Bergamo Vittorio: differenze tra le versioni

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Centrocampista, nato a Roveredo in Piano (UD) il [[25 settembre]] [[1922]] e deceduto a Muzzano (BL) il [[3 giugno]] [[2011]]. Detto Rino.
Centrocampista, nato a Roveredo in Piano (UD) il [[25 settembre]] [[1922]] e deceduto a Muzzano (BL) il [[3 giugno]] [[2011]]. Detto Rino.


Nato casualmente a Roveredo in Piano (Udine), ma triestino "doc", Vittorio Bergamo iniziò a giocare a 17 anni nella Fortitudo, squadra minore del capoluogo giuliano, prima di essere ceduto alla Biellese. Qui si mise in luce per grinta, tecnica e prestanza atletica negli ultimi [[Campionato|campionati]] prima della [[Seconda Guerra Mondiale]]. Passò dapprima al Vigevano e nel [[1946]] al [[Genoa]], dove al fianco di fuoriclasse del calibro di Verdeal giocò per quattro stagioni. Memorabili soprattutto le sue gare contro il [[Torino]] di Valentino Mazzola, che contro di lui non vedeva mai palla. Restò al [[Genoa]] fino al [[1950]], quando fu scambiato con Giuseppe Baldini per passare sull'altra sponda del Bisagno, alla [[Sampdoria]], (primo giocatore a passare dai rossoblù ai blucerchiati).
Nato casualmente a Roveredo in Piano (Udine), ma triestino "doc", Vittorio Bergamo iniziò a giocare a 17 anni nella Fortitudo, squadra minore del capoluogo giuliano, prima di essere ceduto alla Biellese. Qui si mise in luce per grinta, tecnica e prestanza atletica negli ultimi [[Campionato|campionati]] prima della [[Seconda Guerra Mondiale]]. Passò dapprima al Vigevano e nel [[1946]] al [[Genoa]], dove al fianco di fuoriclasse del calibro di Verdeal giocò per quattro stagioni. Memorabili soprattutto le sue gare contro il [[Torino]] di Valentino Mazzola, che contro di lui non vedeva mai palla. Restò al [[Genoa]] fino al [[1950]], quando fu scambiato con Giuseppe Baldini per passare sull'altra sponda del Bisagno, alla [[Sampdoria]], (primo giocatore a passare dai rossoblù ai blucerchiati). Due stagioni in blucerchiato ([[1950]]-[[1952|52]]), con un [[derby]] in cui segna un gol da ex e viene inseguito dai genoani fin dentro casa. Ingaggiato dalla Lazio nell'autunno [[1952]] gioca tre stagioni in biancoceleste, collezionando 58 presenze e 4 reti in [[campionato]]. Viene convocato anche due volte nelle pre-selezioni in nazionale. Nel [[1955/56]] passa al [[Palermo]], per portare da capitano i rosanero in [[Serie A]] e poi, l'ultima stagione, nel [[1956/57]], alla Biellese, in [[Serie C|C]]. Tentò la carriera di allenatore, a Sestri Levante (GE), quindi si riavvicinò nella sua Biella (dove nel frattempo si era sposato) per lavorare nel ramo tessile e dedicarsi con grande cuore ed affetto ai malati dell'ospedale, in qualità di volontario, a dispetto di una malattia (il diabete) che lo limitava parecchio nella vita di tutti i giorni. Negli anni [[1970|'70]] il ritorno in panchina, chiamato dal presidente Efrem Galliera, nella Valle Cervo, nella quale ha lasciato un commosso ricordo a tutti i giocatori che ha allenato.


Un "ringhio" esuberante in campo, un buono fuori, simpatico, generoso e guascone. Un autentico maestro di tecnica (trasmessagli da santoni della panchina come l'inglese Willy Garbutt), che verrà ricordato con gratitudine. Muore all'età di 88 anni in una casa di riposo di Muzzano. Lascia i figli Roberto, Renato e Luisa e tanti affezionati nipoti, tra cui Giovanni, 20enne centrocampista del Pollone (Prima Categoria) e Beatrice, talento dello sci alpino.
Due stagioni in blucerchiato ([[1950]]-[[1952|52]]), con un [[derby]] in cui segna un gol da ex e viene inseguito dai genoani fin dentro casa. Ingaggiato dalla Lazio nell'autunno [[1952]] gioca 3 stagioni in biancoceleste, collezionando 58 presenze e 4 reti in [[campionato]]. Viene convocato anche due volte nelle pre-selezioni in nazionale. Nel [[1955/56]] passa al [[Palermo]], per portare da capitano i rosanero in [[Serie A]] e poi, l'ultima stagione, nel [[1956/57]], alla Biellese, in [[Serie C|C]]. Tentò la carriera di allenatore, a Sestri Levante (GE), quindi si riavvicinò nella sua Biella (dove nel frattempo si era sposato) per lavorare nel ramo tessile e dedicarsi con grande cuore ed affetto ai malati dell'ospedale, in qualità di volontario, a dispetto di una malattia (il diabete) che lo limitava parecchio nella vita di tutti i giorni. Negli anni [[1970|'70]] il ritorno in panchina, chiamato dal presidente Efrem Galliera, nella Valle Cervo, nella quale ha lasciato un commosso ricordo a tutti i giocatori che ha allenato.

