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Da LazioWiki.
Luigi Bigiarelli
Bigiarelli podista

20 agosto

Luigi Bigiarelli

Luigi Bigiarelli fondò la Lazio. Purtroppo non sono molte le notizie biografiche su questo personaggio e ciò rende complessa una ricostruzione esaustiva delle vicende umane e sportive dell'uomo che ebbe "l'idea". Nato a Roma il 20 agosto 1875, figlio di Mariano, 1° Sergente della Guardia Pontificia, e Rosa Manni. Deceduto a Bruxelles il 16 febbraio 1908. Residente a Roma, alla nascita, in Borgo Vecchio n. 16, piano 2°.

Anche lo zio paterno Pio era sergente della Guardia Pontificia. Il 28 giugno 1895 risulta già al servizio quale volontario ordinario nel 12° Bersaglieri con matricola 2.279. Il cognome "Bigiarelli" in Italia non è molto diffuso, ma si ritrova con una certa frequenza in una "enclave" delle Marche compresa nella zona tra Tolentino e Fabriano. E' probabile che gli avi di Luigi fossero quindi, come tanti romani, originari di tale regione. Ma tale ascendenza è molto remota se si pensa che il bisnonno, il nonno e il padre erano nati a Roma. Sappiamo anche che aveva un fratello minore di nome Giacomo e due sorelle più grandi, Pia e Anna. Risulta che da soldato, e non sottufficiale come si afferma comunemente, del 14° Battaglione di Fanteria Africa prese parte alla tragica battaglia di Adua dell'1 marzo 1896 in cui furono uccisi, dagli Etiopi del Ras Maconnen, più di 5.000 soldati italiani del corpo d'armata del Gen. Oreste Baratieri, lì inviato dal Governo Crispi in un'illusoria ottica di espansionismo coloniale.(*)

(*) Il 1 marzo 1896 ad Adua sono presenti due battaglioni di Bersaglieri per un totale di 773 uomini. A causa di problemi topografici i Bersaglieri, dopo una lunga marcia di avvicinamento, giungono in linea in ritardo sulle pendici del monte Zeban Daro, posizione che gli era stata affidata. L'occupazione viene perciò completata solo sulle pendici poiché l'ascensione presenta le difficoltà di una vera scalata alpina. Nonostante questo alcuni vi si accingono, ma trovano la vetta già occupata dal nemico e comunque riescono a farsi largo alla baionetta. La situazione si fa difficile per un continuo afflusso di soldati abissini che in questo settore sono in rapporto di 1 a 20 e che riescono a sfondare presto il reparto sul loro fianco. I Bersaglieri, presi d'infilata, per non finire accerchiati debbono retrocedere, ma lo fanno con ordine e sempre tenendo testa al nemico. Chi si salva deve sostenere violenti corpo a corpo. Dei 10.226 soldati bianchi impegnati ne morirono 4.050, oltre agli indigeni che combattevano al nostro fianco; molto più gravi le perdite subite dal nemico. Il nostro Fondatore era lì.


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L'undici biancoceleste

21 agosto

Lazio-F.C. Copenaghen 4-1 del 21 agosto 2001

Stagione

Turno precedente - Turno successivo

21 agosto 2001 - 2956 - Coppa dei Campioni - Champions League - Terzo turno preliminare - gara di ritorno

LAZIO: Peruzzi, Negro (35' Favalli), Nesta, Mihajlović (61' Colonnese), Poborsky (53' Castroman), Mendieta, Simeone, Fiore, Pancaro, Crespo, C.Lopez. A disposizione: Marchegiani, Baggio, Stankovic, S.Inzaghi. Allenatore: Zoff.

KOBENHAVN: Kihlstedt, Rytter, Madsen (72' Fredgaard), Laursen, Jensen, Lønstrup, Poulsen, Røll, Thorninger (66' Bisgaard), Zuma, Jonsson (67' Fernandez). A disposizione: Petersen, Svensson, Nielsen, Christiansen. Allenatore Karlsson.

Arbitro: Sig. Krug (Germania).

Marcatori: 47' Crespo, 63' Crespo, 65' C.Lopez, 80' Zuma, 89' Fiore.

Note: ammonito Rytter. Recuperi: 1' più 3'.

Spettatori: 37.133 paganti.


Hernan Crespo sta benissimo e la Lazio molto meno, ma questo basta e avanza per andare in Coppa dei Campioni - Champions League. Ci vogliono due gol del centravanti argentino, dopo un pessimo primo tempo, per spazzare dall'Olimpico la paura di un crac da quaranta miliardi, quelli che sarebbero mancati in bilancio in caso di mancata qualificazione. Ma il risultato finale, arrotondato da Claudio Lopez, dal danese-sudafricano Zuma (interessantissimo) e da Fiore a tempo scaduto, non toglie parecchi dubbi sulla squadra di Dino Zoff, che ora si trova anche in completa emergenza-difesa: sono finiti k.o. Negro e Mihajlovic, due dei tre centrali titolari. La "partita della vita", come l'aveva definita Zoff con insolita enfasi, finisce così in gloria ma il 4-1 non dice tutta la verità. Il primo tempo, infatti, è da povera Lazio. Perché finisce 0-0. Perché si fa male Negro, che sembra il simbolo di questa squadra alla ricerca dell'identità avendo cambiato il numero 2 della sfortunata stagione scorsa con il 18 lasciato da Nedved. Perché i nuovi acquisti Mendieta e Fiore sono forse i peggiori. Perché una bella parata di Kihlsted su girata di Crespo (13') e un tiro di Lopez respinto ancora di piede dal portiere (23') sono troppo poco. I danesi impostano un 4-4-2 da calciobalilla e provano spesso il fuorigioco. I più incerti sembrano i due difensori centrali, ma la Lazio sente terribilmente la mancanza di Veron: nessuno inventa un passaggio dentro, tutti si limitano al tocco laterale. Il centrocampo a cinque non convince: Simeone galleggia davanti alla difesa, ma non è un vero regista e in quella posizione non trova mai spazio e tempo per gli inserimenti; Fiore tocca pochi palloni e finisce ai margini del gioco; Mendieta e Poborsky quasi si marcano tra di loro, facilitando Jensen che, sulla fascia, non soffre quasi mai. Eppure si capisce che non ci vorrebbe molto per trovare il gol: il dislivello di classe tra le due squadre è vistoso, anche con questa Lazio a scartamento ridotto.


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