15 Gennaio 1974

Da LazioWiki.

Scrive La Stampa:

E ora comincia il braccio di ferro la «legge torinese» ha inferto un colpo di sperone alla classifica, che si allunga e crea vuoti ormai incolmabili. La Lazio — miglior difesa in campionato con sole sette reti subite — conteggia amaramente i punti perduti contro Juventus e Torino: quattro su quattro. La bella squadra di Maestrelli non ce l'ha fatta in ottobre al Comunale, si è sciolta correndo rischi gravi di « cappotto » davanti ai granata. E' già iniziato il solito processo facilone, come se il meccanismo biancoceleste fosse in crisi, destinato ad una parabola discendente e non vittima, tra l'altro, di numerose circostanze, che nel football si alleano spesso a un momento di scarsa vena. Vogliamo parlare di questa Lazio, del suo risvolto umano. Come squadra ha illustrato il calcio per oltre un anno, ed è ancora gravida di energie e schemi. Tutti la conoscono, tutti l'affrontano con la dovuta grinta, che significa anche omaggio a una <<grande squadra>>. Ma aggiungiamo qualcosa a questo ritratto, e cioè un tocco d'ambiente. A Tor di Quinto, dov'è il quartiere d'allenamento dei laziali, il custode del campo zappetta in un suo orticello mentre la moglie fa il bucato alle maglie dei giocatori. Sull'erba, Chinaglia e Martini, Re Cecconi e Wilson si allenano avendo i figli attorno, che giocano e scalciano il pallone, insieme a Pietrangeli e ai ragazzini di Maestrelli. Il quadro è quasi paesano ma sanissimo, anche i celebri litigi si stemperano in animate discussioni familiari. La gente, per vedere i suoi « eroi » alle prese con i famosi moduli e il famoso ritmo, si assiepa dietro la rete, si arrampica su certe gru dal braccio levato, e vi fa nido strillante. Sono ragazzette, operai, muratori, madri di famiglia.

E' la tela di un minuscolo Brueghel che usa pennelli « naìfs ». La società? E' tutta nel Beato Lenzini, impresario e padre sparagnino: tant'è vero che per trasferirsi da una città all'altra, la squadra deve rispettare il contratto firmato con compagnia aerea di seconda grandezza che li deposita — ad esempio — a Milano, dopo un itinerario che ha toccato Bologna e Bergamo, oppure li trasferisce da Ciampino a Genova in pullman. E' in questo contesto, molto alla buona, che si inserisce il fenomeno Lazio. Alcuni critici romani hanno alzato fior di sopraccigli avendo ricevuto come ricordino natalizio niente più d'una cartolina con le firme dei giocatori. Il Beato Lenzini, preveggente ma non sempre, sa come far quadrare le lire. Anche per queste ragioni — buonsenso, rinuncia alle arie di grandezza — abbiamo salutato la squadra con simpatia. E poi c'era il gioco, la vera gemma biancoceleste. Ma è gioco costruito su pochi uomini, bravissimi o di media bravura integrata nel collettivo: se salta una pedina, sono subito problemi amari. L'anno scorso Re Cecconi dovette subire un'infinità di iniezioni di cortisone, per un malanno. Poi ha speso l'estate a riequilibrare globuli rossi e globuli bianchi, il cui rapporto era stato alterato dal medicinale. Se ha una caviglia in disordine, il « Netzer della Bassa » non trova sostituto. E Maestrelli è costretto a combinar la torta con tre ciliegine. Il « processo che stanno intentandogli è pura presunzione critica. La Lazio, ne siamo certi, può fare ancora molto, anzi moltissimo (perché di torinesi ne incontra solo due, tra l'altro). Da oggi, la Juventus si affianca alla squadra romana in vetta. Ouanto durerà l'accoppiata? Potrebbe sciogliersi già domenica ventura, con le aspre combinazioni che offre il calendario: Fiorentina-Juve e Foggia-Lazio, la prima una « classica », la seconda una gran bella recita tra le squadre del Sud che meglio hanno portato avanti il discorso calcistico del 1973-74.