Seghettini Bruto: differenze tra le versioni
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''"Posso entrare?!"'' Si voltano tutti di soprassalto: curiosi, si interrogano con gli occhi, ma nessuno ha mai visto quest'ospite improvviso. ''"Voi siete la Lazio, vero?"'' Come si può rispondere in situazioni così improvvise? Timidamente, spavaldamente, cordialmente, irosamente? Risponde [[Ancherani Sante|Ancherani]]: ''"Certo che semo la Lazio. E tu chi sei?"'' ''"Io mi chiamo Bruto Seghettini, sono un socio del [[Racing Club Paris|Racing Club di Parigi]], ho saputo che c'era questa società sportiva e sono venuto per chiedervi se giocate al football"''. I laziali tornano a interrogarsi, a esplorarsi dentro con gli sguardi. Tanto ormai si capiscono da una sfumatura "Beh" incalza ancora [[Ancherani Sante|Ancherani]], ''"noi di questo futtballe non abbiamo mai sentito parlare"''. Ed ecco, come per un gioco di prestigio, Bruto Seghettini, socio del [[Racing Club Paris|Racing di Parigi]], estrarre uno strano involucro dal niente: almeno così pare ai laziali, perché prima non gli avevano proprio badato. E' un pallone, il primo pallone per il gioco del calcio mai visto a Roma fino ad un attimo prima. I laziali adesso scoppiettano intorno al visitatore. E come si gioca? E come è fatto? Ma sul serio rimbalza? Un'allegra, febbricitante confusione. |
''"Posso entrare?!"'' Si voltano tutti di soprassalto: curiosi, si interrogano con gli occhi, ma nessuno ha mai visto quest'ospite improvviso. ''"Voi siete la Lazio, vero?"'' Come si può rispondere in situazioni così improvvise? Timidamente, spavaldamente, cordialmente, irosamente? Risponde [[Ancherani Sante|Ancherani]]: ''"Certo che semo la Lazio. E tu chi sei?"'' ''"Io mi chiamo Bruto Seghettini, sono un socio del [[Racing Club Paris|Racing Club di Parigi]], ho saputo che c'era questa società sportiva e sono venuto per chiedervi se giocate al football"''. I laziali tornano a interrogarsi, a esplorarsi dentro con gli sguardi. Tanto ormai si capiscono da una sfumatura "Beh" incalza ancora [[Ancherani Sante|Ancherani]], ''"noi di questo futtballe non abbiamo mai sentito parlare"''. Ed ecco, come per un gioco di prestigio, Bruto Seghettini, socio del [[Racing Club Paris|Racing di Parigi]], estrarre uno strano involucro dal niente: almeno così pare ai laziali, perché prima non gli avevano proprio badato. E' un pallone, il primo pallone per il gioco del calcio mai visto a Roma fino ad un attimo prima. I laziali adesso scoppiettano intorno al visitatore. E come si gioca? E come è fatto? Ma sul serio rimbalza? Un'allegra, febbricitante confusione. |
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''"Un momento"'' proclama stentoreo Seghettini, ''"un momento: adesso vi faccio vedere"''. Depone come un consumato mercante il pallone ai suoi piedi, ad un estremo della stanza. Gli altri si scansano tutti. Lui solleva una gamba, torna ad abbassarla di scatto, percuote con il piede il pallone e uno schianto improvviso richiama brutalmente tutti alla realtà. E' saltato il vetro della finestra! ''"Cominciamo bene!"'' borbotta un socio. Ma la maggioranza, che non s'accascerebbe nemmeno se crollasse il palazzo, si mette a strillare, sfottendo Seghettini. ''"Paga la pelota! Paga la pelota!"'', che è poi un invito a pagare il danno, pronunciato con lo slogan che i laziali usano familiarmente quando uno di loro vince al totalizzatore che è abbinato al gioco della pelota basca tanto di moda allo sferisterio della vicina piazza Cavour. |
