Giovedì 22 ottobre 1998 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-FK Partizan Beograd 0-0

Da LazioWiki.

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22 ottobre 1998 - Coppa delle Coppe 1998/99 - Secondo turno

LAZIO: Marchegiani, Pancaro, Fernando Couto, Mihajlovic, Favalli, Sergio Conceicao, Almeyda, Venturin, Nedved, Gottardi (69' Marcolin), R.Mancini. A disp. Ballotta, Negro, Lombardi, Baronio. All. Eriksson.

PARTIZAN: Damjanac, Savic, Rasovic, Stojanoski, Krstatjic, Ivic (76' Pazin), Trobok, Ilic (63' Iliev), Tomic, Kezman, Obradovic. A disp. Ljubanovic, Duljai, Gerasimovski, Tesovic, Svetlicic. All. Tumbakovic.

Arbitro: Temmink (Olanda).

Note: ammoniti Savic, Ilic, Mihajlovic e Marcolin. Angoli: 5-0 per la Lazio.

Spettatori: 24.966 per un incasso di lire 720.980.000.

Il biglietto della gara
Il tiro di Roberto Mancini che si infrange sulla traversa
Venturin in azione

Dalla Gazzetta dello Sport:

Una questione di centimetri. Quelli che al 75' tengono fuori dalla porta del Partizan il pallonetto di Mancini che batte sotto la traversa e l'ultima punizione di Mihajlovic, a tempo scaduto. Dalla goleada con l'Inter allo 0-0 col Partizan Belgrado il passo è lungo un'assenza di troppo, quella di Marcelo Salas che a San Siro c'è stato per il tempo necessario. Si batte con orgoglio e cuore la Lazio. Si batte su tutti Mancini, unica punta e rifinitore di se stesso. Ma il Partizan è giovane, acerbo, ma ricco di talenti del domani e con un signor portiere. Tanto basta per tenere in scacco la Lazio che colleziona invano una buona decina di occasioni. Nulla tuttavia è perduto. L'età media degli slavi è di appena 23 anni e mezzo. Motivazioni dunque formidabili perché una passerella internazionale vale certo più delle dieci vittorie di fila in campionato. L'allenatore Tumbakovic schiera un 4-4-2 col libero Stojanoski staccato ma capace di grandi accelerazioni in avanti, palla al piede. Quando parte, scala libero uno dei tre marcatori, l'esterno destro Savic che altrimenti prende in consegna Nedved. Rasovic è lo stopper su Mancini, mentre Krstatjic ha in cura Conceicao che di fatto fa l'ala destra. E' una difesa che non sembra imperforabile, ma senza Salas, Vieri e Boksic è un bel problema scardinarla. La cosa più interessante del Partizan è il centrocampo: un rombo in cui Trobok è il vertice più arretrato e Ilic quello più avanzato, mentre ai loro fianchi ci sono Ivic e Tomic (che ha una velocità tripla al Tomic che dal Partizan è passato alla Roma qualche mese fa). Questi quattro giocatori ruotano in continuazione ed uniscono la rapidità alla buona tecnica (Ilic e Ivic sono classe '77). La partita si gioca molto in questa zona del campo perché la Lazio, tra un'assenza e l'altra, offre in questo settore il meglio di sé.

