La festa promozione 1969

Da LazioWiki.
Il titolo del Corriere dello Sport del 27 giugno 1969
L'articolo del Corriere dello Sport dedicato all'evento

Pagina in fase di completamento

Stagione

Il 26 giugno 1969 a Villa Miani, la Lazio festeggia la vittoria nel campionato 1968/69 e la conseguente promozione in Serie A. Presenti tra gli altri il sindaco di Roma Rinaldo Santini, il Presidente Umberto Lenzini, l'allenatore Juan Carlos Lorenzo, l'allenatore della Roma AS Helenio Herrera, l'attrice Rosanna Schiaffino, il produttore cinematografico Alfredo Bini, il giornalista Ezio Luzzi ed il direttore del Corriere dello Sport Antonio Ghirelli. Il quotidiano sportivo romano così titola e racconta l'evento:


Con la squadra in "A" restituita anche la società al livello che una gloriosa tradizione le impone. Festa grande: la Lazio è tornata al suo posto.

Per la prima volta nella storia del calcio italiano, Roma ospitò il 12 luglio 1914 una partita decisiva per lo scudetto. Già al termine della stagione precedente - la prima culminata con la finalissima fra la vincitrice del Nord e la vincente del Centro-Sud - la Lazio aveva disputato la finalissima sul campo neutro di Genova con la Pro Vercelli. Ma in questo 1914 le finali furono sdoppiate in incontri di andata e ritorno. La Lazio - riaffermato la sua supremazia centromeridionale - il 5 luglio fu accolta a Casale con tutti gli onori e ricevuta in Municipio dal Sindaco e dalle maggiori autorità della città piemontese. Il presidente laziale Ballerini rimase profondamente colpito da così squisita ospitalità e il 12 luglio, in occasione della rivincita alla Rondinella - l'antico campo oggi sostituito dall'estensione di cemento riservato al parcheggio delle auto, dietro la curva nord del Flaminio - promosse festeggiamenti mai più dimenticati. Al loro arrivo nella Capitale, dirigenti, atleti e sostenitori nerostellati ebbero la stupefacente notizia che sarebbero stati ospiti di un sontuoso ricevimento in Campidoglio, prima della partita. E in serata, presso il ristorante Valiani, un immenso convivio li avrebbe salutati nuovi campioni d'Italia. I casalesi rimasero incantati e commossi fino alle lacrime. Quella sera, al Valiani, furono presenti ben ottanta commensali, fra i quali il Sottosegretario di Stato Battaglieri, il nuovo Sindaco di Roma Fausto Aphel, l'ex Sindaco Ernesto Nathan, il futuro Sindaco Adolfo Apolloni e tutta una schiera di importanti personalità del mondo aristocratico, politico, culturale e sportivo della Capitale.

Nacque in quel giorno e in quella stupenda atmosfera di esaltazione dello sport nella sua più pura concezione, la tradizione di signorilità che sempre avrebbe accompagnato e distinto la società biancazzurra. Una tradizione alla quale ieri sera l'antico sodalizio si è richiamato, confondendo nella gioia della resurrezione la fierezza di sapersi erede di così luminoso passato. Luglio 1914 - Giugno 1969: due semplici date, per un accostamento vertiginoso dal quale si sprigionano la vitalità, la continuità, lo spirito di un sodalizio che l'incalzare di generazioni generose attraverso sconvolgimenti bellici, politici, e sociali non solo ha inaridito, ma l'ha invece temprato, consolidato, esaltato. Luglio 1914 - Giugno 1969: ci vuole questa parabola epica per far capire il significato, per far penetrare nella ragione, per consentire l'interpretazione esclusiva e genuina della festa che ieri sera la Lazio ha promosso, raccogliendo attorno a dirigenti, soci, atleti e tifosi di ieri e di oggi, la più scelta rappresentanza di tutte le espressioni di vita, di lavoro e di cultura della nostra città. Tornata al suo giusto posto di squdra di Serie A, la Lazio ha voluto ieri sera ricordare che essa è anche, instantaneamente tornata al suo legittimo rango di club fra i più antichi, fra i più benemeriti, fra i più generosi e popolari dello sport nazionale. Ieri sera la Lazio non ha celebrato soltanto il primato di Serie B e il ritorno nel massimo campionato. Ha solennizzato, nel pieno corso dei suoi settant'anni, le sacre memorie e i celebri campioni che in tutte le discipline, negli stadi, sulle piste, nelle piscine d'Italia, d'Europa e del mondo, hanno portato avanti i suoi colori e, con quel bianco e celeste poi diventati bianco e azzurro, i colori del nostro Paese. Non è stata la semplice festa ad una squadra che ha vinto. E' stato un giuramento rinnovato: di fedeltà ad un ideale che nacque limpido e puro nell'umiltà di giovani del popolo e che migliaia di altri formidabili giovani hanno tramandato, correndo all'unisono con il secolo.


