Sbardella Antonio: differenze tra le versioni
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Negli anni '60 e '70 Antonio Sbardella e [[Lo Bello Concetto|Concetto Lo Bello]] erano i due arbitri di punta del nostro campionato. Due grandi arbitri, temprati pure da polemiche e discussioni che non mancavano anche allora, capaci di dar vita a una rivalita' assai enfatizzata in un Paese come il nostro sempre sensibile ai dualismi. Che i due protagonisti vissero sempre con grande rispetto e correttezza. |
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Il top della sua carriera arbitrale, Sbardella lo raggiunse ai mondiali di [[Messico '70]], quando diresse la finale per il terzo e quarto posto tra Uruguay e Germania, perche' gli azzurri di Valcareggi gli sbarrarono la strada della finalissima, che sarebbe spettata di diritto al direttore di gara, premiato con il Fischietto d'Oro come miglior arbitro del torneo. |
Negli anni '60 e '70 Antonio Sbardella e [[Lo Bello Concetto|Concetto Lo Bello]] erano i due arbitri di punta del nostro [[Campionato]]. Due grandi arbitri, temprati pure da polemiche e discussioni che non mancavano anche allora, capaci di dar vita a una rivalita' assai enfatizzata in un Paese come il nostro sempre sensibile ai dualismi che i due protagonisti vissero sempre con grande rispetto e correttezza. Il top della sua carriera arbitrale, Sbardella lo raggiunse ai mondiali di [[Messico '70]], quando diresse la finale per il terzo e quarto posto tra Uruguay e Germania, perche' gli azzurri di Valcareggi gli sbarrarono la strada della finalissima, che sarebbe spettata di diritto al direttore di gara, premiato con il Fischietto d'Oro come miglior arbitro del torneo. |
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Con la giacchetta, comincia l'attività nel [[1950]], quando la frattura all'omero e alla clavicola gli preclude l'attività di portiere. A causa del suo carattere irruento, è ricordato come arbitro anche per episodi non molto felici. Come il record di cinque espulsi della [[Turris]] nella gara contro la [[Reggina]], che scatena una violenta invasione di campo dei tifosi campani. A Palermo, invece, Sbardella subisce un vero e proprio assedio, dopo la partita col [[Napoli SSC|Napoli]], che sarà ricordata per il salvataggio da parte di un elicottero dei Carabinieri che preleva l' arbitro sul campo. A otto anni dal suo debutto arbitrale in [[Serie B]] (in Novara-Brescia), nel [[1959]] debutta in [[Serie A]] (in Fiorentina-Atalanta). Cinque anni dopo, nel [[1964]], diventa internazionale. Al termine della stagione [[1966/67]], Sbardella ottiene il [[Premio Mauro]] quale migliore arbitro in attività. Complessivamente dirige 167 partite di [[Serie A]] e ben 70 incontri internazionali. Dopo vent'anni, Sbardella conclude la sua carriera arbitrale e comincia quella di dirigente. |
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Sbardella fu chiamato da [[Lenzini Umberto|Lenzini]] per ricostruire la squadra dopo la tremenda stagione [[1970/71]] che vide i biancazzurri retrocedere tra i cadetti. |
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Sbardella fu chiamato da [[Lenzini Umberto|Lenzini]] per ricostruire la squadra dopo la tremenda stagione [[1970/71]] che vide i biancazzurri retrocedere tra i cadetti. Fu lui a contattare [[Maestrelli Tommaso|Maestrelli]] e portarlo a Roma sulla panchina laziale. Fece subito capire di che pasta era fatto, riportando ordine in Società e squadra. Usò il pugno di ferro con [[Chinaglia Giorgio|Chinaglia]], quando questi chiese di essere ceduto, e lo deferì alla disciplinare, facendolo tornare immediatamente nei ranghi. |
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Fu lui a contattare [[Maestrelli Tommaso|Maestrelli]] e portarlo a Roma sulla panchina Laziale. |