Venturin e Almeyda si oppongono come sanno all'altrui pressing, e Gottardi, dopo qualche improbabile escursione, è tutto preso dal controllo di Ivic, lungo, classico, un pochino lento. Privo dei due attaccanti titolari, lo squalificato Bjekovic e l'infortunato Stojisavlevic, il Partizan schiera altri due baby davanti, Obradovic che punge poco e Kezman che punge assai. Col solo Mancini come riferimento in avanti, ma le sue sponde sono sempre deliziose, con Nedved e Conceicao che cercano la percussione ma partendo da molto lontano, le difficoltà della Lazio per arrivare in zona tiro sono notevoli. Cionondimeno, dopo venti minuti di puro studio, c'è una fiammata che svela qualche affanno della difesa slava: affonda Venturin e il portiere Damjanac mostra per la prima volta le proprie qualità, un colpo di testa di Mancini va fuori d'un niente, tirano anche Conceicao e Nedved ma senza fortuna. Il Partizan commette falli col contagocce, ben conoscendo le qualità di Mihajlovic, che gode di due sole opportunità nel primo tempo: la porta è sempre nel mirino, ma Damjanac ha il suo daffare solo in una circostanza. Intorno alla mezz'ora si affaccia il Partizan e sono dolori: non scatta il fuorigioco e Obradovic si ritrova solo con Marchegiani, che appena fuori area ritira la mano e mette la testa appena in tempo per evitare la fatale espulsione. Obradovic potrebbe sfruttare meglio il pallone del quale resta in possesso dopo il maldestro intervento del portiere biancoceleste. La Lazio capovolge nuovamente il fronte e prima con Nedved, Damjanac si salva col piede, poi con Venturin che sfiora il palo, va negli spogliatoi con qualche credito, 3-4 occasioni da rete contro le due degli avversari. Si comprende tuttavia che trovare un gol sarà molto difficile e che esporsi troppo alle improvvise accelerazioni degli slavi potrebbe rivelarsi mortale. L'idea che maturiamo nell'intervallo è che in fondo anche uno 0-0, viste le condizioni della banda Mancini, non sarebbe da buttare via.

Tanto più se il 27 ottobre l'Uefa decidesse per la sede di Bucarest piuttosto che per un retour-match nella caldissima Belgrado. Considerazioni che trovano conferma all'inizio della ripresa, quando Mancini si cala completamente nella parte del centravanti ed ingaggia una personale battaglia con Damjanac. Questi gli si oppone due volte nel primo quarto d'ora, vanificando il cross di Favalli e soprattutto lo straordinario lancio di 40 e passa metri di Mihajlovic. Il Partizan non sta a guardare, giustificando la prudenza tattica di Pancaro e Favalli che salgono poco, anche perché le punte slave giocano molto larghe. Gottardi viene fermato da un fuorigioco che non c'è dopo colpo di tacco di Mancini, ma tanto il solito Damjanac è arrivato per primo. Tumbakovic ringiovanisce ancora il reparto offensivo: fuori Obradovic, il più scarso, e dentro Iliev che è del '79 come Kezman e subito combina col compagnuccio. La palla giusta è per Ilic ma il suo tiro è uno straccio. La curva nord spinge la Lazio ma Eriksson coglie i segni d'una generale flessione e inserisce Marcolin per Gottardi (ma esce anche Ivic per Pazin). Il finale che non t'aspetti è tutto biancoceleste e alimenta i rimpianti: la traversa di Mancini dopo un delizioso pallonetto, la punizione di Miha fuori d'un niente come il colpo di testa di Pancaro. E poi, sull'unico errore di Damjanac, il tiro sporco di Conceicao salvato prima della linea di porta da Savic. 0-0, era proprio scritto.


Il Messaggero titola: "I biancocelesti senza punte non piegano il Partizan. Mancini, unico attaccante, colpisce una clamorosa traversa. Bene Nedved nelle accelerazioni e Mihajlovic ancora pericolosissimo sui calci piazzati. Decisivo il ritorno a Belgrado. Sfortuna e rabbia: la Lazio non passa".

