarcazioni di otto vogatori solcarono le acque del fiume. Parteciparono alcuni degli armi più forti d'Italia. Nell'estate del 1976 Perugini chiamò a dirigere il settore canottaggio il duo del Tirrenia, e cioè l'allenatore Giulio Messina e l'ex campionessa Letizia Milani. Se per lo sport del remo gli anni '70 si dimostrarono altalenanti, non altrettanto può dirsi del calcetto, che con la Coppa dei Canottieri assurse ad una notorietà inimmaginabile. La "Coppa" diventò una kermesse che partiva a metà giugno e finiva a metà luglio. Un appuntamento da non perdere, sia per i patiti del calcio a cinque, sia per i soci e gli spettatori ospiti, che, in specie nelle notturne conclusive, affollavano le scalinate in pietra della "fossa". La Festa d'Estate continuò a portare personaggi del mondo dello spettacolo, uno dei quali fu il cantante Claudio Baglioni. Un appuntamento tradizionale divenne la "24 ore dei Ponti", manifestazione podistica partita alla fine degli anni '60. Nello stesso periodo, i canottieri laziali presero parte a numerose gare amatoriali di corsa, uno sport che si stava rilanciando alla grande, dando vita al fenomeno del "footing". Un grosso problema, tuttavia, era dato dalla situazione di degrado crescente del fiume. Intorno al 1980, il Tevere non era più quello del 1920, quando sulle sue rive sorgeva la casina "alpina" della Podistica Lazio. Non era più il bel fiume verde dorato dell'epoca in cui aveva funzionato da culla sportiva della città, ospitando sulle rive nuotatori e tuffatori, "tintarellisti" e canottieri, ma anche pugili, ginnasti, lottatori, pesisti e calciatori, ciclisti e assi del podismo. Ormai era un fiume dimenticato, quasi estraneo ai milioni di romani scorrazzanti ai suoi lati sulle rumorose e venefiche automobili; un corso d'acqua urbano bisognoso di cure, soprattutto di pulizia. Dal 1970 non era più balenabile, per l'editto del Sindaco scattato dopo le rilevazioni che avevano segnalato un numero abnorme di colibatteri, e la possibilità concreta per un bagnante di contrarre malattie. Il divieto aveva segnato la definitiva decadenza di gloriose società come la Romana Nuoto e la Rari Nantes. Alla fine degli anni '70, le autorità politiche cominciarono a muoversi per un recupero del fiume; in relazione almeno alla sua visibilità e fruibilità, giacché la funzione commerciale poteva considerarsi irrecuperabile. Fu attivato un depuratore a Roma nord e si procedette ad un allungamento delle banchine di 10 km, alla loro toeletta e illuminazione, in previsione di installarvi le piste ciclabili. Nel luglio del 1979 si tenne la prima edizione della "Tevere Expo". Nell'ambito di questo revival, si inserì la creazione del "Derby di Canottaggio". Lo spunto venne da uno spirito di emulazione nei confronti degli inglesi. C'era questa famosissima Boat Race, la sfida annuale sul Tamigi tra le ammiraglie delle università di Oxford e di Cambridge, giunta alla centoventiquattresima edizione. Perché non contrapporre anche sul Tevere due equipaggi di canottieri nella barca principe, quella che rende la misura della potenza remiera di un club o di una nazione? I colori simboleggiano le rivalità consolidate, per cui a Roma non scesero in campo light blues contro blues, ma "biancocelesti" contro "giallorossi". Ed era ovvio a tutti che non sarebbe stata solamente la rivalità esistente fra i due circoli a dettare i termini della tenzone, ma pure la carica e la passione calcistiche. In quanto al "fair play", poi, considerato il carattere dei romani non c'era molto da sperare. La novità piacque moltissimo alle