Saraceni (I) Fernando: differenze tra le versioni

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[[Image:saraceni.jpg|thumb|left|180px|Fernando Saraceni]]
[[Image:saraceni.jpg|thumb|left|200px|Fernando Saraceni]]
[[Image:fratelli Saraceni.jpg|thumb|right|180px|I fratelli Saraceni (Fernando a sinistra, Luigi a destra)]]
[[Immagine:SaraceniPremioLazio.jpg|thumb|180px|left|Dalle pagine di "Lazio" organo ufficiale della Società Podistica Lazio (21 maggio 1925)]]
[[Immagine:Lettera FSaraceni 16gen25.jpg|thumb|right|180px|Sulla rivista "Lazio" del 16 gennaio 1925 è pubblicata una lettera di Fernando Saraceni per Gerardo Branca]]
[[Immagine:SaraceniFernandoMorte.jpg|thumb|180px|left|La notizia del decesso di Fernando Saraceni su un organo di stampa]]


Attaccante e poi dal [[1921]] difensore. Nato a Roma il [[18 gennaio]] [[1891]] ed ivi morto il [[23 agosto]] [[1956]].
Attaccante, difensore, allenatore. Nato a Roma il [[20 gennaio]] [[1891]] e ivi morto il [[23 agosto]] [[1956]]. Detto "Cecè".


