Domenica 25 giugno 1989 - Ascoli, stadio Cino e Lillo Del Duca - Ascoli-Lazio 0-0

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25 giugno 1989 - 2417. Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1988/89 - XXXIV giornata - Inizio ore 17.

ASCOLI: Pazzagli, Destro, Rodia (75' Carillo), Dell'Oglio, Fontolan I, Arslanovic, Cvetkovic, Aloisi, Giordano, Giovannelli, Casagrande (83' D.Agostini). A disp. Bocchino, Benetti, G.Bongiorni. All. Bersellini.

LAZIO: Fiori, Monti (75' Gutierrez), Beruatto, Pin, Marino, Piscedda, Dezotti, Muro, Di Canio, Sclosa (22' Acerbis), Sosa. A disp. Martina, Greco, Rizzolo. All. Materazzi.

Arbitro: D'Elia (Salerno).

Note: cielo coperto, terreno in buone condizioni. In tribuna l'on. Forlani e il rappresentante dell'Ufficio Indagini della Federazione avvocato Porceddu.

Spettatori: paganti 7.697, incasso di 120.472.000 lire; abbonati 5.844, quota partita di 83.676.470 lire.

Ruben Sosa contro Bruno Giordano
Di Canio in azione
Ciro Muro e Bruno Giordano
Invasione a fine gara

L'unico a crederci è stato il radiocronista di un'emittente romana, che per tutta la partita ha commentato con toni enfatici e drammaticamente seri la pietosa buffonata che andava consumandosi in campo. Che Lazio ed Ascoli avessero deciso di non giocare a calcio era un fatto già largamente previsto alla vigilia e quindi non può scandalizzare nessuno. Ma anche gli eventi scontati dovrebbero rispettare un limite, quello della decenza. Ascoli e Lazio hanno varcato questo confine, trascinandosi per un'ora e mezzo in un clima surreale, con i tifosi delle due squadre che saltellavano sulle curve preoccupati soltanto di insultare il Torino, vittima predestinata da immolare sull'altare di una salvezza per il cui raggiungimento non ci si è peritati di perdere la faccia.

In mezzo al campo, nel disinteresse generale, ventidue marionette si agitavano in movenze ridicole, facendo scivolare la palla da un giocatore all'altro con molta cautela, nel terrore che una disattenzione o un eccesso di zelo potessero procurare il guasto più temuto: un gol. Bruno Giordano si è presentato davanti a Fiori e anziché mirare all'angolino basso, come il centravanti è solito fare in simili circostanze, ha alzato un improbabile pallonetto, abbastanza lento perché il portiere laziale potesse agguantarlo. Ruben Sosa, nell'unica occasione in cui si è assunto la terribile responsabilità di scaricare un tiro verso la porta avversaria, ha pensato bene, lui che è mancino, di usare il piede destro, recapitando un pallone innocuo tra le indolenti braccia di Pazzagli. Se il primo tempo è stato ridicolo, la ripresa è addirittura scaduta nella farsa più allucinante: neppure un'azione d'attacco, giocatori travestiti da gamberi che correvano all'indietro e parlottavano fra di loro come se si fossero trovati ad un party.

Se un'organizzazione più previdente avesse spedito in campo un paio di cabaret pieni di champagne e pasticcini, non ci saremmo meravigliati di vedere laziali ed ascolani sdraiarsi sul prato e godersi in allegria un piacevole pic-nic. Quando poi la radio ha diffuso la notizia del secondo gol leccese che condannava definitivamente il Toro, un boato si è alzato dagli spalti.

Fonte: La Stampa