dirigenze. L'idea era geniale: un cocktail esplosivo che miscelava il football ai long-boats, con un pizzico di mondanità sullo sfondo. La regata d'apertura partì regolarmente il 19 marzo 1978, a mezzogiorno preciso, quando si udì il "bum" in sordina del cannone dal Gianicolo. Moltissimi tifosi della Lazio e della Roma, avvisati dagli articoli sui giornali, seguirono incuriositi l'avvenimento dalle spallette dei ponti e dalle rive, parteggiando per l'una o per l'altra imbarcazione, secondo i colori ai quali erano affezionati. Gli unici romanisti che tifarono per l'armo della Canottieri Lazio furono i soci del circolo biancoceleste, e viceversa. Vinse la Lazio. Non mancarono le polemiche, che poi sarebbero state, come da tutti previsto e auspicato, il sale delle edizioni successive. Il "derby del fiume" fu ripetuto nel 1979 e poi nel 1980, allorché venne messa in palio la coppa. Divenne così una manifestazione tradizionale, una specie di antipasto servito agli appassionati del pallone nella giornata della stracittadina di primavera. Per i soci del CCT Lazio e del CC Roma, la sfida assunse il tono dell'appuntamento più importante dell'annata agonistica. Il Derby diede un po' di visibilità al remo romano; soprattutto lo fece conoscere al grosso pubblico, composto da quelli che, a pranzo e a cena, si cibavano esclusivamente di "pane e pallone". Intanto, dopo una ventata di fresca attività giovanile con gli allenatori Rocek e Brunamontini, ed il riconoscimento del CONI di Centro di Avviamento allo Sport, il remo agonistico era ripiombato in una situazione di stasi. Ripartì grazie all'impulso donato dall'avv. Cesare Previti. Sotto la prima presidenza di Previti, e poi con la successiva di Adolfo Cucinella si verificò un'esplosione senza precedenti di risultati nel settore agonistico. L'artefice principale fu Dario Naccari. Il veneziano aveva già ottenuto vari successi a livello nazionale e si stava imponendo come uno degli allenatori emergenti. Le idee che mulinavano nella sua testa erano chiarissime: sviluppare la tecnica abbinandola alle metodologie di allenamento; cercare tra i giovani, individuare i più idonei con test attitudinali, impostarli, scremare il gruppo ed assemblare gli equipaggi. La prima fase, la più dura, fu avviata con un'opera di volantinaggio e di reclutamento diretto nelle scuole del circondario. Naccari fu aiutato dal direttore sportivo Antonio Marino e dal consigliere al canottaggio Perugini; notevole fu anche l'impegno di Ferdinando Brunamontini, uno dei due vice allenatori insieme a Adriano Ruggero. La sezione canottaggio, maschile e femminile, fu suddivisa in tre gradi collegati fra loro: scuola, pre-agonistica e agonistica; l'età andava dai dodici anni in su. Si formò un gruppo di circa settanta elementi, suddivisi equamente tra i due sessi, in seguito si sarebbe ingrandito fino a sfiorare le cento unità, e soltanto per la scuola. La grossa novità fu l'innalzamento del settore femminile, che lievitò numericamente e qualitativamente in brevissimo tempo. Nessuno degli altri circoli remieri romani aveva, fino a quel momento, puntato sulle "donne canottieri". Pregiudizi radicati limitavano l'impiego alle canoiste. Le ragazze, affidate alle cure di Brunamontini, cominciarono a mietere allori a tutto spiano, anche a livello di assoluti. Una ventina i titoli tricolori vinti tra il 1985 e il 1989. Merito di Simona Bartola, Evelina Mendicini, Maria Ferrara, Tiziana Macripodari, Anna Fagioli, Giorgia Di Carlo, Elena Albertini, Cristina Palazzi, Maria Chiara Murolo, Francesca Bonifaci, Michela Testa, Cristiana