Fernando Saraceni, detto Cecè, è stato uno dei più significativi giocatori della Lazio. Cominciò a giocare nel [[1907]] ad appena sedici anni e l'anno successivo partecipò [[1907/08#CampInterregCS|alle tre partite disputate e vinte in un solo giorno a Pisa]] nelle finali del [[Campionato]] interregionale. Era il cucciolo della squadra ma era anche in possesso di un tiro micidiale e di una grande velocità. Ottimo atleta anche nel salto in lungo in cui aveva un record di m 5,00 senza l'uso della pedana. In un periodo in cui la vigoria fisica e la forza muscolare erano le doti più ricercate in un calciatore, Cecè seppe coniugare la forza con una tecnica sopraffina e inconsueta per il tipo di foot-ball d'allora. Tra l'anno d'esordio e la [[Prima Guerra Mondiale|prima guerra mondiale]] vinse tutto quello che era possibile vincere a Roma e nell'Italia centro meridionale: due volte finalista nazionale nel [[1913]] e [[1914]], vincitore più volte dei trofei [[Coppa Tosti|Tosti]] e [[Coppa Viscogliosi-Baccelli|Baccelli]], vincitore del [[Coppa Branca|trofeo Branca]] e di tantissimi trofei minori, implacabile giustiziere di tutte le più blasonate e ambiziose formazioni romane, rimase affezionatissimo alla Lazio dando sempre l'esempio in ambito comportamentale e tecnico.
Tra i giocatori più significativi nella storia della Lazio Calcio, si cimenta in giovane età anche nel podismo e nel nuoto. In quest'ultima disciplina sportiva, è infatti tra gli iscritti all'eliminatoria romana della Coppa Scarioni dell'agosto [[1925]]. Fernando Saraceni vede la luce in Via del Mascherino n. 89 al piano terra, figlio di Andrea, di mestiere carrozziere, e di Enrica Ascenzi. Alto m 1,64 per un peso di 68 kg. Comincia a giocare nel [[1907]] ad appena sedici anni e l'anno successivo partecipa [[1907/08#TorneoInterregPI|alle tre partite disputate e vinte in un solo giorno a Pisa]] nelle finali del [[Campionato]] interregionale. E' il cucciolo della squadra, ma già in possesso di un tiro micidiale e di una grande velocità. Ottimo atleta anche nel salto in lungo con un un record di m 5,00 senza l'uso della pedana. In un periodo in cui la vigoria fisica e la forza muscolare sono le doti più ricercate in un calciatore, Cecè sa coniugare la vigoria con una tecnica sopraffina davvero inconsueta per il ''foot-ball'' d'allora. Tra l'anno d'esordio e la [[Prima Guerra Mondiale|prima guerra mondiale]] vince tutto a Roma e nell'Italia centro meridionale: due volte finalista nazionale nel [[1913]] e [[1914]], vincitore più volte dei trofei [[Coppa Tosti|Tosti]] e [[Coppa Viscogliosi-Baccelli|Baccelli]], vincitore del [[Coppa Branca|trofeo Branca]] e di tantissimi tornei minori. L'attaccante Saraceni è l'implacabile giustiziere di tutte le più blasonate e ambiziose formazioni romane. "Cecè" resta sempre affezionatissimo alla Lazio, dando sempre l'esempio sia dentro che fuori dal campo. Nei cuori dei sostenitori laziali prende presto il posto, senza farlo rimpiangere, del grande bomber [[Ancherani Sante|Sante Ancherani]], ritiratosi presto dall'attività agonistica in favore della musica. <br>
Nel [[1915]] Saraceni parte per il fronte come soldato semplice del 13° artiglieria di campagna, ma quando la guerra finisce eccolo di nuovo a guidare la squadra biancoceleste sui campi di gioco, sempre con lo stesso spirito e la sua innata classe. Progressivamente arretra il suo raggio di azione e intorno al [[1921]] Fernando diviene terzino. In questo ruolo conferma la sua abilità, non disdegnando rapide puntate in avanti che lo portano a segnare goal importantissimi. Prima di appendere gli scarpini al chiodo, Saraceni fa due ulteriori regali alla Lazio, convincendo prima il fratello minore [[Saraceni (II) Luigi|Luigi]] a vestire la casacca biancoceleste e poi imponendo la sua ferrea volontà nel far ingaggiare dalla Società il grande portiere [[Sclavi Ezio|Ezio Sclavi]]. Saraceni lascia lo sport attivo nel [[1924]] qualche mese dopo aver giocato da titolare anche la terza finale nazionale contro il [[Genoa]], dopo 124 partite ufficiali e 36 reti in biancoceleste. La coppia di terzini con [[Dosio Ugo|Dosio]] era soprannominata da stampa e tifosi "il processo dei veleni", a testimoniare la morbosa attenzione dei due difensori nei confronti degli avanti avversari. "Cecè" diviene subito dirigente della Lazio - ruolo che ricoprirà sino alla morte - e il [[18 settembre]] [[1940]] viene eletto anche componente del Collegio dei Sindaci. Fernando tuttavia aveva collaborato con i quadri biancocelesti già nel [[1914]], assumendo il ruolo di vicepresidente della sezione Nuoto. Dalla IV alla XIV giornata del campionato [[1928/29]], dopo aver svolto l'incarico di vice allenatore nella stagione [[1922/23]], assume anche la guida tecnica della prima squadra. <br>
Laureatosi in Ingegneria, "Cecè" coniuga la passione per lo sport con il lavoro impiegatizio ed è a lungo uno dei vice-direttori della Società Immobiliare. Nell'agosto [[1956]] gli viene diagnosticato un male incurabile che gli provoca fortissimi dolori. Ricoverato presso la Clinica Morgagni, accecato dal dolore, nel pomeriggio del 23 agosto Saraceni si toglie tragicamente la vita lanciandosi dalla finestra della sua stanza.


