Trionfi Alceste

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Alceste Trionfi

Socio della Sezione Escursionismo. Nato a Spoleto nel 1869 e scomparso a Napoli nel 1949. Fu giornalista, disegnatore e umorista. Partecipò ad innumerevoli escursioni organizzate dalla S. P. Lazio tra il 1905 e il 1925. Lasciò un fresco e nostalgico racconto, che pubblichiamo, sul quel periodo giovanile. Cresciuto nel culto laico e garibaldino dell’ambiente familiare, all’indomani della nascita della Repubblica (2 giugno 1946) decise di completare gli scritti che il padre Augusto gli aveva consegnato nel 1912, integrandoli con i propri ricordi dei pellegrinaggi patriottici a Caprera.


NOSTALGIE ... PEDESTRI

C'era una volta la « S.P.L. » ... «S.P.L.? Una sigla», sissignori; ma intendiamoci: non una delle tante, troppe e misteriose sigle che da parecchio tempo troviamo sparse a profusione negli articoli dei giornali, costringendoci a torturare il nostro cervello per sapere· quel che diamine vogliono significare, bensì una vecchia breve sigla, incisa in un dischetto di metallo inserito in una piccola coccarda (pagata la folle somma di... dieci centesimi) che io ostentavo all'occhiello di una mia giacca di fustagno in alcune domeniche di primavera e d'autunno durante il primo ventennio di questo secolo. Un «distintivo» dunque? Precisamente, ma che non aveva il discutibile pregio di camuffare, con sintetica... oscurità alfabetica o sillabica, indirizzi politici, gruppi sportivi, ditte commerciali, istituti annonari ecc. ecc.; «S.P.L.» invece significava semplicemente «Società Podistica Lazio». Essa aveva lo scopo di effettuare - programmate in tempo per mezzo dei quotidiani di Roma - gite domenicali libere a tutti i dilettanti del podismo ed offerte a chiunque fosse desideroso di passare in gaia spensieratezza una giornata festiva all'aria aperta delle campagne laziali et ultra. Non si trattava già di fare dell'alpinismo; anzi tutt'altro, anche perché i dintorni immediati dell'Urbe, per quanto pittoreschi, non godono di una grande rinomanza alpinisticamente parlando, e al massimo l'escursionismo può fornire una specie di allenamento, di punto di passaggio agli ardimenti veri e propri dell'alta montagna per coloro che hanno la possibilità fisica e finanziaria di affrontarli. Le gite settimanali della «S.P.L.» si spingevano perciò generalmente verso paesi situati a una trentina di chilometri o anche meno dalle mura di Roma, località del resto ad un'altitudine discreta, come lo sono i «castelli». Passeggiate pure e semplici, ossia uno dei più facili, dilettevoli ed economici sports concessi ai cittadini del medio ceto, d'ambo i sessi, giovani, di mezza età, ed anche - perché no? - anzianotti, costretti a trascorrere nei giorni feriali tutte le ore migliori rinchiusi nei negozi, nelle aule scolastiche o negli uffici. È là appunto, ripeto, che erano dirette le gite della Podistica Lazio collo scopo di far conoscere ai troppo urbanizzati romani più o meno «de Roma» strade, località storiche, paesi, panorami, usi e costumi, da essi e chi sa da quanti ignorati; cose tutte che valevano, valgono e varranno sempre la pena di muoversi, di uscire dalla cerchia della città romulea per affrontare il modesto cimento di qualche ora di marcia a piedi, sempre preferibile a quella lungo i... marciapiedi del Corso e di via Nazionale. Ma non divaghiamo. Debbo limitarmi, con queste romanistiche note personali, a mettermi in viaggio... verso la rievocazione nostalgica di un tempo che fu; ed eccomi pronto col bagaglio dolcemente pesante delle mie memorie. A quante, di quelle «passeggiate» in comitiva, ho preso parte anch'io tanti anni fa, assoggettandomi o meno al rituale imperativo gitaiuolo di «portare la colazione»? A parecchie; e in complesso si svolgevano così: nelle prime ore del mattino domenicale ci si adunava, ancor sonnacchiosi, nelle adiacenze, a seconda dei casi, della stazione Termini, o delle «Vicinali» o del « tram dei castelli», e versata la somma occorrente pel viaggio nelle mani di un segretario-cassiere, delegato per l'acquisto dei biglietti, anzi del biglietto cumulativo, si prendeva posto in un vagone quasi sempre «riservato per comitive» e partivamo (non senza avere intonato prima il ritornello: Signor Capo facci partire lallèro lallà !), diretti, anche se in « omnibus», alla stazioncina da dove aveva inizio la gita pedibus calcantibus verso il paese, il Santuario, l'Abbazia, insomma la mèta prestabilita. Saluti e strette di mano, presentazioni dei neofiti, rapido affiatamento generale con relativa formazione di gruppi, in relazione specialmente alle età, conversazioni e timido inizio di cori che poscia, al ritorno, prendevano consistenza canora più o meno melodica a seconda della qualità e quantità dei vinetti locali tracannati in qualche trattoria dai discreti divoratori di chilometri e di spaghetti «alla matriciana» dopo la conferenza-antipasto elargitaci dall'illustratore dei luoghi visitati, a tal'uopo gratuitamente... scritturato.

