Utente:Olimpicus

Da LazioWiki.


Cari amici biancocelesti,

sono assai felice di entrare a far parte della vostra famiglia, e per uno strano caso della sorte scrivo questa mia lettera di presentazione alla vigilia stretta del big match con la Roma che vale l'accesso in Champions per la prossima stagione.

In effetti, si tratta di una “nuova stagione” anche per me, come membro del cenacolo laziowikiano (o laziowikista?... non saprei...). In un anno durante il quale, per la prima volta, uscirà un mio libro dedicato alla polisportiva Lazio, e precisamente come strenna natalizia la storia del Circolo Canottieri Lazio (titolo che ho scelto: “Aquile sul Tevere”). L'avv. Condemi me lo ha annuciato pochi giorni fa, dandomi una grande soddisfazione e togliendomi anche una spina dalla gola: da 13 anni correvo appresso alla pubblicazione dell'opera e finalmente ce l'ho fatta (pare fatta: il Trap lo dice che i gatti possono non essere mai nel sacco).

Confratelli laziowikiani, ho subito da farvi una confessione, anzi due o addirittura tre: credo d'essere l'unico laziale al mondo ad essersi macchiato della colpa di avere scritto e mandato alle stampe 4, dicesi 4, libri sulla AS Roma. In più, i tifosi giallorossi mi conoscono e mi apprezzano per essere stato quello che ha mandato a gambe all'aria la leggenda della Lazio prima squadra a giocare al football nella capitale. Infine, faccio parte, da alcuni anni ormai, del “Gruppo dei Romanisti”.

Ma, attenzione! E non temete! Trattasi di un pickwikiano cenacolo di ultras-settantenni che si riuniscono una volta al mese nella sala rossa del Caffé Greco, e vi assicuro che di tutto parlano meno che di pallone. Anzi, quasi tutti lo “aborriscono”, per dirla come un noto giornalista un po' frocio di fede juventina.

Giano bifronte: sì, potrebbe essere questa la mia statua in Olimpia, giacché sono in parte biancazzurro e in parte giallorosso. La storiella, che tale sembra, a qualcuno l'ho raccontata: mio padre, marchigiano trapiantato a Roma alla metà degli anni '50, era laziale e mi portava a vedere la “Lazietta” al Flaminio. Ma poi se ne andò a lavorare in Africa, e mio nonno materno, romanista, ne approfittò per farmi la tessera da lupetto e portarmi allo stadio a vedere Enzo e gente del genere. Lo scudetto 1974 mi ripulì come una purga da quegli anni oronziani e herreriani, mio nonno se ne andò in paradiso ma mio padre ancora non c'era (sempre in Africa, ma in Mozambico). Comunque, ho visto Lazio-Foggia con Lenzini che fece il giro dello stadio, e c'ero sugli spalti il giorno del sorpasso alla Juve per il secondo inatteso miracolo, quello dell'anno 2000. Purtroppo sempre solo, giacché il mio papà era morto da tempo e mia madre da poco tempo. Ricordo che, nell'esatto momento in cui l'altoparlante annunciò la fine della partita di Perugia, mi rivolsi alla mia sinistra come se ci fosse presente il mi babbo e lo abbracciai metaforicamente, abbracciai l'aria pura intendo... Ma tanto nessuno stava a vedermi.

Pazzie da laziale, direte. Vero. Tra i miei ricordi più cari, una bandiera che papà mi comprò al Flaminio, con l'aquila che è veramente un piccione; e poi una foto che mi ritrae imberbe a giocare in campagna con la maglietta della Lazio acquistata al negozio Tuttosport (rammentate, i più vecchi fra voi, le 6 magliette che vendevano negli anni 70? La Nazionale, la Juve, il Milan, l'Inter, la Roma e la Lazio) nel quartiere Aurelio dove abitavo. Un ricordo bizzarro: una volta che entrai in un negozio di pesca nella cittadina di Annabà, in Algeria (era l'estate edl 74) e trovai appeso alla parete il poster della Lazio di Maestrelli fresca campione d'Italia. Il biondo Re Cecconi sembrava un olandese al cento per cento. Che Lazio!!!

Beh... forse v'ho infine convinto: ricordi del genere li può appalesare un bieco romanista?

Credo di no. Epperò, romanista per un 30 o 40% lo sono. Solo nel Derby tifo contro la Roma.

I miei “nemici” s'intitolano Juve, Milan, Inter, Napoli e fritto misto. Ma anche lì un distinguo: quando giocano in coppa, parteggio per loro, perché rappresentano i colori italiani.

La Nazionale, infatti, è la mia squadra in assoluto. L'unica che mi ha fatto veramente piangere di gioia e di rabbia. Ah, dimenticavo: faccio anche parte degli amici del Museo della Fiorentina, e quindi sono un pizzico pure viola.

Dovresti esser viola di vergogna, penserà a questo punto qualcuno fra voi. E vabbé, sono Arlecchino. Ma comunque chiamatemi Olimpicus.

Olimpicamente vostro - Marco


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