'''Da [[La Stampa]] nel giorno successivo al suicidio: ''' <br>
Nei cuori dei sostenitori laziali prese il posto, senza farlo rimpiangere, del grande [[Ancherani Sante|Ancherani]] che aveva abbandonato lo sport per la musica. Nel [[1915]] partì per il fronte come soldato semplice del 13° artiglieria di campagna ma quando la guerra finì eccolo di nuovo a guidare la squadra biancoceleste sui diversi campi di gioco, sempre con lo stesso spirito e la sua innata classe. Progressivamente arretrò il suo raggio di azione e intorno al [[1921]] si schierò a terzino. In questo ruolo confermò la sua abilità non disdegnando rapide puntate in avanti che lo portarono a segnare goal importantissimi. Lasciò lo sport attivo nel [[1924]] non senza essere stato titolare anche nella sua terza finale nazionale contro il [[Genoa]] nel [[1923]]. Lasciò, quindi, il campo ma non la Lazio di cui divenne dirigente (il [[18 settembre]] [[1940]], ad esempio, fu eletto componente del Collegio dei Sindaci) capace e appassionato fino alla sua prematura scomparsa. Già nel [[1914]] era stato nei quadri dirigenziali con il ruolo di vicepresidente della sezione Nuoto. Prima di appendere gli scarpini al chiodo aveva però fatto due ulteriori regali alla Lazio, convincendo prima il fratello minore [[Saraceni (II) Luigi|Luigi]] a vestire la casacca biancoceleste e imponendo la sua ferrea volontà nel far ingaggiare dalla società e far subito esordire titolare il grande portiere [[Sclavi Ezio|Ezio Sclavi]].
''"Ossessionato da un gravissimo male che non gli dava speranze di guarigione, l'ing. Fernando Saraceni, che era uno dei vice-direttori della società Immobiliare e membro del consiglio di amministrazione della società stessa, si è ucciso nel primo pomeriggio di oggi gettandosi dalla finestra della stanza che occupava al quarto piano della clinica Morgagni''. ''L'ingegner Saraceni era stato ricoverato in clinica qualche tempo fa e tali erano i dolori atroci che la malattia gli provocava che spesso aveva manifestato idee suicide per porre fine alle sue sofferenze. Proprio per questo egli era continuamente sorvegliato da qualcuno dei familiari e dagli infermieri. Oggi, il poveretto ha approfittato di un momento che era stato lasciato solo, è sceso dal letto, si è trascinato fino alla finestra, si è arrampicato sul davanzale con l'aiuto di una seggiola e si è lasciato cadere nel vuoto.'' ''Nonostante il volo di una trentina di metri egli non è deceduto sul colpo. Soccorso da alcuni passanti e da infermieri accorsi all'allarme lanciato dal portiere della clinica che aveva visto precipitare l'uomo come un bolide, l'ingegner Saraceni è stato sottoposto a cure immediate. Ma tanto gravi erano le sue ferite che dopo meno di mezz'ora egli cessava di vivere."''
Laureatosi in Ingegneria era uno dei vice direttori della società Immobiliare.
Nell'agosto [[1956]] gli viene diagnosticato un male incurabile che gli provoca fortissimi dolori. Ricoverato presso la Clinica Morgagni nel pomeriggio del 23 agosto si lancia dalla finestra della sua stanza uccidendosi.
Cosi scrive il giorno dopo [[La Stampa]]:


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''Ossessionato da un gravissimo male che non gli dava speranze di guarigione, l'ing. Fernando Saraceni, che era uno dei vice-direttori della società Immobiliare e membro del consiglio di amministrazione della società stessa, si è ucciso nel primo pomeriggio di oggi gettandosi dalla finestra della stanza che occupava al quarto piano della clinica Morgagni. L'ingegner Saraceni era stato ricoverato in clinica qualche tempo fa e tali erano i dolori atroci che la malattia gli provocava che spesso aveva manifestato idee suicide per porre fine alle sue sofferenze. Proprio per questo egli era continuamente sorvegliato da qualcuno dei familiari e dagli infermieri. Oggi, il poveretto ha approfittato di un momento che era stato lasciato solo, è sceso dal letto, si è trascinato fino alla finestra, si è arrampicato sul davanzale con l'aiuto di una seggiola e si è lasciato cadere nel vuoto. Nonostante il volo di una trentina di metri egli non è deceduto sul colpo. Soccorso da alcuni passanti e da infermieri accorsi all'allarme lanciato dal portiere della clinica che aveva visto precipitare l'uomo come un bolide, l'ingegner Saraceni è stato sottoposto a cure immediate. Ma tanto gravi erano le sue ferite che dopo meno di mezz'ora egli cessava di vivere.