In un altro articolo del Corriere dello Sport, vengono riportate le dichiarazioni di alcuni ex calciatori biancocelesti sulla promozione appena conquistata:

Ancherani, Piola, Arce, Hofling, Vivolo, Praest esultano e brindano in Italia e fuori.

La grandezza e la popolarità di un club di calcio si misurano, si valutano soprattutto con l'intensità degli affetti che è capace di suscitare e conservare, a dispetto delle distanze e del tempo. Che la Lazio rispondesse anche sotto questo profilo sentimentale, non avevamo dubbi. E solo per avvalorare tale certezza abbiamo rapidamente svolto un simbolico raid attraverso l'Italia ed anche oltre, toccando città del Nord Europa come Copenaghen e Bruxelles, dove vivono ex biancazzurri indimenticabili: John Hansen e Praest nella capitale danese, Hofling in quella belga. Ma naturalmente, questa cavalcata attraverso il tempo e lo spazio non cominciar da Sante Ancherani, il primo calciatore, il primo centrattacco e il primo capitano della Lazio e del calcio romano. Santino "incontrò" per viale delle Milizie, nel febbraio del 1900, il primo manipolo di atleti della "Podistica Lazio", la società fondata da neanche due mesi. Domenica 22 giugno 1969, Santino era sempre, incrollabilmente là, in un angolo della tribuna Monte Mario. Laziale a 18 anni, festeggiava la promozione biancazzurra alla veneranda età di 87. E con quale stato d'animo? Ecco le sue patetiche confidenze: "Domenica non stavo bene. Avevo i postumi di una brochitella. Ma potevo mancare? Che io ricordi, dal 1900 a oggi, o come giocatore o come tifoso, io non sono mai mancato ad una partita della Lazio. Certo, certo, a qualcuna purtroppo non ho potuto assistere. Ma quando io dico che non sono mai mancato, mi riferisco alla mia volontà. Solo qualche malattia o qualche impegno - come quando suonavo nella Banda del celebre maestro Vessella che era richiesta in tutto il mondo - può avermi tenuto lontano".

Dopo una breve interruzione, Santino ha così continuato: "Mi dispiace di non essere in perfette condizioni di forma proprio in questi giorni belli. Pure il fegato mi dà un po' di fastidio, ma io la ragione la so, si tratta di qualche partitaccia della Lazio... Ma non importa, perché per la Lazio io come tutti quelli del passato e, spero, quelli di oggi e del futuro, ho sempre sopportato qualunque sacrificio. Adesso la Lazio è forte, è una grande società, è conosciuta dappertutto, ha un pubblico grande e affezionatissimo: glielo debbo proprio dire che domenica mi sono messo a piangere? Perché mi sono ricordato di tante cose, di tanti carissimi, meravigliosi, impagabili amici. Da quelli del 1900, a quelli della prima partita con la Virtus nel 1902, a quelli delle tre partite in un giorno a Pisa, a quelli della prima partita a Perugia, della prima partita a Napoli, a Palermo, con la Florentia poi diventata Fiorentina. Faccani, Saraceni, Masini, quanti, quanti grandi atleti e grandi laziali! Certo, bisogna dirlo, i protagonisti di allora avevano un altro carattere, non avevano paura neanche del terremoto. Loro hanno fatto la Lazio ed io è a loro che oggi rivolgo il mio commosso ricordo. Sa, si può pensare quello che si vuole, ma vivere in una società per settant'anni, dai giorni della sua fondazione, vederla passare attraverso guerre e carestie, e rivederla oggi con le bandiere la vento... Mi scusi, sa, ma mi sento le lacrime agli occhi..."

... Continua ...




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