Levi (I) Guido

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Guido Levi

Pioniere

I fratelli Guido e Mario Levi furono giocatori della Lazio del periodo pionieristico. Di loro non si conosce la data di nascita ma si presume che Guido potesse essere del 1890 e Mario del 1892-1893 e molto probabilmente erano nati a Roma. Il maggiore era portiere mentre il secondo giocava in difesa. Di Guido le prime notizie risalgono al 1910 quando fa parte della formazione laziale che disputa il 1° Campionato cittadino ufficiale organizzato dalla Lega. In previsione di quell'evento la società aveva potenziato l'indizione delle Leve giovanili e tantissimi ragazzi, soprattutto studenti, si erano sottoposti a dei provini con la Lazio. Levi I lo troviamo riserva del portiere Gaslini (proveniente dal Milan, morirà a causa di malattia contratta nel 1° conflitto mondiale) in una squadra forte degli Ancherani, Saraceni, Corelli, ecc. Ancora riserva è nel 1912, quando in squadra compare anche il fratello Mario. Come portiere Guido è "di buona guardia" come si usava dire allora, ma ha la sfortuna di trovarsi davanti il fortissimo Gaslini e in porta gioca solo una decina di partite. La sua ultima stagione da calciatore è il 1913. Più lunga e più soddisfacente è la carriera di Mario. Già presente in 3^ squadra nel 1908. Titolare nelle sfortunate finali di campionato nazionale nel 1913 e 1914 contro Pro Vercelli e Casale, è presente nell'anno di inaugurazione del campo della Rondinella. Nel 1915 la sua carriera è interrotta dalla guerra. Mario parte, da bersagliere, per il fronte e tornerà gravemente ferito. Ripresosi, ha la forza di giocare nel 1918 per poi ritirarsi dallo sport, dopo 40 gare disputate in biancoceleste. Di lui sappiamo che più delle sue qualità tecniche colpivano quelle atletiche con cui sopperiva alle prime. I fratelli Levi sono stati dei modesti giocatori di calcio ma pieni di entusiasmo e di passione per la Lazio.

Mario Levi nel 1963

Per comprendere ciò basta riportare il testo di una dichiarazione che Mario, ormai anziano, rilasciò in occasione del ritorno della Lazio in serie A nel 1963: "Unisco in un entusiastico plauso e in un affettuoso ringraziamento i dirigenti, l'allenatore e gli atleti della gloriosa società, alla quale mi onoro di appartenere da oltre cinquant'anni, per avermi procurato la gioia di poter vedere ancora in lizza nella massima divisione i colori da me difesi in campo con le mie modeste forze, in tempo assai lontano, e sempre tenuti in cuore con fervida passione e con fede mai venuta meno". Queste semplici ma immense parole danno lo spessore di quegli uomini di inizio novecento che condivisero un'idea di purezza, amore e vigore fisico e dovrebbero essere di monito per coloro che oggi, distorcendo il senso della Lazialità, procurano a quell'idea danni mortali e umiliano e spengono l'entusiasmo di coloro che in quell'idea ancora credono e vivono.