Francisco dos Santos - Il calciatore e l'artista

Da LazioWiki.

Francisco dos Santos
Francisco dos Santos, in età matura, nel 1929

La scheda di Francisco dos Santos

Analisi critica e stilistica scritta dallo storico dell'arte socio di LazioWiki.

Francisco dos Santos sarà ricordato nella storia dell’arte come uno dei più grandi artisti e calciatori dei primi anni del ventesimo secolo. Morì nel pieno della sua attività, la sua vita non fu di lunga durata e questo gli impedì di manifestare ulteriormente il suo talento. Può essere considerato senza alcun dubbio la personalità riomorense storicamente e culturalmente più illustre. Nacque nel piccolo villaggio di Paiões, nel circondario della parrocchia di Rio de Mouro, nella municipalità di Sintra, nella mattina del 22 ottobre 1878 da una famiglia molto umile. All’età di due anni perse il padre contadino. Sin da bambino denotò una spiccata attitudine al disegno e al modellato, tanto che sua madre insistette molto affinché il parroco di Paiões scrivesse una lettera di presentazione per permettere al piccolo Francisco di essere accolto nel Collegio Casa Pia di Lisbona, dove avrebbe potuto risiedere e studiare. In questa lettera il parroco sottolineava come la mamma del ragazzo, Adelaide Sophia Duarte, fosse di modestissime condizioni ma molto dedita all’educazione di Francisco e di un’altra figlia, nata qualche mese dopo la morte del marito José Duarte dos Santos. La lettera porta la data del 1 dicembre 1885.

Casa Pia rispose affermativamente e Francisco nel 1888 cominciò a frequentare i corsi regolari al fine di essere formato intellettualmente, culturalmente e artisticamente. Fin da subito denotò notevoli attitudini artistiche unite a talento e creatività. Il suo maestro di disegno fu Eduardo Augusto da Silva che ne intuì subito le doti non comuni. Terminati i suoi studi alla Casa Pia, nel 1893 si iscrisse alla Scuola di Belle Arti di Lisbona dove scelse di frequentare il Corso Generale di Disegno sotto la guida di José Simões de Almeida. Al termine del 1° anno fu premiato con una medaglia di bronzo per aver ottenuto 18 punti all’esame di disegno. Successivamente si dedicò allo studio delle tecniche della scultura e nell’anno accademico 1897/98 superò con ottime votazioni tutti gli esami. Ciò gli permise di ricevere la medaglia di bronzo per un’opera dal titolo Studio di una testa e per la modellazione tratta da uno schizzo. Nel 1899 fu premiato con una medaglia d’argento per le alte votazioni riportate agli esami. Lo stesso avvenne anche nell’anno successivo in cui sostenne la prova di diploma eseguendo un bassorilievo dal titolo Il giuramento degli Orazi.

Nel 1901, nell’Esposizione della Società Nazionale delle Belle Arti, partecipò con il busto di Alfredo da Costa Campos e uno Studio per una testa che gli valsero una menzione d’onore. Nel libro dedicato ad alcuni ex alunni di Casa Pia, nella pagina relativa a Francisco Simões Margiochi, Francisco dos Santos, invece di scrivere una dedica, lasciò due disegni. In uno è rappresentato un giovane uomo dall’espressione drammatica, nell’altro il profilo di una donna dal volto sereno. (Fig. 1).



Nel 1903 vinse il 1° Premio per la copertina della rivista dell’Esposizione della Società Nazionale delle Belle Arti in cui inserì l’immagine di un suo bassorilievo. Nello stesso anno partecipò al concorso statale per un pensionato di perfezionamento a Parigi in cui i suoi maggiori rivali furono Costa Mota e José Simões de Almeida. Francisco vinse la borsa di studio con un’opera in gesso, oggi situata nell’Accademia di Belle Arti di Lisbona, avente per tema la Morte della Vergine. (Fig. 2) e poco dopo partì per la Francia. L’ammontare della sua borsa fu molto alto (60.000 réis) ma la cifra gli fu corrisposta solo nel 1904, per cui i primi mesi di vita a Parigi furono assai duri, tanto che spesso in età matura raccontava di come fosse stato costretto a inserire fogli di giornale sotto gli abiti per proteggersi dal freddo. Nella capitale francese ebbe come maestro il grande R.C. Verlet e ciò gli consentì di perfezionare notevolmente la sua tecnica. Scolpì un’opera in gesso di ampio respiro che doveva essere inviata a Lisbona nel rispetto degli obblighi previsti nel regolamento per l’assegnazione della borsa di studio. Concepì anche, nel 1905, due sculture dal titolo Pequeno Egìpcio, oggi al Chiado, e Madrugata (L’Alba) (1906), conservata all’Accademia di Belle Arti di Lisbona. (Fig. 3).