L'articolo così prosegue: Davvero tormentato il cammino della Lazio in questa coppa solo apparentemente di seconda mano. A Belgrado, fra due settimane, i biancocelesti giocheranno in pratica in partita secca la carta che dovrebbe portarli ai quarti di marzo, partendo dallo 0-0 di ieri all'Olimpico. La speranza di Eriksson è legata al recupero di qualche pezzo da novanta, perché senza attaccanti di ruolo l'impresa può riuscirti solo una volta nella vita. Quella del Partizan deriva dall'ambientino di casa, sempre molto ostico per chi arriva fin là a sfidare il furore agonistico: i serbi saranno convinti di farcela, la Lazio dovrà segnare per forza e soprattutto dimostrarsi matura. In questo turno d'andata si è lasciata battere solo sul piano fisico, ha colpito una clamorosa traversa con Mancini, ha sprecato insomma l'occasione per il golletto che l'avrebbe certo rassicurata per il viaggio all'Est. Il tema tattico della partita era accattivante. Come fa una squadra senza punte a venire a capo di una difesa piazzata? La Lazio sapeva in partenza che il Partizan non le avrebbe concesso gli spazi avuti a Milano e ha dunque provato a far pressing sui difensori avversari puntando sul rapidissimo ribaltamento del fronte, sui due tocchi per andare in porta. Gli slavi, in effetti, compagine giovane e peraltro tecnicamente molto interessante, hanno sbandato talvolta concedendo nel primo tempo almeno due grosse opportunità, entrambe sventate dal portiere Damjanac con i piedi: al tiro prima Venturin imbeccato da Mancini, poi Nedved servito di testa da Almeyda.

Ma, a stringere, la vera occasione l'hanno avuta i serbi con Obradovic, che è scattato bene sul lancio di Tomic, è stato anticipato alla disperata di testa da Marchegiani ma è riuscito a proseguire a porta libera: ha perso l'attimo, però, e sul disperato ritorno del portiere ha tirato sbilanciato sui cartelloni. Kezman e Venturin hanno poi pareggiato in balistica, sfiorando i pali opposti con botte dalla distanza. Squadra quadrata, si diceva, il Partizan, dominatrice incontrastata in patria ma molto pratica ed efficace per ora anche in Europa. Lo scontroso tecnico Tumbakovic ha trovato con l'atletico Krstatjic l'antidoto giusto per gli spunti di Sergio Conceicao (che ha pure cambiato in corsa gli scarpini), male assistito da Pancaro, e il gran movimento di Nedved non ha mai trovato sbocchi adeguati. Un pesce fuor d'acqua Gottardi a sinistra, specie nel momento topico della trasformazione da anatroccolo di contenimento a cigno ala. Ha sopperito Favalli con un paio di cross dei suoi, uno assai pericoloso in avvio di ripresa, sul quale il portiere ha anticipato col corpo Mancini. Roberto ha giostrato da centravanti boa, Almeyda e Venturin hanno corso con alterno costrutto e, per fortuna, ha retto l'argine centrale Couto-Mihajlovic. Proprio una pennellata di Sinisa ha offerto a Mancini il pallone dello sblocco, sparacchiato da un passo sul portierone slavo.

Il Partizan ha così potuto continuare a giostrare con intelligenza, creandosi le sue palle-gol, guadagnandosi qualche punizione, tenendo il baricentro del gioco sempre lontano dalla propria area. Eriksson ha provato con Marcolin, richiamando Gottardi, ma è continuato a mancare il passaggio in profondità. Quando lo ha provato Nedved, smarcando in velocità Mancini, ne è scaturita un'autentica giocata d'autore: Roberto ha intravisto il portiere avanzato di due metri e lo ha beffato con uno straordinario pallonetto dal limite che ha sbattuto sulla traversa per ripiovere quasi sulla linea, beffardo per la Lazio. Pancaro di testa, Mihajlovic su punizione hanno sfiorato ancora i pali e Stojanoski ha ribattuto sulla linea l'ultima opportunità capitata a Sergio Conceicao. Una sfuriata finale che meritava miglior sorte. Salutata dall'applauso di consolazione dell'Olimpico. A Belgrado la Lazio non sarà sola.


