Due bambini e un sogno

Da LazioWiki.

La copertina del libro

Autori: Massimo Maestrelli - Marco Patucchi - Giulio Cardone

Titolo: Due bambini e un sogno

Anno: 2024

Casa editrice: La Repubblica

Pagine: 144 in brossura

Costo: -

Un estratto del libro (repubblica.it):

Il pullman della Lazio viaggia verso lo Stadio Olimpico. Lungo la via Aurelia e ad ogni incrocio in città, ci sono capannelli di persone che applaudono e sventolano bandiere biancocelesti. Poi, a Piazzale Clodio, ecco il flash che porto da sempre dentro al cuore, una piccola icona della memoria, eppure indelebile perché i percorsi attraverso il tempo degli attimi di gioia sono imperscrutabili, apparentemente inspiegabili: i ragazzi che ogni domenica giocano a calcio nel grande parcheggio della piazza hanno interrotto la partita, sono lì fermi con la palla sotto il braccio e guardano verso di noi, vedono passare il nostro bus con aria trasognata, come ipnotizzati da una visione surreale. Un attimo magico anche per qualcuno di loro, l’immagine di quel pullman che viaggia verso un sogno sarà per sempre. Meraviglie che si specchiano. La sera prima, babbo aveva finito gli allenamenti a Tor di Quinto ed era tornato a casa per darci la buonanotte e poi andare in ritiro con la squadra all’Hotel Americana, a metà strada tra la città e il mare. Il bacio in fronte a me e Maurizio, fratelli gemelli di undici anni, poche parole con mamma, le nostre sorelle Patrizia e Tiziana, venticinque e ventuno anni. Alla vigilia delle partite l’abitudine era sempre quella, ma stavolta si sente nell’aria qualcosa di diverso: oggi, da adulto, la chiamerei tensione controllata, che poi era il carattere di babbo abituato a tenere dentro le emozioni più forti. Provo a immaginare cosa passasse per la sua testa: dopo tante delusioni sportive, le retrocessioni, lo scudetto sfuggito all’ultima giornata l’anno prima, questo impensabile campionato dominato fino al penultimo turno, evocavano un senso di inadeguatezza, la paura di un sogno impossibile che non si può realizzare. È vero, dopo Lazio-Foggia ci sarebbe stata un’altra occasione nell’ultima di campionato a Bologna, ma il giorno era quello, solo quello. Adesso o mai più, e il mai più era un’ombra gigantesca. La domenica mattina, come ogni volta, con l’Alfa Romeo 1750 bianca di babbo guidata da Patrizia, perché mamma non ha mai voluto prendere la patente, andiamo all’hotel del ritiro. Colazione insieme alla squadra, poi mamma, Patrizia e Tiziana tornano a casa mentre io e Maurizio rimaniamo lì. Nel discorso della riunione tecnica con la squadra, ci sono poche parole e tanti sguardi. Io e Maurizio passiamo da una stanza all’altra e tempestiamo i giocatori di domande: «Giorgio, se oggi segni come esulti?», «Pino, mi fai vedere gli scarpini?»; Vincenzo D’Amico, che sembra il più spensierato, forse perché non ha ancora compiuto vent’anni , ci insegue attraverso i corridoi scherzando di continuo. All’Olimpico, come sempre, rimaniamo insieme alla squadra fino all’appello dell’arbitro negli spogliatoi, per poi salire in Tribuna Monte Mario dove ci attendono mamma e le nostre sorelle. . Immagino come si sentisse dentro. Lo stadio Olimpico è sommerso dalle bandiere, quasi non si riescono a vedere i tifosi sotto quell’oceano biancoceleste. (...) Finita la partita scendiamo dalla tribuna, ma questa volta senza raggiungere il prato, la polizia ci blocca nel tunnel: troppa confusione, c’è stata l’invasione di campo. Guardiamo babbo camminare verso di noi dalla panchina: dopo un primo abbraccio di un tifoso nessuno lo tocca più, nessuno lo abbraccia, la folla si apre come se passasse un meraviglioso fantasma. È il rispetto assoluto per Maestrelli, l’allenatore dello scudetto, il ‘Maestro’. Ci abbraccia e sembra trasfigurato. Non ho mai visto quello sguardo, quegli occhi di babbo: è così che un bambino intuisce cos’è la felicità, capisce che è possibile.