Durante il soggiorno in Francia cominciò a studiare anche le tecniche di esecuzione e di fusione di opere in bronzo. Nel 1906 conseguì un’altra borsa di studio grazie ad un ricco lascito del Visconte di Valmor. Questi nel suo testamento aveva destinato una cospicua somma per permettere a giovani artisti portoghesi di accertato talento di perfezionarsi all’estero. Francisco fu assegnato a Roma dove giunse alla fine del 1906. Con lui c’era la sua compagna francese, Nadine Duboeuf. Poiché il regolamento prevedeva che il denaro fosse inviato solo dopo la creazione di un bozzetto che, divenuto scultura in marmo, avrebbe costituito la sua prova di esame finale, Francisco si mise rapidamente all’opera e inviò il manufatto. Sfortunatamente il collo contenente la scultura fu collocata per errore in un deposito della dogana e non giunse mai a Lisbona. La famiglia dos Santos visse, pertanto, in condizioni precarie tanto che Francisco fu costretto a impartire a pagamento delle lezioni di lingua francese. Non riuscì a pagare l’affitto dell’appartamento in cui viveva, in via Flavia n. 72 (Fig. 4), per ben sei mesi e spesso i suoi vicini lo aiutarono economicamente nell’acquisto di generi alimentari anche perché impietositi dalla nascita, l’8 ottobre 1907, di un bambino di nome Francesco, nato a Roma, che fu riconosciuto legalmente come suo figlio dallo scultore. (Fig. 5).



Durante il suo soggiorno a Roma, mentre era a passeggio a Villa Borghese con il suo fox terrier, incontrò la squadra di calcio della Lazio che si allenava e presto ne divenne un titolare nel ruolo di centrocampista. Era la primavera del 1907. Poiché erano diversi mesi che non praticava il calcio, il suo ingresso nella formazione biancoceleste fu molto graduale, ma grazie alla sua abilità tecnico-tattica e al suo carisma, nel breve volgere di pochi mesi divenne il capitano dei biancocelesti capitolini. Francisco aveva giocato al calcio fin dall’età di 14 anni nella squadra della Casa Pia e nonostante la sua bassa statura, 160 cm, e il suo peso, 55 kg, si mise in luce per velocità e tecnica eccelsa. Era in campo quando il 22 gennaio del 1897 il Casa Pia batté clamorosamente i maestri dell’imbattuta squadra del Carcavelos Club che schierava tutti calciatori inglesi. Insieme a lui vi erano i suoi compagni di studio Antonio do Couto (architetto), Raul Carapinha (pittore), Josè Neto (scultore) e Pedro Guedes (pittore) che era il capitano. Successivamente aveva militato nello Sport di Lisbona di cui era titolare fisso e uno dei fondatori.

Nella Lazio Francisco mise a disposizione dei compagni il suo grande talento. Il suo esordio avvenne a Perugia il 1 settembre 1907 in occasione di un torneo interregionale nel quale la Lazio sconfisse lo Sport Club Siena per 5 a 0. Fu in campo quando i biancocelesti a Pisa, il 7 giugno 1908, nel corso di un importante torneo interregionale, incontrarono la mattina il Foot-ball Club Lucca e il pomeriggio prima la Spes Livorno e poi la Virtus Juventusque Livorno. La Lazio si aggiudicò tutte e tre le partite senza subire alcuna rete. Il suo tesseramento con la Lazio gli permise di viaggiare gratuitamente per raggiungere le città sedi di incontri di football e in tali occasioni Francisco non mancava di visitare musei e gallerie d’arte. Con la squadra biancoceleste conquistò anche la Coppa Tosti e la Coppa Baccelli. In sostanza fu lui che dotato di intelligenza calcistica superiore e chiara visione di gioco divenne il vero perno intorno al quale tutta la squadra girava. Da sottolineare come dos Santos sia stato il primo giocatore portoghese in assoluto a militare all’estero.