Baldorie dunque? Spesso, ma non sempre; talora un po' di stanchezza tarpava le ali all'allegria chiassosa, allorquando per esempio si trattava di una buona «faticata» per raggiungere il cocuzzolo di qualche non lontana ma impervia montagna; come dire: lo Scalambra, il Gennaro, il Morra, il virgiliano Soratte, il Guadagnolo. Ciò avveniva di rado e con esiguo numero di partecipanti, le escursioni preferite dai quali (e specialmente dalle quali) erano quelle di minore importanza, sebbene panoramicamente poco interessanti. Oh, colli ameni del Tuscolo e laghi di Albano e di Nemi; oh, Velletri enologico; Saracinesco, patria di modelle e zampognari; scenografica Viterbo; ridente Palestrina col sovrastante Castel San Pietro; Cori, Ninfa e Norma; Capena (già Leprignano); Monteflavio, dalle saporose «fettuccine fatte in casa»; San Polo dei Cavalieri; Doganella, col laghetto e le odorose giunchiglie! E, più oltre, voi: Terracina col vicino Circeo; Abbazia di Casamari e di Montecassino, testè duramente provata dalla guerra; «Sacro Speco>> sopra Subiaco! Io non posso, non so elencarvi tutte, indimenticabili località più o meno laziali che anche oggi siete così vicine al mio cuore... e pur tanto lontane dalle mie gambe! Quante amene plaghe - che senza la «Lazio» forse mi sarebbero rimaste ignote - tornano alla mia mente col rimpianto di non poterle più rivedere, oltre che per il peso inesorabile degli anni, per la difficoltà di potermici recare e per il dolore di saperle contaminate dal terribile flagello della guerra! Ricordo - oh, se ricordo! - quell'epoca (che mi fa riandare a ben venticinque anni or sono) e riveggo, coi molti luoghi attraversati fuggevolmente, persone buone e care, per la maggior parte ahimè sparite per sempre! Dove siete ora, gentili signore e vezzose signorine, forti rappresentanti del sesso... debole, il cui sorriso e lo spirito allietavano le nostre rumorose brigate? Che n'è di voi, baldi giovanotti pronti all'arguzia rispettosa e al cavalleresco ausilio per le gitanti meno agguerrite, nei momenti difficili di un'ascesa o durante i piccoli inconvenienti di un guado? Salute a voi ed auguri, adolescenti di allora che riempivate colle vostre grida gioiose le solitudini della campagna; e puranco voi, uomini maturi d'un tempo ma ormai vecchi come me, provate forse il mio stesso rammarico al ricordo di tante belle ore passate insieme marciando in «fila indiana» lungo gli angusti sentieri che adducevano alla mèta prefissa e anelata dai vostri stomachi?