Viezzi, Alessandra Zezza, Alessia Tondo e molte altre. Tra gli uomini, si mise in luce il "due con" composto da Stefano Fumasoni e Fabrizio Ranieri, entrambi destinati in azzurro e a vincere a livello europeo e di campionati mondiali. Già nel 1986 il CCT Lazio ritornò a vestire il ruolo di prima società remiera di Roma. Nel 1989 la vittoria tra i senior del doppio Palazzi-Fagioli fu il canto del cigno del ciclo iniziato da Naccari. Più nessuna altra coppa importante sarebbe entrata nella bacheca del Circolo nel triennio successivo. Nella seconda metà degli anni '80 Naccari aveva dunque cambiato le carte in tavola. Prima di lui, la Canottieri Lazio aveva funzionato, suo malgrado, da meraviglioso vivaio per un paio di circoli più prestigiosi. Con Naccari si era verificato il contrario: dagli altri circoli erano venuti elementi alla Lazio.
LA RISTRUTTURAZIONE SOTTO LA SECONDA PRESIDENZA PREVITI Nell'ottobre del 1991 Cesare Previti venne eletto presidente per la seconda volta, succedendo così ad Umberto Aloisi. Previti da circa un anno occupava la poltrona di presidente generale della SS Lazio. Aveva idee chiare ed ambiziose, per un rilancio del Circolo sia a livello sportivo che mondano. Per quanto concerne la parte sportiva, puntò molto sul Derby di Canottaggio e sulla Coppa dei Canottieri. L'"otto" venne rinforzato con le forze fresche attivate a suo tempo dalla "cura Naccari", al punto da risultare quasi imbattibile. Nel giro di poche edizioni, il CC Lazio rovesciò la situazione di svantaggio, tanto da suscitare le ire dei vicini di casa del CC Roma. Analogamente, per la Coppa dei Canottieri si cercò un rilancio in chiave di una maggiore propaganda dell'evento. La morte di Gustavo Valiani, avvenuta nel settembre del 1993, non rallentò la crescita della manifestazione. La Coppa si avviò a diventare ciò che è adesso: un torneo sponsorizzato, seguito giornalmente dai mass-media e che vanta la partecipazione di alcune delle "star" del calcio a cinque nazionale. Sul versante mondano, o per meglio dire sull'aspetto della fruibilità del Circolo da parte degli oltre 300 soci paganti, il primo passo da compiere era la ristrutturazione. Essa venne affidata a una ditta esterna e completata entro il 1995. Ciò comportò dei disagi. Ma solo una minima parte di soci lasciò il Circolo durante i due anni e mezzo di ristrutturazione. Quel 10% circa di soci che non rinnovarono la loro adesione furono abbondantemente rimpiazzati nel triennio 1994-1996, quando la nomina di Previti a Ministro della Difesa nel primo Governo Berlusconi favorì un ricambio notevole. Furono intensificati i rapporti con la SS Lazio, la Casina ospitò presentazioni stampa, conferenze, cerimonie ecc. Il Circolo Canottieri Lazio (la parola "Tennis" era stata, nel frattempo, cancellata dal titolo) acquisì una "visibilità" piuttosto alta. Le condizioni difficili nelle quali Previti si trovò ad affrontare la campagna per le elezioni politiche del 1996, lo convinsero a presentare le dimissioni dalla presidenza, vari mesi prima della scadenza del mandato. Sul versante sportivo, i primi tre anni dello scorso decennio non portarono titoli. Questo accadde perché all'interno del Circolo si era formata una fazione contraria alla politica "dispendiosa" del consigliere Marino. Non entrarono coppe in bacheca, ma si risparmiarono soldi che poi, tutto sommato, servirono ad integrare il budget per la ristrutturazione. Fino all'estate del 1993 l'allenatore rimase Brunamontini. Gli successe Carlo Sbrenna, ex atleta e già tecnico del Ferroviario, che venne a sua volta rimpiazzato