Al termine del 1907 pervenne a Francisco un sussidio di 100.000 reis e un prolungamento del suo soggiorno a Roma di sei mesi. Ciò gli permise di dedicarsi al completamento delle opere Crepùsculo (oggi al museo del Chiado) e Cigarra (Fig.re 6-7) che rivelano grandi capacità artistiche e uno stile proprio. Il favore ricevuto in patria da queste opere gli consentirono di vedersi prolungata ulteriormente di un anno la borsa di studio a Roma. Egli impiegò questo periodo per scolpire la scultura Adolescência. Il modellato, le pose, l’energia di queste opere risentono pienamente dell’arte di Rodin. Dos Santos ha sempre riconosciuto il forte contributo alla sua maturazione artistica fornitogli dalla permanenza in Italia. Si può affermare che in lui si formò una consapevolezza scultorea di dimensione europeista moderna, non scevro da suggestioni antiche della grande tradizione italiana che ebbe modo di studiare direttamente in loco, senza alcuna erronea deviazione interpretativa dovuta a fotografie o copie. Rimasto in Italia fino alla prima metà del 1909, diradò via via la sua presenza in campo con la Lazio in quanto alle prese con scadenze professionali legate al completamento delle opere previste nelle more del prolungamento della sua borsa. Probabilmente fece ritorno a Lisbona nell’aprile 1909. Lì giunto furono organizzate esposizioni personali e collettive che lo fecero conoscere anche nell’ambiente accademico e non solo.



Anche le sue condizioni economiche migliorarono nettamente e la famiglia fu presto allietata dalla nascita di una bambina. Nonostante gli impegni di carattere professionale, Francisco riprese a giocare al calcio che per lui costituì sempre una passione e un piacere. Le cronache ce lo danno in campo con il "suo" Clube de Portugal nei più importanti match. Pur avendo ormai 31 anni la sua classe di calciatore rifulse sempre sebbene preferì schierarsi in campo nel meno dispendioso ruolo di centrale arretrato. Alcune notizie prive di riscontro ci rivelano che il 22 maggio 1909 avesse annunciato il suo ritiro dall’agonismo. Le nostre ricerche hanno invece accertato che nel 1911 scendeva regolarmente in campo e qualche volta perfino in qualità di arbitro. Non si registra alcuna sua attività agonistica successiva a tale anno. Il 1910 vede il progressivo affermarsi di Francisco come scultore. Vince la Medaglia di Prima Classe con le opere Crepùsculo e Outros tempos nell’Esposizione della Società Nazionale delle Belle Arti. Nel 1911 risulta vincitore del Concorso per la realizzazione del busto femminile rappresentante la Repubblica. (Fig. 8). Quest’opera riprodotta in più copie doveva essere collocata nelle aule consigliari dei Comuni portoghesi. Pur avendo vinto, questa scultura non fu mai adottata e si preferì ricorrere per la bisogna all’opera, giunta al secondo posto, di Simões de Almeida. Ciò è spiegabile con una evidente immaturità artistica di coloro che adottarono questa decisione: troppo reale, concreto, persino imperfetto, moderno, il busto di Francisco. Si richiedevano valori allegorici, estetici, formali che il dos Santos non aveva nelle sue corde.



Nel 1913 scolpì due delle sue opere più conosciute: Salomè (Marmo) (Fig.9) e Ao leme (bronzo) (Fig. 10). Esse si trovano oggi rispettivamente al Museo del Chiado e, in posizione infelice per ammirarla, al Caiso de Sodré.



