Esposito Armando
Massaggiatore, nato a Roma il 14 giugno 1928 e deceduto il 2 maggio 2025. Detto "Pisello", soprannome che si porta dietro fin dall'infanzia.
Fu un elemento preziosissimo della Lazio dello scudetto del 1973/74. Vice massaggiatore, tuttofare, amico e confidente dei giocatori, si prestava per tutto ciò che occorreva con abnegazione e assoluta disponibilità. Con un buon passato come calciatore nelle categorie inferiori, spesso, per fare numero pari, era costretto a scendere in campo nelle partitelle di allenamento. Scomparso a 97 anni, era stato sempre presente nelle partitelle tra vecchie glorie o in occasione di manifestazioni rievocative, sempre partecipe con la sua vecchia tuta biancoceleste.
Tratto dal Corriere dello Sport, il ricordo del giornalista Franco Recanatesi:
"Me raccomanno, fa’ il bravo, pensa alla famija e a lavora’ bene. E alla Lazio nostra. Noi non ci vediamo più. Lo sai?". Sono state le ultime parole soffiate dal letto a Franco e Claudia, i due figli che fino all’ultimo respiro lo hanno assistito. Se n’è andato anche lui, Armando Esposito, Armandino, “Pisello”, un altro colorito personaggio della banda Maestrelli, aveva 97 anni. Massaggiatore di muscoli e anime. Iconica una foto nella quale sorregge Gigi Martini con una spalla rotta mentre escono dal campo durante Lazio-Foggia, la partita dell’apoteosi. Il gol di Chinaglia dello scudetto lo avvertirono nello spogliatoio dal boato e dal tremore delle mura. Undici anni alla Lazio, dal 1964 al 1975 come secondo massaggiatore dopo Luigi Trippanera. Lavorava alla Teti, l’azienda dei telefoni poi diventata Sip, alle 16 finito il turno correva a Tor di Quinto a rimettere in sesto i giocatori. Con Lenzini passò alla Lazio in pianta stabile, diventando l’insostituibile “Pisello”, “Picela” per Juan Carlos Lorenzo. Il nomignolo glielo appiccicarono da piccolo, quando partecipava alle traversate del Tevere, sotto Ponte Milvio: per non tornare a casa con i panni bagnati, che la mamma lo avrebbe sgridato, si toglieva anche le mutande. Amico, confidente, pastore. Se qualcuno a Tor di Quinto aveva un problema, andava da Pisello. E Pisello lo tranquillizzava. Maestrelli gli chiedeva di prendere da parte i giocatori in crisi. Lui trovava il sistema per appianare ogni problematica. Una volta litigarono persino Martini e Re Cecconi, due grandi amici, entrambi appassionati di caccia. Pisello diede appuntamento a tutti e due, ma all’insaputa l’uno dell’altro, per una battuta vicino Roma. Quando i due si videro sorrisero e si abbracciarono.
Era l’unico che riusciva a placare le sfuriate di Chinaglia, di regola se non segnava un gol. Con una parola, una battuta. Battutista formidabile. Intelligente, caustico quanto teneramente affettuoso. Il beniamino di Tor di Quinto, teatro di personaggi che avrebbero fatto la felicità dei fratelli Vanzina. Pisello, il magazziniere Giovanni Trasatti, basso e grassoccio, detto “Pelè”, sua moglie Velia che lavava e stirava le divise e svenne quando Chinaglia irruppe nella lavanderia con una pistola in pugno. Se posso citare il mio rapporto personale, Pisello era l’amico sempre presente, l’antidoto alle mie malinconie. Lo avevo conosciuto e apprezzato dal 1973, quando per questo giornale ho avuto la fortuna di seguire da vicino la magica stagione della Lazio di Maestrelli. Tommaso mi disse: "Pisello è un’ancora di salvezza". Non ci siamo più separati. Nel 1983 fondai la Nig, Nazionale Italiana Giornalisti, e il primo a dire presente fu lui. Pensava a tutto: maglie pulite, palloni, spogliatoio. I biglietti del treno per le trasferte. Era consigliere, medico, arbitro, fino a 80 anni anche giocatore se il conto dei giocatori risultava dispari. E dispensatore di buonumore. "Questo che ci ha un fijo che sta a mori’ de vecchiaia" per indicare il più attempato della compagnia. Mario Facco ci allenava, dopo di lui Giancarlo Oddi, Franco Nanni e Angelo Sormani. Cambiavano gli allenatori ma Pisello non rinunciava mai alle sue raccomandazioni prima di ogni partita: "Marino ha capito? Allora hanno capito tutti". Era il minore di tre fratelli, due anni fa aveva perduto sua moglie Wanda, luce della sua vita da quasi 70 anni. Ha cominciato a spegnersi quel giorno.