''"Un momento"'' proclama stentoreo Seghettini, ''"un momento: adesso vi faccio vedere"''. Depone come un consumato mercante il pallone ai suoi piedi, ad un estremo della stanza. Gli altri si scansano tutti. Lui solleva una gamba, torna ad abbassarla di scatto, percuote con il piede il pallone e uno schianto improvviso richiama brutalmente tutti alla realtà. E' saltato il vetro della finestra! ''"Cominciamo bene!"'' borbotta un socio. Ma la maggioranza, che non s'accascerebbe nemmeno se crollasse il palazzo, si mette a strillare, sfottendo Seghettini. ''"Paga la pelota! Paga la pelota!"'', che è poi un invito a pagare il danno, pronunciato con lo slogan che i laziali usano familiarmente quando uno di loro vince al totalizzatore che è abbinato al gioco della pelota basca tanto di moda allo sferisterio della vicina piazza Cavour. L'uomo venuto da Parigi è desolato, ma sono i laziali stessi che lo rincuorano, sicché si prende una decisione: tutti a Viale delle Milizie! E vanno, come come si leva in un fremito uno stormo di fringuelli. La scena si ripete: Seghettini depone il pallone, stavolta prende un po' di rincorsa, eccolo che alza la gamba, la riabbassa, calcia e uno spruzzo di neve si leva inatteso e deludente. Il pallone sta sempre lì, fermo, immobile, irridente. I laziali forse cominciano a chiedersi se il gioco consista nel colpire o piuttosto nell'evitare di colpire il pallone. Ma l'equivoco si risolve in una risata irresistibile sotto i fiocchi che dolcemente avvolgono, proteggono, benedicono la nascita romana del gioco del calcio in questo gennaio [[1901]], appena [[Martedi 9 Gennaio 1900. La fondazione della Società Podistica Lazio|un anno dopo la fondazione del club biancoceleste]], mentre l'Italia è in lutto per la morte di Giuseppe Verdi e l'Inghilterra perde con la Regina Vittoria il simbolo della sua massima potenza. |
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La Lazio prende ora più vigorosamente quota e decide di convocarsi per la prima volta in assemblea: viene scelta la data del [[29 marzo]] [[1901]]. Quel giorno in [[Via Valadier|via Valadier]] convengono quasi trenta soci. Viene approvato lo statuto sociale. E vengono eletti presidente il cavaliere [[Pedercini Giuseppe|Giuseppe Pedercini]], una persona stimabile, ma instabile in salute, e vicepresidente [[Pastori Paolino|Paolino Pastori]]. Questi offre alla Società la bandiera che la signora [[Tobia Eugenia|Eugenia Tobia]] moglie di [[Massa Galileo|Galileo Massa]], uno dei fondatori, confeziona con le sue mani. E' ormai tornata primavera e [[Piazza d'Armi|piazza d'Armi]] si ripopola, brulica di ragazzi e di giovani. Ed ecco la novità: quelli della Lazio si dispongono in modo strano, piazzano alle due estremità di uno spazio lungo circa cento metri due fagotti per parte, estraggono un pallone stravagante, ridicolo, mai visto, e si mettono a litigarselo a calci. I laziali, che sono diventati una trentina perché sono sopraggiunti [[Venarucci Carlo|Venarucci]], [[Zanchi Carlo|Zanchi]], [[Monarchi Ugo|Monarchi]] ed altri, formano tra loro le due squadre. E le partite non si contano, non hanno fine, sono tutte una partita sola, fino all'esaurimento. La Lazio gioca sempre, e soltanto con se stessa: ecco Adamo che sente il bisogno di un'altra vita che si animi accanto alla propria. Presto anche la Lazio vedrà staccarsi dal suo stesso essere la seconda società calcistica romana, la sua prima, storica, indimenticabile antagonista: la [[Virtus Roma|Virtus]]... |
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Versione delle 09:08, 24 gen 2016

Italiano, forse livornese, ma naturalizzato francese, giocatore del Racing Club de Paris (fondato nel 1882), fu colui che nel Gennaio 1901 portò il primo pallone da calcio che si fosse visto a Roma nella sede della Lazio in Via Valadier.