Di queste due opere e del busto della Repubblica si propone qui di seguito un’analisi critica:

"Non è uno sprovveduto il nostro Francisco. Ha studiato, ha imparato con gli occhi, ha meditato sulle opere del passato più lontano e su quello recente e si è creato una maniera sua e un’espressione personale che lo distinguono, pur nella condivisione delle coeve tematiche artistiche, dagli altri scultori del tempo. E per di più è un uomo colto e acuto che comprende le distonie del suo tempo. In lui c’è sicuramente il suo maestro Raoul C. Verlet nell’approccio compositivo e nell’adozione di determinate cifre stilistiche, ma ci sono anche la freschezza e il plasticismo accidentato di Adriano Cecioni, che Francisco ebbe modo di studiare a Firenze, e persino certe esasperazioni posturali di Gemito e il ritmo drammatico di alcune opere realistiche di Vincenzo Vela. Ancor di più l’osservazione a Parigi delle opere di Rodin trasmise a Francisco un modello espressivo e compositivo che l’artista mai dimenticherà. Ma è il mondo interiore del nostro artista-calciatore che determinano la sua unicità e la sua peculiarità nel panorama artistico europeo a lui contemporaneo. Quella botola profondissima dell’anima portoghese, per dirla alla von Hofmannsthal, in cui risiedono il fatalismo lusitano fatto di attese prive di obiettivi e il senso di isolamento dato da una geografia che prevede solo l’attraversare l’oceano. Ed ecco quel portentoso e straziante Marinheiro ao leme che porta ai limiti estremi il concetto: un uomo di mare attorcigliato come un tronco di ulivo che contrasta pervicacemente la forza inaudita dei flutti con le mani strette al timone, pur nella consapevolezza che ogni suo tentativo di salvarsi non avrà esito di fronte ad una natura matrigna e implacabile".

"Non già una scultura apologetica ed encomiastica ma la celebrazione di una sconfitta. Lo spirito lusitano, appunto. Lo stesso Busto della Repubblica ribadisce la poetica di Francisco: il simbolo della nazione portoghese non possiede alcuna retorica encomiastica. Lo sguardo non va all’orizzonte, come nella consueta iconografia gerarchica, ma è rivolto alla sua gente. Una fiera e scarmigliata donna del popolo cui il fato ha affidato una missione. Essa non è il potere ma è "la lotta di classe", consapevole che <<tutto ciò che succede "in basso" è già stato scritto "in alto">>. E perché meravigliarsi, quindi, se l’opera, pur risultando vincitrice del Concorso, si vide soppiantata da altra opera di altro scultore? La sua energia popolare, evidentemente, mal si confaceva alla retorica del potere vigente. Rientra nella sua visione artistica e ideologica anche la conturbante Salomè: non vitale e dionisiaca danseuse còlta nell’atto di corrompere e sedurre, ma carnale figura dormiente e quindi inconsapevole del suo peccato. La postura dinamica, la linea serpentina e sinuosa della figura abbandonata su un inclinato giaciglio, quasi costretta a contrastare la forza di gravità tramite le braccia ancorate orribilmente alla testa del battista, crea una moltiplicazione delle direttrici unito ad un modellato vibrante che ricorda il Bernini del ben più composto "Ermafrodito dormiente". Salomè è figura innocente e sensuale allo stesso tempo che sembra uscire michelangiolescamente dalla materia bruta del marmo grezzo che fa da base al suo nudo corpo. Ma la sua è purezza infantile ottenuta tramite il sonno (o il sogno?) e quindi falsa, ché la sua natura è perversa, enigmatica e fredda. Le manca quel "supplemento d’anima" che H. Bergson, contemporaneo di dos Santos, invocava, ritenendo tragico il pensiero comune dell’uomo dell’epoca che, fidando nel meccanicismo imperante, stava uccidendo la spiritualità".

Il tema femminile ha sempre sedotto il dos Santos. Le sue donne possiedono un fascino terribile, mortale, capace di offuscare la ragione e di scatenare la passione. I loro corpi serpentini si insinuano nell’anima corrompendola. Il modellato è raffinato e contrasta volutamente, accentuandolo, con il senso di lussuria più sfrenato. Intanto l’attività di dos Santos era sempre più frenetica. Nel 1915 modellò Um beijo (Fig. 11), opera in marmo custodita al Museo del Chiado, in cui un uomo è intento a baciare una donna nuda, portando da dietro il volto di lei verso di lui. La posizione permette di osservare la nudità femminile frontalmente e senza alcun travisamento. L’erotismo che l’opera emana supera di gran lunga quella di medesimo soggetto scolpita da Rodin. Ormai Francisco è considerato uno dei più ispirati scultori nazionali. Nel 1916 creò due opere, Evocação, in marmo, e la Estatua de Nuno Alvarez che vennero molto apprezzate. Nello stesso anno fu eletto Presidente dell’Esposizione della Società Nazionale delle Belle Arti. Conservò tale incarico, salvo una parentesi nel 1918, fino al 1921. Nel 1917 vinse la medaglia d’onore con l’opera Nina, un nudo femminile oggi custodito nel Museo del Chiado. Partecipò anche, in virtù delle sue eccelse qualità pittoriche, alla 3^ edizione della mostra di acquerelli, disegni e miniature. Scolpì l’Esfinge, opera in marmo anch’essa al Chiado, in cui la testa della figura femminile volge misteriosamente lo sguardo verso il basso.