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| ⚫ | Si scontrò spesso con [[Lenzini Umberto|Lenzini]] accusandolo di "buonismo", come a Terni nel [[1971]] quando la [[Domenica, 3 ottobre 1971 - Terni, stadio Liberati - Ternana-Lazio 1-0|squadra si ammutinò]] e rifiutò di partire per il ritiro, perchè non gli erano stati pagati i premi per la qualificazione in [[Coppa Italia]]]. Lui avrebbe voluto deferire tutti, mentre il presidente arrivò ad un compromesso. Fu in questi anni il periodo di maggiore soddisfazione come dirigente di club. Riuscì a costruire una Lazio irripetibile con tanti talenti irriquieti, fino ad allora sconosciuti, che, tenuti a bada, regalarono al club del Presidente [[Lenzini Umberto|Lenzini]] lo [[Scudetto]] del [[1973/74|1974]], anche se Sbardella se ne andò prima per via del fallimento della cordata, capeggiata dal consigliere [[Riva|Riva]], che doveva rilevare la società biancazzurra, da lui caldeggiata e costruita. |
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Usò il pugno di ferro con [[Chinaglia Giorgio|Chinaglia]], quando questi chiese di essere ceduto, e lo deferì alla disciplinare, facendolo tornare immediatamente nei ranghi. |
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[[Immagine:Sbardella6.jpg|left|200px]]Passò all'altra sponda del tevere, nelle file giallorosse, poi divenne commissario regionale del Lazio dell' [[Aia]] (dal [[1978]] al [[1983]]), per passare a dirigere la divisione Calcio a 5 della [[Lega dilettanti]] dal [[1989]] al [[1992]]. Infine, diviene presidente del calcio regionale del Lazio, rieletto per tre mandati. |
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Passò all'altra sponda del Tevere, nelle file giallorosse, poi divenne Commissario regionale del Lazio dell'[[Aia]] (dal [[1978]] al [[1983]]), per passare a dirigere la divisione Calcio a 5 della [[Lega dilettanti]] dal [[1989]] al [[1992]]. Infine, diviene Presidente del calcio regionale del Lazio, rieletto per tre mandati. Scompare a causa di un male inguaribile che lo perseguitava da tempo. La morte avviene all'ospedale Fatebenefratelli dell'Isola Tiberina, dove Sbardella era curato dal dottor Francesco Bracci e dalla sua équipe nel reparto di piccola chirurgia. I funerali si svolsero nella chiesa di Nostra Signora di Guadalupe, in via Aurelia, dove parteciparono circa 3.000 persone. |
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Le cronache riportano la presenza, tra gli altri, del presidente del [[Coni]] Gianni Petrucci, del Presidente dell'[[Aia]] [[Lanese Tullio|Tullio Lanese]], di dirigenti della [[Lega calcio Dilettanti|Lega Dilettanti]], ex arbitri, rappresentanti di club professionisti ed ex calciatori, tra cui gli ex laziali [[D'Amico Vincenzo|D'Amico]] e [[Manfredonia Lionello|Manfredonia]]. Un minuto di silenzio fu disposto dalla [[Figc]] su tutti i campi. In sua memoria è stata istituita una Fondazione. |
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Versione delle 01:34, 26 ott 2008
Biografia
Arbitro, nato a Roma nel 1925 e ivi morto il 14 gennaio 2002. Dirigente biancoceleste negli anni '70.
Un arbitro di polso



Negli anni '60 e '70 Antonio Sbardella e Concetto Lo Bello erano i due arbitri di punta del nostro Campionato. Due grandi arbitri, temprati pure da polemiche e discussioni che non mancavano anche allora, capaci di dar vita a una rivalita' assai enfatizzata in un Paese come il nostro sempre sensibile ai dualismi che i due protagonisti vissero sempre con grande rispetto e correttezza. Il top della sua carriera arbitrale, Sbardella lo raggiunse ai mondiali di Messico '70, quando diresse la finale per il terzo e quarto posto tra Uruguay e Germania, perche' gli azzurri di Valcareggi gli sbarrarono la strada della finalissima, che sarebbe spettata di diritto al direttore di gara, premiato con il Fischietto d'Oro come miglior arbitro del torneo.