Nel contempo spiegò ai soci biancocelesti le regole del gioco. L'episodio è dettagliatamente descritto da Mario Pennacchia nella sua Storia della Lazio: Seghettini si presentò ai soci laziali in una città insolitamente innevata, e in tal senso va tenuto presente che gli unici due episodi di precipitazioni nevose in quel gennaio, a Roma, avvennero nei giorni 6 e 7. Le successive uscite con il pallone avvennero in Piazza d'Armi mentre una prima partita tra soci laziali ed Audace si svolse nel Marzo 1902. A questa partita partecipò anche Bruto, socio laziale e fondatore dell'Audace. Nella foto in basso, non identificabili ma presenti, vi sono anche: Cav. Fortunato Ballerini, Masini, Bergamini Roberto, Zangrilli dell'Audace, Azzali del 3° reggimento bersaglieri, Galvagni della Romana di nuoto. Tutti questi atleti, pur gareggiando per società diverse, erano comunque soci della Lazio.
Tratto dal libro "Lazio Patria Nostra" di Mario Pennacchia, capitolo II "La scoperta del calcio":
... E' di nuovo gennaio. I soci ci sono tutti, in Via Valadier. Chi si lega e si scioglie sul tappeto della presuntuosa palestra, chi gioca a carte, chi conversa, chi tiene i conti con i programmi e i risultati. Fuori nevica. Lo spettacolo di questa natura romana che si imbianca, eccita ed immalinconisce. Piazza d'Armi è una distesa polare circondata da un'infinità di spontanei alberi di Natale. Fa freddo nella sede, ma nessuno di questi ragazzi se ne accorge. C'è quasi nell'aria, ma non si afferma, il presentimento di qualcosa che deve, sta per accadere. Ma che cosa? Fu l'anno prima, in un giorno come questo, che a Gigi Bigiarelli venne l'idea. Possibile che sia già passato un anno? "Ragazzi, stavolta dovremo cominciare ad allenarci un po' prima. Magari a marzo, appena il sole si ferma un po' di più". Dal fondo un grido: ricorrenti imprecazioni di due giocatori che si sono fraintesi, hanno calato una carta inopportuna, hanno perduto la partita. "Siete sempre i soliti!". "E già, non imparano mai.". Che frenesia e che impazienza aleggiano nella stanzetta con il numero sei di via Valadier! Fuori nevica, i fiocchi giocano, liberandosi, oscillando, lievitando nell'aerea indecisione e finalmente si quietano sulla strada. Tutto è bianco, silenzioso, è deserto. Chi può mettersi in giro con un tempo come questo?
"Posso entrare?!" Si voltano tutti di soprassalto: curiosi, si interrogano con gli occhi, ma nessuno ha mai visto quest'ospite improvviso. "Voi siete la Lazio, vero?" Come si può rispondere in situazioni così improvvise? Timidamente, spavaldamente, cordialmente, irosamente? Risponde Ancherani: "Certo che semo la Lazio. E tu chi sei?" "Io mi chiamo Bruto Seghettini, sono un socio del Racing Club di Parigi, ho saputo che c'era questa società sportiva e sono venuto per chiedervi se giocate al football". I laziali tornano a interrogarsi, a esplorarsi dentro con gli sguardi. Tanto ormai si capiscono da una sfumatura "Beh" incalza ancora Ancherani, "noi di questo futtballe non abbiamo mai sentito parlare". Ed ecco, come per un gioco di prestigio, Bruto Seghettini, socio del Racing di Parigi, estrarre uno strano involucro dal niente: almeno così pare ai laziali, perché prima non gli avevano proprio badato. E' un pallone, il primo pallone per il gioco del calcio mai visto a Roma fino ad un attimo prima. I laziali adesso scoppiettano intorno al visitatore. E come si gioca? E come è fatto? Ma sul serio rimbalza? Un'allegra, febbricitante confusione.