L’anno 1918 vide la creazione di opere sia in bronzo che in marmo, tra le quali la più nota è Intimidade. Essa, in bronzo, è oggi visibile nella Collezione Rodrigo Faria de Castro. Risale, invece, al 1919 la celebre Lusitânia. (Fig. 12). Essa, di dimensioni monumentali e in marmo, fu esposta per la prima volta all’Esposizione della Società Nazionale delle Belle Arti di tale anno e doveva essere collocata nelle Fiandre, a testimonianza del contributo dato dal Portogallo alla vittoria nella Grande Guerra. Ancora una volta è rappresentato un nudo femminile. La donna, assisa su un blocco di marmo, è in posizione difensiva e guarda indietro con il capo girato come a controllare una lontana frontiera. L’unico riferimento alla guerra è una corta spada impugnata con la mano destra. In questa fase temporale l’arte di dos Santos appare più conforme e omologata. Infatti gli incarichi sono in maggioranza pubblici e riguardano temi retorici e astratti. Nonostante questo, Francisco non rinunciò mai del tutto al suo "modernismo" e la sua cifra stilistica, ad una lettura attenta, è sempre riconoscibile. Oramai dos Santos viveva nell’agiatezza ed era considerato il più grande scultore portoghese. Teneva conferenze, lezioni ed era invitato nelle più importanti manifestazioni artistiche. Gli anni della fame e della povertà erano poco più che un ricordo.



Gli anni a seguire furono densi di lavoro. Nel 1920 ottenne l’ennesima medaglia d’onore con l’opera Prometeu ed eseguì un modello, Lex, per una scultura in marmo, Lei, (Fig. 13) destinata ad ornare la sala dell’Assemblea Parlamentare. E’ interessante porre a confronto il modello con l’opera effettivamente realizzata: se nel modello la donna che impersona la "Legge" presenta un’espressione sobria e quasi rassegnata e la sua veste è impreziosita da un elegante panneggio grecizzante, nell’opera definitiva il volto ha un qualcosa di severo e inesorabile, la veste va a confondersi con il marmo e tutto assume caratteri androgini e duri. Si potrebbe immaginare che dos Santos nel modello abbia voluto esprimere una personale concezione misericordiosa e tenera della legge, mentre nella realizzazione finale abbia prevalso il senso ufficiale, ammonitore e pedagogico. Negli anni successivi lo scultore eseguì lavori a carattere onorifico ed encomiastico derivate spesso da committenze ufficiali dello Stato o della Capitale. Si ricordano il monumento al poeta João Lùcio, Busto de Polaca del Chiado, e Recordando anch’essa opera presente in quest’ultimo museo. Nel 1923 partecipò all’Esposizione di Arquitectura, Escultura, Pintura e Desenho in cui vennero esposte le opere degli artisti ex allievi di Casa Pia. Quasi un tuffo nostalgico nel passato che ben testimonia la riconoscenza di Francisco nei riguardi di quella benefica istituzione. Presentò nell’occasione due opere di scultura, degli oli, un acquarello e due disegni.



