Seghettini Bruto

Da LazioWiki.

Bruto Seghettini in divisa durante la Grande Guerra (Cortesia Françoise Teodoro)
Bruto Seghettini


Bruto Seghettini negli anni '30 (Cortesia Philippe Seghettini)
Un anziano Bruto Seghettini (Cortesia Philippe Seghettini)
Una pagina della rivista L'Eclaireur du Dimanche" del 9 novembre 1921. Bruto Seghettini, quarto da sinistra nella fila in alto, con i partecipanti alla Commemorazione dell'Armistizio Italiano
Bruto Seghettini nel 1921, in un ingrandimento della foto riferita alla Commemorazione dell'Armistizio Italiano

Calciatore e marciatore. Italiano, naturalizzato francese, nasce a Nizza il 14 maggio del 1881, da Eugenio (1851-1908) e Therese Augustine Laurens (1858-1920). La famiglia è originaria di Forlì, ed imparentata con Abdon Seghettini, compositore di opere liriche (Eugenio è il fratello minore di Abdon). Sia Eugenio sia Therese sono sarti, ma lo loro attività fallisce nel 1883. Fino al 1888 rimangono a Nizza, dove nascono due fratelli di Bruto (Abdon e Pia), ma nel 1894 sono già a Roma, in Via del Corso 389, dove molto probabilmente avevano fondato un'altra attività di sartoria. Qui nascono altri due fratelli di Bruto: Augusta (1894) ed Eugenio (1898).

Bruto Seghettini fu colui che, affermando di essere un giocatore del Racing Club de Paris (fondato nel 1882), nel Gennaio 1901 portò il primo pallone da foot-ball che si fosse mai visto a Roma nella sede della Lazio in Via Valadier 21. L'episodio è dettagliatamente descritto da Mario Pennacchia nella sua Storia della Lazio: Seghettini si presentò ai soci laziali in una città insolitamente innevata, (dalle consultazioni del tempo dell'epoca risulta che gli unici due episodi di precipitazioni nevose in quel gennaio, a Roma, avvennero nei giorni 6 e 7). Sicuramente a qualche partita partecipò anche Bruto, socio laziale e fondatore dell'Audace. Nella foto in basso, non identificabili ma presenti, vi sono anche: Cav. Fortunato Ballerini, Masini, Bergamini, Zangrilli dell'Audace, Azzali del 3° reggimento bersaglieri, Galvagni della Romana di nuoto. Tutti questi atleti, pur gareggiando per società diverse, erano comunque soci della Lazio. La sua adesione a questa società è anche confermata dalla sua partecipazione alla marcia di allenamento del 17 marzo 1901 per l'Audax di 50 Km.


Tratto dal libro "Lazio Patria Nostra" di Mario Pennacchia, capitolo II "La scoperta del calcio":

... E' di nuovo gennaio. I soci ci sono tutti, in Via Valadier 21. Chi si lega e si scioglie sul tappeto della presuntuosa palestra, chi gioca a carte, chi conversa, chi tiene i conti con i programmi e i risultati. Fuori nevica. Lo spettacolo di questa natura romana che si imbianca, eccita ed immalinconisce. Piazza d'Armi è una distesa polare circondata da un'infinità di spontanei alberi di Natale. Fa freddo nella sede, ma nessuno di questi ragazzi se ne accorge. C'è quasi nell'aria, ma non si afferma, il presentimento di qualcosa che deve, sta per accadere. Ma che cosa? Fu l'anno prima, in un giorno come questo, che a Gigi Bigiarelli venne l'idea. Possibile che sia già passato un anno? "Ragazzi, stavolta dovremo cominciare ad allenarci un po' prima. Magari a marzo, appena il sole si ferma un po' di più". Dal fondo un grido: ricorrenti imprecazioni di due giocatori che si sono fraintesi, hanno calato una carta inopportuna, hanno perduto la partita. "Siete sempre i soliti!". "E già, non imparano mai.". Che frenesia e che impazienza aleggiano nella stanzetta con il numero sei di via Valadier! Fuori nevica, i fiocchi giocano, liberandosi, oscillando, lievitando nell'aerea indecisione e finalmente si quietano sulla strada. Tutto è bianco, silenzioso, è deserto. Chi può mettersi in giro con un tempo come questo?

"Posso entrare?!" Si voltano tutti di soprassalto: curiosi, si interrogano con gli occhi, ma nessuno ha mai visto quest'ospite improvviso. "Voi siete la Lazio, vero?" Come si può rispondere in situazioni così improvvise? Timidamente, spavaldamente, cordialmente, irosamente? Risponde Ancherani: "Certo che semo la Lazio. E tu chi sei?" "Io mi chiamo Bruto Seghettini, sono un socio del Racing Club di Parigi, ho saputo che c'era questa società sportiva e sono venuto per chiedervi se giocate al football". I laziali tornano a interrogarsi, a esplorarsi dentro con gli sguardi. Tanto ormai si capiscono da una sfumatura "Beh" incalza ancora Ancherani, "noi di questo futtballe non abbiamo mai sentito parlare". Ed ecco, come per un gioco di prestigio, Bruto Seghettini, socio del Racing di Parigi, estrarre uno strano involucro dal niente: almeno così pare ai laziali, perché prima non gli avevano proprio badato. E' un pallone, il primo pallone per il gioco del calcio mai visto a Roma fino ad un attimo prima. I laziali adesso scoppiettano intorno al visitatore. E come si gioca? E come è fatto? Ma sul serio rimbalza? Un'allegra, febbricitante confusione.