Tratte dal quotidiano romano, alcune dichiarazioni post-gara:

«Abbiamo sofferto ma ce la faremo. Questa lazio mi piace: grande voglia di combattere e di vincere. Che grinta, ragazzi. E' l'atteggiamento giusto. Passeremo il turno anche se oggi preferisco dire che siamo a metà strada: cinquanta per noi, cinquanta per il Partizan»: Eriksson cerca di mascherare la delusione per il risultato esaltando la prova della squadra. E, soprattutto, la compattezza e la rabbia. Eriksson scommette sulla Lazio, ma dall'altra parte c'è un Partizan che ha alzato la testa e adesso sogna ad occhi aperti. Tumbakovic, l'allenatore, non si nasconde: «Abbiamo creato le premesse per far fuori la Lazio. Certo, sarà difficile perché ci troviamo di fronte a una grandissima squadra. Ma con questo risultato c'è di che sperare». E promette scintille: «Saranno in centomila a Belgrado a fare il tifo per noi. Farà molto caldo, tutti vogliono vedere la partita. Questo è il vero problema: organizzare tutto per non deludere nessuno». Si giocherà a Belgrado, è sicuro? Tumbakovic sgrana gli occhi e guarda l'interprete. Si fa ripetere la domanda. E, poi: «Perché non si dovrebbe giocare a Belgrado. E' tutto a posto, è tutto tranquillo. Non ci sono problemi. Lo ripeto, l'unico problema sarà quello di mettere insieme tante persone».

Stadio bollente? Centomila in delirio per il Partizan? Tutti a sognare la grande impresa di far fuori la Lazio miliardaria? Eriksson non si lascia intimorire: «Non abbiamo paura, ci mancherebbe. E' bello giocare in uno stadio così in festa. Faranno un tifo d'inferno? Bene, noi faremo la nostra partita senza soffrire condizionamenti di sorta. Ci siamo abituati e non vediamo l'ora di giocarcela questa partita». Partizan favorito dalle numerose assenze di casa Lazio? Tumbakovic sorride: «La squadra di Roma ha tanti di quei giocatori importanti che certamente non può risentire delle assenze. Tutti quelli che vanno in campo sono fortissimi. Ecco perché noi non abbiamo avuto vantaggi. Abbiamo fatto il nostro gioco. E il risultato ci sta benissimo. L'arbitro? Non ho avuto il tempo di guardarlo. Non potevo permettermi di staccare gli occhi dai miei giocatori e,soprattutto, da quelli della Lazio». Eriksson, dica la verità: la Lazio rischia grosso? Ha paura di giocare a Belgrado? «Abbiamo fatto un passo avanti rispetto alla partita con il Losanna. Quella sera, qui all'Olimpico, finì 1 a 1. Meglio lo 0 a 0, non c'è dubbio». Ma il Partizan non è il Losanna. «Questo è vero. Il Partizan sa difendere molto bene la palla, sa aspettare ed è anche pericoloso. Qualche volta non ha voluto andare in porta, ha preferito farci stancare. Noi li abbiamo aggrediti, abbiamo fatto di tutto per fare gol ma non ci siamo riusciti». Mancini ne ha mangiato uno grande così. E non è stato il solo. «Abbiamo colpito anche una traversa. Abbiamo fatto tanto gioco e proprio per questo mi sento tranquillo nonostante il risultato. La squadra c'è, lotta con grande determinazione. E' un bel periodo, abbiamo trovato la strada giusta».

Ma dopo il clamoroso successo sull'Inter a San Siro, tutti si aspettavano qualcosa di più. «Anch'io lo confesso. Ma solo per quanto riguarda il risultato. Contro il Partizan dovevamo fare la partita. E non è facile contro una squadra così. Anche dal punto di vista tecnico sono molto forti. Con l'Inter è stata una partita totalmente diversa. Abbiamo trovato subito il gol e, poi, loro hanno sempre giocato in avanti». Per la partita di Belgrado chiederà consigli a Liedholm che ci ha già giocato quando allenava la Roma? «Forse, è una buona idea. Ma noi abbiamo anche Stankovic e Mihajlovic: conoscono molto bene l'ambiente e lo stadio. Hanno notizie molto più recenti».