Il 6 dicembre 1923 inaugurò nella città di Guarda un busto bronzeo su basamento di marmo in onore del medico Lopo de Carvalho, illustre tisiologo di fama mondiali deceduto l’anno precedente. Dal 1925 instaurò una collaborazione con il suo vecchio compagno di studio Simões de Almeida con l’aiuto del quale scolpì un monumento in onore dello scrittore Camilo Castelo Branco autore di "A Brasileira de Prazins". Nel 1926, sempre con Simões, eseguì l’opera "O Génio da Aviação" che si affermò in un concorso. Seguirono anni di sempre intenso lavoro. Completò monumenti, statue, sepolcri e busti fino al 27 aprile 1930 quando, alle ore 4 del mattino, morì improvvisamente per una congestione. Fu sepolto il giorno seguente nel cimitero di Benfica. La città di Lisbona volle successivamente onorarlo con una tomba monumentale (Fig. 14) il cui progetto fu affidato all’architetto Raul Rodrigues Lima e allo scultore Leopoldo D’Almeida. Nell’opera una figura femminile mesta e dolorosa avrebbe dovuto deporre fiori. In accordo con gli artisti questa figura successivamente fu eliminata e sostituita con un medaglione bronzeo recante un’effigie in bassorilievo del volto di Francisco. Il mausoleo venne inaugurato l’8 luglio del 1939. (Fig. 15).



La sua morte colpì profondamente il mondo artistico lasciando in tutti un sincero sentimento di rimpianto doloroso e di genuina riconoscenza. Alla scultura europea mancò un campione di genialità e talento indiscussi. La sua modernità nella tradizione, il suo indagare profondamente nello spirito umano, la sua energia creativa, l’originalità, la coerenza etica, ne fanno uno dei massimi artisti del XX secolo. Molte istituzioni artistiche e scuole di Lisbona e Sintra oggi portano il nome di Francisco dos Santos. La Società Sportiva Lazio, che lo vide tra le sue file, gli sarà riconoscente per sempre. E’ suggestivo avere la consapevolezza e l’orgoglio che il sapiente creatore di forme e modellatore della materia nonché formidabile calciatore volò anche sulle antiche rive del Tevere. In questa sede si è illustrata la figura versatile di Francisco dos Santos tramite una rassegna critica di sue molte opere. Si è consapevoli di non aver esaurito tutto l’itinerario artistico che lo ha visto protagonista, ma la vastità della sua produzione non lo consente. Si ritiene però necessario completare la disamina che lo riguarda con l’analisi dell’opera più conosciuta e maestosa dello scultore lusitano: il Monumento al Marchese di Pombal. (Fig.16).



Il suo forte peso urbano, la sua "figurabilità" come elemento caratterizzante del tessuto cittadino, i suoi intenti politici, i profondi significati allegorici, il valore estetico e il rapporto simbiotico con l’anima di Lisbona e dei suoi abitanti, ne fanno un’opera imprescindibile a livello artistico, culturale e sociale. Le vicende legate alla sua realizzazione sono lunghe e complesse. L’idea di rendere omaggio al grande e illuminato statista di Coimbra risale al 28 aprile 1882, quando fu formata una Commissione per la creazione dell’opera. In realtà, nonostante le pressanti richieste di vari enti e associazioni, nulla fu fatto. Nel 1904 César da Silva ripropose l’inizio dei lavori motivando la richiesta con la considerazione che se la parte sud della città era "protetta" dalle bronzee statue dei due grandi politici liberali Terceira e Sà da Bandeira, la parte nord avrebbe dovuto assolutamente essere presidiata dal monumento del grande statista settecentesco, garanzia di libertà e di democrazia. Ancora una volta alle parole non seguirono i fatti. Nel 1909 la Commissione esecutiva del monumento a Pombal si dichiarò disponibile a collaborare con la Camera Municipale al fine di risolvere le criticità esecutive e suggerì i nomi dei due tecnici che avrebbero dovuto provvedere all’uopo.

Essi erano l’assessore-consigliere e architetto Ventura Terra e l’architetto Josè Luis Montero. Nel 1910 si aprì una sorta di sottoscrizione pubblica per coprire le spese di esecuzione e ciò consentì nell’anno successivo di formulare il bando di Concorso. Partecipò un solo concorrente, l’architetto Raul Lino, ma il suo progetto fu rifiutato dalla Commissione giudicante in quanto ritenuto di scarso valore artistico. Una nuova giuria si espresse nel 1914 a seguito di un ulteriore bando e dopo una serie incredibile di ricorsi e controricorsi posti in essere dai 14 gruppi di artisti partecipanti, tra i migliori del Portogallo, ebbe la meglio il progetto firmato da Francisco dos Santos e dagli architetti Adães Bermudes e Antònio do Couto. Per comprendere come le procedure attuate per decidere il vincitore del concorso fossero discutibili basti ricordare che il Bermudes era al tempo stesso membro della giuria e concorrente. L’opera aveva per titolo identificativo concorsuale "Gloria progressus...delenda reactio". All’assegnazione dell’incarico seguirono una serie di polemiche che venivano alimentate dalla stampa e dai più disparati circoli artistico-culturali. Il progetto fu criticato sia da un punto di vista estetico che politico. Si mossero accuse di faziosità storica, di distonie compositive e di registro figurativo, anche la posizione gerarchica delle figure allegoriche furono oggetto degli strali dei critici.