Tutto ciò è purtroppo relegato - per ciascuno di noi ex podisti che abbiamo oggi raggiunto una certa (oh, certissima) età - nel limbo delle rimembranze più care della nostra vita; tutto ci sembra un sogno, unico retaggio di un'epoca felice, travolta dagli anni e dalle inesorabili vicende umane! Riassomma alla mia mente, fra gli altri, il simpatico Presidente della « Lazio» Comm. Fortunato Ballerini, infaticabile organizzatore e direttore delle gite - colla sua rauca ma non tartarea trombetta per il richiamo degli sbandati - individuo per il quale l'esercizio muscolare rappresentava la norma costante per mantenersi sani. Egli infatti, sino a pochi anni prima di spegnersi (è morto più che novantenne) non trascurò - oltre al podismo - tutti gli altri rami dello sport, compreso il nuoto; e ricordo in proposito le sue «traversate del Tevere» ad ogni primo d'anno; come pure di lui era nota l'avversione per tutte le bevande alcooliche ed il suo abituale pranzo durante le escursioni, composto quasi esclusivamente di ... patate crude, le quali - egli affermava - gli avevano fornito quella resistenza fisica che una volta lo misero in grado, a circa ottant'anni, di rivaleggiare con un giovane alpinista, arrivando primo in vetta al Soratte salendo dal versante più ripido e scosceso. Né dimenticherò, infine, i contegnosi e pure affabili e pazienti «illustratori» che con tanto zelo disinteressato seguivano le nostre non sempre disciplinate comitive, fermandosi per erudirci intorno a tutto ciò che s'incontrava, degno d'interesse, durante il percorso lungo le dissepolte Vie Consolari o in fondo a qualche ipogeo etrusco, e additandoci un castello medievale diruto sopra un'altura o i vetusti avanzi di una tomba latina. Riveggo come fosse ora, fra i tanti professori: il Nispi-Landi (senior) del quale mi sembra ancora ascoltare, inorridendo, le iraconde diatribe contro qualche imperatore romano fra cui Nerone, forse suo ... nemico personale; l'ampiobarbuto Giovanni Staderini, il biondo autodidatta Romolo Ducci, Filippo Tambroni, Umberto Leoni, Romolo Artioli e, non ultimo, il poeta conte Domenico Gnoli, cantore di un'appassionata leggenda sul solitario castello di Galeria. Alcuni di questi benemeriti, eloquenti dispensatori di tesori storici ed archeologici, sono tuttora viventi ed altri, ahimé, scomparsi; l'eco della loro voce si è spenta, ed oggi invano io ripeto il ritornello nostalgico della mia vecchia anima peripatetica: C'era una volta la S.P.L.» !. Ora, per concludere meno malinconicamente questa mia già troppo prolissa favola... vissuta, permettetemi di narrare un piccolo episodio - dirò così «allegrotto» - riferentesi appunto ad una delle mie scorribande laziali di illo tempore. Uno degli illustratori che ho testè nominato, dopo una visita da noi fatta alla Villa Adriana, sotto Tivoli, volle aggiungere un codicillo patetico alla sua conferenza fermandosi davanti ad alcuni ruderi situati presso un ponticello, e alla chiusa della sua perorazione rivolse la parola al defunto imperatore da lui rievocato, domandandogli: «Ed ora dove sei tu? Perché non parli? Che cosa fai?». Ci fu un istante di silenzio, dopo il quale udimmo sorgere da sotto il manufatto una voce che timidamente rispose con una sola parola, anzi un nome che rievocò alla nostra mente il canto XXV dell'Inferno là dove Dante parla del celebre ladrone «Che sotto il sasso di monte Aventino Di sangue fece spesse volte laco».

ALCESTE TRIONFI -1945 -