da Angelo Savarino nell'ottobre del 1996. Savarino aveva fatto tutta la trafila come aiuto-allenatore, occupandosi del riordino del settore femminile. Marino fu il consigliere al canottaggio fino al 1995. Quindi lasciò la carica a Massimo Turbini, col quale venne firmato un particolare contratto di collaborazione tra la Canottieri e Dario Naccari. Il veneziano tornò a lavorare come "mente strategica" per la causa, dopo un lustro di assenza. Nel 1993 Brunamontini produsse un'annata di netto rialzo delle "azioni Lazio" alla borsa del canottaggio nazionale. In campo maschile, protagonisti furono i diciottenni Andrea Paolucci e Carlo Artico, un "2 senza" pesi leggeri supercollaudato. I due vinsero a marzo-aprile le regate nazionali a Piediluco e guidarono l'otto fuori scalmo alla vittoria nel Derby. Savarino vinse l'oro ai campionati universitari. Ancora meglio si comportarono le donne. Importantissimo fu l'accordo, aggiunto ad inizio stagione con la Canottieri Civitavecchia. Diverse atlete furono accorpate alla Lazio e si formò un gruppo competitivo. Il risultato più prestigioso fu quello conseguito da Erika Bello, che entrò nel "4 di coppia" azzurro argento ai Mondiali juniores in Norvegia; per questa partecipazione venne premiata dalla Associazione Azzurri d'Italia. Un altro atleta che indossò la maglia della Nazionale fu Paolo Ramoni, riacquisito all'abbrivio della stagione 1993-94. Ad ottobre Ramoni si classificò terzo, con l'otto PL, ai Mondiali di Roudnice. Soddisfatto per la prestazione, regalò la maglia al Circolo. Il 1995 portò altri tre titoli tricolori. Nel 1996 Michela Daniele vinse il titolo indoor al remoergometro a Levico Terme. L'annata si concluse con un bottino di tre titoli tricolori e parecchi piazzamenti di rilievo.
RITORNO ALL'ANTICO CON ANTONIO BUCCIONI Le dimissioni da presidente di Previti provocarono il classico "vuoto di potere". Alle elezioni del 3 giugno 1996 venne premiata la lista presentata da Adolfo Cucinella, dottore commercialista. Esauste le casse sociali, non fu possibile rifinire l'opera di ristrutturazione. Varie cose rimasero a mezz'aria, la Canottieri visse un triennio disciplinato, al risparmio. Ciò non impedì a Piero Marconi e agli altri intramontabili amici del remo - Calvia, Marino e Filippetti - di portare avanti egregiamente il settore agonistico. Savarino fu nominato allenatore capo, con la consulenza d'appoggio di Naccari. A partire dalla stagione 1997-98 Naccari cominciò ad indirizzare l'attività dei migliori atleti su un piano parallelo a quello del centro tecnico federale. I risultati non si fecero attendere. In campo maschile, capitan Fabrizio Ranieri e gli altri paladini dell'"otto" si aggiudicarono i Derby 1996 e 1997, mentre per le edizioni '98 e '99 la prestigiosa "insalatiera" non venne assegnata. Il duo Naccari-Savarino portò in bacheca quattro titoli italiani. Scaduto il mandato di Cucinella, il 1999 si aprì con due assemblee nelle quali si fronteggiarono uomini che avevano idee opposte sulla maniera di risolvere la crisi finanziaria del Circolo. Dapprima vennero vagliate le liste Baccini e Forza, quindi le liste Cucinella e Antinori. Infine, i favori dell'assemblea conversero sulla persona dell'avv. Alfonso Golia, socio dai tempi di Ugo Novaro e persona di squisite capacità dialettiche. La presidenza Golia ebbe subito un battesimo fortunato con l'arrivo di Gabriella Bascelli. La promessa italo-sudafricana si mise a disposizione dell'allenatore Savarino e già a settembre si assicurò il titolo italiano juniores all'Idroscalo. Tra i maschi, si mise in luce