"Un momento" proclama stentoreo Seghettini, "un momento: adesso vi faccio vedere". Depone come un consumato mercante il pallone ai suoi piedi, ad un estremo della stanza. Gli altri si scansano tutti. Lui solleva una gamba, torna ad abbassarla di scatto, percuote con il piede il pallone e uno schianto improvviso richiama brutalmente tutti alla realtà. E' saltato il vetro della finestra! "Cominciamo bene!" borbotta un socio. Ma la maggioranza, che non s'accascerebbe nemmeno se crollasse il palazzo, si mette a strillare, sfottendo Seghettini. "Paga la pelota! Paga la pelota!", che è poi un invito a pagare il danno, pronunciato con lo slogan che i laziali usano familiarmente quando uno di loro vince al totalizzatore che è abbinato al gioco della pelota basca tanto di moda allo sferisterio della vicina piazza Cavour. L'uomo venuto da Parigi è desolato, ma sono i laziali stessi che lo rincuorano, sicché si prende una decisione: tutti a Viale delle Milizie! E vanno, come come si leva in un fremito uno stormo di fringuelli. La scena si ripete: Seghettini depone il pallone, stavolta prende un po' di rincorsa, eccolo che alza la gamba, la riabbassa, calcia e uno spruzzo di neve si leva inatteso e deludente. Il pallone sta sempre lì, fermo, immobile, irridente. I laziali forse cominciano a chiedersi se il gioco consista nel colpire o piuttosto nell'evitare di colpire il pallone. Ma l'equivoco si risolve in una risata irresistibile sotto i fiocchi che dolcemente avvolgono, proteggono, benedicono la nascita romana del gioco del calcio in questo gennaio 1901, appena un anno dopo la fondazione del club biancoceleste, mentre l'Italia è in lutto per la morte di Giuseppe Verdi e l'Inghilterra perde con la Regina Vittoria il simbolo della sua massima potenza.

La Lazio prende ora più vigorosamente quota e decide di convocarsi per la prima volta in assemblea: viene scelta la data del 29 marzo 1901. Quel giorno in via Valadier convengono quasi trenta soci. Viene approvato lo statuto sociale. E vengono eletti presidente il cavaliere Giuseppe Pedercini, una persona stimabile, ma instabile in salute, e vicepresidente Paolino Pastori. Questi offre alla Società la bandiera che la signora Anna Tobia moglie di Galileo Massa, uno dei fondatori, confeziona con le sue mani. E' ormai tornata primavera e piazza d'Armi si ripopola, brulica di ragazzi e di giovani. Ed ecco la novità: quelli della Lazio si dispongono in modo strano, piazzano alle due estremità di uno spazio lungo circa cento metri due fagotti per parte, estraggono un pallone stravagante, ridicolo, mai visto, e si mettono a litigarselo a calci. I laziali, che sono diventati una trentina perché sono sopraggiunti Venarucci, Zanchi, Monarchi ed altri, formano tra loro le due squadre. E le partite non si contano, non hanno fine, sono tutte una partita sola, fino all'esaurimento. La Lazio gioca sempre, e soltanto con se stessa: ecco Adamo che sente il bisogno di un'altra vita che si animi accanto alla propria. Presto anche la Lazio vedrà staccarsi dal suo stesso essere la seconda società calcistica romana, la sua prima, storica, indimenticabile antagonista: la Virtus...


Tale racconto è, in grossa sostanza, confermato dai dati in nostro possesso: Seghettini rimane a Roma sicuramente fino al 1908, quando firma l'atto di morte del padre il 2 settembre. Il 18 luglio 1908 Il Messaggero riporta che alla ditta del padre veniva omologato il concordato, che fu concluso il 17 giugno. Risultano residenti in Corso Umberto al n. 79. Il 16 settembre del 1911 Bruto si sposa con Adelaide De Antonis a Parigi, presso il consolato italiano. Entrambi risultano residenti nella capitale francese ma domiciliati a Roma. Il suo mestiere dichiarato è quello di sarto. Nell'atto di matrimonio risulta che hanno avuto un figlio di nome Eugenio. Ha partecipato alla Grande Guerra come Infermiere. La madre risulta ritrasferita a Nizza, dove muore nel 1920. Bruto muore a Nizza il 23 marzo del 1975.







In questa foto del 23 Marzo 1902 è probabilmente presente Bruto Seghettini tra i partecipanti a una corsa podistica



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