14 Febbraio 1974

Da LazioWiki.

Scrive La Stampa:

Tu prendi da piazza Colonna, svicoli per un paio di stradine dal vecchio, glorioso selciato, infili il Lungotevere, passi un ponte di ferro e traballanti legni, imbocchi il viale dove ogni tre metri stazionano incredibili ninfe felliniane di mostruosa dimensione ed età, in guaine scarlatte e gambaloni bianchi, accudite da ambulanti che tranciano porchetta e allineano accessori per auto. Laggiù è Tor di Quinto, terreni affidati ai militari. Laggiù è la Lazio società sportiva. Lovati sta allenando due portierini, Frustalupi si arrabbia perché non c'è acqua per la doccia, tra poco i giocatori in accappatoio saliranno su un pullman alla ricerca di lavacri agibili, forse un « diurno ». Appare il volto chiaro e sereno di Maestrelli, Giorgione Chinaglia arriva con un'automobile di adeguata grandezza. Sono i « cow-boys » biancocelesti, attendati alla buona nell'infinita pianura giallorossa.

Stanno dando una lezione di calcio e di abilità societaria al mondo pallonaro nostrano, ma se ne rendono appena conto. Il presidente Lenzini, che io chiamo 'Beato' per i vaticinii e il candore ora autentico ora recitante, arriverà dopo certi suoi giri bancari, sempre sognando di rinnovare i fasti del Real Madrid. E mi dirà: « Voglio passare alla storia ». Come un antico console in Campidoglio. Confida invece Giorgione, di cui ammiro il carattere nudo e crudo: « Non abbiamo mai vinto niente, per questo teniamo tanto a batterci, allo scudetto, a non regalar nulla agli avversari. Giusto?: Giustissimo, la fame di pane e di gloria è la miglior molla del mondo.

Malgrado alcuni recenti addobbi letterari dipintigli addosso, Giorgione è uomo netto, consapevole, geloso di sé ma certo non privo di autocritica. E tranquillamente confessa: « Noi calciatori, quasi tutti, siamo figli di buone mamme. Diabolici nel crearci scuse a parole. Però, mi creda: anche quando sì gioca male, uno non si rende conto d'aver sbagliato. Sul campo, un giocatore è convinto di dar tutto, di spremersi. Poi, dopo, riflettendo... ». Maestrelli sorride. Fa il padre putativo con convinzione e mano sempre tesa. Lo rimproverano di parlar poco, e di dire niente in questo « poco ».

Evidentemente non sanno capirlo. Una sua strizzata d'occhi sa confidare quantità di cose, al di là della semplice « notizia ». Ed eccolo tirar le orecchie al ragazzino D'Amico. Settemila lire di telefono sul conto della tua pensione? Non le hai certo spese per parlare con tua madre. E allora? Bisogna stringere i conti anche della bolletta, ammonisce. D'Amico arriccia il naso e il mento adolescenziali, arrossendo sotto un principio di barba. « Calci nel didietro », aggiunge Chinaglia. E ancora D'Amico accoglie, rattrappendosi, perché lui considera Giorgione come un maestro, un fratello maggiore, un general-manager di spirito e consiglio. Ecco la Lazio.

Il suo biglietto da visita è scritto a mano. I sogni di grandezza sono chiusi in un cesto di vimini, non in un baule Hermes foderato di pelliccia. E questo contrasta con le smisurate ambizioni dei tifosi che esagerano sempre, questo irrita i fanfaroni della critica imperiale, anche se sotto sotto non leva un'unghia a certi giocatori del team biancoceleste, un po' presuntuosi, confida chi li conosce bene. La Lazio società sportiva è straordinariamente in salute, come club. Il Beato Lenzini (« che me ne faccio di un general-manager? Alla mattina mi metto lì coi miei fratelli, tiro i conti, apro le lettere, destino i biglietti-omaggio. Tutto in famiglia ») l'ha benedetta con pronostici quasi sempre azzeccati, ma soprattutto ha eliminato le cifre in rosso.

Per « passare alla storia», il presidente vuole e sa necessari i bilanci positivi, non solo le vittorie a suon di gol. Nel panorama del calcio, spesso critico e angustiato dai debiti, e che nel Sud ha pesanti tradizioni di rischi e di bancarotta, la Lazio è inglese, è nordica, come certi suoi giocatori, da Wilson a Re Cecconi, da Chinaglia a Garlaschelli. Il più terrone è il ragazzino D'Amico, che è di Latina , ridono tutti. « Ma ci sono anch'io », si fa sotto Maestrelli, un toscano felice di considerarsi mezzo pugliese e mezzo romano.

Chinaglia sta fumando troppo, quindici sigarette al giorno. Gli consiglio di cambiare almeno marca di tabacco, quella che usa è notoriamente pestilenziale. Dice, ammiccando dietro la sua robusta cocciutaggine positiva: Proverò. Ma io, se non tocco con mano.... Se non tocca con mano cosa significa? Che deciderà dall'alto di tremendi catarri? Persino Gigirrìva riuscì a limitare il vizio, deleterio per un « puntero ». Mormora.

Prosegue a ritmo sostenuto la preparazione della Lazio per la partita con la Juventus. I giocatori sembrano aver dimenticato l'insuccesso di Marassi. Il pensiero di tutti è ormai rivolto all'impegno con i campioni d'Italia che potrebbe infondere una svolta decisiva al campionato. I biancocelesti hanno persino chiesto a Maestrelli di anticipare di un giorno il ritiro per prepararsi meglio. Stamane non si sono allenati Martini e Frustalupi, apparsi leggermente affaticati. I due giocatori, torneranno in campo fin da domani per la solita partitella in famiglia di fine settimana. Maestrelli non ha quindi particolari problemi da risolvere. Secondo quanto ha già preannunciato, il trainer schiererà contro i bianconeri la stessa formazione sconfitta a Genova dalla Sampdoria. Non si esclude, però, qualche cambiamento se Vycpalek dovesse scegliere un attacco a tre punte con Bettega accanto ad Altafini e Anastasi.

Si parla intanto di un favoloso premio partita (oltre un milione a testa) che avrebbe promesso il presidente Lenzini ai suoi giocatori. Il confronto fra i biancocelesti e i campioni d'Italia verrà trasmesso dalla televisione in diretta, via satellite, negli Stati Uniti e in Canada. Questa notizia dell'ultima ora fornisce la dimensione dell'interesse che circonda l'avvenimento considerato uno del più Importanti della storia calcistica della capitale