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Image:fratelli Saraceni.jpg|I due Saraceni: Fernando è a sinistra
File:RiunioneAtletica 1911.jpg|Riunione atletica della S. P. Lazio nel 1911
File:srcn.JPG|Fernando alla finale del titolo italiano del 1923
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File:SaraceniFcaricatura.jpg|Una caricatura di Fernando Saraceni
File:SaraceniFcaricatura2.jpg|Altra caricatura di Saraceni
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File:sp saraceni.jpg|thumb|right|200px|Breve ritratto di un giornale del 1912
Immagine:Lettera FSaraceni 16gen25.jpg|"Lazio" 16 gennaio 1925: lettera di Saraceni
Immagine:SaraceniPremioLazio.jpg|"Lazio" 21 maggio 1925
File:SaraceniArticolo1941.jpg|"Forza Lazio" 1941
File:saracfer.jpg|thumb|right|200px|"Bianco-azzurro": "Cecè" e i pionieri
Immagine:SaraceniFernandoMorte.jpg|La notizia del decesso di Fernando
file:necrofernsaraceni.JPG|I necrologi del calciatore su Il Messaggero
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File:sacerfernando.jpg|L'atto di nascita di Fernando Saraceni
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Nella Lazio ha giocato 124 partite ufficiali e ha messo a segno 33 reti.


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[[Categoria:Biografie|Saraceni, Fernando]]
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[[Categoria:Calciatori|Saraceni, Fernando]]
[[Categoria:Calciatori|Saraceni, Fernando]]
[[Categoria:Allenatori|Saraceni, Fernando]]
[[Categoria:Dirigenti|Saraceni, Fernando]]
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[[Categoria:Pionieri|Saraceni, Fernando]]
[[Categoria:Pionieri|Saraceni, Fernando]]
[[Categoria:Atleti Polisportiva|Saraceni, Fernando]]

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Fernando Saraceni

Attaccante, difensore, allenatore. Nato a Roma il 20 gennaio 1891 e ivi morto il 23 agosto 1956. Detto "Cecè".

