Giovedì 4 novembre 1993 - Porto, estadio do Bessa - Boavista-Lazio 2-0
4 novembre 1993 - 2583 - Coppa UEFA 1993/94 - Sedicesimi di finale - Ritorno.
BOAVISTA: Alfredo, F.Paulo Sousa, Rui Bento, Barny, Nelo, Nogueira, Bobo, Marlon Brandao (69' Casaca), Ricky, Tavares, Artur (88' Bambo). All. Manuel José.
LAZIO: Marchegiani, Bergodi, Favalli, Bacci, Luzardi (60' Bonomi), Di Matteo, Fuser, Winter, Casiraghi, Di Mauro, Signori. A disp. Orsi, De Paola, Sclosa, Saurini. All. Zoff.
Arbitro: Toroglu (Turchia).
Marcatori: 21' Ricky, 54' Ricky.
Note: ammoniti Bacci, Bergodi, Barny, Alfredo. Cinquecento tifosi al seguito della Lazio. Partita trasmessa in diretta da Raiuno.
Spettatori: 10.000.
Sedici anni d'attesa per un salto in Bulgaria e per nascondere la faccia qui a Oporto, tra spifferi atlantici che ci portano via il convincimento (o sogno?) di poter raccontare una credibile Lazio europea. Niente da fare, la Lazio è la regina dei fallimenti. Cento miliardi di investimento dissipati: campionato compromesso, Coppa Italia e Coppa Uefa già gettate via. L'idea dell'avanzata Uefa, avviata da Winter dentro l'Olimpico, rimane tale per venti minuti. Alcuni istanti dopo viene soffocata, quando le raffiche dei palleggiatori boavistani all'inseguimento, spingono Bobo oltre l'irriconoscibile Winter a far scattare la lama centrale del tridente portoghese di conquista. Ricky si coordina, si beve in dribbling Luzardi che scivola giù, pare scivolare anch'egli, ma a dispetto del precario equilibrio sul terreno scivoloso trapassa Marchegiani con un tiro fortunato. Equilibrio ripristinato, ora comincia lo svolazzare di ipotesi accarezzate oppure temute, mentre finalmente supportato per una volta Signori impreziosisce l'apertura contropiedistica di Winter e scarica sotto misura la bordata obliqua. Alfredo smorza, la palla rotola purtroppo fuori d'una spanna. Tale sollievo, racchiuso dentro un primo tempo biancoazzurro insulso e pieno di paure, si aggiunge a quello sprazzo d'apertura illusorio, quando profittando di un fuorigioco boavistano inceppato, Signori aveva allungato per Casiraghi: botta risposta, ancora Casiraghi all'esecuzione defilata che si infrange contro il palo. Parecchi "zoffiani" (Favalli, Bacci, Di Mauro, Winter), forse con tossine nei muscoli ma anche con poco cervello, sbagliano patetici sul copione d'appoggio, quello più antico, tutto difesa contropiede, irrinunciabile secondo sdrucita mentalità italianista. Orfana dei fantasisti, la Lazio non sa inventare armonie collettive, non conosce alternative praticabili che allontanino i pericoli. Tre sentinelle neppure veloci, Bergodi Luzardi Bacci, più Di Matteo dietro, stentano a chiudere soprattutto nei momenti in cui gli esterni Paulo Sousa e Nelo salgono veloci per amplificare soluzioni offensive. Loro si affidano a un modulo spregiudicato: un 5 2 3 che esalta i brasiliani là davanti, Marlon e Artur; che scatena Ricky; che diventa indifferentemente 3 4 3 o a passo di carica 3 2 5 lasciati fissi in sorveglianza il libero Rui Bento, Barny nei dintorni di Casiraghi, e Nogueira alle calcagna di Signori. Il quale Signori per raccattare palloni giocabili deve indietreggiare nella propria metà campo, dove Di Mauro procede con cadenze molli e Winter si incarta in rigurgiti patetici, prendendo tra l'altro spesso in controtempo gli esterni Bacci e Fuser, costretti a loro volta ad accularsi in affanno per braccare invano Nelo e Paulo Sousa. Boavista dominatore assoluto. Boavista che gioca a memoria, lacerando a piacimento qualsiasi opposizione. Così i laziali affondano al 55': si spalanca il tridente, Artur corica Bergodi, sprinta, centra a rientrare e Marlon consegna di petto il 2-0 ancora al sinistro raggelante di Ricky. Tutto dunque appare già risolto dentro questa clamorosa bocciatura, anche perché, inserito Bonomi al posto dell'avvilito Luzardi, la Lazio si trascina in stato confusionale. Povera diseredata, l'unica tra le "sette sorelle" allineate nelle Coppe internazionali in avvio di stagione già sfrattata, già ridotta a concentrarsi solo su un campionato fin qui anonimo. I portoghesi capovolgono il tema tattico della loro rappresentazione: smontato il tridente, si lasciano attaccare nel finale, vagheggiando il 3-0 di rimessa. E, certo, rischiano in almeno tre circostanze. Andare in picchiata all'arrembaggio, è il minimo che questa Lazio dei rimorsi possa fare. Orgoglio che affiora a scoppio ritardato. Winter è lanciato da Bergodi, si ritaglia uno spazio invitante, salvo ammirare il portiere Alfredo che quasi si schianta accanto al palo sinistro. Poi la penultima speranza corre in scena a una mazzata di Fuser che ancora Alfredo alza sopra la traversa. L'ultima occasione la spreca da due passi Winter. Qua finisce giustamente l'avventura laziale, mentre frange di tifosi biancazzurri al seguito, caricati dalla polizia e presi a manganellate, si abbandonano a una disordinata manifestazione di protesta, lanciando in campo bottiglie e intonando il solito coro "Dino Dino vattene!".
Laconico Zoff: "Abbiamo speso i miliardi, ma in campo sono andati i giocatori che costano meno. Due errori gravi dietro e cinque davanti sono stati decisivi. In Europa non si può sbagliare. Non colpevolizzo Luzardi, ma l'intera squadra". Così il d.g. Bendoni: "Da questo momento i due fallimenti dovranno servirci per trovare la forza per non buttare via i prossimi sette mesi. Ci sarà un ridimensionamento dell'organico (De Paola, Marcolin e Saurini, n.d.r.); in campionato non dobbiamo più contentarci di un posto Uefa, ma rientrare presto in una lotta che ci vede per il momento lontani di 4 punti".
Fonte: La Repubblica