"Un momento" proclama stentoreo Seghettini, "un momento: adesso vi faccio vedere". Depone come un consumato mercante il pallone ai suoi piedi, ad un estremo della stanza. Gli altri si scansano tutti. Lui solleva una gamba, torna ad abbassarla di scatto, percuote con il piede il pallone e uno schianto improvviso richiama brutalmente tutti alla realtà. E' saltato il vetro della finestra! "Cominciamo bene!" borbotta un socio. Ma la maggioranza, che non s'accascerebbe nemmeno se crollasse il palazzo, si mette a strillare, sfottendo Seghettini. "Paga la pelota! Paga la pelota!", che è poi un invito a pagare il danno, pronunciato con lo slogan che i laziali usano familiarmente quando uno di loro vince al totalizzatore che è abbinato al gioco della pelota basca tanto di moda allo sferisterio della vicina piazza Cavour. L'uomo venuto da Parigi è desolato, ma sono i laziali stessi che lo rincuorano, sicché si prende una decisione: tutti a Viale delle Milizie! E vanno, come come si leva in un fremito uno stormo di fringuelli. La scena si ripete: Seghettini depone il pallone, stavolta prende un po' di rincorsa, eccolo che alza la gamba, la riabbassa, calcia e uno spruzzo di neve si leva inatteso e deludente. Il pallone sta sempre lì, fermo, immobile, irridente. I laziali forse cominciano a chiedersi se il gioco consista nel colpire o piuttosto nell'evitare di colpire il pallone. Ma l'equivoco si risolve in una risata irresistibile sotto i fiocchi che dolcemente avvolgono, proteggono, benedicono la nascita romana del gioco del calcio in questo gennaio 1901, appena un anno dopo la fondazione del club biancoceleste, mentre l'Italia è in lutto per la morte di Giuseppe Verdi e l'Inghilterra perde con la Regina Vittoria il simbolo della sua massima potenza.
La Lazio prende ora più vigorosamente quota e decide di convocarsi per la prima volta in assemblea: viene scelta la data del 29 marzo 1901. Quel giorno in via Valadier convengono quasi trenta soci. Viene approvato lo statuto sociale. E vengono eletti presidente il cavaliere Giuseppe Pedercini, una persona stimabile, ma instabile in salute, e vicepresidente Paolino Pastori. Questi offre alla Società la bandiera che la signora Eugenia Tobia moglie di Galileo Massa, uno dei fondatori, confeziona con le sue mani. E' ormai tornata primavera e piazza d'Armi si ripopola, brulica di ragazzi e di giovani. Ed ecco la novità: quelli della Lazio si dispongono in modo strano, piazzano alle due estremità di uno spazio lungo circa cento metri due fagotti per parte, estraggono un pallone stravagante, ridicolo, mai visto, e si mettono a litigarselo a calci. I laziali, che sono diventati una trentina perché sono sopraggiunti Venarucci, Zanchi, Monarchi ed altri, formano tra loro le due squadre. E le partite non si contano, non hanno fine, sono tutte una partita sola, fino all'esaurimento. La Lazio gioca sempre, e soltanto con se stessa: ecco Adamo che sente il bisogno di un'altra vita che si animi accanto alla propria. Presto anche la Lazio vedrà staccarsi dal suo stesso essere la seconda società calcistica romana, la sua prima, storica, indimenticabile antagonista: la Virtus...
- Articoli di stampa su Bruto Seghettini
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Il Messaggero del 21 ottobre 1901 riporta tra i membri di una Commissione provvisoria dell'Audace di Roma, il nome di Seghettini
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Il Messaggero del 13 marzo 1902 riporta il terzo posto conquistato da Bruto Seghettini in una marcia
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Bruto Seghettini nella lista degli "Audax" per il 1902 pubblicata su Il Messaggero del 24 marzo 1902

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