Tra i giocatori più significativi nella storia della Lazio Calcio, si cimenta in giovane età anche nel podismo e nel nuoto. In quest'ultima disciplina sportiva, è infatti tra gli iscritti all'eliminatoria romana della Coppa Scarioni dell'agosto 1925. Fernando Saraceni vede la luce in Via del Mascherino n. 89 al piano terra, figlio di Andrea, di mestiere carrozziere, e di Enrica Ascenzi. Alto m 1,64 per un peso di 68 kg. Comincia a giocare nel 1907 ad appena sedici anni e l'anno successivo partecipa alle tre partite disputate e vinte in un solo giorno a Pisa nelle finali del Campionato interregionale. E' il cucciolo della squadra, ma già in possesso di un tiro micidiale e di una grande velocità. Ottimo atleta anche nel salto in lungo con un un record di m 5,00 senza l'uso della pedana. In un periodo in cui la vigoria fisica e la forza muscolare sono le doti più ricercate in un calciatore, Cecè sa coniugare la vigoria con una tecnica sopraffina davvero inconsueta per il foot-ball d'allora. Tra l'anno d'esordio e la prima guerra mondiale vince tutto a Roma e nell'Italia centro meridionale: due volte finalista nazionale nel 1913 e 1914, vincitore più volte dei trofei Tosti e Baccelli, vincitore del trofeo Branca e di tantissimi tornei minori. L'attaccante Saraceni è l'implacabile giustiziere di tutte le più blasonate e ambiziose formazioni romane. "Cecè" resta sempre affezionatissimo alla Lazio, dando sempre l'esempio sia dentro che fuori dal campo. Nei cuori dei sostenitori laziali prende presto il posto, senza farlo rimpiangere, del grande bomber Sante Ancherani, ritiratosi presto dall'attività agonistica in favore della musica.
Nel 1915 Saraceni parte per il fronte come soldato semplice del 13° artiglieria di campagna, ma quando la guerra finisce eccolo di nuovo a guidare la squadra biancoceleste sui campi di gioco, sempre con lo stesso spirito e la sua innata classe. Progressivamente arretra il suo raggio di azione e intorno al 1921 Fernando diviene terzino. In questo ruolo conferma la sua abilità, non disdegnando rapide puntate in avanti che lo portano a segnare goal importantissimi. Prima di appendere gli scarpini al chiodo, Saraceni fa due ulteriori regali alla Lazio, convincendo prima il fratello minore Luigi a vestire la casacca biancoceleste e poi imponendo la sua ferrea volontà nel far ingaggiare dalla Società il grande portiere Ezio Sclavi. Saraceni lascia lo sport attivo nel 1924 qualche mese dopo aver giocato da titolare anche la terza finale nazionale contro il Genoa, dopo 124 partite ufficiali e 36 reti in biancoceleste. La coppia di terzini con Dosio era soprannominata da stampa e tifosi "il processo dei veleni", a testimoniare la morbosa attenzione dei due difensori nei confronti degli avanti avversari. "Cecè" diviene subito dirigente della Lazio - ruolo che ricoprirà sino alla morte - e il 18 settembre 1940 viene eletto anche componente del Collegio dei Sindaci. Fernando tuttavia aveva collaborato con i quadri biancocelesti già nel 1914, assumendo il ruolo di vicepresidente della sezione Nuoto. Dalla IV alla XIV giornata del campionato 1928/29, dopo aver svolto l'incarico di vice allenatore nella stagione 1922/23, assume anche la guida tecnica della prima squadra.
Laureatosi in Ingegneria, "Cecè" coniuga la passione per lo sport con il lavoro impiegatizio ed è a lungo uno dei vice-direttori della Società Immobiliare. Nell'agosto 1956 gli viene diagnosticato un male incurabile che gli provoca fortissimi dolori. Ricoverato presso la Clinica Morgagni, accecato dal dolore, nel pomeriggio del 23 agosto Saraceni si toglie tragicamente la vita lanciandosi dalla finestra della sua stanza.

Da La Stampa nel giorno successivo al suicidio:
"Ossessionato da un gravissimo male che non gli dava speranze di guarigione, l'ing. Fernando Saraceni, che era uno dei vice-direttori della società Immobiliare e membro del consiglio di amministrazione della società stessa, si è ucciso nel primo pomeriggio di oggi gettandosi dalla finestra della stanza che occupava al quarto piano della clinica Morgagni. L'ingegner Saraceni era stato ricoverato in clinica qualche tempo fa e tali erano i dolori atroci che la malattia gli provocava che spesso aveva manifestato idee suicide per porre fine alle sue sofferenze. Proprio per questo egli era continuamente sorvegliato da qualcuno dei familiari e dagli infermieri. Oggi, il poveretto ha approfittato di un momento che era stato lasciato solo, è sceso dal letto, si è trascinato fino alla finestra, si è arrampicato sul davanzale con l'aiuto di una seggiola e si è lasciato cadere nel vuoto. Nonostante il volo di una trentina di metri egli non è deceduto sul colpo. Soccorso da alcuni passanti e da infermieri accorsi all'allarme lanciato dal portiere della clinica che aveva visto precipitare l'uomo come un bolide, l'ingegner Saraceni è stato sottoposto a cure immediate. Ma tanto gravi erano le sue ferite che dopo meno di mezz'ora egli cessava di vivere."







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