LazioWiki.org - Presidente Onorario Erika Balestrieri - Dal 2007 il primo sito enciclopedico online sulla Storia della S.S. Lazio
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Abbiamo scritto la storia della Lazio insieme. Ma tu, di più. Fabio per sempre...
Proseguiremo la strada da te tracciata per l'amore dei nostri colori che tu amavi con il cuore. Ti immaginiamo già nel firmamento biancoceleste dove starai cercando nuove storie, nuovi elementi da poter raccontare ai lettori con il tuo stile inconfondibile. Buon viaggio nostro grande Maestro! Guida ancora LazioWiki ovunque tu sia, adesso più di prima!
Con affetto sincero, i tuoi amici di LazioWiki.org
• Il nuovo libro di LazioWiki.org: "Aquile sul Tevere" di Marco Impiglia
• L'ultimo racconto pubblicato di Olimpicus: Aurora
Il ricordo di anni lontani...di fango e di dura terra spaccata dal sole..una sfera di cuoio arpionata tra traiettorie rette e spezzate... colori infantili di maglie che fuggono come il tempo impietoso. Passati odori di cuoio, di fango, di terra, di sole...
Occhi socchiusi rassegnati. La gamba rossa di sangue rappreso. Braccio disteso calzato da assurda scarpa. Compagni ansiosi austeri monumenti fanno corteo al povero eroe. Solo il pietoso masseur sa come lenire il dolore di vittima di troppa vitalità
Un cielo troppo piano per essere reale. Un'idea di cielo custodita nella memoria. Tralicci e grovigli, angoli vivi e ombre nere. Solitudine di sabbia umida. Masse colorate che celano l'orizzonte. Verde catafalco che racchiude passate speranze.
Cinque azzurri, arancio e giallo. Verde nido che abbraccia splendori rosati. Una finestra discrimine tra corpo e spirito. Arabeschi di Matisse su mosaico del Bosforo.
Scorcio aberrato di caseggiato dai tanti occhi chiusi sulla vita. Cielo terso ma senza respiro. Sole che acceca vecchi muri e straduzze stracotte. Alberi prepotenti. Stretta porta che non invita a passare. Il mistero al di là di essa.
Dimore degli uomini ancorate su un cielo capovolto. Lievi, trasparenti, diafane. Corrusco fortino che ospita respiri e sudori di un'umanità che teme la luce, teme il pulsare di un cuore reso pietra da sentori di morte. Un progresso arrogante che turba antica quiete.
Casette come dadini di intonaco colorato sommerse di erba e lavanda. Così come le ricorda la memoria, non come le vedono gli occhi. Luce trasparente che sedusse Cézanne, illuse Van Gogh, non turbò Picasso. Semplice bellezza in terra di Francia.
Graniti dal terrazzo dello scultore Mazzullo - 1966
Malia d'equilibrio tra uno spazio mentale al modo di Paolo Uccello, un'esigenza di comprendere e porsi a misura di esso e il tempo che passa, corrode muri, genera polveri di calcina. Contemplazione e azione, immobilità e caducità in eterno confronto.
La chiesa di San Basilio a Graniti (ME) oggi
Paolo Uccello: Il miracolo dell'ostia profanata - 1466
Mi piaccio o non mi piaccio? Non lo so. Di certo ho un corpo immenso. Ho il collo taurino, il mento imponente, delle belle labbra dalla forma agile, naso mascolino, occhi eleganti. Il mio torace è imponente e sono un atleta. Sono forte, possente, virile. Il mondo lo guardo dall'alto in basso, sempre a testa alta. Ma c'è qualcosa..i miei occhi, le mie labbra, il mio naso. C'è qualcosa in me che non riesco a scorgere negli altri. Come lo chiamereste voi che mi guardate? Sopra i miei occhi muscoli immensi, a fior della mia pelle scorzuta, dietro i miei modi virili, dentro la mia figura, chi si nasconde? Lo vedo sotto i contorni dei miei occhi semichiusi, nella misteriosa forma delle mie narici, sul filo nero e concavo delle mie labbra sprezzanti e mi ossessiona. Da atleta quale sono, ritengo, anzi so, di avere un corpo. Ma c'è questa voce che dentro me mi sussurra: "No tu sei un corpo". E questo sussurro, apparentemente di poca importanza mi si presenta, scimmia malefica, frenetico folletto e mi tormenta. Mi tormenta quando allo specchio vedo il mio corpo immenso, quando in allenamento sento le mie carni tendersi, le vene pulsare come viuzze gremite di sangue..e in questo sangue scorre il rombo silenzioso di ciò che sono. E poi riesco alla luce e sono solo un corpo, anzi ho un corpo. Un collo taurino, un mento imponente, belle labbra, naso virile. Non riesce a dire niente questo mio corpo immenso. Resta in silenzio duro, come un tronco. Ma i miei occhi semichiusi - semiaperti...quelli urlano.
(Commento all'opera a cura di Giuseppe Zampetti, 18 anni, studente di classe terza del Liceo classico "Giulio Cesare" di Roma).
Donne africane in un villaggio – anteriore al 1945
Solenni sagome ben piantate sulla terra come apostoli di Masaccio. Vivono, tribolano tra puri volumi bianchi e candidi velli di miti animali tra strisce di luce lontane ma vicine ad un cuore che le sente.
Orda di forme aggrovigliate e caotiche che si staccano morbide su fondi impenetrabili. Principi vitali e cellule organiche prive di ogni struttura geometrica.