Saraceni (I) Fernando: differenze tra le versioni
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Attaccante e poi dal [[1921]] difensore. Nato a Roma il [[20 gennaio]] [[1889]]. Morto nell'agosto [[1956]]. Fernando Saraceni, detto Cecè, è stato uno dei più significativi giocatori della Lazio. Cominciò a giocare nel [[1907]] ad appena sedici anni e partecipò alle tre partite disputate e vinte in un solo giorno a Pisa nelle finali del Campionato interregionale. Era il cucciolo della squadra ma era anche in possesso di un tiro micidiale e di una grande velocità. In un periodo in cui la vigoria fisica e la forza muscolare erano le doti più ricercate in un calciatore, Cecè seppe coniugare la forza con una tecnica sopraffina e inconsueta per il tipo di foot-ball d'allora. Tra l'anno d'esordio e la prima guerra mondiale vinse tutto quello che era possibile vincere a Roma e nell'Italia centro meridionale: due volte finalista nazionale nel [[1913]] e [[1914]], vincitore più volte dei trofei [[Coppa Tosti|Tosti]] e [[Coppa Baccelli|Baccelli]], vincitore del trofeo Branca e di tantissimi trofei minori, implacabile giustiziere di tutte le più blasonate e ambiziose formazioni romane, rimase affezionatissimo alla Lazio dando sempre l'esempio in ambito comportamentale e tecnico. Nei cuori dei sostenitori laziali prese il posto, senza farlo rimpiangere, del grande [[Ancherani Sante|Ancherani]] che aveva abbandonato lo sport per la musica. Nel [[1915]] partì per il fronte come soldato semplice del 13° artiglieria di campagna ma quando la guerra finì eccolo di nuovo a guidare la squadra biancoceleste sui diversi campi di gioco, sempre con lo stesso spirito e la sua innata classe. Progressivamente arretrò il suo raggio di azione e intorno al [[1921]] si schierò a terzino. In questo ruolo confermò la sua abilità non disdegnando rapide puntate in avanti che lo portarono a segnare goal importantissimi. Lasciò lo sport attivo nel [[1924]] non senza essere stato titolare anche nella sua terza finale nazionale contro il [[Genoa]] nel [[1923]]. Lasciò, quindi, il campo ma non la Lazio di cui divenne dirigente capace e appassionato fino alla sua prematura scomparsa. Già nel [[1914]] era stato nei quadri dirigenziali con il ruolo di vicepresidente della sezione Nuoto. Prima di appendere gli scarpini al chiodo aveva però fatto due ulteriori regali alla Lazio, convincendo prima il fratello minore [[Saraceni (II) Luigi|Luigi]] a vestire la casacca biancoceleste e imponendo la sua ferrea volontà nel far ingaggiare dalla società e far subito esordire titolare il grande portiere [[Sclavi Ezio|Ezio Sclavi]]. Nella Lazio ha giocato 124 partite ufficiali e ha messo a segno 33 reti. Afflitto da un male incurabile si suicida nell'agosto del [[1956]]. |
Attaccante e poi dal [[1921]] difensore. Nato a Roma il [[20 gennaio]] [[1889]] (il Corriere dello Sport, nel giorno della sua morte, riporta invece come data di nascita il [[18 gennaio]] [[1891]]). Morto nell'agosto [[1956]]. Fernando Saraceni, detto Cecè, è stato uno dei più significativi giocatori della Lazio. Cominciò a giocare nel [[1907]] ad appena sedici anni e partecipò alle tre partite disputate e vinte in un solo giorno a Pisa nelle finali del Campionato interregionale. Era il cucciolo della squadra ma era anche in possesso di un tiro micidiale e di una grande velocità. In un periodo in cui la vigoria fisica e la forza muscolare erano le doti più ricercate in un calciatore, Cecè seppe coniugare la forza con una tecnica sopraffina e inconsueta per il tipo di foot-ball d'allora. Tra l'anno d'esordio e la prima guerra mondiale vinse tutto quello che era possibile vincere a Roma e nell'Italia centro meridionale: due volte finalista nazionale nel [[1913]] e [[1914]], vincitore più volte dei trofei [[Coppa Tosti|Tosti]] e [[Coppa Baccelli|Baccelli]], vincitore del trofeo Branca e di tantissimi trofei minori, implacabile giustiziere di tutte le più blasonate e ambiziose formazioni romane, rimase affezionatissimo alla Lazio dando sempre l'esempio in ambito comportamentale e tecnico. Nei cuori dei sostenitori laziali prese il posto, senza