Un "ringhio" esuberante in campo, un buono fuori, simpatico, generoso e guascone. Un autentico maestro di tecnica (trasmessagli da santoni della panchina come l'inglese Billy Garbutt), che verrà ricordato con gratitudine. Muore all'età di 88 anni in una casa di riposo di Muzzano. Lascia i figli Roberto, Renato e Luisa e tanti affezionati nipoti, tra cui Giovanni, 20 enne centrocampista del Pollone (Prima Categoria) e Beatrice, talento dello sci alpino.


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File:Bergamo3.jpg|Il calciatore con la maglia della Biellese
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File:Vittorio Bergamo.jpg|Vittorio Bergamo
File:V.Bergamo4.jpg|Vittorio Bergamo
File:V.Bergamo5.jpg|Ancora una foto ravvicinata
File:V.Bergamo5.jpg|Vittorio Bergamo
File:ber.jpg|Bergamo nel gennaio 1953
File:ber.jpg|Bergamo nel gennaio 1953
File:BergamoVittorio2.jpg|In biancoceleste
File:BergamoLavazza.jpg|La figurina Lavazza di Bergamo
File:BergamoVittorio.jpg|Vittorio con la maglia della Lazio
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File:Vittorio Bergamo.jpg|In posa con la tenuta di gioco
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File:Bergamo2.jpg|Vittorio Bergamo con la maglia della Lazio
File:BergamoRinoAutografo.jpg|Una foto autografata
File:BergamoRinodedica.jpg|Una foto autografata
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File:BergamoCalcioIllustrato.jpg|Un articolo su Bergamo (Da Il Calcio Illustrato del 1955)
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Versione attuale delle 15:50, 3 mag 2025

Vittorio Bergamo

Centrocampista, nato a Roveredo in Piano (UD) il 25 settembre 1922 e deceduto a Muzzano (BL) il 3 giugno 2011. Detto Rino.

Nato casualmente a Roveredo in Piano (Udine), ma triestino "doc", Vittorio Bergamo iniziò a giocare a 17 anni nella Fortitudo, squadra minore del capoluogo giuliano, prima di essere ceduto alla Biellese. Qui si mise in luce per grinta, tecnica e prestanza atletica negli ultimi campionati prima della Seconda Guerra Mondiale. Passò dapprima al Vigevano e nel 1946 al Genoa, dove al fianco di fuoriclasse del calibro di Verdeal giocò per quattro stagioni. Memorabili soprattutto le sue gare contro il Torino AC di Valentino Mazzola, che contro di lui non vedeva mai palla. Restò al Genoa fino al 1950, quando fu scambiato con Giuseppe Baldini per passare sull'altra sponda del Bisagno, alla Sampdoria, (primo giocatore a passare dai rossoblù ai blucerchiati). Due stagioni in blucerchiato (1950-52), con un derby in cui segna un gol da ex e viene inseguito dai genoani fin dentro casa. Ingaggiato dalla Lazio nell'autunno 1952 gioca tre stagioni in biancoceleste, collezionando 58 presenze e 4 reti in campionato. Viene convocato anche due volte nelle pre-selezioni in nazionale. Nel 1955/56 passa al Palermo, per portare da capitano i rosanero in Serie A e poi, l'ultima stagione, nel 1956/57, alla Biellese, in C. Tentò la carriera di allenatore, a Sestri Levante (GE), quindi si riavvicinò nella sua Biella (dove nel frattempo si era sposato) per lavorare nel ramo tessile e dedicarsi con grande cuore ed affetto ai malati dell'ospedale, in qualità di volontario, a dispetto di una malattia (il diabete) che lo limitava parecchio nella vita di tutti i giorni. Negli anni '70 il ritorno in panchina, chiamato dal presidente Efrem Galliera, nella Valle Cervo, nella quale ha lasciato un commosso ricordo a tutti i giocatori che ha allenato.

Un "ringhio" esuberante in campo, un buono fuori, simpatico, generoso e guascone. Un autentico maestro di tecnica (trasmessagli da santoni della panchina come l'inglese Willy Garbutt), che verrà ricordato con gratitudine. Muore all'età di 88 anni in una casa di riposo di Muzzano. Lascia i figli Roberto, Renato e Luisa e tanti affezionati nipoti, tra cui Giovanni, 20enne centrocampista del Pollone (Prima Categoria) e Beatrice, talento dello sci alpino.






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