l'under 23 Angelo Bello. Il 2000 visse sui successi del canottaggio, sempre più lanciato nel suo trend positivo. L'atmosfera di fermento tra i "veterani" (Fumasoni, Ranieri, De Luca, Petri, Sciarra, Pischiutta, Vitullo, Calzona, Carbone, Zanzot, l'inossidabile Calvia) ebbe un riscontro nella nascita di un gruppo di master donne, dirette da Michela Testa e Michela Daniele. Il diciassettenne veneziano Marco Ragazzi, ennesimo "acquisto" di Naccari, a Piediluco agguantò il titolo di campione d'Italia juniores; coadiuvato dal ventiquattrenne Piergiorgio Negrini, giunse poi terzo nel doppio seniores. Ragazzi e Negrini vinsero così il titolo italiano per società, riservato ad equipaggi non militari. Sempre a Piediluco, Gabriella Bascelli si laureò campionessa d'Italia senior. La ragazza di Johannesburg ed il veneziano furono convocati per i Mondiali Juniores in programma ai primi di agosto a Zagabria. Fu un trionfo per i pupilli di Naccari. Ragazzi si aggiudicò la vittoria, terzo atleta proveniente dalle file della Lazio a vincere un tutolo iridato, dopo Fumasoni (1987) e Ranieri (1990-91). Nonostante gli eccellenti risultati, la presidenza Golia si trovò ad arenarsi sullo scoglio del discrimine da seguire nell'attuazione della campagna soci, oramai improcrastinabile per il rilancio finanziario. Il Circolo era molto diviso ideologicamente. All'abbrivio del Terzo Millennio, c'era chi lo intendeva come un luogo ancorato ad un ruolo di rappresentanza, e chi lo voleva invece dinamicamente proiettato in campo sportivo. C'era chi desiderava una campagna di affiliazione senza steccati, e chi la pensava più rigorosa, attenta a non snaturare le tradizioni e la compagine sociale. Si formarono due liste, l'una capeggiata da Maurizio Forza e l'altra da Antonio Buccioni. Forza apparteneva alla schiera che propendeva per un Circolo a completa e quasi esclusiva disposizione dei soci paganti, senza gravosi impegni in campo agonistico. Buccioni era considerato un "previtiano", rappresentante della fazione ostile alla liberalizzazione in materia di campagna soci, mosso dall'ambizione di vedere crescere un Circolo imperniato sui "valori biancocelesti", con l'intento di vincere, e molto, in campo sportivo. Il 19 dicembre del 2000, alla seconda tornata elettorale, Buccioni ottenne il quorum necessario per diventare il 27° Presidente del CC Lazio. Buccioni, nel corso del suo triennio di presidenza, si preoccupò come prima cosa di venire incontro alle esigenze della fazione contraria. Inaugurò una campagna soci dalle caratteristiche "liberal", con un primo ingresso di 200 elementi e una soluzione finale che raddoppiò il numero complessivo: 850 soci al 30 ottobre 2003, dei quali circa 600 paganti. L'assestamento del bilancio sociale consentì il completamento di taluni lavori lasciati in sospeso e un'ulteriore abbellimento della sede. Grazie alla raccolta di energie fresche provenienti anche dal mondo delle Società Sportive Lazio, il Circolo beneficiò di un graduale ricompattamento dei ranghi. L'effettuazione di presentazioni stampa, la partecipazione a cerimonie ed eventi di marca biancoceleste smise di essere sentita, da una parte dei soci, come un'indebita intrusione all'interno della vita del Circolo. Il "Rinascimento" innescato da Buccioni si fece palese nel settore delle feste e dell'attività di rappresentanza. Si affacciarono via via sulla terrazza sul Tevere personaggi come il vice premier Gianfranco Fini, la cui moglie Daniela è socia del Circolo, lo scrittore Luciano de Crescenzio, l'attore Oreste Lionello, il cabarettista Antonio