Con la giacchetta, comincia l'attività nel 1950, quando la frattura all'omero e alla clavicola gli preclude l'attività di portiere. A causa del suo carattere irruento, è ricordato come arbitro anche per episodi non molto felici. Come il record di cinque espulsi della Turris nella gara contro la Reggina, che scatena una violenta invasione di campo dei tifosi campani. A Palermo, invece, Sbardella subisce un vero e proprio assedio, dopo la partita col Napoli, che sarà ricordata per il salvataggio da parte di un elicottero dei Carabinieri che preleva l' arbitro sul campo. A otto anni dal suo debutto arbitrale in Serie B (in Novara-Brescia), nel 1959 debutta in Serie A (in Fiorentina-Atalanta). Cinque anni dopo, nel 1964, diventa internazionale. Al termine della stagione 1966/67, Sbardella ottiene il Premio Mauro quale migliore arbitro in attività. Complessivamente dirige 167 partite di Serie A e ben 70 incontri internazionali. Dopo vent'anni, Sbardella conclude la sua carriera arbitrale e comincia quella di dirigente.
Dirigente biancazzurro
Sbardella fu chiamato da Lenzini per ricostruire la squadra dopo la tremenda stagione 1970/71 che vide i biancazzurri retrocedere tra i cadetti. Fu lui a contattare Maestrelli e portarlo a Roma sulla panchina laziale. Fece subito capire di che pasta era fatto, riportando ordine in Società e squadra. Usò il pugno di ferro con Chinaglia, quando questi chiese di essere ceduto, e lo deferì alla disciplinare, facendolo tornare immediatamente nei ranghi.
Si scontrò spesso con Lenzini accusandolo di "buonismo", come a Terni nel 1971 quando la squadra si ammutinò e rifiutò di partire per il ritiro, perchè non gli erano stati pagati i premi per la qualificazione in Coppa Italia]. Lui avrebbe voluto deferire tutti, mentre il presidente arrivò ad un compromesso. Fu in questi anni il periodo di maggiore soddisfazione come dirigente di club. Riuscì a costruire una Lazio irripetibile con tanti talenti irriquieti, fino ad allora sconosciuti, che, tenuti a bada, regalarono al club del Presidente Lenzini lo Scudetto del 1974, anche se Sbardella se ne andò prima per via del fallimento della cordata, capeggiata dal consigliere Riva, che doveva rilevare la società biancazzurra, da lui caldeggiata e costruita.
Per la verità, c'era stato anche un'altro motivo di attrito con la proprietà, quando trapelò la notizia che si stava accordando con la Roma per trasferirsi alla corte di Anzalone. Lenzini non gli perdonò mai la faccenda e l'ex arbitro preferì dare le dimissioni andandosene.
Dopo l'addio alla Lazio
Passò all'altra sponda del Tevere, nelle file giallorosse, poi divenne Commissario regionale del Lazio dell'Aia (dal 1978 al 1983), per passare a dirigere la divisione Calcio a 5 della Lega dilettanti dal 1989 al 1992. Infine, diviene Presidente del calcio regionale del Lazio, rieletto per tre mandati. Scompare a causa di un male inguaribile che lo perseguitava da tempo. La morte avviene all'ospedale Fatebenefratelli dell'Isola Tiberina, dove Sbardella era curato dal dottor Francesco Bracci e dalla sua équipe nel reparto di piccola chirurgia. I funerali si svolsero nella chiesa di Nostra Signora di Guadalupe, in via Aurelia, dove parteciparono circa 3.000 persone.
Le cronache riportano la presenza, tra gli altri, del presidente del Conio Giacomo Gianni Petrucci, del Presidente dell'Aia Tullio Lanese, di dirigenti della Lega Dilettanti, ex arbitri, rappresentanti di club professionisti ed ex calciatori, tra cui gli ex laziali D'Amico e Manfredonia. Un minuto di silenzio fu disposto dalla Figc su tutti i campi. In sua memoria è stata istituita una Fondazione.