farlo rimpiangere, del grande [[Ancherani Sante|Ancherani]] che aveva abbandonato lo sport per la musica. Nel [[1915]] partì per il fronte come soldato semplice del 13° artiglieria di campagna ma quando la guerra finì eccolo di nuovo a guidare la squadra biancoceleste sui diversi campi di gioco, sempre con lo stesso spirito e la sua innata classe. Progressivamente arretrò il suo raggio di azione e intorno al [[1921]] si schierò a terzino. In questo ruolo confermò la sua abilità non disdegnando rapide puntate in avanti che lo portarono a segnare goal importantissimi. Lasciò lo sport attivo nel [[1924]] non senza essere stato titolare anche nella sua terza finale nazionale contro il [[Genoa]] nel [[1923]]. Lasciò, quindi, il campo ma non la Lazio di cui divenne dirigente capace e appassionato fino alla sua prematura scomparsa. Già nel [[1914]] era stato nei quadri dirigenziali con il ruolo di vicepresidente della sezione Nuoto. Prima di appendere gli scarpini al chiodo aveva però fatto due ulteriori regali alla Lazio, convincendo prima il fratello minore [[Saraceni (II) Luigi|Luigi]] a vestire la casacca biancoceleste e imponendo la sua ferrea volontà nel far ingaggiare dalla società e far subito esordire titolare il grande portiere [[Sclavi Ezio|Ezio Sclavi]]. Nella Lazio ha giocato 124 partite ufficiali e ha messo a segno 33 reti. Afflitto da un male incurabile si suicida nell'agosto del [[1956]]. |
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Versione delle 07:44, 23 giu 2010



Attaccante e poi dal 1921 difensore. Nato a Roma il 20 gennaio 1889 (il Corriere dello Sport, nel giorno della sua morte, riporta invece come data di nascita il 18 gennaio 1891). Morto nell'agosto 1956. Fernando Saraceni, detto Cecè, è stato uno dei più significativi giocatori della Lazio. Cominciò a giocare nel 1907 ad appena sedici anni e partecipò alle tre partite disputate e vinte in un solo giorno a Pisa nelle finali del Campionato interregionale. Era il cucciolo della squadra ma era anche in possesso di un tiro micidiale e di una grande velocità. In un periodo in cui la vigoria fisica e la forza muscolare erano le doti più ricercate in un calciatore, Cecè seppe coniugare la forza con una tecnica sopraffina e inconsueta per il tipo di foot-ball d'allora. Tra l'anno d'esordio e la prima guerra mondiale vinse tutto quello che era possibile vincere a Roma e nell'Italia centro meridionale: due volte finalista nazionale nel 1913 e 1914, vincitore più volte dei trofei Tosti e Baccelli, vincitore del trofeo Branca e di tantissimi trofei minori, implacabile giustiziere di tutte le più blasonate e ambiziose formazioni romane, rimase affezionatissimo alla Lazio dando sempre l'esempio in ambito comportamentale e tecnico. Nei cuori dei sostenitori laziali prese il posto, senza farlo rimpiangere, del grande Ancherani che aveva abbandonato lo sport per la musica. Nel 1915 partì per il fronte come soldato semplice del 13° artiglieria di campagna ma quando la guerra finì eccolo di nuovo a guidare la squadra biancoceleste sui diversi campi di gioco, sempre con lo stesso spirito e la sua innata classe. Progressivamente arretrò il suo raggio di azione e intorno al 1921 si schierò a terzino. In questo ruolo confermò la sua abilità non disdegnando rapide puntate in avanti che lo portarono a segnare goal importantissimi. Lasciò lo sport attivo nel 1924 non senza essere stato titolare anche nella sua terza finale nazionale contro il Genoa nel 1923. Lasciò, quindi, il campo ma non la Lazio di cui divenne dirigente capace e appassionato fino alla sua prematura scomparsa. Già nel 1914 era stato nei quadri dirigenziali con il ruolo di vicepresidente della sezione Nuoto. Prima di appendere gli scarpini al chiodo aveva però fatto due ulteriori regali alla Lazio, convincendo prima il fratello minore Luigi a vestire la casacca biancoceleste e imponendo la sua ferrea volontà nel far ingaggiare dalla società e far subito esordire titolare il grande portiere Ezio Sclavi. Nella Lazio ha giocato 124 partite ufficiali e ha messo a segno 33 reti. Afflitto da un male incurabile si suicida nell'agosto del 1956.