Giuliani, lo sceneggiatore Enrico Vanzina, il Maestro Marcello Panni, il musicista Ennio Morricone, l'on. Gianni Rivera, Nando Martellini, Alberto Sordi e il presidente della AS Roma Franco Sensi. Andando a commentare i tempi odierni, possiamo dire che il "ritorno all'antico" di Antonio Buccioni si va dipanando in maniera netta nel settore sportivo. Il numero di discipline praticante è in costante aumento. Il canottaggio rimane l'attività principe. Accanto, come disciplina numero due, sta assiso su un piccolo trono il calcetto che, a sua volta, vive di una serie di eventi che si moltiplicano anno dopo anno, culminando nella Coppa dei Canottieri. Si sta rilanciando alla grande anche il tennis. La gamma di sport e giochi sportivi che si possono praticare al CC Lazio è vasta: canoa e canottaggio, calcio e calcetto, tennis e ping pong, nuoto, corsa, volley, basket, ciclismo, biliardo, bridge, gin rummy. La versatilità dimostrata trova riscontro negli altri circoli della Capitale e s'inserisce in un rilancio complessivo che sta animando sempre più il mondo sportivo tiberino.
UN'EPOCA D'ORO PER IL CANOTTAGGIO DEL CC LAZIO Nell'ultimo lustro il settore remiero è diventato sempre di più la punta di diamante del movimento agonistico. Il biennio 2001-2002, posto sotto l'egida dell'allenatore Angelo Savarino, ha registrato una serie di successi rilevanti. Nel 2001 si cominciò con un titolo assoluto nel doppio canoe, formato da Marco Ragazzi e Leonardo Bellini. Quindi Ragazzi lasciò il Circolo. Il temporaneo stop di Gabriella Bascelli comportò un momentaneo passaggio a vuoto del remo femminile. L'unico acuto vide protagonista Daniela Trevisan, medaglia d'argento nel doppio senior a Bled, regata valida per le qualificazioni ai Mondiali under 23. La continuità dei risultati conseguiti valse al CC Lazio il conferimento, da parte del CONI, della Stella d'Oro al merito sportivo (6 luglio 2001). Nel 2002 la bacheca accolse tre titoli tricolori senior: Piergiorgio Negrini e Andrea Traina nel doppio canoino; Gabriella Bascelli e Francesca Grasso nel "due di coppia"; la stessa Grasso e Samantha Molina nel doppio canoino. La Bascelli all'Idroscalo di Milano ottenne l'argento insieme alle consocie Molina, Daniele e Lama nel "quattro di coppia". In luglio, mentre la sorella Gisella si trovava impegnata ai Mondiali Juniores in Portogallo, Gabriella vinse l'oro ai Mondiali Under 23 di Genova, in coppia con Elisabetta Sancassani. Sempre con la comasca, ai Mondiali di Siviglia guadagnò il bronzo. Grazie a questi successi, il CCL si collocò, alla fine del 2002, al primo posto tra le 55 società del Lazio. Proseguendo nel tentativo di costruire un domani competitivo, nell'estate del 2002 il responsabile dell'Area Canottaggio, Renato Pischiutta, affidò la guida tecnica del settore al siciliano Antonello Aliberti. Nell'autunno del 2002 Pischiutta e Aliberti vararono un programma biennale che aveva come punto d'arrivo la partecipazione di atleti biancocelesti ai Giochi Olimpici di Atene 2004. Nell'ambito di questo ambizioso obiettivo, i ranghi si arricchirono di altri elementi di interesse nazionale. Il valore del gruppo si notò ai primi di giugno del 2003, quando sette atleti rientrarono nelle convocazioni del responsabile tecnico federale Giuseppe La Mura per partecipare al raduno di alta specializzazione in vista dei Campionati del Mondo assoluti e pesi leggeri a Milano. I prescelti furono: Catello Buonocore, Enrica Marasca e Francesca Grasso, Gabriella Bascelli, Samantha Molina e Simona Roccarina. Gisella Bascelli, al secondo anno nella categoria