Nell’opera, infatti, al vertice c’è la statua del Marchese e più in basso quella rappresentante la Patria. Ciò apparve quasi blasfemo e inascoltate furono le repliche dei progettisti. In effetti in tutti gli altri progetti figurava la statua del Portogallo al vertice e quella di Pombal al livello del suolo. Furono notati anche presunti errori metrici nelle proporzioni delle diverse statue, senza comprendere che le uniche figure di dimensioni maggiorate erano quelle di esseri sovraumani come gli dei Plutone e Nettuno. Ancora più violente furono le censure relative all’interpretazione politica dell’opera. Si asserì che ben altri personaggi avrebbero potuto rappresentare con più lustro il Portogallo: Vasco da Gama, Nun’ Alvares, Mousinho de Albuquerque (probabilmente se le polemiche fossero attualizzate all’oggi si proporrebbe anche Cristiano Ronaldo..). Ci si rivolse agli avvocati, si svolsero processi, dovette intervenire il ministro dell’Istruzione in persona per dirimere contrasti velenosissimi e spesso strumentali. Iconograficamente il monumento vede pertanto in cima il Marchese de Pombal, realizzato in bronzo, in posizione eretta e come se camminasse. Il suo volto è austero ma sereno. Il volto di colui che agisce in nome e per il bene del popolo. (Fig. 17).



Egli poggia su un alto piedistallo a facce convesse, alla base del quale si ergono le figure allegoriche del maremoto e del terremoto che distrussero Lisbona nel 1755. La città, ricostruita pragmaticamente e con criterio da Pombal, sembra ergersi dalle rovine ed è rappresentata da una donna giovane e nuda. Una prua di nave ha come polena la testa di Mercurio (Fig. 18) e simboleggia la nazionalizzazione del commercio marittimo voluto dallo statista. Un altro gruppo rappresenta lo sviluppo industriale e agricolo propugnato dal Pombal (Fig. 19). Sulla parte nord si evidenzia Minerva che ben allude alla trasformazione e alla modernizzazione dell’università di Coimbra da lui voluta. Il capitello è decorato dalle effigi di tutti coloro che collaborarono con il Pombal alla modernizzazione del Portogallo.



Circa la statua dello statista, infine, è utile leggere le parole scritte dallo stesso Francisco dos Santos. E’ bene riportarle in lingua portoghese. Esse, meglio di ogni altra ulteriore spiegazione, spiegano quelle che furono le intenzioni degli artisti:


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Francisco dos Santos non poté assistere all’inaugurazione del monumento. Esso fu scoperto il 13 maggio 1934, quando lo scultore era scomparso da oltre quattro anni. Nel suo ponderoso lavoro egli si avvalse dell’opera di molti altri scultori ed è difficile distinguere le diverse mani. Sappiamo però che volle vicino a sé per collaborare i suoi vecchi compagni artisti-calciatori della Casa Pia, cui si sentì sempre indissolubilmente legato da vincoli di profonda amicizia e grande stima.



Particolarissima la foto qui sopra: è la squadra della Casa Pia che nel 1897 sconfisse la fortissima compagine degli Inglesi di Carcavelos. La straordinarietà del documento è che vi sono rappresentati due dei tre progettisti del Monumento del Marchese di Pombal, oltre a dos Santos in piedi a destra, c’è il futuro architetto Antònio do Couto, il 2° in piedi da sinistra. Il 3° progettista, l’architetto Adães Bermudes, pur militando in questa squadra, non è presente. Ci sono tuttavia altri giocatori che diventeranno illustri artisti come il pittore Raùl Carapinha, il 4° da sinistra in piedi, Pedro Guedes, anch’esso pittore e capitano della squadra, seduto al centro e lo scultore Josè Neto, in piedi vicino a dos Santos.





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