ragazzi, giungeva terza nel singolo ai Campionati Italiani di Gavirate e veniva selezionata nella nazionale juniores per i Mondiali di Atene del 7-10 agosto, dove conquistava la medaglia di bronzo. Il 13 luglio, alla terza prova per la Coppa del Mondo a Lucerna, il senior Piergiorgio Negrini otteneva un primo posto nel "due con". L'estate doveva dimostrarsi tutta d'oro. Ai Mondiali, ospitati all'Idropark a fine agosto, entrarono in lizza sei esponenti del CC Lazio. Gabriella Bascelli, piazzandosi quinta in coppia con la Sancassani dell'US Bellagio, si qualificava per i Giochi Olimpici di Atene. Una settimana dopo, sempre a Milano ai Campionati assoluti, juniores e pesi leggeri, un'autentica pioggia di medaglie (4 ori) scendeva sulle ragazze. Anche gli uomini centravano 4 bronzi, con sugli scudi il "4 di coppia" composto da Paolucci e Negrini, Traina e Aicardi. La somma delle medaglie conferiva al CC Lazio il terzo posto nel campionato assoluto e il primo per società (escluse le formazioni militari). Ma non finiva qui: il titolo per società di Negrini e compagni, i quattro ori delle donne venivano integrati, a pochi giorni di distanza sulle acque del Lago Patria, da altri due titoli under 23, raccolti da Gabriella Bascelli e dalla Marasca nel doppio, da Simona Roccarina e dalla Molina nel "2 senza". Il 28 settembre, ai Campionati di tipo regolamentare a Trieste, la Marasca e la Roccarina vincevano l'oro nel doppio canoe senior; argento per il quattro yole formato da Aicardi, Paolucci, Traina e Negrini, timoniere Pierre d'Oncieu; bronzo al due yole di Traina, Serena e D'Oncieu. Questi risultati posero la Canottieri Lazio tra le prime società a livello maschile e al vertice del movimento femminile italiano. Il 2004 ha confermato confermare quanto di buono si era notato nel 2003. Negrini ha continuato a vincere le varie gare alle quali ha partecipato, riguadagnandosi di forza la maglia azzurra. Come locomotive si sono mosse le sorelle Bascelli. Gisella in particolare si è imposta in tutte le gare nazionali junior. Ai Campionati Italiani in settembre, ospitati a Piediluco, ha vinto nel singolo junior e nel doppio senior, in coppia con la sorella. Gabriella, da parte sua, è riuscita a mantenere la leadership familiare conquistando i due titoli tricolori senior e under 23 nel singolo, e poi portando a casa la vittoria nel canoino; più la partecipazione alle regate olimpiche di Atene. Nel carniere già cospicuo della Sezione Canottaggio si sono infilate le altre vittorie tricolori delle ragazze: nel "2 senza" assoluti e under 23. Tornando agli uomini, oltre alla vittoria nel tradizionale Derby col CC Roma, ai Tricolori di Piediluco si è registrato l'exploit del "4 di coppia" senior. Negrini, Traina, Aicardi e Jean Smerghetto sono arrivati fantastici secondi ad un soffio dall'equipaggio delle Fiamme Gialle, per tre quarti composto da atleti che avevano partecipato alle Olimpiadi. Il quartetto laziale si laureò campione d'Italia per società. Tutti risultati raggiunti a dispetto delle difficoltà logistiche create a inizio estate dall'affondamento del galleggiante. Imprevisto quanto mai raro, e che costrinse i ragazzi e le ragazze ad appoggiarsi per gli allenamenti alla Tirrenia Todaro e al CC Roma. Ma con la tenacia, la passione e la forza di volontà nessun obiettivo può dirsi precluso. E il ritorno alla guida tecnica, a settembre del 2004, dell'esperto Naccari a supporto dell'ottimo Aliberti, sta garantendo nel 2005 al canottaggio biancoceleste un'altra stagione memorabile.
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